Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica


Replying to Parafrasi completa-scontro tra achille e agamennone.

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Last 10 Posts [ In reverse order ]

  1. Posted 7/3/2017, 15:59
    Grazie mille 😁😀😊😊😊😊☺☺😘👱 :)
  2. Posted 21/11/2016, 16:19
  3. Posted 10/5/2016, 15:44
    :image: :image: :image: :image:
  4. Posted 14/3/2015, 16:43

    Achille e Agamennone parafrasi


    Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
    L'ira funesta, che infiniti addusse
    Lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco
    Generose travolse alme d'eroi,
    E di cani e d'augelli orrido pasto
    Lor salme abbandonò così di Giove
    L'alto consiglio si adempia, da quando
    Primamente disgiunse aspra contesa
    Il re de' prodi Atrìde e il divo Achille.

    Questa è forse la più celebre strofa dell'Iliade, ma quanti ne conoscono il significato? Provo ad interpretarlo, aiutandomi con le note a margine del testo "Iliade", a cura di M.Lombardi-Lotti e A.Paladini, libreria editrice Canova, Treviso.

    Omero, in questo capitolo, propone la contesa fra Achille e Agamennone per il rapimento di una schiava. E' bene chiarire l'antefatto. Crise, sacerdote di Apollo, chiede ad Agamennone il riscatto della figlia Criseide. Il condottiero supremo dell'esercito greco nella guerra di T roia, nega la fanciulla, trattenendola con sè e rendendola sua schiava. L'offesa al sacerdote viene punita dagli dei con una grande pestilenza che imperversa per nove giorni nel campo greco. Achille indice un'assemblea e chiede a Calcante (indovino) di spiegare la causa dell'ira di Apollo. La spiegazione sta proprio nell'offesa al dio, che chiede il riscatto immediato della fanciulla perché possa tornare da suo padre. La proposta non piace ad Agamennone che offende il sacerdote, mentre Achille prende le difese di Crise. Agamennone cedrà la schiava, ma vorrà quella di Achille. L'eroe abbandona la battaglia e prega la madre (Teti) di ottenere da Giove una atroce vendetta: la sconfitta dei Greci.

    Parafrasi

    Ispirami a cantare, o Musa, l'ira funesta di Achille, figlio di Peleo, che portò precocemente al regno dei morti infiniti uomini. La morte e la distruzione furono così atroci che abbandonò ai cani e agli uccelli le salme dei morti, poiché non c'era il tempo per onorarli con una degna sepoltura. Si compia così la decisione di Giove (che aveva promesso a Teti di vendicare l'offesa subita da Achille), presa da quando il divino (divo) Achille e il figlio di Atreo (Agamennone) si divisero (disgiunse) per la contesa della schiava.

    Parafrasi
    raccontami, o dea, l'ira di achille figlio di peleo, che fu la causa di moltissimi lutti per i greci, e mandò nell'ade molte anime prima del giusto tempo, e fece delle loro salme cibo per cani e uccelli ( così che si compisse il disegno di Giove), da quando all'inizio il divino Achille e il re Agamennone furono divisi da un'aspra contesa.

  5. Posted 27/12/2014, 13:42
  6. Posted 17/3/2014, 17:01
    se avrei chiesto ad altre persone mi avrebbero fatto sbagliare. :kissing.gif: :kissing.gif: :kissing.gif: :kissing.gif:

    con questa parafrasi mi hai fatto avere un voto alto in epica. grazie.
  7. Posted 7/11/2013, 14:14
    grazie :kissing.gif:
  8. Posted 4/4/2011, 14:49
    scontro tra achille e agamennone.

    parafrasi


    Detto questo Calcante, si sedette; quindi fra loro si alzò il potente Agamennone, figlio di Atreo, infuriato; i precordi erano pieni d’ira, e gli occhi sembravano lampeggiare di fuoco; gridò, guardando male Calcante:
    - Indovino del male, non dici mai buoni auguri per me, il cuore ti suggerisce sempre dei mali, non dici mai buona parola, non la porti mai a compimento! E adesso che sei fra i Greci profetizzi che per questo motivo Apollo dà loro delle disgrazie, perché io non ho voluto accettare il riscatto della giovane Criseide: desidero tanto averla in casa, la preferisco a Climnestra, anche se sposa legittima, perché non la supera in niente, non di corpo, non di aspetto, non di mente, non di opere.
    Ma acconsento di renderla anche così, se è meglio; voglio un esercito sano, e che non soccomba. Però preparatemi subito un dono; in modo che non resti solo io privo di doni fra i Greci, non è equo.
    Quindi guardate quale altro dono mi deve toccare.
    Allora intervenne Achille, dal piede veloce:
    -Gloriosissimo figlio di Atreo, avidissimo più di tutti, in che modo ti daranno un dono i magnanimi Greci? Da nessuna parte vediamo un ricco tesoro comune; quelli delle città bruciate sono stati divisi. I guerrieri non possono rimetterli in comune. Quindi, ora, dai al dio la giovane Criseide; poi noi ti daremo un compenso tre o quattro volte maggiore, se Zeus vorrà darci di abbattere ***** dalle mura fortificate.
    Ma Agamennone rispose, ricambiandolo:
    -Per quanto tu valga, Achille pari agli dei, non nascondere ciò che pensi veramente, perché non mi sfuggi né puoi persuadermi. Così pretendi – e intanto la tua parte ce l’hai – che me ne lasci privare in questo modo, facendomela rendere? Ma se i Greci dal grande animo mi daranno un dono, adattandolo al mio desiderio, che compensi la perdita, sta bene; se non sarà così, io verrò a prendere il tuo, o dono di Aiace, o quello di Odisseo.
    Ma via, queste cose potremo trattare anche dopo:
    ora spingiamo nel mare divino una nave nera di catrame,
    raccogliamo rematori in numero giusto, imbarchiamo qui il sacrificio di cento buoi, facciamo salire la figlia di Crise, guancia graziosa; la guìdi uno dei capi consiglieri,
    o Aiace, o Idomeneo, oppure Odisseo luminoso, o anche tu, Achille, il più tremendo di tutti gli eroi, che tu ci renda amichevole Apollo, compiendo il rito.
    Ma guardandolo minaccioso Achille dal piede rapido disse:
    - Ah vestito di spavalderia, avido di guadagno, come può volentieri obbedirte un greco, o marciando o battendosi contro guerrieri con forza? Davvero io sono venuto
    a combattere qui non per i Troiani bellicosi, non sono colpevoli contro di me: mai le mie vacche o i cavalli hanno rapito, mai hanno distrutto il raccolto a Ftia dai bei campi, in cui nascono e crescono eroi, poiché molti e molti nel mezzo ci sono monti ombrosi e il mare potente.
    Ma seguimmo te, o del tutto sfacciato, perché tu gioissi, cercando soddisfazione per Menelao, per te, brutto cane, da parte dei Troiani, e tu non pensi a questo, non ti preoccupi, anzi, minacci che verrai a togliermi il dono per il quale ho sudato molto, che i figli dei Greci me l’hanno dato. Però non ricevo un dono pari a te, quando i Greci gettano a terra un villaggio ben popolato dei Troiani; ma le mani mie governano il più della guerra tumultuosa; se poi si venga alle parti,
    a te spetta il dono più grosso. Io, dopo che peno a combattere, mi porto indietro alle navi un dono piccolo e caro. Ma ora andrò a Ftia, perché è molto meglio
    andarsene in patria sopra le concave navi. Io non intendo raccogliere beni e ricchezze per te, restando qui umiliato.
    Allora lo ricambiò Agamennone il signore degli eroi:
    - Vattene, se il cuore ti spinge; io non ti pregherò davvero di restare con me, con me ci sono altri che mi faranno onore, soprattutto c’è il saggio Zeus. Ma tu sei il più odioso per me tra i re discepoli di Zeus: ti è sempre cara la contesa, e guerre e battaglie: un dio ti ha dato di essere tanto forte!
    Vattene a casa, con le tue navi, con i tuoi compagni, regna sopra i Mirmìdoni: di te non mi preoccupo, non ti temo adirato; anzi, questo dichiaro: poi che Criseide mi porta via Febo Apollo, io rimanderò lei con la mia nave e con i miei compagni; ma mi prendo Briseide, il tuo dono, dalla guancia graziosa, andando io stesso alla tenda, così che tu sappia quanto sono più forte di te, e tremi anche un altro di parlarmi alla pari, o di mettersi di fronte a me.
    Disse così; ad Achile venne dolore, il suo cuore nel petto peloso fu incerto tra due decisioni da prendere: se, sfilando la spada acuta via dalla coscia, facesse alzare gli altri, ammazzasse l'Atride, o se calmasse l'ira e trattenesse i suoi sentimenti. E mentre questo agitava nell'anima e in cuore e sfilava dal fodero la grande spada, venne Atena dal cielo; l'inviò la dea Era braccio bianco, amando ugualmente di cuore ambedue e avendone cura; gli stette dietro, per la chioma bionda prese il Pelide, a lui solo visibile; degli altri nessuno la vide. Restò senza fiato Achille, si volse, conobbe subito Pallade Atena: terribilmente gli luccicarono gli occhi e volgendosi a lei parlò parole fugaci e veloci:
    - Perché sei venuta, figlia di Zeus che è armato di ègida ,
    forse a veder la violenza d'Agamennone Atride?
    ma io ti dichiaro, e so che questo avrà compimento: per i suoi atti arroganti perderà presto la vita! E gli parlò la dea Atena occhio azzurro:
    - Io sono venuta dal cielo per calmare la tua ira, se tu mi obbedirai: m'inviò la dea Era braccio bianco,
    ch'entrambi ugualmente ama di cuore e si prende cura.
    Su, smetti il litigio, non tirar con la mano la spada:
    ma ingiuria solo con parole, dicendo come sarà:
    così ti dico infatti, e questo avrà compimento: tre volte tanto splendidi doni a te s'offriranno un giorno per questa violenza; trattieniti, dunque, e obbedisci. E disse ricambiandola Achille piede rapido:
    - Bisogna rispettare la vostra parola, o dea,
    anche chi si sente irato; così è meglio,
    chi obbedisce agli dèi, sarà ascoltato anche da loro.
    Così sull'elsa (impugnatura spada rifinita) d'argento trattenne la mano pesante, spinse indietro nel fodero la grande spada, non disobbedì alla parola d'Atena; ella se n'era andata verso l'Olimpo, verso la casa di Zeus egioco, con gli altri dei.
    Di nuovo allora il Pelide con parole ingiuriose investì l'Atride e non trattenne il risentimento.
    - Ubriacone, minaccioso come un cane, ma vile come un cervo, mai vestir corazza con l'esercito in guerra né andare all'agguato coi più forti nemici degli Achei osi andare: questo ti sembra morte.
    E certo è molto più facile nel largo campo degli Achei
    strappare i doni a chi a faccia a faccia ti parla,
    re mangiatore del popolo, perché comandi ai buoni a niente;
    se no davvero, Atride, ora per l'ultima volta offenderesti!
    Ma io ti dico e giuro con piena volontà:
    sì, per questo bastone, che mai più foglie o rami
    metterà, poi che ha lasciato il tronco sui monti,
    mai fiorirà, che intorno ad esso il bronzo ha strappato
    foglie e corteccia; e ora i figli degli Achei con giustizia lo porteranno in mano: manterranno salde le leggi in nome di Zeus. Questo sarà il giuramento da farsi. Certo un giorno rimpianto per Achille prenderà i figli degli Achei, tutti quanti, e allora tu non potrai nulla, poichè afflitto aiutarli, quando per mano del massacratore Ettore cadranno morenti; e tu nei sentimenti più profondi lacererai, rabbioso per non avermi ricompensato, io che sono il più forte dei greci.
    Così disse il Pelide e scagliò in terra lo scettro disseminato di chiodi d’oro. Poi si sedette.
    Fonti:
    www.studenti.it

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