Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica


Replying to IL Mondo degli Egizi......storie e leggende

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Last 10 Posts [ In reverse order ]

  1. Posted 19/11/2022, 20:26
    Cosa hanno inventato gli antichi Egizi?
    Invenzioni egiziane: carta e scrittura

    Sebbene gli egizi non abbiano inventato direttamente la carta, furono i precursori - grazie al papiro - nel 3000 aC. Grazie alle piante di papiro, gli egizi avevano un supporto abbastanza forte per la scrittura geroglifica.
  2. Posted 1/11/2021, 18:35
    Storia Egitto: scoperta la più antica mappa per l'Aldilà

    Un frammento del Libro delle due Strade trovato in un sarcofago dell'Antico Egitto di 4000 anni fa: è forse la più antica guida illustrata.


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    Un antico sarcofago dipinto di recente scoperto nella necropoli di al-Asasif, nella Valle dei Re (Egitto). In un sarcofago egizio di 4000 anni fa sono stati trovati i più antichi frammenti del Libro delle due Strade, una "guida illustrata" per l'Aldilà. REUTERS/Mohamed Abd El Ghany


    Nell'Antico Egitto neanche il decesso concedeva il meritato riposo - o almeno, non subito: prima di raggiungere Rostau, il regno glorioso di Osiride, signore della morte, il defunto doveva intraprendere una sorta di simbolica corsa ad ostacoli nell'Aldilà, un viaggio verso una nuova vita a tutti gli effetti, talmente pericoloso da meritare un'apposita guida scritta.

    Un frammento di questo testo - chiamato Libro delle due Strade, per via dei due percorsi (via terra o via acqua) che conducevano a Rostau - è stato ritrovato in un sarcofago di almeno 4000 anni fa. Secondo gli archeologi si tratterebbe della più antica copia nota di questo testo sacro, nonché, forse, del primo "libro illustrato" di cui si abbia conoscenza.

    Cultura
    I paradisi nelle diverse religioni

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    DI FACILE CONSULTAZIONE. La scoperta, di recente descritta sul Journal of Egyptian Archaeology, risale in realtà al 2012. Un team di archeologi delle Università di Liverpool (Regno Unito) e di Leuven, in Belgio, stava conducendo una serie di scavi nella necropoli di Dayr al-Barshā, un antico cimitero per le personalità di alto rango in uso nel Medio Regno (2055-1650 a.C.). In fondo a una tomba ignorata dalle precedenti generazioni di archeologi, perché chiaramente saccheggiata dai tombaroli, i ricercatori hanno trovato i resti di un sarcofago di legno decorato con una serie di geroglifici - una sorta di guida portatile al viaggio nell'Aldilà illustrata direttamente sulle assi interne della cassa, dove sarebbe stata facilmente accessibile al defunto.

    UN COLPO DI FORTUNA. Le istruzioni sono risultate - a sorpresa - i resti di una copia del Libro delle due Strade, una versione incompleta e non in forma "di libro", ma comunque la più antica finora descritta in una pubblicazione scientifica. La tomba risale all'epoca del faraone Mentuhotep II, che regnò fino al 2010 a.C.: la guida è dunque almeno 40 anni più vecchia di tutte le altre copie scoperte da un secolo a questa parte. Benché esistano altre rappresentazioni più arcaiche e più semplici dell'Aldilà egizio, il Libro delle due Strade lo descrive in un modo più complesso ed elaborato: alcuni studiosi lo considerano per questo motivo "il primo libro illustrato" della Storia.





    LIBRETTO DI ISTRUZIONI. La guida appena scoperta decorava il sarcofago di una donna di alto rango di nome Ankh, alla quale però ci si riferisce, nel testo, con pronomi maschili. Un particolare importante, per comprendere l'origine di questo testo: secondo la religione egizia, Osiride dominava l'Aldilà... da morto, e l'intero culto in suo onore ruotava attorno alla possibilità di riportarlo in vita attraverso i riti sacri. Le "istruzioni" contenute nel Libro delle due Strade potrebbero aver avuto origine dalle cerimonie religiose in cui i sacerdoti tentavano di far rivivere Osiride attraverso la preghiera. Solo successivamente, queste stesse formule sarebbero state usate per i comuni defunti, mantenendo però il pronome maschile usato per la divinità.

    Nell'impianto generale della guida rimaneva comunque spazio per la personalizzazione. Per esempio il viaggio di Ankh sarebbe stato funestato, stando ai simboli, da un anello di fuoco, da demoni e spiriti, contro i quali ci si poteva difendere solo a colpi di incantesimi. Il frammento di libro scoperto sembra contenere istruzioni specifiche per formulare questi sortilegi.



    Storia Egitto, la tomba intatta di un sacerdote di 4.400 anni fa
    La casa eterna di un alto dignitario dell'Antico Regno è venuta alla luce sotto alle sabbie di Saqqara: contiene statue e rilievi a colori, perfettamente conservati e rimasti nascosti per millenni.

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    Una macchina del tempo sepolta nel deserto, a cinque metri di profondità, che ha conservato intatti per millenni, come in uno scrigno, i suoi tesori: la tomba di un sacerdote di nome Wahtye, vissuto nell'antico Egitto ai tempi delle Piramidi di Giza, è stata scoperta a Saqqara, un sito archeologico a sud del Cairo che in antichità serviva da necropoli per Menfi, capitale dell'Antico Regno.

    La tomba risale a 4.400 anni fa e contiene decine di statue e rilievi a colori perfettamente conservati, iscrizioni dettagliate sul dignitario deceduto e sulla sua famiglia nonché scorci pittorici di vita quotidiana dell'epoca. Gli archeologi che l'hanno riportata alla luce con una serie di scavi iniziati a novembre e non ancora terminati hanno parlato di una scoperta "unica", come non se ne facevano almeno da un decennio.

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    Statue e basso rilievi hanno mantenuto praticamente intatto il colore originale. © Mohamed Abd El Ghany/Reuters
    CONSIGLIERE DEL RE. Il pigmento in particolare cattura l'attenzione perché ricopre ancora totalmente sculture e decorazioni, come doveva essere in origine. Wahtye serviva il faraone Neferirkare Kakai, terzo re della Quinta Dinastia, una famiglia che governò l'Antico Egitto per meno di due secoli, dal 2.500 al 2.350 a.C. Il nome del deceduto si legge sui geroglifici che decorano la porta di ingresso della tomba, che declamano anche i suoi titoli onorifici: sacerdote per la purificazione reale, supervisore reale, ispettore della barca sacra (un battello rituale che si pensava accompagnasse i faraoni nell'Aldilà).

    SPACCATO DELL'EPOCA.
    La galleria rettangolare a cui nessuno finora aveva avuto accesso, sfuggita ai tombaroli, misura 10 metri da nord a sud, quasi 3 da est a ovest e 3 in altezza. Rilievi a colori con Wahtye, sua moglie Weret Ptah e sua madre Merit Meen decorano le pareti, su cui si trovano anche scene di lavoro del periodo di attività dell'uomo, con persone intente a cacciare, navigare, compiere offerte religiose e produrre vasellame e altri oggetti funerari.

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    ALTRE SORPRESE. Grandi statue dipinte a colori del sacerdote e dei suoi familiari riempiono 18 nicchie sulle pareti della tomba, mentre altre 26 nicchie vicino al pavimento ospitano sculture di un'altra persona non ancora identificata in varie posizioni, in piedi o seduta a gambe incrociate come uno scriba. Nella tomba gli archeologi egiziani hanno individuato cinque camere sepolcrali, una delle quali è aperta e vuota: le altre sono ancora sigillate e potrebbero custodire il sarcofago del sacerdote insieme al suo corredo funebre. Gli scavi proseguiranno a gennaio.
  3. Posted 27/1/2013, 12:13

    Gli antichi Egizi conoscevano (e misuravano) le stelle variabili
    In un antico codice di oltre tremila anni fa la dimostrazione che i sacerdoti egiziani conoscevano il periodo di variabilità della stella Algol.

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    e solide conoscenze astronomiche dell’Antico Egitto ci sorprendono ancora oggi, come sorpresero il greco Erodoto duemilacinquecento anni fa. Ma una recentissima ricerca suggerisce una rivelazione clamorosa: gli antichi sacerdoti-astronomi egiziani sapevano che alcune stelle subiscono una variazione della luminosità ed erano riusciti a calcolarla. E poiché la scoperta – o in questo caso meglio parlare della riscoperta – delle stelle variabili risale al XVII secolo, non c’è da stupirsi che la cosa abbia lasciato di stucco gli scienziati. La scoperta arriva infatti da un giovane finlandese, Sebastian Porceddu, una laurea in astronomia e un’altra in egittologia all’Università di Helsinki dove nel 2006, nel corso degli studi, ha fatto la sua scoperta. Il suo filone di ricerca si concentrava sull’individuazione di possibili periodicità di fenomeni come gli impatti meteoritici o le macchie solari, quando una collega egittologa gli ha suggerito di andare a cercare prove negli antichi calendari, in particolare un tipo di calendario mistico usato nell’Antico Egitto che distingueva i giorni fausti da quelli infausti.

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    La costellazione di Perseo.

    Come calcolare i giorni infausti - I calendari mistici egiziani non hanno nulla a che vedere con i nostri. Un vecchio adagio di tanto tempo fa ricordava che di martedì e di venerdì non ci si sposa e non si intraprendono viaggi, per esempio, ma nell’Antico Egitto i giorni fausti e quelli infausti ricorrevano in maniera molto meno prevedibile. A parte alcune costanti, come il primo giorno del mese che è sempre buono, sembrava che non ci fosse nessuna regolarità nel distinguere un giorno positivo da uno negativo. La loro importanza era tuttavia rilevante, perché su tali basi si decideva quando iniziare a costruire un’abitazione o mettersi in viaggio. Applicando un metodo statistico all’analisi di questi calendari per cercarvi delle regolarità nascoste, Porceddu ha scoperto che nel cosiddetto Codice del Cairo, redatto su un papiro risalente al Nuovo Regno, tra il 1550 e il 1069 a.C., esistono in effetti due periodicità: una pari a 29,5 giorni, poco sorprendente, perché segue il ciclo lunare su cui si basano anche i nostri mesi; l’altra, assai più misteriosa, pari a 2,85 giorni.


    La periodicità di Algol - Nessun oggetto astronomico noto all’epoca dell’Antico Egitto ha una simile periodicità: né la Luna, né il moto dei pianeti del Sistema Solare, né l’attività del Sole. Ma, andando ad analizzare i dati astronomici oggi in nostro possesso, è stato possibile scoprire che Algol, una stella variabile, possiede un simile intervallo tra un picco di luminosità e quello successivo. Situata a 93 anni-luce dalla Terra, nella costellazione di Perseo, Algol è tra le più note ed evidenti variabili estrinseche. La sua luminosità varia perché periodicamente – poco meno di ogni tre giorni – la visuale che ne abbiamo dalla Terra viene eclissata dal passaggio di una stella compagna, all’interno di quello che oggi sappiamo essere un sistema stellare triplo. Mentre Algol A è una stella nella sequenza principale, cioè nel fior fiore dei suoi anni, come il nostro Sole, Algol B è alla fine della sua vita. Buona parte della sua massa viene sottratta dalla sua superficie da Algol A.

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    Il celebre occhio di Horus, che ricorre spesso nel Codice del Cairo, potrebbe essere una rappresentazione di Algol. Secondo altri, simboleggia invece la Luna.

    L’Occhio di Horus - La luminosità di Algol varia in realtà ogni 2,867 giorni che vuol dire un periodo più lungo di circa venti minuti rispetto a quello presente nel calendario egizio. Ma lo scarto potrebbe non essere imputabile a un errore di osservazione, quanto a un effettivo aumento nel tempo. Infatti, nel giro di circa tremila anni, l’afflusso di massa da una stella all’altra dovrebbe aver lievemente dilatato il ciclo di “eclissi” di Algol A e B. Calcoli alla mano, un aumento di circa venti minuti sembra decisamente spiegabile attraverso questo modello astrofisico. Secondo Porceddu, gli antichi egizi identificavano Algol come l’Occhio di Horus, una delle loro principali divinità. Gli antichi greci chiamavano Algol “la stella del demonio”, cosa che ha già portato alcuni studiosi a ritenere che a quell’epoca fosse conosciuta la sua variabilità. Ma la scoperta di Porceddu retrodaterebbe ancora di più la scoperta dell’esistenza di stelle variabili, un concetto che nel medioevo non sarebbe mai stato concepibile, essendo in disaccordo con la dottrina aristotelica dell’immutabilità delle stelle fisse. Questo spiega perché c’è voluto così tanto tempo per riscoprirle, e fornisce una nuova conferma delle notevoli conoscenze astronomiche degli antichi.



    Ramses III, storia di un misterioso delitto nell’Antico Egitto

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    Un gruppo internazionale di ricercatori ha fatto luce, attraverso diverse analisi condotte su due mummie, su un giallo dell'antichità che ha come protagonista il Faraone assassinato da un gruppo di cospiratori.

    La chiamarono “congiura dell’harem” e fu il classico intrigo sorto intorno ad un centro di potere: vittima del terribile delitto doveva essere Ramses III, Faraone della XX dinastia egizia che regnò fino alla sua morte avvenuta nel 1156 a. C., secondo quanto narrato da un celebre papiro custodito nel Museo Egizio di Torino che descrive il complotto ordito alle sue spalle e, soprattutto, il processo contro i cospiratori e la lista delle pene inflitte.

    Morte di un Faraone
    A tirare le trame della storia, una sposa secondaria dello stesso Faraone chiamata Tij (o Tiye) interessata a favorire il proprio figlio, Pentawer, nella corsa al trono, attraverso l’eliminazione del Sovrano. Il resoconto spiega come i suoi piani non andarono a buon fine ma, ciononostante, la morte di Ramses III è rimasto argomento di dibattito tra gli esperti: nello stesso papiro, infatti, c’è un riferimento alla morte del Faraone avvenuta prima della stesura definitiva dello stesso. Oggi uno studio curato dall’egittologo Zahi Hawass e da Albert R. Zink dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman di Bolzano, i cui dettagli e risultati sono stati pubblicati dal British Medical Journal, fa chiarezza su questo giallo dell’antichità, scoprendo che gli eventi illustrati nel Papiro di Torino accaddero assai probabilmente nella realtà e portarono alla morte del Re.

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    Il celebre egittologo Zahi Hawass

    Le analisi effettuate sul corpo mummificato del Faraone, infatti, confermano come Ramses III morì in seguito a sgozzamento: per giungere a questa conclusione, che fa luce su fatti destinati altrimenti a restare coperti da un velo di mistero, sono stati necessari esami genetico-molecolari, raggi X ed anche una TAC. Questo ha consentito agli esperti di verificare come, senza ombra di dubbio, la gola di Ramses (che al momento della morte aveva all’incirca 65 anni e oltre tre decenni di regno alle spalle) venne recisa quando questi era ancora in vita. La ferita era coperta dal fitto bendaggio tipico della mummificazione a cui venivano sottoposti i defunti nell’Antico Egitto, per questo è stato indispensabile ricorrere alla TAC per poterla individuare, ma non è tutto: all’interno di essa venne posto un amuleto.


    Si trattava dell’occhio di Horus, generalmente facente parte dei corredi funerari perché simbolo di protezione e rigenerazione nell’aldilà: gli esperti sostengono che la sua collocazione proprio in quel punto esatto doveva servire al corpo per guarire totalmente nel Regno delle Ombre. Se ci sia riuscito non è dato saperlo, tuttavia la salma mummificata di Ramses riuscì quando meno a salvarsi da furti e manipolazioni, essendo stata nascosta nel nascondiglio di Deir el-Bahari assieme a molte altre mummie reali, affinché fosse preservata dai profanatori.

    Il figlio cospiratore
    Proseguendo nel racconto del Papiro (che infatti viene chiamato il “Papiro giudiziario di Torino”) si scopre che gli autori del terribile delitto non rimasero affatto sconosciuti: tutte le persone coinvolte nella congiura, tra cui diverse concubine, vennero infatti identificate, accusate, condannate e punite. Tra questi, lo stesso figlio Pentawer, del quale i ricercatori ritengono di aver identificato i resti, in grado di raccontare ancora ulteriori dettagli di questa torbida storia: si tratterebbe, infatti, della mummia nota come Unknown man E, ritrovata nel medesimo sito di Ramses III.

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    Il sito di Medinet Habu, dove sorse il Tempio di Ramses III

    Questo corpo apparteneva ad un uomo di circa vent’anni e reca strani segni che disegnano uno scenario drammatico: il torace gonfio e le pieghe sulla pelle del collo potrebbero essere, secondo gli esperti, il risultato di un suicidio per impiccagione o di una morte violenta per strangolamento. Oltretutto, il cadavere non venne trattato secondo il consueto processo per la mummificazione poiché gli organi interni non furono rimossi e fu avvolto in una pelle di capra, come notarono già gli archeologi che lavorarono sulla mummia nel 1886: un materiale considerato senza dubbio impuro e che, probabilmente, doveva testimoniare una sepoltura di forma non regale in segno di punizione del defunto.

    Ebbene, quali che fossero le cause della sua morte, sta di fatto che l’Unknown man E condivideva con Ramses III una parte importante del patrimonio genetico trasmesso per via maschile: le analisi, infatti, proverebbero come le due mummie potrebbero appartenere ad un padre e al proprio figlio. Se poi il figlio si sia suicidato per fuggire ad una pena più grande nell’aldilà, probabilmente, sarà difficile da verificare. È noto però che il Papiro giudiziario non cita alcuna condanna (almeno secondo l’interpretazione nostra di tale termine) per Pentawer: si dice esplicitamente che venne lasciato in vita ma non è del tutto escluso che proprio quella fosse la punizione per essere stato tra coloro che guidarono i cospiratori contro il proprio padre.

  4. Posted 14/10/2012, 19:41

    Lo Scarabeo: l’insetto più Venerato dagli Antichi Egizi

    scarabeo-300x239Lo Scarabeo è un insetto straordinario che appartiene al genere dei Coprofagi, famiglia Scarabeidi, ordine dei Coleotteri. L’Insetto si nutre di sterco di grandi mammiferi che riesce a trasformare in palla, delle volte grandi anche il doppio della sua stazza, la immagazzina in gallerie da esso stesso scavate. La femmina deposita l’uovo all’interno di questo sterco a forma di pera per garantire alla schiusa che il piccolo coleottero abbia il cibo a sufficienza per il periodo di crescita del piccolo che varia dai 3 ai 4 mesi dopo di che sarà ritenuto un insetto adulto.
    Nell’Antico Egitto era ritenuto un insetto sacro e veniva immortalato come iconografia in molti Geroglifici. Il geroglifico che rappresenta lo scarabeo, khpr, significa, nella forma verbale khpr, essere creato, venire in esistenza.
    Il dio Khepri, creatore di tutte le cose venute in esistenza, rappresentato nell’iconografia sacra con testa a forma di scarabeo su corpo umano, è il sole nascente, uno dei tre aspetti che assume il disco solare, simbolismo che implica il concetto di rinnovamento ciclico ed eterno.Usato anche come potente amuleto che viene portato per invocare protezione, Scarabei che servivano da amuleti e una scatola a forma di scarabeo trovati a Tarkhan e ad Abido rivelano che, fin dall’inizio del periodo tinita, l’insetto aveva rivestito il suo carattere simbolico e sacrale.Lo scarabeo divenne, per i vivi, un amuleto in grado di trasmettere loro il soffio vitale.

    fonte:.mondo-animali.it

  5. Posted 17/7/2012, 15:23

    Il vero volto di Nefertiti

    reg-nefertiti2

    Nefertiti
    Nefertiti (1370 a.C. – 1330 a.C.) è stata una regina egizia, il suo nome significa “la bella” ed è sinonimo di bellezza femminile. Si sa poco di questa donna che regnò durante la XVIII dinastia, nel periodo Amarniano, a fianco del marito Akhenaton, al quale diede sei figlie. Alcuni studiosi ritengono che il padre fosse un ufficiale al servizio di Amenofi III. Pare che Nefertiti avesse uno status sociale equivalente a quello del faraone, infatti, è raffigurata con la corona doppia simbolo del potere. Akhenaton, che evidentemente l’amava moltissimo, volle che agli angoli del sarcofago nel quale sarebbe stato sepolto, fosse scolpito il suo volto e non quello delle quattro dee preposte a proteggere le mummie.
    Non c’erano tracce della sua mummia né di quella di Akhenaton ma studi piuttosto recenti basati sulla genetica, hanno fatto supporre che due mummie anonime rinvenute nel 1898 nella tomba Amenhotep II KV35 possano appartenere a Nefertiti ed al consorte. Sono stati rinvenuti alcuni gioielli col suo cartiglio presso la sepoltura reale di Akhenaton, ma sono gli unici indizi.
    Il famosissimo busto di Nefertiti – il gioiello della collezione del Museo egizio di Berlino – era stato sottoposto alla TAC nel 1992, un esame successivo condotto dai ricercatori diretti da Alexander Huppertz dell’Imaging Science Institute della città tedesca, aveva permesso di scoprire nuovi particolari. Alexander Huppertz aveva dichiarato: «In questo modo abbiamo acquisito molte informazioni su come il busto sia stato realizzato oltre 3.300 anni fa dallo scultore di corte Tutmosi. Abbiamo appreso, infatti, che la scultura ha due facce leggermente differenti e, grazie alle immagini della Tac, stiamo imparando a prevenire possibili danni, per proteggere questo preziosissimo capolavoro”. Lo spessore dello stucco su viso e orecchie è molto sottile, mentre la parte della corona è formata da due strati, la parte interna del volto è delicatamente scolpita e mostra delle sottili differenze rispetto a quella esterna. Inoltre l’esame diagnostico ha evidenziato i possibili punti deboli della statua.
    Basandosi sui risultati della Tac due italiani l'etnologo Franco Crevatin dell'Università di Trieste e lo storico della cosmesi e truccatore Stefano Anselmo hanno poi ricostruito attraverso la computer-grafica, il vero volto della regina egizia. Anselmo spiegava: "In principio ho lavorato sull'incarnato sostituendo nella tomografia i grigi con una tonalità biscotto-ambrata, com'era presumibilmente la pelle di Nefertiti. Per ricostruire il volto ho approfondito l'arte della XVIII dinastia, l'epoca di Akhenaton, studiando capolavori che ritraggono personaggi verosimilmente imparentati con la regina. Nei volti, gli artisti privilegiavano le linee curve. Tenendo conto delle imperfezioni svelate dalla Tac, ho creato piccoli accenni di cedimenti ai lati delle labbra, simili a rughe labiali, e occhiaie appena segnate”.
    Crevatin sottolineava: “Riprodurre il volto di una regina circondata da una simile aura di mistero ha richiesto mesi di lavoro e particolare attenzione, anche perché su di lei sono state avanzate le teorie più disparate, c'e chi crede che il busto di Berlino sia un falso e chi pensa che abbia un solo occhio perché la regina aveva perso l'uso dell'altro".
    I due esperti hanno anche ipotizzato come sarebbe oggi Nefertiti con un trucco e un'acconciatura moderni.



    La regina/Faraone Hatscepsut

    Hatshepsut

    La regina/Faraone Hatscepsut 1508-1458 a.C.
    Tra le donne dell'Egitto il cui nome è rimasto nella storia, troviamo quello della regina Hatscepsut che, alla morte del faraone e sposo Thutmose II, assunse la reggenza in nome di Thutmose III, il nuovo re designato dai sacerdoti di Amon, e si proclamò quindi Re, usurpando, di fatto, l'erede designato.
    Fu una grande sovrana e la prima importante donna della storia, che si fece ritrarre con sembianze maschili pur non celando la propria femminilità. Regnò per ventidue anni 1479-1458 aC Promosse una politica di pace, incoraggiando spedizioni commerciali e incrementando l'edilizia. L'architetto Senmut costruì per lei lo splendido tempio di Deir-el-Bahri. Cinquantenne, Hatshepsut uscì misteriosamente dalla scena.
    Qualcuno pensa sia stata assassinata dal figliastro che aveva usurpato, ma non ci sono prove. Il suo nome fu poi cancellato da statue e monumenti per ordine di Thutmose III, e il suo sarcofago fu profanato.
    C’è voluto più di un secolo di studi e ricerche per dare un volto e una storia alla mummia femminile trovata nel 1903 dall’archeologo britannico Howard Carter in una tomba vicina a Luxor nella tomba contrassegnata come KV60 (King Valley), a fianco di un sarcofago con la mummia di Sitra, nutrice della regina.
    Ora sappiamo che si tratta della regina Hatshepsut. La prova è venuta dall’analisi di un molare perfettamente conservato che era racchiuso in un vaso canopo dove erano stati sigillati parte degli organi interni di Hatshepsut, come testimonia il cartiglio inciso sul contenitore che riporta, scritto in geroglifico, il nome del faraone donna.
    Gli scienziati ne hanno tracciato l'identikit, i suoi segni particolari e la sua età compresa tra i 40 e i 50 anni.
    La regina Hatshepsut, la figlia più giovane di Thutmose I e della Grande Sposa Reale Ahmose, era una donna molto forte, in occasione della sua incoronazione a regina, non accettò di essere nominata reggente a tempo limitato, nell’attesa di lasciare la corona al figliastro e Hatshepsut si autonominò reggente insieme a Thutmose III, si attribuì tutte le prerogative ed i titoli della sovranità e relegò in secondo piano il figliastro.

  6. Posted 25/6/2012, 17:01

    La vita nell'Antico Egitto

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    I tanti aspetti della vita nell'Antico Egitto.
    Come erano le giornate degli antichi Egizi? Come si vestivano, si truccavano, si acconciavano?
    La società egizia. Chi era più importante?
    Come veniva trattata la donna?


    donne

    La magia

    Nell’Antico Egitto ogni momento dell'esistenza dell'uomo era legato alla magia, sia nelle manifestazioni ufficiali sia nella quotidianità della vita comune.
    Per gli antichi egizi gli dei erano un esempio da seguire, anche la Creazione, secondo la teologia menfita, fu compiuta attraverso un atto magico: la parola del dio Phat:

    ”Il dio creò l’universo con il suo cuore e con la sua lingua, modellando il mondo con il potere della parola”.
    Egli ha l’aspetto di cuore come immagine di Atum; egli ha aspetto di lingua come immagine di Atum.
    E’ il grandissimo Ptah che ha stabilito (la vita) a tutti gli dei e ai loro ka con questo cuore e con questa lingua in cui Horo ha preso forma come Ptah, in cui Thot ha preso forma come Ptah.
    Accade che il cuore e la lingua abbiano potere su tutte le altre membra, per la dottrina che (il cuore) è in ogni corpo e (la lingua) è in ogni bocca di tutti gli dei, di tutti gli uomini, di tutti gli animali, di tutti i rettili, di tutto quel che vive, mentre (il cuore) pensa e (la lingua) comanda tutto ciò che essi vogliono.
    La sua (cioè di Ptah) Enneade è in cospetto a lui come denti e labbra, sono il seme e le mani di Atum.
    Infatti è venuta in esistenza per l’Enneade per il seme e le mani di Atum.
    L’Enneade invero è i denti e le labbra di questa bocca che pronunciò i nomi di ogni cosa, da cui sono usciti Shu e Tefnut che han generato l’Enneade.
    Il vedere degli occhi, l’udire delle orecchie, il respirare del naso fan salire al cuore.
    Ed esso fa che esca ogni conoscenza. E’ la lingua che ripete quel che ha pensato il cuore. Così nacquero tutti gli dei e fu compiuta la sua Enneade.
    Venne in esistenza ogni parola divina per mezzo di quel che il cuore aveva pensato e che la lingua aveva ordinato.
    Così furono fatti i ka e le hemsut, che procurano ogni abbondanza e ogni offerta per mezzo di questa parola.
    (Fu data la giustizia) a chi fa quel che si ama (e il torto) a chi fa quel che si detesta.
    Così fu data la vita al buono e fu data la morte al malvagi. Così fu fatto ogni lavoro ed ogni arte, il fare delle mani, l’andare dei piedi, il moto di tutte le membra secondo il comando pensato dal cuore e espresso dalla lingua, che compie l’essenza del tutto.
    Accadde che lo si chiamasse (Ptah), “Colui che ha fatto il tutto e che ha chiamato in esistenza gli dei”:
    E’ Ptah-Tatenen che ha creato gli dei, da cui è uscita ogni cosa, come offerte e abbondanza, come offerta agli dei, come ogni cosa buona.
    Così Ptah fu contento dopo che ebbe creato ogni cosa ed ogni parola divina.
    Egli creò gli dei, fece le città, fondò i nomoi (cioè i distretti), pose gli dei nei loro santuari, consolidò le loro offerte, fondò i loro santuari, fece i loro corpi simili ai loro desideri.
    Così entrarono gli dei nei loro corpi di qualsiasi specie di legno, di qualsiasi specie di pietra, di qualsiasi specie di minerali (cioè ogni tipo di statua divina), di qualsiasi specie di sostanze che nascano su di lui (cioè Ptah, identificato ora con Geb, dio-terra) e di cui essi abbiano preso l’aspetto.
    Così si sono riuniti per lui tutti gli dei ed i loro ka, contenti ed uniti con il Signore delle Due Terre”

    La parola infatti era dotata di un grande potere evocativo e di materializzazione.
    Recitando un’apposita formula si creava “l’offerta funeraria”, mentre la conoscenza di un nome dava particolare potere a colui che quel nome portava.
    Solo attraverso riti magici la religione poteva svolgere appieno il suo compito, ovvero “mantenere l’equilibrio nel mondo”.

    Con la magia si potevano sconfiggere le malattie per mezzo di amuleti considerati protettivi, era sufficiente bere dell’acqua in cui precedentemente fosse stato disciolto l’inchiostro di una formula magica o quello colato da una stele di Horo (recante figure di coccodrilli, scorpioni e serpenti) per guarire o per essere protetti dai tre animali.

    Gli antichi egizi conoscevano anche i filtri d’amore e le fatture, ottenute punzecchiando con degli aghi delle figurine riproducenti la persona che si voleva danneggiare.

    Il mago non era un personaggio oscuro che agiva nell’ombra, ma era il medico o il sacerdote-lettore, che nel suo operato seguiva gli insegnamenti degli dei e del faraone considerato il più grande di tutti i maghi.

    Medicina e magia nell’Antico Egitto

    La casa e l'arredamento


    Quel che è rimasto dell'edilizia civile egizia consente agli archeologi osservazioni interessanti.
    All'esterno della valle del Nilo,sono venuti alla luce numerosi insediamenti,mentre lungo il Nilo l'alto tasso di umidità ne ha impedito la conservazione nel tempo.


    mattoni

    Mattoni per costruzione
    Si tratta di abitazioni che variavano nelle dimensioni in base alla crescita in altezza della popolazione; la casa tipo del funzionario era caratterizzata da un piano terra destinato alle attività commerciali, il primo piano al ricevimento degli ospiti, il secondo alle stanze da letto ed agli alloggi per le donne dell' harem.
    I vari piani erano collegati da una scala che arrivava fino al granaio. Nella parte alta spesso trovavano posto anche poveri alloggi per i servi.
    casa casamod

    Ad Amarna, dove i lavori di scavo hanno evidenziato l'esistenza di una vasta area abitativa, le case degli amministratori del faraone erano caratterizzate da un vasto cortile d'accesso rettangolare occupato da una piscina, popolata di pesci e decorata da piante acquatiche galleggianti.

    gardenpool
    Cortile con piscina

    I muri interni erano decorati da affreschi. I costruttori di tombe di Deir El Medina, vivevano invece in case realizzate in mattoni crudi. Le stanze erano solo quattro, di modeste dimensioni.
    L'arredamento della casa egiziana era essenziale. Nelle case più povere il mobilio si limitava ad alcune panche, un baule in legno, e stuoie con un poggiatesta per dormire.

    letto
    Letto con poggiatesta

    scatola
    Baule
    Nemmeno le dimore signorili,tuttavia, richiedevano un arredamento complesso. La cucina disponeva di solito di un braciere, di un forno in muratura e di ceste e orci per contenere le vivande. Ma neanche il soggiorno aveva un mobilio elaborato.
    Gli egizi infatti non amavano le grandi tavolate;si mangiava seduti su stuoie,apparecchiando su tavolini bassi per una sola persona o al massimo due.

    canestro
    Canestro per il pane

    tavolo
    tavolo
    lampada
    lampada

    Più elaborati erano i seggi,riservati ai funzionari nell'atto di svolgere le loro funzioni o ai personaggi di rango quando davano udienze. Sono noti sia sedili pieghevoli senza spalliera,dalle gambe a X, sia veri e propri troni con spalliera e braccioli.
    Gli esemplari di maggior pregio, come quelli rinvenuti nelle tombe regali, erano realizzati in legno raffinatamente sagomato, con intarsi in oro e pietre preziose. Altrettanto importante era il letto, sostenuto da due gambe a X o da un unico stelo che sosteneva un piano incurvato su cui si poggiava la testa per dormire.
    Nonostante l'apparente scomodità, il numero di tali oggetti in tutti i musei attesta che erano molto graditi dagli antichi egiziani. Cofanetti e bauli contenevano gli abiti e gli oggetti da toilette. Nelle ore buie venivano utilizzate delle ciotole di ceramica riempite di olio su cui galleggiava uno stoppino in fibra vegetale.


  7. Posted 9/11/2011, 21:34

    Egiziani: usi e costumi

    Alimentazione
    Attraverso le scene affrescate sulle pareti delle tombe, si é potuto ricostruire le abitudini alimentari degli antichi Egizi. Sulla tavola sia del ricco che del povero non mancavano i cereali e il pane era modellato in forme diverse. Le zuppe di verdure erano il piatto ricorrente, arricchite con gallette di pane. Per completare il menu, dolci a base di mandorle e frutti tropicali come il mango e l’avocado. Il clima caldo creava qualche problema per la conservazione della carne che veniva riservata alle grandi occasioni.

    Il pesce era molto gradito ed era disponibile in abbondanza. Era presente anche presso le case più modeste, conservato in salamoia. Nelle case più ricche i servizi da tavola erano di materiale pregiato, come l’alabastro. Il cibo veniva portato alla bocca con le mani (senza l’utilizzo di posate), che venivano deterse in appositi catini pieni d’acqua. Eleganti ancelle servivano alle mense dei ricchi. Nell’antico Egitto venivano consumate bevande alcoliche come la birra ed il vino, ma anche superalcolici ricavati dalla lavorazione del dattero.

    Solo in occasioni particolari veniva consumata carne di bovini, ovini, gazzelle, antilopi, orici, bufali e iene. La tavola era talvolta arricchita anche da oche e volatili in genere. Più comunemente venivano consumati porri, cetrioli, meloni, cocomeri, aglio, cipolle, fichi, uva, datteri e melograni. Come dolcificante era usato il miele, mentre come bevanda comune l’acqua. Birra e vino erano consumati in poche occasioni. Gli Egizi, in quelle rare bevute, erano soliti ubriacarsi.

    La più diffusa era la birra fatta con orzo o frumento e datteri. Era ottenuta dalla fermentazione dei cicchi d’orzo immersi nell’acqua resa dolce dai datteri. Molto diffusi anche il vino (in occasione dei pranzi nobili), che i Greci dicevano fosse più dolce del miele, il shedeh (una specie di granatina) e il pa-ur (un tipo di liquore). Acqua, latte di capra, pecora e mucca erano le bevande più utilizzate nei pasti comuni.

    Pani – Ne esistevano molti che differenziavano tra loro per il tipo di farina, la forma, la cottura e gli ingredienti (miele, latte, frutta, uova, grasso, burro). La farina veniva ricavata da tre cereali: orzo, farro e frumento. Nel Nuovo Regno si contavano 40 tipi diversi di pani e dolci.

    Armamenti

    Può sembrare molto strano, che il popolo egiziano, progredito in quasi tutti i campi della sua civilizzazione, compreso quello militare, era molto arretrato in fatto di armamento militare. Infatti l’armamento standard del soldato egiziano rimase invariato per millenni, e i pochi cambiamenti che ci furono, arrivarono tutti dall’esterno, dato che gli egizi adottarono facilmente le armi dei nemici.

    Fino dal Predinastico le armi tipiche del soldato egizio erano l’arco, le mazze, il bastone da lancio, il pugnale la lancia, l’ascia, la fionda e dei semplici scudi per unica difesa. Per tutto il resto il guerriero indossava un semplice perizoma e andava scalzo. Fondamentalmente questo era l’armamento in uso fino alla fine del Medio Regno; in quest’epoca, sotto la XII Dinastia, si sostituisce il rame con il bronzo, ma per il resto ancora nella guerra contro gli Hyksos l’armamento rimase uguale.

    Archi e Frecce
    L’arco egiziano era a curva semplice mentre quello egiziano era a doppia curvatura e sono le armi più antiche come è stato dimostrato dai ritrovamenti nei siti neolitici dove sono state rinvenute delle punte di freccia in pietra di finissima fattura. Punte lanceolate, triangolari, peduncolari o no, vennero pian piano sostituite dalle piccolissime punte semilunate o rettilinee che presentavano una superficie d’urto molto tagliente ma non appuntita.

    L’arco, simbolo per eccellenza del guerriero, non era un’arma solo egiziana o nubiana, ma comune a tutti i popoli antichi, e memoria di ciò è serbata nell’immagine dei “Nove Archi”, che simboleggia i nemici dell’Egitto.

    Mazza
    La mazza poteva essere discoidale o a forma di pera. Quest’ultima, dopo l’unificazione del paese con la vittoria del Sud, diventerà uno dei simboli del faraone.

    Bastoni da Lancio
    L’unica cosa che gli accumuna ai boomerang è il fatto che si tratta esclusivamente di armi da getto e mai concepite per tornare indietro quando mancavano il colpo. Essi erano di vari tipi, cambiando il tipo di legno lunghezza e curvatura. Furono usati anche in guerra come armi ma prevalentemente rimasero in uso in tempi di pace per la caccia agli uccelli nelle paludi.

    Pugnali
    Sono presenti sin dal Predinastico ed hanno delle lame litiche ben lavorate che sono in genere incastonate in manici di legno. Tuttavia non mancano splendidi esemplari dal manico di avorio finemente scolpito. In un periodo più tardo alcuni pugnali sostituiscono alla pietra il bronzo.

    Daga
    La daga corta deriva dal pugnale con elsa a pomo emisferico e lama larga che si restringe finendo in una punta affilata ma arrotondata. Nel Medio Regno appare il tipo orientale, comune al Levante e all’Egeo, con elsa a pomo semilunato e lama larga triangolare con punta aguzza.

    Ascia
    La parte offensiva è in pietra o in rame battuto incastonata in manici di legno. Può essere con il manico ricurvo e la lama semicircolare o dal manico rettilineo e dalla lama in forma simile a quelle odierne.

    Giavellotti
    Di forma semplice avevano le punte in pietra o in bronzo.

    Scudi
    Unica misura di difesa dei guerrieri egiziani appaiono anch’essi durante il periodo Predinastico: di tipo rettangolare di legno o cuoio con il lato superiore incurvato ad arco acuto o arrotondato.

    I Giochi

    La società egiziana amava molto i passatempi e quindi i giochi. Sono state ritrovate delle pedine bianche e nere, simili ai moderni scacchi, e delle scacchiere rettangolari divise in 30 o 33 caselle (il senet), oppure circolari raffiguranti un serpente arrotolato con la testa nel centro ed il corpo diviso in segmenti (il gioco del serpente).

    * Il Senet era un po’ il gioco nazionale nell’Antico Egitto. Tutti, ricchi e poveri, adulti e bambini, impegnavano il loro tempo libero a sfidarsi a questo gioco. Il senet era un gioco talmente popolare che assunse un’importanza notevole anche per il viaggio nell’aldilà. Il defunto, come riportato nel famoso Libro dei Morti, doveva infatti disputare una partita contro un avversario invisibile per poter accedere al regno dei morti. Il primo esemplare di senet risale al Periodo Predinastico, mentre nella tomba di Rahotep (IV dinastia) è stato rinvenuto per la prima volta il nome del gioco. Il faraone Tutankhamon possedeva 4 senet di cui uno era composto di caselle di avorio, le pedine di materiale pregiato e poggiava su un mobiletto avente i supporti a forma di zampa di leone. Il senet era sostanzialmente un gioco di velocità tra i due sfidanti: ognuno di loro era in possesso di 7 pedine (o 5 a partire dal 1600-1500 a.C.) di colore bianco o nero. Lo scopo era quello di completare le 30 caselle (in egiziano “peru”) del percorso (10 caselle per 3 file) in maniera sequenziale, cioè dalla 1 alla 10, dalla 11 alla 20 ed infine dalla 21 alla 30. All’inizio del gioco, le pedine venivano disposte in modo alternato dalla casella 1 alla 10. Per muovere le pedine, i giocatori erano in possesso di 4 tessere con una faccia bianca ed una nera.
    La combinazione delle tessere dava il risultato della mossa:
    1 bianco + 3 nere = 1 punto;
    2 bianchi + 2 nere = 2 punti;
    3 bianchi + 1 nero = 4 punti;
    4 neri = 6 punti.
    In alternativa venivano più comunemente utilizzati dei bastoncini al posto delle tessere.
    Le pedine venivano spostate in avanti o indietro a seconda del risultato ottenuto. Quando tutte le pedine del medesimo colore venivano a trovarsi nell’ultima fila potevano terminare, una alla volta, il percorso. Il vincitore era colui che riusciva a completare le 30 caselle della “scacchiera” con tutte le 5 pedine. Il gioco era però reso più difficile da alcune regole:
    1. se una pedina capitava su una casella già occupata doveva retrocedere alla prima posizione libera;
    2. se due o tre pedine dello stesso colore si trovavano in fila non potevano essere scavalcate da quelle dell’avversario;
    3. se una pedina capitava nella casella 27 contrassegnata dal geroglifico “casa dell’acqua”, essa retrocedeva sino alla casella 1 o sulla successiva casella disponibile.

    Occorre precisare che in nessuna tomba e su nessun papiro sono mai state rinvenute le vere regole del gioco. Molti studiosi, come Kendall e Bell, si sono applicati per dare al gioco le regole più plausibili. Quelle descritte sono frutto di studi che si basano su ragionamenti logici che però, come detto, non hanno mai trovato riscontro storico.
    * Il gioco del serpente risale ad un epoca addirittura precedente la I dinastia. Si tratta di un gioco di probabile carattere religioso che si svolgeva su una tavola di forma circolare del diametro di circa 30cm che riproduceva le spire concentriche di un serpente avvolto su se stesso con le squame a rappresentare le caselle. Sulle regole di questo gioco si sono solo formulate alcune ipotesi poichè le regole originali sono andate completamente perdute.
    * Un altro gioco molto diffuso nell’Antico Egitto era il gioco “dei cani e degli sciacalli” o “dei 58 buchi”. La partita veniva giocata da due giocatori con a disposizione 5 bastoncini ognuno. I bastoncini venivano prodotti con in cima la rappresentazione di un animale dalle orecchie pendenti (i cani) o di un animale con le orecchie aguzze e ritte (lo sciacallo). Sulla tavola erano disegnati due percorsi composti da una serie di fori che confluivano in un unico buco centrale. Vinceva chi, per primo, giungeva con tutte i suoi bastoncini al centro.

    Tra gli altri passatempi vi sono il puzzle, il boomerang (di cui in Egitto è stato trovato il primo esemplare), i dadi (identici a quelli moderni e costituiti anche da più di sei facce), gli specchi, le bambole e degli aerei giocattolo! A proposito di questi ultimi, un esemplare è stato ritrovato all’interno delle piramide a gradoni di Zoser edificata intorno al 2800 a.C. Alcuni studiosi tedeschi hanno provato a realizzare un aereo in scala e a farlo volare. Il risultato è che l’aereo vola perfettamente…
    Le donne amavano danzare ed ascoltare musica, mentre gli uomini preferivano gli esercizi di destrezza o di forza e gli sport come l’equitazione, il canottaggio e il tiro con l’arco. Riservata al faraone perchè molto costoso era la caccia nel deserto.
    Alcuni faraoni si fecero organizzare anche spettacoli su misura di cui esistono testimonianze o documenti. Snefru sconfiggeva la malinconia guardando le provocanti contorsioni di donne vestite solo di tessuto di rete. Cheope sembra abbia convocato una sorta di mago di nome Djedi di cui si diceva fosse in grado di riattaccare le teste. L’intento di Cheope era quello di far tagliare alcune teste umane per poi ammirare le capacità miracolose di Djedi.

    Il calendario

    Il calendario egizio era composto da 360 giorni e 5 di festa (detti epagomeni) divisi in 3 stagioni chiamate akhet (piena), peret (semina) e shemu (raccolto). Ciascuna stagione era composta da 4 mesi di 30 giorni. Ogni mese era formato da 3 settimane di 10 giorni per un totale di 30 giorni.

    Il calendario egizio ha un errore di circa 6 ore sull’anno astronomico. Per stabilire quando entrò in vigore il calendario egizio occorre risalire a quando i due calendari coincidono. In quel determinato momento Sirio sorge nella stessa posizione del sole. Ciò avviene ogni 1460 anni. Il fenomeno è stato osservato con certezza nel 139 d.C. La discussione è nata in base al ritrovamento di una placchetta d’avorio di Ger sulla quale si è creduto di interpretare il simbolo egiziano di anno, ossia una vacca con tra le corna un germoglio che è il simbolo della dea Sothis (Sirio).

    I calcoli portano a ritenere due date possibili: il 2773 a.C. e il 4323 a.C. Analizzando le due date possibili, bisogna notare come il 2773 sia troppo recente poichè è noto che già nel regno di Zoser il calendario era conosciuto, e come il 4773 sia teoricamente troppo remoto rispetto alla data in cui gli archeologi tendono a far risalire la nascita del calendario (intorno al 3200 a.C.). L’attuale propensione è quella di ritenere che durante il regno di Ger fu osservato il fenomeno, ma ciò non comportò la stesura del calendario solare che venne introdotto più tardi. La data d’introduzione del calendario rimane, comunque, uno dei tanti misteri dell’Egitto.

    Grazie alla scoperta della città di Herakleion (avvenuta nel 2000 al largo di Alessandria e sommersa da oltre 1300 anni), si confermerebbe l’origine egiziana dell’oroscopo. Infatti lo zodiaco, con i suoi 12 segni, fu il risultato della sintesi tra le conoscenze astrologiche degli Assiri ed il calendario egizio.

    La leggenda dei 5 giorni nefasti
    Il dio solare Ra, adirato con la propria sposa Nut, le fece una maledizione che prevedeva l’impossibilità di avere figli durante i 360 giorni dell’anno. Thot, che ebbe pietà di lei, aggiunse al calendario 5 giorni in modo che ella potesse ugualmente avere i tanto sognati figli.

    Le feste

    * Sed

    La festa Sed è sicuramente la più importante per il re. Impropriamente chiamata anche “Giubileo”, è documentata fin dalle prime dinastie ed esprimeva il bisogno di rinnovamento del potere e della sovranità del faraone. Le sue origini sono da ricercarsi, come detto, nell’antichità più remota della civiltà egizia. Una leggenda narra infatti del periodo in cui il dio Ra regnava sulla Terra su uomini e dei. Col passare del tempo il rispetto verso Ra andò diminuendo poichè il dio, divenuto vecchio, non era più in grado di governare. Così gli uomini si ribellarono e Ra, per punirli, lanciò contro di loro il suo occhio infuocato risparmiando solo una parte dell’umanità. Ra, comunque, decide di salire in cielo sulla vacca celeste rinunciando a regnare sulla Terra. La festa Sed veniva celebrata dopo 30 anni di regno e, poi, ogni 3 o 4 anni. I momenti principali della festa sono la sepoltura di una statua del re che rappresenta il vecchio sovrano e il rito dell’incoronazione che vede il faraone protagonista di prove di forza fisica. Tra i tanti faraoni che sostennero le prove fisiche previste dalla festa Sed, si distinguono le imprese di Thutmosi II che si vantava di essere il primo in ogni competizione. Le capacità di Thutmosi II erano leggendarie. Una di queste narra dell’impresa che il faraone compì centrando due lingotti di rame spessi un palmo con due frecce scagliate da un carro in corsa dalla distanza di 16 metri! A conferma del bisogno di rinnovamento, durante gli anni a ridosso della celebrazione della festa Sed sono stati registrati sensibili aumenti di precipitazioni piovose come se anche la natura necessitasse di rinnovarsi. In occasione della festa Sed del faraone Den, la Pietra di Palermo documenta una piena straordinaria del Nilo che Amenofi III sosterrà, in seguito, di aver eguagliato. Ottime raffigurazioni sono contenute nella tomba di Niuserra e di Osorkon II. Il “Papiro Drammatico del Ramesseum” tratta invece della festa Sed di Sesostri I. Amenofi III sostenne 3 feste Sed, Ramesse II addirittura 14. Ecco quali erano le prove a cui dovevano sottoporsi i vari sovrani:
    1. Il faraone veniva sepolto, forse sotto ipnosi, in un sarcofago dove rimaneva per un tempo imprecisato. Trascorso tale tempo il sarcofago veniva riaperto e il faraone resuscitava.
    2. Percorrere 4 volte un circuito portando tra le mani una stanga di trebbiatura e un piccolo oggetto.
    3. Prova, a noi non nota, legata al piccolo oggetto tenuto in una mano.
    4. Prova di vigore sessuale.
    5. Violazione di una fortezza o distruzione di una città.
    6. Dieci giri di corsa attorno ad un cortile, con due cappelle che rappresentavano rispettivamente l’Alto ed il Basso Egitto.

    * Opet
    La festa Opet si svolgeva nella città di Tebe con cadenza annuale. Il faraone partecipava alla festa che consisteva in una grande processione delle barche divine da Karnak a Luxor e ritorno.

    * Min
    In questa festa si rinnova la conquista del potere da parte del re. Per simboleggiare tale avvenimento venivano lanciati quattro uccelli in direzione dei quattro punti cardinali. Essi dovevano essere messaggeri del nuovo potere del re.

    Igiene

    L’igiene era tenuta in buona considerazione. Gli Antichi Egizi erano ottimi medici e conoscevano le cause, e i rimedi, per molte malattie. Erano percò consapevoli che l’igiene del corpo è importantissima per evitare il diffondersi delle malattie. Tuttavia nelle case non era quasi mai prevista una sala da bagno che era considerata un lusso di cui godeva solo il faraone. La casa per gli Egizi era un luogo dove si potevano fare cose indecenti senza essere visti; tra queste cose non vi erano i bisogni fisiologici della persona che, perciò, erano fatti per strada. Se per la classe nobile l’igiene era molto rigorosa, Erodoto disse che gli Egizi si radevano il corpo ogni 2 giorni e si lavavano 4 volte al giorno, per il popolo ciò non avveniva. Queste persone, comunque, si lavavano le mani ogni volta prima di mangiare.

    La Moda

    Con il caldo clima che caratterizzava il paese del Nilo, gli abiti non erano molto necessari soprattutto durante il Medio Regno, periodo in cui il clima era molto più caldo di quello odierno. L’abbigliamento quindi era molto semplice e per niente elaborato: perizomi per gli uomini e semplici vesti per le donne.

    Durante il Nuovo Regno il clima si rinfresca e le temperature cominciano ad abbassarsi così iniziano a fiorire vesti più complesse. Tuttavia rispetto alle semplici vesti sopra citate le mode che cambiarono vanno riferite sempre a seconda delle varie classi sociali: gli indumenti erano sempre e comunque prevalentemente di lino anche se di diverse qualità; la lana non veniva quasi mai utilizzata. In questo periodo si possono eseguire le varie trasformazioni della moda ; basti pensare che del semplice perizoma maschile si conoscono almeno una quarantina di varianti.

    Il colore era sempre il bianco: colore naturale della fibra anche se gli egiziani conoscevano la procedura per la sua colorazione. Anche la pettinatura seguiva la voga del momento; quella femminile è sempre accurata, spesso con tante piccole trecce come ancora usano molte donne africane; nella buona società vi fu sempre un’abbondanza di parrucche che erano destinate tanto agli uomini quanto alle donne.

    Abiti Maschili
    L’indumento maschile più comune era il perizoma che copriva l’uomo dalla cintola alle ginocchia. Tutti, anche gli dei sono vestiti con questo semplice indumento per cui anche il faraone non esce da questo schema. Con il passare del tempo questo semplice indumento si arricchisce e si complica fino a diventare più lungo, a gonfiarsi e riempirsi sempre di più di pieghettature, sbuffi e rigonfi. Come già detto si sono scoperti numerosi modelli di perizoma tutti con caratteristiche diverse: aperti o chiusi sul davanti, con una specie di grembiule pieghettato oppure con una punta sporgente. Per le classi più agiate generalmente al perizoma si aggiunge anche un’ampia camicia ed un mantello.

    Abiti Femminili
    Le donne portavano un lungo abito molto attillato e stretto sotto il seno. Sopra di questo veniva utilizzato un manto. Anche le dee vestono alla stessa maniera: esse hanno festi finissime che ne lasciano intravedere le forme.

    Oltre alle normali vesti utilizzate per la vita di tutti i giorni c’erano degli abiti legati al ruolo sociale delle persone: per esempio alcuni sacerdoti portano una particolare sciarpa durante le cerimonie oppure si vestono con una pelle di leopardo.

    Le Calzature
    Gli uomini e le donne, anche portando le vesti più sontuose, andavano a piedi nudi. Durante il Nuovo Regno diventarono più comuni anche se era proibito portarli di fronte ad un superiore. Nelle tombe di ricchi e poveri sono stati trovati semplici sandali con suole di cuoio o di papiro in perfette condizioni. In alcune rappresentazioni si possono osservare scene in cui accompagnatori, lavatori di piedi, che portano in mano i sandali dei loro signori.

    Erotismo

    Frutto della cultura di antichi contadini e allevatori, la mentalità egizia non poteva guardare al sesso che come al più naturale degli atti, e come al più potente simbolo di fecondità. La loro religione politeista intrisa di naturalismo dava all’atto sessuale il valore che esso ha nella natura, con il giusto equilibrio di amore, procreazione e piacere; non esistevano dunque i veti di culture posteriori, e quest’assenza diede del sesso una visione più sana, senza la morbosità dei Greci e dei Romani o anche della cultura moderna.

    Un tale simbolo di fecondità creativa occupò un posto importante nella religione, a partire da Osiride, simbolo della vegetazione e della fecondità della terra, che ancora nei Bassi Tempi è rappresentato disteso e mummiforme, mentre dalle bende sorge il fallo, simbolo dell’energia vitale che sconfigge la morte.

    Ben noto è il dio Min, caratterizzato dal fallo eretto, simbolo di fecondità assoluta, ossia della divinità, dell’uomo e della terra; la stessa simbologia passò ad Amon-Min con il sincretismo delle due figure. Ad un livello più umano troviamo di fronte all’immagine di Hathor, a Deir el Bahari, degli ex-voto in forma di modelli di falli in legno e pietra, con cui si voleva pregare la dea di concedere dei figli.

    Delle rappresentazioni di unione sessuale si trovano nelle theogamie, ma in questi casi il rapporto fra donna e dio era simbolizzato dalle loro mani allacciate, mentre il dio avvicinava alle narici della donna il simbolo ankh (vita). Nei geroglifici l’immagine del fallo era usata nel segno biconsonatico “mt” e in molte parole come “seme”, “progenitura”, “gloria”, “concubina”. La vulva era rappresentata solo nei simboli geroglifici per “donna”.

    Sovente delle dee dell’amore, come Quadesh, o della divina procreazione, come Nut (il cielo che al mattino partoriva il sole) erano rappresentate nude, e il triangolo pubico è trattato con estrema semplicità e purezza, non essendo nè oggetto di particolare rilievo nè di censura.

    Nelle pitture egizie la nudità dei giovani appare in tutta la sua semplice purezza; le serve, giovani adolescenti, sono in genere vestite di una semplice centurina che cinge i fianchi come motivo ornamentale, e questo non era che la più semplice normalità. Altro caso è quello di un papiro erotico, conservato al Museo Egizio di Torino, che però è di carattere satirico e non ufficiale; si tratta in effetti di un documento non ufficiale e satirico-erotico in cui le scene sono di gusto goliardico-lupanaresco.

    Abitazioni

    Tutto quello che è rimasto dell’edilizia egiana consente oggi agli archeologi delle osservazioni molto interessanti. All’esterno della valle del Nilo sono venuti alla luce numerosi insediamenti che ci possono dare una chiara idea dell’urbanesimo sviluppato durante i secoli mentre lungo il Nilo l’elevato tasso di umidità ne ha impedito la conservazione nel tempo.

    Dalle varie scoperte si è potuto constatare che le abitazioni variavano nelle dimensioni secondo la crescita della popolazione e della classe sociale a cui il proprietario apparteneva. Per esempio la casa tipo di un funzionario era a più piani: il piano terra era destinato alle attività commerciali, il primo piano veniva utilizzato per il ricevimento degli ospiti mentre il secondo piano era occupato dalle camere da letto ed ai vari alloggi. Generalmente nei piani alti si trovavano le stanze della servitù.

    Durante gli scavi a Tel el Amarna sono state portate alla luce varie case amministrative che hanno evidenziato l’esistenza di una vasta area abitativa. Queste case erano caratterizzate da un vasto cortile d’accesso rettangolare a volte occupato anche da una piscina popolata da pesci e da piante acquatiche galleggianti. I muri interni delle abitazioni venivano spesso decorate da affreschi. Al contrario a Deir el Medina le case dei costruttori di tombe era molto semplici e realizzate esclusivamente in mattoni crudi. Le stanze erano molto semplici e di modeste dimensioni. In generale l’arredamento della casa egiziana era molto essenziale: panche, stuoie e letti in vimini con poggiatesta ma solo per i più ricchi. Nelle ore buie per illuminare l’abitazione venivano utilizzate ciotole di ceramica riempite di olio su cui galleggiava uno stoppino in fibra vegetale.

    Arredamento
    L’arredo, sempre essenziale e mai ingombrante era composto principalmente da vari tipi di sgabelli decorati e da poltrone traforate, con schienale e braccioli decorati in legno oppure ricoperti di metallo lavorato e incrostazioni di pietre pregiate.
    La tavola e le varie mensole erano anch’esse di dimensioni molto ridotte anche se numerose e presenti in ogni angolo dell’abitazione. Il vasellame era composto da svariate forme e materiali: dalla pietra come l’alabastro fino ai metalli preziosi alla semplie argilla. Nelle varie camere private, oltre al letto ed agli armadi, si trovavano numerosi cofanetti e utensili che venivano usati per la toeletta personale.

    Illuminazione delle case
    Va qui ribadito che la maggioranza della popolazione egiziana era composta soprattutto da contadini che seguivano, come in qualsiasi altro posto del mondo, i ritmi della giornata. Per questo, andando a dormire subito poco dopo il tramonto, avevano quindi un uso molto limitato dell’illuminazione. Nei casi più semplici l’illuminazione veniva fornita da lampade ad olio di cui sono stati ritrovati diversi esemplari. Si sa che l’illuminazione dei palazzi era molto più sviluppata e affidata, oltre che alla semplici lampade ad olio, anche a candele e torce. Tuttavia si suppone che anche a palazzo si preferiva non oltrepassare di molto l’orario del tramonto.

    Illuminazione nelle Tombe
    Le pitture più belle che conosciamo si trovano nelle camere funerarie delle tombe appartenenti Nuovo Regno; se non sono state strappate e trasportate nei musei, è possibile osservarle grazie al raggio di sole che la guida proietta sulle pareti manovrando uno specchio. Questo sistema viene utilizzato per non rovinare le pitture e le tombe con impianti di illuminazione elettrica che, facendo aumentare la temperatura interna, provocherebbero notevoli danni ai dipinti. Oltre a questo è anche un ottimo sistema per affascinare i turisti.
    Ci si è chiesti spesso come fossero illuminate le tombe durante i lavori considerando anche che queste, a volte, erano molto profonde. Non di certo venivano utilizzate delle fiamme normali in quanto nelle tombe e sulle pitture non sono state trovate tracce di fumo. La risposta è stata fornita da Jaroslav Cerny che, dopo varie ricerche ed esperimenti, ha scoperto che le tombe furono scavate e dipinte alla luce delle candele di grasso mescolato con natron, candele che non fanno fumo.

    Tags: assiri, egitto, egiziani, romani

  8. Posted 7/10/2011, 14:02

    STORIA E CULTURA DELL’ANTICO EGITTO


    La preistoria e l’archetipo della vita oltremondana
    Lo studio dell’insegnamento iniziatico fiorito presso i templi dell’antico Egitto ci è pervenuto per una pluralità di vie, attraverso i “Testi delle Piramidi”, i “Testi dei sarcofagi” ma soprattutto attraverso il “Libro dell’uscita alla Luce del giorno”, meglio conosciuto nel nostro mondo occidentale con il nome de “Il Libro dei morti degli antichi Egizi”. Tale studio presuppone la conoscenza dell’ambiente culturale e religioso di quel popolo e dell’epoca in cui tale inse-gnamento si inquadra. È necessario quindi darne una panoramica, sia pure a rapidi tratti, prima di esporre l’insegnamento stesso.
    Questa disamina della storia e della cultura dell’antico Egitto sarà qui fatta alla luce di una interpretazione iniziatica ma anche, come è giusto, secondo una visuale antropo-sociologica di tipo strutturalistico – quale è quella proposta dall’antropologo Levi Strass - che considera tutte le istituzioni di un dato popolo strutturalmente connesse e coerenti tra loro (struttura “a stella”, a partire da un centro di pensiero archetipico proprio di quel popolo, che si irradia su tut-te le sue produzioni culturali e sociali; con un percorso descrittivo dall’interno della “stella” (costituito dal pensiero archetipico) verso l’esterno (costituito dalle produzioni e strutture socio-culturali); fermi restando, beninteso, i dati di fatto fornitici dalla storia e dall’archeologia, sulla base dei quali possiamo ricostruire e capire quel pensiero archetipico (percorso inverso, dall’esterno della “stella” e dalle istituzioni culturali verso l’interno per ricostruire il pensiero archetipico fondante).


    tomba%201Parlando dell'antico Egitto si parlerà di tombe, di morti e di costumi funebri ma questo perché tutta la cultura egiziana e il pensiero degli egizi erano rivolti al problema della morte, intesa come punto di partenza verso una vita postmortale – nel regno di Osiride, come mitizzato compiutamente nel periodo classico e maggiormente formato di quella storia – che ciascuno desiderava assicurarsi nel modo più felice possibile. In ogni caso per quel popolo, e soprattutto per l’iniziato, l’idea della morte e i concetti ad essa connessi non avevano nulla di quel senso terrifico, macabro e di rimosso psicologicamente che hanno per noi. Per l'antico egiziano la morte era solo un cambiamento dello stato di esistenza, con passaggio ad una vita nuova, vista come molto simile a quella attuale; le più importanti temati-che della sua cultura e della sua religione erano indirizzate verso questo problema, la cui soluzione, a sua volta, coinvolgeva in sé il tema e il problema dell’Essere e del significato dell'uomo nell'universo.

    Le popolazioni che in epoca storica (dal 3200 a.C. circa in poi) troviamo stanziate nel Delta e lungo la Valle del Nilo originavano da popoli nomadi e cacciatori che, provenienti da Ovest, si collocarono (nel Ve IV millennio a.C., circa) sugli altipiani prospicienti la valle nilotica. Graffiti ru1pestri raffiguranti scene di caccia di selvaggina (che era quella allora esistente in loco, gazzelle, giraffe, zebre, elefanti) e aventi, come tutti i graffiti dei popoli arcaici, uno scopo magico (la rappresentazione dell’animale come sua evocazione e sortilegio – desiderio magico, pensiero operante - per la sua cattura), in tutto uguali agli altri trovati nel Sahara (nel Tibesti del sud algerino; nell’Acacus in Libia) ne sono la testimonianza.cartina
    Successivamente tali popoli scesero da questi altipiani nella Valle del Nilo e divennero stanziali; i graffiti allora pas-sarono a rappresentare non più la suddetta selvaggina di savana ma animali nilotici (ippopotami, coccodrilli, ibis ecc.) e domestici e il motivo della raffigurazione ora non voleva essere più un segnale magico ma semplicemente una rappresentazione grafica e un “racconto”, e questo mostrava la modificazione intervenuta nel modo di pensare e nella economia e nelle occupazioni praticate.

    Già in questa cultura preistorica troviamo necropoli ben curate e tenute separate dai villaggi abitati, con arredi funebri e tavolette votive, segno che il culto dei morti era già praticato. Nel suo primo periodo (cultura cosiddetta naqadana prima) troviamo una statuetta raffigurante un uomo con le braccia levate in alto, nello stesso tipico atteggiamento - più tardi divenuto ricorrente nell'arte egizia - del morto giunto davanti ad Osiride. Nella più tarda e successiva cultura, cosiddetta naqadana seconda, troviamo, presso la necropoli di Hierakonpolis, “la tomba dipinta”, in cui sono raffigurate scene sostitutive di vita. Per scene sostitutive di vita si intendono rappresentazioni intese non a ricordare i fatti della vita del defunto ma a ricreare per lui ed attorno a lui nell'aldilà un ambiente vivo e popolato nel quale egli si potesse muovere e trovare a suo agio; uno scopo, cioè, magico e propiziatorio, analogo cioè a quello che voleva essere il significato dei graffiti di accia – salvo la differenza delle implicanze sopravviventistiche che vi erano insite.


    La Valle dl Nilo (Basso Egitto) e il Delta (Alto Egitto) e le città storiche

    gatti%20mammoniAppare chiaro, quindi, che già in quelle età iniziali vi erano sia la credenza nella sopravvivenza post-mortem, con il passaggio del defunto in un mondo ultraterreno, sia il tentativo di operare magicamente in quell'ambiente. Saranno sempre questi i due grandi motivi conduttori della cultura antico egizia (è questo un primo esempio di quella inter-pretazione iniziatica effettuata però su un dato concreto della scienza storica e archeologica positiva, di si è detto). Chiaro altresì che già in età preistorica tali motivi cultuali e culturali risultano già formati abbastanza compiutamen-te, anche se espressi ad un livello non pienamente cosciente di tutte le implicanze e dei significati che vi erano insiti e che si sarebbero poi compiutamente espressi nell’epoca successiva e nei periodi classici della cultura egizia.


    Necropoli di Abido con tombe a fossa

    Da dove provenivano tali motivi e significati interiori intrinseci? Sarebbe facile e suggestivo riconnettere tra loro elementi come la venuta dall’ovest dei popoli nomadi, alcune strane raffigurazioni rupestri sahariane (vedasi, ad esempio, il graffito dei cosiddetti “gatti mammoni” nell’Acacus libico), la somiglianza fra le future piramidi e gli analoghi monumenti delle antiche civiltà centroamericane e inoltre l’ipotetica popolazione di sapienti, sacerdoti ed ini-ziati della favolosa Atlantide, di cui parla Platone (che era un iniziato nella sapienza egizia) nel Timeo e nella Crizia. Troppo facile, troppo suggestivo, e invece noi qui vogliamo lavorare solo su dati certi e provati, proprio perché lo studio che stiamo conducendo è già di per sé sufficientemente ardito; e non vogliamo, quindi, incorrere in accuse di fantasticheria e fantastoria. Una cosa peraltro affermiamo con tutta sicurezza, perché è un dato della psicologia: le forme mentali collettive, gli archetipi della vita oltretomba e dell’intervento magico su di essa da parte dei viventi erano già presenti in questi momenti iniziali arcaici e questo spiega l’immanenza e la permanenza degli stessi archetipi e delle stesse forme mentali nel gruppo etnico e il modo costante con cui essi hanno operato per tutta la durata storica dell’etnia antica egizia.


    Il misterioso graffito dei "gatti mammoni"nell'Acacus libico

    La storia dell'Egitto antico e le dinastie dei Faraoni
    La storia antica egiziana venne suddivisa dallo studioso storicista Manetone – un sacerdote dell’epoca tolemaica – sulla base delle dinastie dei Faraoni regnanti (trenta dinastie, da quella di Manes fino ad Alessandro Magno) e tale tipo di cronologia è stato sempre conservato e adottato dagli storici, anche al giorno d’oggi. Infatti gli egiziani usavano datare gli avvenimenti in riferimento all’anno di regno dei Faraoni, ricominciando daccapo la datazione ad ogni Faraone.
    Andando alle origini, in epoca predinastica l’organizzazione politico-sociale egizia era costituita su base cittadina e cioè le varie città, che estendevano il loro potere su una. maggiore o minore fetta del territorio circostante, erano autonome tra di loro, anche se da un punto di vista etnico e culturale erano affini e intrattenevano ampi rapporti l’una con l’altra.
    Pian piano però queste città autonome, vuoi per interesse comune vuoi per prevalenza di taluna di esse, si coagularono tra loro, talché ad un certo punto noi troviamo nell'Egitto due regni, quello di Buto nel Basso Egitto (Delta del Nilo) e quello di Hierakonpolis nell'Alto Egitto (Valle del Nilo).tavolozza%20naqada
    Due regni perchè per contingenze storiche quella coagulazione avvenne attorno a due poli distinti (This e Hierakon-polis) ma anche regni pienamente affini etnicamente e culturalmente e sviluppatisi parallelamente. Talché ad un certo punto fu inevitabile la loro riunione e ciò avviene nel 3200 a.C. con il Faraone Menes di Hierakonpolis.


    La "tavolozza" di Naqada, con incisioni

    Questi soggiogò il regno di Buto ma, anche se sotto l’aspetto formale tale evento si presenta come una conquista, sostanzialmente si trattò di una fusione: il Faraone veniva raffigurato che cingeva le due corone, assunse i due titoli regali dei due regni, le divinità locali furono conservate e pariteticamente ne veniva ammesso il culto; soprattutto le popolazioni dei due regni vennero poste su un piede di completa eguaglianza, con diritti e status paritetici, ed è questo che soprattutto risalta se si confronta con le usanze dei popoli antichi, in cui le popolazioni conquistate venivano in tutto sottomesse e rese schiave verso il popolo vincitore.

    Con Menes ha inizio la prima dinastia, che insieme alla seconda costituisce l'epoca. delle dinastie Tinite (dal 3200 al 2778), così dette dal nome della capitale This, situata presso Abido nella Valle.
    Se osserviamo i monumenti ed i reperti archeologici di questa epoca, possiamo notarne alcuni caratteri particolarmente significativi: 1) vennero eliminati gli influssi esterni (mesopotamici e più genericamente asiatici) che precedentemente erano largamente presenti e l'espressione artistica acquistò definitivamente, in una unitarietà indifferenziata dei due vecchi regni, quei caratteri che - sia pur sempre più maturandosi, modificandosi e passando da un tipo precedente a uno seguente - furono propri di tutta la storia dell'Egitto antico, dall'Antico Regno al Nuovo Regno;

    Tomba dipinta


    Mastaba o tombe a tumulo rettangolare


    tomba%2022) pur nell'esecuzione anche di opere di ingegneria civile, i monumenti e le espressioni artistiche maggiori riguardarono essenzialmente la costruzione di tombe e di templi: segno questo della piena operatività in quel popolo delle forme mentali di cui abbiamo sopra parlato, già presenti nella sua cultura sin dai primordi;
    3) manifestazione molto importante e significativa di tutto questo è il fatto che i sovrani Tiniti avevano una tomba in ciascuno di due regni unificati, una ad Abido e l'altra a Menfi. Ciò sta a indicare che il Faraone, per dare espressione al proprio atteggiamento, da tenere in modo uguale rispetto ai suoi due regni e ai loro popoli posti entrambi su un medesimo piano, lo faceva con un immediato e significativo riferimento alla sua dimora postmortale. Quando fosse caduta la sua spoglia mortale ed avvenuta la sua divinizzazione, egli avrebbe risieduto - quale simbolo di un potere d'ordine cosmico ed egizio e di una continuità di tale potere - contemporaneamente in entrambi i due regni d’Egitto; e il “sito” di tale potere e della sua unitarietà veniva posto, in questo modo, nella dimora funebre ed eterna. È questo un secondo esempio di interpretazione iniziatica dei dati storici ed archeologici.

    4) oltre che per il Faraone troviamo monumenti funebri anche per i funzionari e le personalità del regno più alte e più vicine al sovrano; questi monumenti sono le “mastaba”, consistenti in parallelepipedi di pietra posti sopra la tom-ba. Questo non è altro che una ulteriore conferma dell’immanenza e dell’operare in quel popolo dell'anzidetto archetipo e, facendo una ulteriore interpretazione iniziatica di questo dato, possiamo arguirne che tali funzionari e tali personalità, volendo far risaltare la propria posizione ed il proprio prestigio, ne ponevano l'espressione nella tomba, cioè in una affermazione della loro sopravvivenza nell'al di là, al pari del sovrano;

    mastaba5) gli oggetti minori posti a corredo delle tombe e i ricchissimi dipinti che vi troviamo, tutti rappresentanti scene sostitutive di vita ma riferite all’aldilà, confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, la forza di quella credenza ed aspi-razione archetipiche nella vita oltremondana.
    È ben vero che tali credenze e tali corredi li troviamo anche presso altri popoli; ma quel che a noi interessa è l’insegnamento.iniziatico che qui vi è connesso e che se ne deriva. È questo che – al di là delle valenze artistiche e storico-archeologiche - vogliamo porre in evidenza e che vogliamo apprendere attraverso l’esame questi reperti funerari. attraverso lo studio dei Capitoli del “Libro dell’uscita alla luce del giorno” - impropriamente tradotto con la de-nominazione de “Il libro dei morti degli antichi egizi” - e attraverso l’esposizione che ne faremo in seguito, dopo aver dato le opportune notizie in ordine a quella cultura, alla religione in essa praticata e alle divinità del suo pantheon, tutto materiale preliminarmente indispensabile per comprendere quel mondo e il suo pensiero.



    Uno scriba. L'importanza degli scribi era grande consrvavano la memoria di tutto quanto veniva ordinato, detto e fatto


    Il Faraone Zoser della III dinastia


    L’Antico Regno
    Con la III Dinastia .(2778 a.C.) si inizia il periodo detto dell'Antico Regno, che va fino alla VI Dinastia (2220 a. C) e la capitale venne portata a Menfi.
    E’ questo, dal punto di vista della nostra interpretazione, l'aetas aurea dell'Egitto il periodo in cui le potenzialità spirituali degli antichi egizi raggiunsero la loro massima espressione, il momento più elevato, pieno e completo che non sarà mai più eguagliato.scriba
    Naturalmente per. lo storico e per l'archeologo può non essere così, per loro l'Antico Regno è sempre un periodo notevole, con caratteristiche importanti ma è anche un periodo arcaico e ancora grezzo. Per loro l’apogeo della cultura dell’antico Egitto va trovato nell'epoca del Nuovo Regno, con i suoi geniali e vittoriosi Faraoni e la sua espansione all’esterno, con lo splendore della sua arte, l'esplosione della produzione letteraria e la pienezza dell’organizzazione politica all'interno, con le sue grandiosità architettoniche, con la magnificenza dei suoi monumenti funebri – basta pensare alla tomba di Tutunkhamon; sono le creazioni di tale periodo che li riempie di meraviglia e di ammirazione.
    Invece, dal nostro punto di vista iniziatico il Nuovo Regno appare, nonostante il suo splendore e la sua magnificenza esteriori, come un’epoca in cui già si inizia la decadenza e ne vedremo in seguito il perché; e con ciò si evidenzia ancora una volta la differenza che corre fra una interpretazione strettamente storica, artistica, archeologica e una interpretazione iniziatica della cultura dell’antico Egitto. Ciascuno di tali due punti di vista zosernaturalmente resta valido nel suo ordine. Il Nuovo Regno è effettivamente l'apogeo artisticamente e come potenza dello Stato e del popolo egizio. Altrettanto è invece l’inizio della decadenza sotto 1'aspetto dell’insegnamento sacro e della consapevolezza dei significati connessi alle credenze oltremondane, in questo momento scadute in superstizione e magia da sortilegio.


    La piramide a gradoni di Saqqara

    Zoser fu il primo Faraone della III dinastia Egli si fece costruire il complesso funerario di Saqqara, grandioso ed austero, con il quale la piramide, elemento geometrico e di valenza esoterica, entra a far parte del paesaggio egiziano.
    Tale complesso si compone di un tempio, di un edificio a più ambienti e, elemento culminate e centrale, la piramide. Questa tuttavia ha la caratteristica particolare di essere a gradoni, differendo così dalla tipica piramide solitamente conosciuta; praticamente consiste di sei mastaba sovrapposte; e questa sarebbe, ad avviso di molti archeologi, l'origine della piramide.
    Anche se così fosse, la vera piramide che subito dopo appare nell'arte e nel panorama egizi - a cominciare da quelle famose di Cheope, Chefren e Macerino, così chiamate dal nome dei tre Faraoni della IV dinastia che le costruirono – ha in sé grandi significati. Limitarsi a considerare la piramide solo sulla base della sua funzione più immediata (un monumento funebre grandioso, che i Faraoni nella loro megalomania si facevano costruire) e della sua derivazione (prima c’era una mastaba, poi pian piano aumentando la mania di grandezza, si fecero sempre più mastaba una sull'altra, poi si eliminarono i gradoni, per renderle meno accessibili, e si fecero le pareti lisce) mostra veramente una incomprensione dei significati, anzi dei valori ad essa connessi.
    La piramide
    La piramide egizia è qualcosa di ineffabile e di difficilmente traducibile, qualcosa che può esser solo intuito e mai ristretto nei limiti angusti che può darle una osservazione e una considerazione aridamente scientifiche. La piramide egizia è elemento esoterico, simbolico, significativo e magico. La piramide egizia, al di là del monumento di pietra, è una forma trascendentale e un campo di forza.Saqqara
    Elemento esoterico: i geroglifici che sono nelle sue stanze, noti con il nome di “Testi delle piramidi”, costituiscono il nucleo iniziale, originario e genuino, dell’Insegnamento; le formule, gli inni, le invocazioni, le visioni contenuti in tali testi sono quelli che, tramandati di generazione in generazione, di secolo in secolo e poi ampliati e sviluppati in seno alle scuole iniziatiche costituiranno più tardi la materia del “Libro dei morti”. Le piramidi costituiscono, dunque, al di là del loro aspetto edilizio, un libro, anzi il libro dell’insegnamento.

    Elemento simbolico: la piramide, che poggia solidamente la base – i piedi – per terra e la domina e poi si slancia, affinandosi, verso l’alto e penetra con il suo vertice nel cielo, vuole rappresentare lo stesso Faraone, inviato celeste sulla terra e anche l’uomo che dalla sua materialità si eleva con lo spirito verso la luce del sole (nella religione egiziana, come vedremo, il sole, Ra, è il Dio celeste).
    La piramide sale, pietra dopo, pietra su pietra, sempre più acuta, sempre più in alto, fino alla vetta: così è la Conoscenza che di gradino in gradino, in un progressivo affinamento, riduce il molteplice all'uno e porta dalle varie scienze all'intuizione unitaria dell’Uno, dell'Assoluto.
    I suoi labirinti, che si snodano tortuosi attraverso tanti corridoi e vie cieche fino alla cripta regale, dove vi è il Faraone divinizzato (dove è “osirizzato”, è divenuto una divinità accanto a Osiride) rappresentano il cammino dell’iniziato nell’insegnamento, un cammino difficile da seguirsi, in cui è facile smarrirsi., cadere nell’errore o, più semplicemen-te, perdersi d'animo; ma che, se viene seguito con decisione e ferma volontà, porta alla luce sapienziale. E, con questa analisi del simbolismo, si potrebbe continuare a11'infinito.
    Elemento significativo: esiste tutta una scienza, la piramidologia, che ci mostra come nelle proporzioni, nelle misure, nell’orientamento ecc. delle piramidi si ritrovano tutta l'astronomia, l'astrologia, tutte le scienze dell'antichità.piramidi
    Elemento magico: la piramide ha potere di conservazione, di mummificazione, di guarigione. Sono noti i tanti esperimenti fatti al riguardo con i fiori, le lamette, il latte, la carne. Sono elementi e aspetti a prima vista incomprensibili ma mostrano che la piramide contiene in sé una sua qualche forza vitale; e che vi era intorno alle spoglie del Faraone che vi giaceva, per preservarle. Lo confermano anche i racconti sui sortilegi o sulla cosiddetta “maledizione dei faraoni” che vi sono connessi.
    Forma trascendentale: per i significati ad essa ricondotti, per le forme pensiero che in essa si sono concentrati, la piramide egizia ha senz'altro una sua esistenza su un piano trascendentale come forma e come forza. È appunto un “campo di forza”, come è stato già detto a proposito della sua valenza magica.
    La piramide come monurnento funebre fa parte un complesso di costruzioni, che comprende prima un tempio per, la sosta iniziale, quindi un edificio a più stanze e corridoi di unione, poi un altro tempio e infine la piramide vera e propria, che si snoda verso Ovest. E' a ovest, infatti, che muore il sole e a ovest si trova l’Amenti, l'al di là egiziano, il regno di Osiride; verso l’ovest, dunque, si dovrà dirigere lo spirito del defunto. Il sole, dopo che è sceso e scomparso sottoterra a ovest e dopo il suo cammino notturno nella parte sotterranea della terra, risorge a oriente; altrettanto, dopo il percorso attraverso il Duat, il Re-stau, l'Isola di fuoco, îl defunto, se non condannato a restare in questi luoghi, risorgerà libero a oriente, nell'Egitto celeste ma anche nell’Egitto terreno.
    Le dinastie successive e la decadenza
    Come detto, la IV Dinastia è quella gloriosa dei Faraoni Cheope, Chefren e Micecerino e dei Testi delle piramidi. Con la V dinastia i Faraoni - che fino allori. avevano il titolo di Horo. Horo è il figlio, vivo e trionfante nel mondo, vendicatore del padre, Osiride, il dio morto. Essi assommano a questo titolo anche quello di “figli di Ra”, che è il Dio sole.
    Ma questo è anche un primo segno dello strapotere che, impadronendosi del fattore religioso, andava acquistando la casta dei sacerdoti; sono già i sacerdoti della. dottrina pietrificata, che, più dell’insegnamento cercavano il potere temporale. Inizia così un'epoca di decadenza.
    Con la VI dinastia le tendenze centrifughe dei nobili provincia1i e del clero aumentano sempre più e, corrispondentemente, il Faraone perde sempre più il suo potere. In questo periodo anche l'arte ci dà poche cose e insignificanti.


    oranti%20davanti%20occhioIl dio Anubi, l'accompagnatore delle anime, e, dietro di lui, un defunto,nell'aldilà davanti al Osiride (simboleggiato dal suo occhio)

    Insignificanti soprattutto dal punto di vista dell’Insegnamento, dico io, in quanto esse non contengono più tutte quelle significazioni che avevano nei monumenti artistici precedenti.
    Dalle. VII alla X dinastia (2220-2065 a.C.) abbiamo il cosiddetto 1 ° periodo intermedio; 1’Egitto è solo nominalmente unito, in effetti nelle sue varie province comandano in piena autonomia i governatori o nomarchi locali, veri e propri signorotti feudali. La capitale, puramente nominale anch'essa, è Eracleopoli, situata vicino a Menfi.

    Conformemente, anche i rnonumenti artistici - che sono sempre monumenti funebri - sono tombe dei principi e dei signorotti locali. Inizia la tradizione delle tombe rupestri, cioè scavate nella roccia e composte di vari ambienti. I geroglifici cominciano a trovarsi incisi nei sarcofagi e nelle epoche successive si svilupperà sempre più l'uso di incidere le formule, le propiziazioni ecc. nel legno dei sarcofagi; da onde il nome dato a questa iscrizioni di “Testi dei sarco-fagi”. Ma è da ritenere che questi geroglifici, queste iscrizioni di formule fossero una meccanica ripetizione di preghiere, insegnamenti e meditazioni non più compresi, fatte ormai in modo solo ripetitivo memorizzato e superstizioso o, al massimo, magico. E’ da dubitare che il vero significato di quelle formule fosse ancora capito. In questo pe-riodo l’Insegnamento sopravvive solo come lettera morta e non come spirito animato; e forse solo in qualche sconosciuta scuola iniziatica o da parte di qualche solitario iniziato veniva ancora compresa ed era portata con amore la fiaccola della vera conoscenza.
    I1 fatto è che i signorotti locali non erano che degli usurpatori del potere divino del Faraone; mentre i sacerdoti, da parte loro, avevano pietrificato le formule e abusivamente parlavano in nome delle loro divinità.
    L'Egitto era in sofferenza e attendeva il momento di rinascere. Gli dei avevano chiuso gli occhi su di esso, perchè il corpo di Osiride era stato fatto a pezzi da suo fratello Seth - simbolo del male e della caduta nella materia - e questi suoi pezzi erano stati da lui sparsi e erano andati dispersi per il mondo – simbolo questo della molteplicità della manifestazione dell’Uno nella materia

    Glì dei attendovano che Iside, la sorella e sposa di Osiride, venisse a raccogliere e a riunire insieme questi pezzi fi lui dispersi – simbolo questo della rinascita e del ritrovamento dell’unità iniziale, che però nel mondo e per il pensiero egizi avverranno nell’aldilà: Osiride morto e risorto è il signore dell’altro mondo.

    Il Medio Regno
    Nel 2065 a.C. circa però un re tebano sottomise gli usurpatori e riunì il regno sotto di sé, mettendo la capitale a Tebe. Con questo siano all'XI Dinastia e si inizia il Medio Regno. Questo non durò a lungo, solo fino al 1785 a. C., comprendendo due sole dinastie, 1'XI appunto e la XII. Anche se breve fu un'epoca in cui l'Egitto. tornò ad essere forte. Sesostri III, della XII dinastia, si spinse a nord fino alla Palestina e a sud nella Nubia, sconfiggendo e sottomettendo le popolazioni locali, che rese tributarie. L'amministrazione interna fu un potere capace e tomba%20con%20piramidecentralizzato. Furono compiuti grandi lavori di bonifica e opere di ingegneria. Il monumento funebre – sempre essenziale per quel popolo e quella cultura - ora viene situato, scavato e costruito, in un luogo rupestre, unito alla piramide, che ancora sussisteva (ma non sempre) e gli stava davanti, unito ad esso mediante un cortile porticato.



    Sarcofago riccamente decorato

    Statue colossali in posa ieratica ve-nivano poste nelle tombe e davanti ad esse. Templi all'aperto e templi rupestri venivano eretti in onore degli dei mentre si sviluppava al massimo l’uso dei geroglifici con le formule e gli inni sacri e magici sui sarcofagi (ancora i Testi dei sarcofagi). Le tombe oltre che per i Faraoni erano riservate anche per i signorotti locali, il cui potere però ora veniva da loro esercitato in nome de Faraone e, così ridimensionato, sussisteva ancora.
    E l'Insegnamento? L’Insegnamento quale era stato nell'Antico Regno ormai non lo ritroveremo più. Certo, esso fioriva ancora nei templi e nelle scuole esoteriche ed era anche fecondo; peraltro esso si rifaceva e si esercitava sulle antiche conoscenze e suI1'antica sapienza, che venivano sviluppate e ampliate ma senza alcunché di veramente nuovo. I Testi dei sarcofagi sono senz’altro maggiori di quelli antichi delle piramidi ma si aggirano sempre attorno al nucleo essenziale costituito da questi ultimi. Il segno della inferiorità rispetto al passato lo troviamo poi chiaramente nel fatto che la piramide adesso non costituiva più l'elemento essenziale del monumento funebre ove riposava il corpo ma era solo un elemento del complesso funerario e conviveva con la tomba ipogea; che, da ultimo, finirà con il sopraffarla ed essere l’elemento principale, artisticamente di grande valore ma di assai poco significato iniziatico. Simbol-camente, lo spirito del Faraone, che giaceva nella tomba, ormai non penetrava più nel cielo con la punta della piramide ma tendeva rifugiarsi, a nascondersi direi, nei giganteschi e umanamente superbi sotterranei meandri della tomba rupestre. Naturalmente questa è, appunto, una interpretazione iniziatica, che non verrà accettata dalla scienza storica, archeologica e artistica – ma, appunto, dalla comune scienza.
    Con la XIII dinastia inizia il secondo periodo di. decadenza che, con il nonne di secondo periodo intermedio, va fino alla XVII dinastia e all’anno 1580 a.C. Di nuovo presero il sopravvento principotti e potentati locali, che esautorarono il Faraone; formalmente il regno egiziano rimaneva. e le dinastie si succedevano ma in pratica il potere del Faraone non andava al di là della zona di Tebe, che restava nominalmente la capitale.
    tomba
    Raffigurazione di Anubi, il dio psicopompo dalla testa di cane,,accanto a un defunto, deposto nel sarcofago, per accompagnarne l'anima nell'aldilà, davanti al tribunale di Osiride

    È di questo periodo l'invasione da parte degli Hyksos (una denominazione che significa “i Re pastori”), una popolazione nomade asiatica di razza semita. Questo popolo straniero si insediò in tutto il Basso Egitto, occupando Menfi e, a un certo punto, si spinsero fin presso Tebe. La popolazione egiziana conviveva con loro ma in pratica era subordinata a questi re stranieri. Addirittura alcune dinastie, come la XV e la XVI, furono dinastie non egizie ma Hyksos.
    Con la XVII Dinastia i re tebani, presentandosi nella veste di propugnatori della nazionalità egizia contro il predominio straniero, iniziarono la lotta contro gli Hysos, in questo seguiti da tutti gli egiziani, che vedevano in tale lotta la riscossa ed il riscatto nazionale. La lotta proseguì e si concluse vittoriosamente con il Faraone della XVIII Dinastia, quando gli Hyksos vennero ricacciati al di là del Sinai, fino in Palestina ed oltre. Siamo intorno all’anno 1580 a.C.
    Il Nuovo Regno
    Con la cacciata degli Hyksos e con la XVIII dinastia ebbe inizio il Nuovo Regno, che durò fino alla XX Dinastia ed al 1080 a.C. I due Egitti prima divisi (a Nord il dominio Hyktsos a sud la monarchia tebana) furono di. nuovo riuniti. La capitele era Tebe e la divinità principale ufficiale era rappresentata da Ammon Ra, sintesi di Arnon, divinità texana, e di Ra divinità menfitica.
    Con il Nuovo Regno l’Egitto raggiunse il suo apogeo nella potenza politica, nell'econornia e nelle arti. Possiamo considerarla l’epoca rinascimentale dell’Egitto.

    Grandi e fortunate spedizioni militari sottomisero e resero tributarie le popolazioni limitrofe, a sud la Nubia, a ovest le popolazioni libiche, a nord i Mitanni, gli Ittiti, i filistei e anche i fenici, con il che la supremazia egiziana andò oltre la Palestina fino alla Siria, al Libano e all'attuale golfo di Alessandretta. Faraoni famosi regnarono in quell’epoca: Amenofi I, Tuthmose I, II e III, Amenofi II, Tuthmose IV, Amenofi III.
    Ma intanto anche il clero diveniva sempre più potente a fianco del Faraone, soprattutto il clero di Ammone che deteneva ricchezze enormi e sempre crescenti; un clero che non aveva mai brillato per troppa spiritualità e che era stato sempre stato legato alla vita materiale ed ai beni terreni. Le autentiche divinità dell’ insegnamento esoterico e dell'Antico Egitto erano ben altre: Tum o Atum, il profondo cielo, Ptah, Thot, Maat e più tardi soprattutto Osiride, con la sorella-sposa Iside e il figlio Horo . Lo strapotere dei sacerdoti di Ammon cominciò a dare fastidio ai Faraoni e così Amenofi IV finì con abolire il culto ed il clero di Ammon e proclamò e impose il culto di un nuovo dio metafisico, Aton, i1 sole. Lo stesso Faraone cambiò il proprio nome in quello di Akenhaton e fondò una città nuova, Akethaton, dove trasferì la capitale; siamo al 1350 a.C. La riforma operata con questo dio Aton è stata molto esaltata, soprattutto nei giorni nostri, come una prima forma di culto rnonoteistico in Egitto e nell'antichità (a parte che presso gli ebrei) e viene considerata una vera anticipazione dei !empi.

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    In realtà, tale riforma è stata, molto sopravvalutata, con una contemporanea sottovalutazione e incomprensione dell'antica religione. Di positivo, peraltro, nel culto di Aton è che con esso veniva raffigurato i1 sole cioè la Luce. E, in effetti, è il sole che dà con il suo calore e la sua lu-ce la vita e questo lo si avverte in modo immediato proprio nel deserto e nel contrasto con il gelo e il buio della notte. Il sole è dunque senz’altro la manifestazione materiata di Dio. Il Faraone Akhenaton ebbe dunque subito l’intuizione e la consapevolezza di questo binomio ed equivalenza Dio = Luce, in questo forse ispirato da qualche maestro o scuola iniziatica.

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    Comunque, quando gli studiosi moderni esaltano il monoteismo della nuova religione di Aton in confronto al politeismo precedente (quando vi era una moltitudine di dei, praticamente uno o più per ogni città; divinità locali peraltro riconosciute non solo nella loro città ma anche altrove, sia pure in subordine a quelle cittadine) mostrano di aver capito molto poco. La popolazione egizia era certo politeista e credeva negli dei come tali; ma la religione in genere viene sempre intesa e praticata in forme popolari se non addirittura superstiziose presso la gente comune mentre è sentita e insegnata nel suo vero significato quando ne viene compreso il suo senso profondo, presso le scuole di Inse-gnamento dunque e gli iniziati. Si comprende che gli dei sono solo delle manifestazioni di un Principio assoluto e sono rappresentazioni di principi di ordine cosmico, preposti alle funzioni - cardine dell'Universo e poi raffigurate e simboleggiate dall’uomo in modi a lui comprensibili, antropomorfi, zoomorfi, dendromorfi, cratofonici.

    Come tali, cioè come Forze e Potenze operanti, esse potrebbero anche essere delle Forme trascendentali ed avere una qualche esistenza trascendentale,. Ma non sono certo dei nel senso del Principio assoluto, non ne hanno l’essenza. Potranno essere degli “dei” per il pensiero animista, che ne avverte quella trascendenza e la sovrappotenza ma non per l’iniziato, che ne avverte questa differenza essenziale.
    Così era anche presso i templi e nelle scuole di pensiero e di Insegnamento dell'antico Egitto: la divinità era unica e assoluta ed era Tum, il cielo, o Ra o Aton, il sole, sempre come simbolismi del Tutto, dell’Essere e della Vita, essendo inconoscibile l’Assoluto in sé e avvicinabile solo attraverso esperienze mistiche, come lo fu quella del Faraone Akenhaton.

    Cosicché tutto questo giunse a maturazione e sale dal profondo (e dalle scuole iniziatiche) alla consapevolezza (e a un livello di una più generale diffusione) con il culto di Aton il sole, inteso come la Luce della coscienza).
    Tuttavia il culto del nuovo dio Aton non durò molto; il clero di Amon era sempre potente e già lo stesso Akenhaton negli ultimi anni del suo regno dovette scendere a patti. Infine, dopo la morte del Faraone riformatore, la restaurazione procedette rapidamente ed fu completa con Tutunkhaton, che dovette cambiare il proprio nome in quello di Tu-tunkhamon e riportare la capitale a Tebe.
    La spiegazione data dalla storiografia ufficiale a questo insuccesso della riforma di Akhenaton - nonostante il suo grande valore monoteistico e religioso-filosofico avanzato - consiste nel fatto che il clero di Ammon in sottofondo e in modo latente era rimasta sempre potente e continuava a tramare per conservare il proprio potere e le proprie ricchezze; e che con esso erano alleati di fatto i principi e le persone di corte, interessate a veder fallire 1'esperimento, che era si religioso ma che toccava anche profondi e sedimentati interessi. Quanto alla massa della popolazione, una nuova religione ed un nuovo dio non si improvvisano e non si inventano su due piedi, motivo per cui essa rimaneva attaccata al vecchio culto di Ammon ed il suo clero aveva buon gioco a farne una sua massa di manovra per la restaurazione.

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    Il Sole, simbolo della vita e rappresen- tazione di Dio, è un principio di base dell'Insegnamento egizio. Qui è raffi-gurato in un frammento architettonico.


    L’interpretazione iniziatica accetta questa spiegazione ma la integra con la considerazione che anche l’Insegnamento in questo periodo non doveva essere più quello di un tempo e che quindi i1 concetto Aton-Sole-Luee-Consapevolezza era afferrato e sentito solo da pochi, e comunque non certo dal grosso di una casta religiosa ufficiale e dalle persone importanti, interessate solo a mantenere i propri privilegi; costoro si fermarono al binomio Aton = il Sole visto in modo letterale e materialista e si guardarono bene dal diffonderne una corretta visuale tra la popolazione.
    Da questo carattere effimero della riforma del dio Aton deriviamo, quindi, che nel periodo del Nuovo Regno l’insegnamento non rifulgeva presso i templi ufficiali né presso la classe colta della nazione.Ma proprio per questo a noi appare come un periodo di decadenza, Quanto più grande e sontuoso è il clamore delle bellezze esteriori tanto più queste stridono con il mondo silenzioso e riflessivo dell’anima.


    Un'altra rappresentazione dello stesso concetto. Qui il Sole è sulla fronte di Horo, il dio falco, figlio di Osiride, vendicatore del padre ucciso dal fratello Seth, simbolo del Male e su uccisore. Horo trionferà e regnerà sulla terra mentre Osiride rinasce nell'aldilà e ne è il sovrano,


    Si dice che la parola è d’argento ma che il silenzio è d'oro; la severità delle antiche piramidi, gli scarni geroglifici dei testi delle piramidi, questo è appunto l’austera ricchezza, il “silenzio che parlava” dell’Antico Regno, certo più pieno di significato. Ora la magnificenza esterna fa da contrasto con la sostanziale povertà dei contenuti interiori.
    Ci si dedica tanto alla forma - e qui si giunge ad altissimi traguardi artistici - ma proprio perchè qui sono indirizzate e raccolte tutte le energie vi è paco spazio per altro e soprattutto per la ricerca spirituale. Ma in fondo anche il nostro Rinascimento, con tutta la sua bellissima architettura e pittura sacra e profana è un’epoca in fondo atea, profanatrice, beffarda, poco incline ai valori spirituali e molto di più ai piaceri della vita. Ne sono i rappresentanti papa Alessandro VI Borgia e il cardinale Bibbiena mentre il pensiero meditativo e la rivendicazione della spiritualità si rifugia presso qualche solitario protestatorio, come il Savonarola o Martin Lutero.
    arte
    Conclusione
    Magnificenza nell'arte e decadenza nell’Insegnamento. Eppure il Libro dei morti – di cui faremo il commento e che è il fulcro di questo Insegnamento - nasce proprio allora. Come in epoca antica le formule venivano incise nelle piramidi, come in epoca media esse si incidevano nei sarcofagi, ora tali formule vengono riportate sui rotoli di papiro deposti nelle tombe e dentro i sarcofagi e l'insieme di. questi papiri o meglio il complesso dei testi che su questi papiri venivano copiati costituiscono quello che noi conosciamo come “il libro dei morti degli antichi egizi”. Da tali papiri noi possiamo conoscere – al di là della loro a prima vista semplicistica apparenza e anche superstiziosa e magica interpretazione popolare – quale ne era il vero significato e quello che era l’Insegnamento praticato presso le scuole iniziatiche, le “Scuole di Vita”

    Tali papiri riportavano e ripetevano le formule antichissime e gli inni lontanissimi, tramandati attraverso le copie fattene dai testi delle piramidi e dai testi dei sarcofagi. Senz'altro anche nel Nuovo Regno ci sono state scuole iniziati -che che hanno lavorato sulla base di questa antica sapienza e ne hanno anche tratto spunti di pensiero proprio. E il Libro dei morti contiene, oltre agli antichi testi, anche questi più recenti sviluppi. Peraltro, è sicuro che al di fuori di queste scuole iniziatiche coloro che facevano uso di tali formule ne ignoravano sostanzialmente il vero significato e le parole lette o scritte venivano prese per quel che letteralmente dicevano circa il viaggio del defunto nell’aldilà, il tribunale di Osiride e i 42 giudici, la insidie dei serpenti demoni, le lotte sfuggire ad essi e il potere magico delle tavolette per superare le prove. I parenti. del defunto che facevano mettere quei papiri con le formule nel sarcofago, i sacerdoti che le recitavano, i presenti che li ascoltavano dovevano credere senz'altro che avveniva letteralmente di questo.
    Del resto basta pensare alla restante letteratura funeraria per capire con quale spirito venissero fatti queste riti e ceri-monie nel Nuovo Regno. Oltre al predetto Libro dei morti abbiamo altri testi letterari come il “Rituale per sconfigge-re il maligno”, “La disputa fra Horo e Seth”, “Il Libro delle Porte”, addirittura l’Amduat, con la carta geografica del-l'aldilà; tutto questo ci dice come queste cose fossero sentite presso il popolo, credute e praticate, a livello superstizioso, credulo, antropomorfo e non certo iniziatico.
    Solo gli iniziati - ma non dovevano certamente essere la maggioranza – ne capivano il vero significato e ciò che l'an-tica sapienza intendeva dire con quelle formule, quei capitoli, quei versetti. Quando leggeremo e commenteremo insieme il Libro dei morti, vedremo anche noi cosa veramente quelle parole volessero significare e come il loro vero senso fosse ben diverso e più profondo dalla mitologia che a prima vista ne appare e della lettura fatta in modo solo letterale.

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    Le ultime dinastie e la fine storica dell’antico Egitto
    Con la XX dinastia inizia la decadenza anche del Nuovo Regno, che giunge al suo termine.
    Il periodo che va dalla XXI alla XXX dinastia (dal 1095 al 332 a.C.) è chiamato la Bassa Epoca. Torbidi interni, usurpazioni di nomarchi e di generali e anche dei sacerdoti di Ammone. l'eterna rívalità fra Basso e l’Alto Egitto provocarono il tracollo; avvennero invasioni dall’esterno, per tre volte l’Egitto venne invaso dagli Assiri, i Nubiani risalirono dal sud, occuparono le terre del Nilo e instaurano una loro dinastia, 1a XXV.


    Geroglifici riportati su una pittura parietale

    Un segno di rinascita si ebbe con il. Faraone Psammetico della XXVI dinastia, che restaurò per un certo periodo il potere centrale e ricacciò gli stranieri invasori; sembrava tornata un’età d’oro ma l’illusione fu breve. Questa volta furono i persiani a invadere 1''Egitto e la XXVII dinastia apparteneva a loro. Venne poi Alessandro Magno che nel 332 sconfisse i persiani e ne conquistò l’impero, compreso l’Egitto. Regnava la XXX quando il conquistatore macedone entrò trionfante in Alessandria.
    L’Egitto antico era finito. Alla morte di Alessandro il suo immenso impero venne diviso fra i suoi. generali, i diadochi, e l’L'Egitto toccò al diadoco Tolomeo; ebbe inizio così l'epoca dei Tolemaici. L'ultima dei Tolomei fu la celebre Cleopatra che, unitasi ad Antonio, il romano ribelle, venne sconfitta insieme a lui nella battaglia navale di Azio il 39 a.C. e si suicidò nel modo noto, facendosi mordere da un’aspide. L’Egitto divenne così una provincia romana; ma l’Egitto antico, quello dei faraoni, delle piramidi, dei testi sacri, dell’insegnamento era già tempo scomparso, finito nella nebbia di un lontano passato.
    L' Insegnamento però ci è rimasto, conservato sempre vivo nel Libro dei morti, il “Libro dell’uscita alla luce del giorno”, come è la vera traduzione del suo vero titolo. La scoperta dei papiri di questo libro ha permesso di riprende-re non certo la pratica di questo Insegnamento e dei suoi riti ma lo studio delle sue formule e del loro significato ci fa vedere quali e quanto profonde ne fossero il pensiero, le intuizioni e le conoscenze sottostanti.

  9. Posted 5/10/2011, 16:17

    Gli dei dellВ’Egitto


    Gli dei dell’Egitto -

    Qui di seguito sono riportati i principali dei dell’Egitto:

    Osiride

    Una delle grandi divinità egizie, era adorato come dio della vegetazione e dell'agricoltura. Il suo centro di culto più importante era Abido. Rappresentato in forme umane, con il volto dipinto di verde, colore della rigenerazione, lo stretto mantello che ne fascia il corpo e gli dà l'aspetto di una mummia. Lo accompagnano i tipici attributi regali scettro, flagello, pastorale e corona bianca dell'Alto Egitto affiancata da piume. Talvolta le sue carni sono raffigurate in coloro nero, spesso il dio è situato all'interno di un naos o di una cappella. Si credeva che in origine fosse stato un re umano, colui che aveva portato la civiltà in Egitto. Fu ucciso da suo fratello Seth, il suo corpo venne smembrato e disperso in tutto il paese; dopo la sua morte, lside concepì da Osiride un figlio cui fu dato il nome di Horus, il piccolo. Ella raccolse le membra disperse del marito e Horus, quando fu grande, combatté e sconfisse Seth, vendicando la morte del padre. Finalmente fu radunato il consiglio degli dei per decidere chi fosse il vincitore della disputa. Essi diedero ragione a Horus e Osiride fu fatto risorgere, diventando re dei morti e giudice degli inferi. Il faraone defunto fu con lui identificato. Il mito è raccontato nelle opere di Plutarco. Il culto di Osiride dava alla gente la speranza di continuare la vita dopo la morte.

    Anubi

    Era il dio che aveva imbalsamato Osiríde e presiedeva alla mummificazione. Patrono degli imbalsamatorì e "signore delle necropoli". Nell'oltretomba presiedeva alle cerimonie funebri, custodendo il defunto e assicurandogli vitto e buona sepoltura. Il centro del suo culto era a Cinopoli, ma veniva largamente venerato anche altrove. Il suo nome è traducibile in "sciacallo"; era infatti rappresentato sotto forma di sciacallo o di cane nero, spesso accovacciato su un modello di cappella funeraria o su un naos, con una fascia rossa attorno al collo e un flagello tra le zampe posteriori. Talvolta era rappresentato anche in forma umana con testa di cane, croce ankh in una mano e scettro nell'altra. Nel culto di Osiride, divenne il fratello di quest'ultimo, secondo altre versioni del mito, aiutò a seppellirne il corpo.

    Sobek

    Dio dalla testa di coccodrillo, venerato particolarmente a Crocodilopoli e a Kom Ombo. Dio dell'acqua associato alla fertilità, ebbe molta importanza durante la XII dinastia. Era rappresentato come coccodrillo o come uomo con testa di coccodrillo.

    Khnum

    Antichissimo dio egizio raffigurato con corpo umano e testa di ariete oppure come ariete, venerato soprattutto a Esna e a Elefantina. Creatore degli uomini e delle varie forme di vita, si riteneva che avesse forgiato il genere umano sulla sua ruota da vasaio. Era anche guardiano delle sorgenti del Nilo e presiedeva alle inondazioni. E' raffigurato mentre esegue ritratti del sovrano durante l’incoronazione.

    SethName=I 5; HotwordStyle=BookDefault;

    Fratello di Osiride, fu considerato come la personificazione del male nell'antico Egitto e fu rappresentato come un animale non identificato simile al cinghiale, oppure come uomo con testa di animale. Rappresentava le terre di confine, il deserto e gli stranieri. Seth fu venerato soprattutto quando gli hyksos conquistarono l'Egitto. Nella mitologia è sconfitto da Horus, il quale vendica così la morte di suo padre Osíride.

    Ptah

    Divinità egizia della città di Menfí, dove era considerato creatore del cosmo, oltre che patrono degli artisti e dio dinastico. Avvolto in vesti aderenti, tali da dargli aspetto crisaliforme, spesso con carni di colore verde, impugna nelle mani giunte sul petto lo scettro sul quale sono sovrapposti una croce ankh e un pilastro ged; la testa è rasa o coperta dalla calotta, e la barba posticcia. Generalmente in piedi, ma anche seduto, spesso è raffigurato all'interno di un naos che presenta una finestra dalla quale si scorge il suo busto. Ptah, che fu il marito di Sekhmet e il padre di Nefertum, divenne il protettore degli artigiani. Fu anche una delle divinità primitive dell'Egitto e successivamente venne associato a Osiride.

    AmonName=I 2; HotwordStyle=BookDefault;

    In origine era il dio locale delle tribù della zona di Tebe. Quando poi i principi di Tebe si impadronirono del trono d'Egitto divenne la suprema divinità dei pantheon, assimilandosi al dio Ra sotto il nome di Amon-Ra. Il più grande tempio di Amon era quello di Karnak. I suoi sacerdoti rivaleggiarono in potenza con il faraone. A lui erano consacrati l'oca (secondo il mito il sole nascerebbe da un uovo primordiale) e l'ariete dalle corna ricurve. Venne raffigurato in forme umane, come sovrano, con due alte piume sul capo, e talvolta con testa d'ariete.

    Thot

    Dio egizio di carattere lunare, era ritenuto a Hermopolis la divinità suprema; aveva corpo umano e testa di ibis, talvolta di scimmia, e luna falcata sul capo. Venerato come dio della parola creatrice, della scrittura e del calcolo e considerato scriba degli dei e misuratore del tempo, era come tale patrono degli scribi, e inoltre nell’aldilà era addetto alla psicostasia. Svolgeva un ruolo importante come impiegato della corte alla cerimonia del peso del cuore nel giorno del giudizio. Aveva l'incarico della scrittura, della lettura, della matematica e di tutte le occupazioni con riferimento alla cultura e alla professione di scriba. Attraverso la conoscenza dei geroglifici, aveva anche il controllo della magia e dei maghi.

    RaName=I 6; HotwordStyle=BookDefault;

    Come dice il nome stesso, dio egizio del sole che a Eliopoli ebbe il suo maggiore centro di culto. Fu ritenuto dio creatore dell'universo, dio dello stato e della giustizia; si riteneva che percorresse il cielo sulla "barca dei milioni di anni" durante il giorno. Veniva raffigurato come uomo con testa di falco e disco solare con ureo sulla testa, in seguito ai processi di assimilazione all'altra divinità solare Horus.

    Iside

    Una delle maggiori divinità egizie. Protettrice del benessere, delle nascite, dei naviganti e dello stato. Ebbe un ruolo fondamentale nel mito di Osiride, lo sposo ucciso e smembrato dal fratello Seth, del quale cercò e ricompose le spoglie ridandogli vita e concependo il figlio Horus. Compare talvolta come sparviero o in forme femminili, con il disco solare tra due corna bovine ( in quanto assimilata a Hator ), o con il suo geroglifico ( un seggio ) sulla testa e il nodo iliaco sull’abito. Come moglie di Osiride, Iside divenne simbolo della compagna e della madre ideale. Essa diventò una tipica figura di dea madre. Sebbene fino all’arrivo dei Romani Iside non avesse propri riti, né propri templi, il culto continuò e si diffuse fuori dell’Egitto dopo il declino della civiltà egizia. Nella mitologia essa era sorella di Neftis e del suo stesso marito Osiride. Suo figlio era Horus, il piccolo che generalmente veniva raffigurato seduto sulle sue ginocchia.

    La famiglia egiziana

    La famiglia era per gli egiziani un punto di riferimento fondamentale. La donna godeva di notevole prestigio e, se rimaneva vedova, poteva diventare capofamiglia. I figli molto spesso vantavano orgogliosamente, oltre l'ascendenza paterna, l'ascendenza materna. Agli uomini era però concesso di avere più di una moglie, mentre le donne erano punibili anche con la morte se tradivano il marito.

    Affettuose cure erano dedicate ai bambini, che nei limiti delle possibilità economiche familiari venivano allevati con cura, educati e istruiti. La società egiziana, relativamente prospera, poteva occuparsi con sollecitudine della prole, e quando altre società contemporanee, ancora impegnate nella lotta per la sopravvivenza fisica, usavano abbandonare o uccidere i neonati "in soprannumero".

    Il mito di Gilgamesh

    Il più antico personaggio della letteratura mondiale è l'eroe più famoso nella mitologia mesopotamica: Gilgamesh. Il suo mito è stato fissato in forma di poema epico nell'Epopea di Gilgamesh, giunta a noi in redazioni diverse e in frammenti di varia epoca: i testi più antichi sono del III millennio a.C. e in lingua sumerica; i più recenti sono traduzioni semitiche (babilonesi e assire) ma non prive di una loro creatività e indipendenza dall'originale. Nell' Epopea Gilgamesh appare come un re di Uruk, legato in amicizia a Enkidu, altro fortissimo eroe. I due lottano per l'immortalità, ma si tratta ancora dell'immortalità in senso eroico: il conseguimento di imprese la cui fama sopravviva alla breve permanenza su questa terra. Poi Enkidu muore e Gilgamesh, affranto dal dolore, vorrebbe riportarlo in vita. Gli si pone così il problema dell'immortalità in senso concreto, ossia della lotta contro la morte stessa. Si mette alla ricerca dell'unico uomo che abbia potuto sfuggire alla morte: Utnapishtim, l'unico scampato al diluvio (secondo la versione babilonese). Lo trova dopo avventure d'ogni genere e ottiene da lui solo un surrogato dell'immortalità, una pianta che ha il potere di far ringiovanire. La vera immortalità - gli rivela Utnapishtim - è soltanto quella degli dei. La pianta magica sarà rapita a Gilgamesh da un serpente e l'eroe resterà sconfitto dall'ineluttabilità della morte, carattere proprio alla condizione umana.

  10. Posted 30/9/2011, 15:30

    Sarcofago egizio

    Il sarcofago egizio era la cassa destinata a custodire il corpo imbalsamato del defunto e il suo Ka.
    Kawab
    Il suo nome egizio era nebankh ossia “Possessore di vita” nb ˁnḫ oppure ḳrsw ed era da considerarsi l’elemento più importante di una sepolutura e dimora del defunto per l’eternità Le forme, i materiali e le decorazioni variavano a seconda delle epoche e delle usanze religiose che si evolvevano con i tempi Il coperchio del sarcofago rappresentava il cielo, il fondo era la terra mentre i lati indicavano i quattro punti cardinali ed in esso il defunto veniva inumato con la testa a nord ed il volto rivolto ad oriente verso il sole che rinasceva rigenerato Periodo arcaico e predinastico Nel periodo arcaico l’inumazione avveniva avvolgendo il defunto con stuoie o pelli di animali deponendolo successivamente in fosse circolari ed in posizione fetale Il



    Tomba di Tutankhamon

    La Tomba di Tutankhamon (nota anche come KV62) è il luogo di sepoltura, nella Valle dei Re, del giovanissimo sovrano della XVIII dinastia che salì al trono all'età di 9 anni e morì all'età di 18-20 anni .

    KV9suKV62


    Analisi eseguite nel corso degli anni dalla scoperta della tomba, non ultime analisi del DNA compiute nel 2009, hanno consentito di appurare che il faraone soffriva di diverse malattie, alcune delle quali ereditarie, ma si è ritenuto che a nessuna di esse possa essere imputata la morte . La tomba in trattazione porta il numero 62 ed è bene rammentare che le 63 sepolture principali della Valle dei Re sono numerate progressivamente (sigla "KV"= King's Valley, seguita da un numero); è inoltre utile tenere anche presente che la numerazione non ha nulla a che vedere con la progressione sul trono dei titolari; nel 1827, infatti, l'egittologo inglese John Gardner Wilkinson numerò


    Benu

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    Benu o Bennu, divinità zoomorfa del pantheon dell'antico Egitto, è un uccello mitologico consacrato al dio Ra e simbolo della nascita e della resurrezione dopo la morte, quindi, dell'eternità della vita.
    Collegato alla dottrina eliopolitana, viveva sulla pietra Benben posta nel tempio di Eliopoli.
    All'inizio era rappresentato come una cutrettola, uccello della famiglia dei passeracei. Durante il Nuovo regno prese le sembianze di airone cenerino un trampoliere dal becco lungo e sottile e con due piume dietro al capo.
    Si suppone che il nome Benu possa derivare da webwn, verbo egizio che significa “brillare”, “sorgere”: infatti, nelle raffigurazioni trovate sul Libro dei morti o in molti affreschi esso sembra sorgere dalle acque.
    Per i greci divenne phoinix, la longeva e miracolosa fenice. Era il signore del giubileo reale, poiché simbolo della rinascita e del rinnovamento, come il sole che all'alba rinasce e si rinnova. Le raffigurazioni di questa divinità sono presenti molto spesso nel Libro dei morti e nelle pitture parietali.



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