Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Lucio Dalla

BIOGRAFIA, DISCOGRAFIA, NEWS, FOTO, ETC...

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    “Oggi forse non riesco ad essere ironico come una volta. Il mio obiettivo quando lavoravo con Roversi, era quello di dividere la gente. Adesso la mia soddisfazione è quella di vederla unita. Cerco di capire perché la gente mi vuole bene e sento il dovere di indignarmi per problemi che riguardano più loro che me. Mi emoziona la vita, ma in fondo sono nato per essere solo.” (L.D.)


    Lucio Dalla




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    Biografia

    Nato a Bologna il 4 marzo 1943. Bolognese, suo padre fu direttore in città del club di Tiro a volo (sarà citato in "Come è profondo il mare": "Babbo, che eri un gran cacciatore di quaglie e di fagiani..."), sua madre, Iole Melotti (ritratta nella copertina dell'album "Cambio"), fu sarta casalinga, mentre suo zio Ariodante Dalla, fu noto cantante melodico popolare negli anni quaranta e cinquanta. Nel 1950, a sette anni, Dalla rimase orfano di padre, che morì stroncato da un tumore, e la madre decise di istruirlo presso il Collegio Vescovile "Pio X" di Treviso, dove trascorse le scuole elementari e dove iniziò ad esibirsi nelle recite scolastiche; L’incontro avviene nel 1953: un ragazzino che già da alcuni anni si esibisce nei teatrini parrocchiali e Padre Pio che gli impone di non salire più sul palcoscenico, pena la dannazione eterna. Il piccolo Lucio Dalla, carattere irrequieto e scontroso ma già dalla spiccata personalità artistica, decide di ignorare il divieto e di applicarsi con grande dedizione alla musica, trascurando addirittura gli studi scolastici. Così negli anni Cinquanta impara a suonare prima la fisarmonica e poi il clarinetto, passando dal repertorio popolare emiliano al jazz di New Orleans. Si scopre voce dai toni neri: prima una breve militanza nella Reno Jazz Gang, poi clarinettista nella Second Roman New Orleans Jazz Band e infine con i Flippers.
    La svolta nel 1963 - al Cantagiro Gino Paoli si offre come produttore - l'approdo alla scuderia discografica Rca nel '64. Nonostante le tentazioni della black music, lo stile ispirato a Ray Charles, Otis Redding e James Brown, l'inizio non è confortante. I due 45 giri sono un colossale fallimento commerciale e ugualmente infruttuosa è la breve parentesi con il cabaret. La strada del successo arriva con l'abbandono della musica soul. Nel '66 al Festival di Sanremo canta in coppia con i Yardbirds di Jeff Beck; l'anno dopo sempre in riviera, anche se viene cacciato dai portieri dell'Hotel Hilton di Roma che lo scambiano per un vagabondo e gli impediscono l'accesso alla serata finale del Festival delle Rose, vince il primo premio della critica discografica con la canzone Il cielo. Nello stesso anno fa da spalla a Jimi Hendrix nel concerto al Piper di Milano.
    È il periodo della beat generation, della ribellione giovanile, del rifiuto degli schemi. Ma Lucio Dalla è più un solitario agitatore, un indipendente. Così l'abbandono dei toni più duri corrisponde proprio con il grande boom del cantante che approda alle grandi cifre di vendita con 4 marzo 1943, cui seguono canzoni come Piazza Grande, Il gigante e la bambina, Itaca.
    Dal '74 al '77 opera un altro cambiamento di rotta. Inaugura un tipo di spettacolo a metà strada tra il concerto vero e proprio e il teatro militante, ed avvia una proficua collaborazione artistica con il poeta bolognese Roberto Roversi orientando la sua produzione verso contenuti civili. Il risultato di questo binomio è consegnato ad altri tre album: Il giorno aveva cinque teste, Anidride solforosa, Automobili e ad altrettanti spettacoli, resi popolari da un modo di fare teatro ironico e buffonesco, allineato alle poetiche di Giorgio Gaber e di Dario Fo.
    Nel '77, con Come è profondo il mare, Dalla debutta anche come autore dei testi delle proprie canzoni. Per l'artista bolognese si apre un decennio di consensi popolari e record di vendite. È l'epoca del tour Banana Republic con Francesco De Gregori da cui l'omonimo live, dell'album Bugie (1985) e soprattutto della canzone Caruso (contenuta nel doppio live DallamericaCaruso) venduta in otto milioni di copie nelle trenta e più versioni del brano.
    Nel 1988 un'altra accoppiata vincente: Dalla-Morandi, con album e trionfale tournèe, anche nel teatro greco di Siracusa. Il 1990 poi segna un altro trionfo di Dalla: il brano atipico Attenti al lupo lancia in orbita il disco Cambio che tuttora detiene il record di vendite in Italia (quasi un milione e mezzo di copie). Seguono un prolungato tour, documentato nel live Amen e nel '94 il disco Henna. Il 5 settembre '96, invece, è la volta di Canzoni: undici brani inediti tra cui Ayrton dedicato agli ultimi istanti del campione brasiliano, ancora un milione di copie vendute. Infine il 9 settembre '99 arriva Ciao, composto in cinque mesi per raccontare il disagio nei confronti della guerra in Kosovo e presentato in anteprima su dieci siti internet italiani.
    Dopo Ciao del 1999, il nuovo millennio si apre con Luna Matana del 2001, contenente brani come: Siciliano con la partecipazione di Carmen Consoli, Kamikaze, Zingaro, Baggio Baggio e Agnese delle Cocomere con la partecipazione di Ron, brano dedicato ad uno storico ritrovo di Bologna frequentato oltre che da Lucio Dalla anche da altri cantanti e personaggi dello spettacolo come Gianni Morandi, Cesare Cremonini, Biagio Antonacci, Vasco Rossi, Enzo Iacchetti e molti altri: il brano non è solamente dedicato al locale ma anche ai bolognesi e alla bolognesità.
    Dalla si è dedicato anche alla composizione ad ampio respiro (con la sua "Tosca Amore Disperato" brano interpretato con la partecipazione di Mina, (secondo molti critici musicali è andato ben oltre la dimensione della musica leggera), ha sfoltito ma nobilitato la sua attività live.
    Ha interpretato musiche di Vivaldi con i Solisti Veneti di Claudio Scimone. Scrive le musiche del film Prima dammi un bacio di Ambrogio Lo Giudice dove tra i protagonisti figura Luca Zingaretti. Supervisiona le musiche della soap opera Sottocasa in onda su Raiuno.
    Dalla si esprime efficacemente anche come talent scout e negli ultimi anni riesce a dedicarsi ad iniziative che puntano a rivitalizzare il panorama musicale italiano. Tra le altre iniziative il Lucio Dalla Music Club organizzato prevalentemente con l'ausilio del web.
    Nel febbraio 2007 torna ad esibirsi con Ron, in uno spettacolo accompagnato da un'orchestra d'archi, dal violinista Lino Cannavacciuolo, dalla compagnia di mimo e danza Kataklò e la regia curata da Pepi Morgia; nello stesso periodo inizia a collaborare con Mario Tutino, sovrintendente e direttore artistico del Teatro Comunale di Bologna per un progetto sul "Pulcinella" di Igor Stravinskij, del 1920.
    Quest'opera del musicista russo viene messa in scena dal 18 al 27 marzo 2007, con la regia di Lucio Dalla e le coreografie di Luciano Cannito per il primo ballerino, il crotonese Alessandro Riga, mentre l'orchestra è diretta dal maestro David Agler, abbinata all'"Arlecchino" di Ferruccio Busoni (del 1917), che vede come primo attore Marco Alemanno: Dalla opera un intervento scenografico sulle due opere, spostandone l'azione a New York (per "Pulcinella") e in un paesino delle colline tosco-emiliane per "Arlecchino". I DVD degli spettacoli sono stati prodotti da Gianni Salvioni (che ha prodotto anche il DVD "classic" del cofanetto intitolato 12.000 lune edito da SonyBmg e contenente il live con le canzoni di Lucio Dalla in chiave classica) e pubblicati dalla casa discografica Ermitage. Ha cantato al trofeo "Birra Moretti" allo stadio San Paolo di Napoli, squadra di calcio per cui ha manifestato la sua passione, l'8 agosto 2007.
    Nel gennaio 2008 ha rilasciato una intervista al quotidiano cattolico online Petrus dedicato al pontificato di Papa Benedetto XVI dove afferma di non essere "mai stato né marxista, né comunista" ma di ispirarsi a San Josemaría Escrivá de Balaguer fondatore dell'Opus Dei. Tuttavia, in una successiva apparizione televisiva, ha dichiarato di essere stato male interpretato: nell'intervista ha semplicemente asserito di essere concorde con le affermazioni riguardanti il lavoro fatto dal fondatore dell'Opus Dei, il cui nome ed il relativo pensiero aveva sentito per la prima volta in quell'occasione. Nella medesima partecipazione televisiva ha dichiarato inoltre di essere una persona avulsa dal senso di vergogna, e di portare un parrucchino.
    Sempre nel 2008 Lucio Dalla mette in scena L'opera del Mendicante di John Gay, interpretata dalla cantante e attrice Angela Baraldi e Peppe Servillo degli Avion Travel. Lo spettacolo ha debuttato al teatro Duse di Bologna il 31 marzo.
    Il 7 luglio 2008 il cantautore bolognese presenta l'inno ufficiale della squadra olimpica italiana, intitolato Un uomo solo può vincere il mondo ed appositamente composto per i Giochi di Pechino.
    A dicembre, il cantante recita in Artemisia Sanchez su Raiuno; per tale miniserie scrive e canta il tema d'apertura.
    Il 10 ottobre 2009 viene trasmesso dalle radio il singolo Puoi sentirmi?, che anticipa l'uscita dell'album Angoli nel cielo, pubblicato il 6 novembre successivo.
    Il 2010 si apre con la notizia, che viene data il 2 gennaio, di un concerto insieme di Dalla con Francesco De Gregori, a trent'anni da Banana Republic, al Vox club di Nonantola, con la denominazione work in progress.
    Il concerto, che in breve tempo diventa "tutto esaurito" in prevendita fa da preludio ad una serie di concerti insieme che vengono annunciati proprio in occasione della data di Nonantola e che si svolgeranno nel mese di maggio a Milano e Roma; nel corso della serata i due presentano, oltre alle canzoni note, un inedito intitolato Non basta saper cantare ed annunciano l'uscita, in occasione del tour, di un album realizzato insieme.





     
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    lucio dalla
    discografia..


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    1966
    1999
    (L.P. Arc Special SA 16)
    (CD BMG ND74156)


    Quando ero soldato (Bardotti/Reverberi)
    Lei (non è per me) (Bardotti/Paoli/Reverberi)
    I got you (Brown)
    L’ora di piangere (Bardotti/Morton)
    L.S.D. (Dalla/Bardotti/Reverberi)
    Mondo di uomini (Bardotti/Brown/Tenco)
    1999 (Dalla/Bardotti/Reverberi)
    Tutto il male del mondo (Dalla/Bardotti/Reverberi)
    Pafff... Bum! (Bardotti/Reverberi)
    La paura (Dalla/Bardotti/Reverberi)
    Io non ci sarò (Dalla/Bardotti/Reverberi)
    Le cose che vuoi (Falzoni/Trombetti/Zaffiri)



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    1970
    TERRA DI GAIBOLA
    (CD BMG ND74270)


    Il fiume e la città (Dalla/Bardotti/Franceschini)
    Orfeo Bianco (Dalla/Franceschini/Pallottino)
    Dolce Susanna (Dalla/Baldazzi/Bardotti/Franceschini)
    Abcdefg (Dalla/Franceschini)
    Stars fell on Alabama (Parish/Perkins)
    Fumetto (Dalla/Baldazzi/Bardotti/Franceschini)
    Sylvie (Dalla/Baldazzi/Bardotti/Franceschini)
    Africa (Dalla/Bardotti/Pallottino)
    Non sono matto o la capra Elisabetta (Dalla/Paoli)
    K.O. (Dalla/Bardotti/Franceschini)
    Occhi di ragazza (Dalla/Baldazzi/Bardotti/Franceschini)
    Il mio fiore nero (Migliacci/Phillips)
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    Gragnanino Blues (Dalla/Lecardi)
    1999 (Bardotti/Dalla/Reverberi)
    Sylvie (Bardotti/Dalla/Baldazzi)
    Summertime (Gershwin)
    Il Mio Fiore Nero (Phillips/Migliacci)
    Africa (Pallottino/Dalla/Bardotti)
    Non E Una Festa (Baldazzi/Dalla)
    Geniale (Dalla)
    Fottiti (Dalla)
    Etto (Dalla)
    4/3/1943 (Pallottino/Dalla)
    registrazioni febbraio 1969 e agosto 1970

    Lucio Dalla: voce-organo
    Giorgio Lecardi: chitarra-batteria
    Bruno Cabassi: organo-tastiere
    Emanuele Ardemagni: basso
    Renzo Fontanella: basso
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    Itaca (Dalla/Baldazzi/Bardotti)
    Un uomo come me (Dalla/Pallottino)
    Il bambino di fumo (Dalla/Pallottino)
    Il colonnello (Dalla/Baldazzi/Bardotti)
    Il gigante e la bambina (Dalla/Pallottino)
    La casa in riva al mare (Dalla/Baldazzi/Bardotti)
    Per due innamorati (Dalla/Baldazzi/Bardotti)
    4/3/1943 (Dalla/Pallottino)
    Strade su strade (Dalla/Baldazzi/Bardotti/Stott)
    L'ultima vanita (Dalla/Baldazzi/Bardotti)
    Lucio dove vai (Dalla/Bardotti/Reverberi)
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    1973
    IL GIORNO AVEVA CINQUE TESTE




    Un'auto targata TO
    Alla fermata del tram
    E' lì
    Passato, presente
    L’operaio Gerolamo
    Il coyote
    Grippaggio
    La bambina (l’inverno è neve, l’estate è sole)
    Pezzo zero
    La canzone d’Orlando

    testi: Roberto Roversi
    musiche: Lucio Dalla
    Pezzo zero: Lucio Dalla
    nelle stampe attuali il primo brano è stato ribattezzato L'auto targata "TO"
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    1975
    ANIDRIDE SOLFOROSA

    Anidride solforosa
    La borsa valori
    Ulisse coperto di sale
    Carmen colon
    Tu parlavi una lingua meravigliosa
    Mela da scarto
    Merlino e l’ombra
    Non era piu’ lui
    Un mazzo di fiori
    Le parole incrociate

    testi: Roberto Roversi
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    1976
    AUTOMOBILI


    Intervista con l'avvocato
    Mille miglia
    (a: Mille miglia, prima)
    (b: Mille miglia del '47)
    Nuvolari
    L'ingorgo
    Il motore del 2000
    Due ragazzi
    testi: "Norisso" (Roberto Roversi)
    musiche: Lucio Dalla
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    1977
    COME E' PROFONDO IL MARE

    Come e' profondo il mare
    Treno a vela
    Il cucciolo Alfredo
    Corso Buenos Aires
    Disperato erotico stomp
    Quale allegria
    ...E non andar piu' via
    Barcarola

    parole e musica: Lucio Dalla
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    LIVE @ RTSI


    Come e' profondo il mare
    Medley: Piazza Grande / 4-3-1943 / La casa in riva al mare
    L'ultima luna
    Notte
    Anna e Marco
    Milano
    Angeli
    Quale allegria
    I ragazzi Italiani (canta Ron)
    registrato 20 dicembre 1978
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    1979 (pubblicato fine 78)
    LUCIO DALLA



    L’ultima luna
    Stella di mare
    La signora
    Milano
    Anna e Marco
    Tango
    Cosa sarà *
    Notte
    L’anno che verrà
    * cantata con Francesco De Gregori

    parole e musica: Lucio Dalla
    Cosa sarà: Dalla/Cellamare





     
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    Lucio Dalla: "In questa città
    deve scattare una scintilla"


    Bologna, 10 settembre 2010. DELLA SITUAZIONE politica della ‘sua’ Bologna, Lucio Dalla preferisce non parlare. E alla domande su primarie all’interno del Pd e amministrative 2011 per la conquista di Palazzo D’Accursio, taglia corto: «Questi politici non li conosco, non posso giudicare, spero che ce ne sia qualcuno buono». Nessun nome esce dalla sua bocca, nessun partito viene menzionato. Exploit del ‘Cev’, ritiro di Mazzuca, strategie Pdl-Lega: su nulla e nessuno l’artista si esprime.

    Ma da osservatore commenta comunque che nella città felsinea, l’aria che tira, più che incandescente «è stantia. Bisogna aspettare che le cose si muovano — sintetizza — , mi sembra una città ferma nelle proposte, nelle iniziative, nelle idee. Ciascuno di noi dovrebbe avere il contatto con le reali esigenze della città, che certamente un tempo era all’avanguardia su molti fronti».

    Intanto, lui, il suo contributo lo darà martedì al Parco Nord dove approderà con Work in Progress, il tour partito da Firenze lo scorso 30 giugno con Francesco De Gregori. È contento di esibirsi a Bologna, «dove non faccio concerti da un po’ e che in ambito musicale, a parte Ligabue nei giorni scorsi, è un po’ ferma». Ma lui, puntualizza, nella sua città porterà uno spettacolo, fatto di un repertorio di una trentina classici suoi e di Francesco (da Il Gigante e la Bambina a Rimmel) e di alcune rielaborazioni inedite, tra cui Gigolo. Con De Gregori, Dalla si esibisce a tre decadi di distanza da Banana Republic, la tournée-evento (con relativo disco dal vivo) del 1979.

    Da dove nasce questo nuovo sodalizio con De Gregori?
    «Non è che tutte le cose devono avere un significato. Con Francesco non ci vedevamo da tempo. Poi, a giugno 2009, ci siamo esibiti insieme in occasione del 150esimo anniversario della battaglia di Solferino. Lì, mi è venuta l’idea, senza nessun perché, se non per il puro piacere di fare musica insieme. E l’idea ha funzionato. Sono contento di essere con lui a Bologna».

    E a Bologna sarà anche il giorno dopo, mercoledì, alla libreria Coop Ambasciatori, come battitore per l’asta dei vinili del poeta Roberto Roversi, con cui ha avuto una lunga collaborazione (dal 1974 al 1977) concretizzatasi in tre album, Il Giorno aveva cinque teste, Anidride Solforosa, Automobili.


    Che rapporto ha con Roversi?
    «Con lui ho fatto canzoni di grande livello, che hanno un valore storico. Quella dell’asta è una proposta ricevuta per il lavoro svolto insieme. Ho accettato per la ragione sociale dell’iniziativa (il ricavato della serata, organizzata con la cooperativa Manifesta, sarà destinato all’associazione Piazza Grande e al fondo per le iniziative culturali dell’Aquila, ndr), per omaggiare Roversi e anche perché mi piace il vinile, che mi ricorda i tempi in cui in cui il disco era più importante di adesso, c’era molta attenzione per il contenuto».

    Che cos’è la poesia? E’ una forma di espressione ancor oggi compresa?
    «La poesia è importante. E’ importante che ci sia, indipendentemente dal fatto che venga riconosciuta o meno. E’ un atteggiamento rispetto alla vita».

    Lei comporrà la colonna sonora di ‘Ameriqua’, storia di uno squattrinato ragazzo americano in giro per l’Italia, scritto e interpretato dal giovane Bobby Kennedy, figlio di Robert, a sua volta terzogenito del senatore assassinato nel 1968 a Los Angeles. Cosa l’ha convinta di questa operazione?
    «Beh, sono amico dei Kennedy, poi ho scoperto che Bobby è bravo e soprattutto gran parte della storia è ambientata a Bologna, che è sempre la mia città, per quanto io ci stia poco».

    Cosa manca ai giovani di oggi?
    «La curiosità, che è più per il gossip».

    Torniamo alla politica. La gente è delusa.
    «La gente è delusa da questa politica, ma non è detto che sia questa la politica».

    Come vorrebbe vedere Bologna tra dieci anni.
    «Vorrei una città che dà più valore alla comunicazione vera, in cui sussiste uno scambio tra le cose del mondo e le nostre. Vorrei che scattasse una scintilla, che la gente stesse meglio, senza noia, con meno volgarità, più curiosità, più voglia di leggere, più cinema. Non solo per divertirsi, ma per crescere meglio».


     
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    L'anno che verrà

    Lucio Dalla

    Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po'
    e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
    Da quando sei partito c'è una grossa novità,
    l'anno vecchio è finito ormai
    ma qualcosa ancora qui non va.

    Si esce poco la sera compreso quando è festa
    e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra,
    e si sta senza parlare per intere settimane,
    e a quelli che hanno niente da dire
    del tempo ne rimane.

    Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
    porterà una trasformazione
    e tutti quanti stiamo già aspettando
    sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno,
    ogni Cristo scenderà dalla croce
    anche gli uccelli faranno ritorno.

    Ci sarà da mangiare e luce tutto l'anno,
    anche i muti potranno parlare
    mentre i sordi già lo fanno.

    E si farà l'amore ognuno come gli va,
    anche i preti potranno sposarsi
    ma soltanto a una certa età,
    e senza grandi disturbi qualcuno sparirà,
    saranno forse i troppo furbi
    e i cretini di ogni età.

    Vedi caro amico cosa ti scrivo e ti dico
    e come sono contento
    di essere qui in questo momento,
    vedi, vedi, vedi, vedi,
    vedi caro amico cosa si deve inventare
    per poterci ridere sopra,
    per continuare a sperare.

    E se quest'anno poi passasse in un istante,
    vedi amico mio
    come diventa importante
    che in questo istante ci sia anch'io.

    L'anno che sta arrivando tra un anno passerà
    io mi sto preparando è questa la novità

     
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    1999 (Lucio Dalla)


    Da Wikipedia

    1999 è il primo album del cantautore Lucio Dalla.

    L'album 1999 viene inciso da Lucio Dalla dopo i primi due anni di attività, in cui ha pubblicato quattro 45 giri: di queste precedenti 8 canzoni, 4 vengono incluse nel disco (Lei (non è per me), L'ora di piangere, Io non ci sarò e Pafff...bum!, presentata al Festival di Sanremo di quell'anno ed eseguita in coppia con gli Yardbirds), mentre le altre restano inedite su LP.
    La produzione del disco è di Sergio Bardotti, all'epoca direttore artistico della ARC; alla registrazione partecipa il gruppo di Lucio Dalla, Gli Idoli (fotografati sul retro di copertina); i cori invece sono cantati da I 4 + 4 di Nora Orlandi in L'ora di piangere e dai "Cantori moderni" di Alessandroni in Io non ci sarò, mentre in Lei (non è per me) il coro gospel è diretto da padre A. Sartori.
    Le vendite del disco sono praticamente inesistenti, e non verrà più ristampato dalla RCA fino alla seconda metà degli anni '80, diventando quindi una rarità discografica.
    Gli arrangiamenti sono di Gian Piero Reverberi (tranne Io non ci sarò, arrangiata da Ruggero Cini), e molte musiche sono composte da suo fratello Gian Franco.
    Vi sono anche due cover di James Brown, segno dell'interesse che Dalla aveva in quel periodo per il rythm'n'blues: una in inglese, la celebre I got you, ed una tradotta in italiano da Bardotti e da Luigi Tenco, It's a man man man world.
    Da quest'album viene poi tratto il 45 giri con "Quand'ero soldato" e, sul retro, "Tutto il male del mondo", che, a differenza dell'LP, ottiene un discreto successo.
    All'inizio e alla fine dell'album vi sono due brevi brani strumentali in cui Dalla canta in scat. Viene ristampato in cd nel 2000.

    Tracce

    1. Intro - (musica di Lucio Dalla) - 0:48
    2. Quando ero soldato - (testo di Sergio Bardotti; musica di Gian Franco Reverberi) - 2:47
    3. Lei (non è per me) - (testo italiano di Sergio Bardotti e Gino Paoli; musica tradizionale) - 2:52
    4. I got you - (testo e musica di James Brown) - 2:29
    5. L'ora di piangere - (testo italiano di Sergio Bardotti; testo originale e musica di George Morton) - 2:39
    6. L.S.D. - (testo di Sergio Bardotti; musica di Gian Franco Reverberi e Lucio Dalla) - 2:15
    7. Mondo di uomini - (testo italiano di Sergio Bardotti e Luigi Tenco; testo originale e musica di James Brown) - 2:58
    8. 1999 - (testo di Sergio Bardotti; musica di Gian Franco Reverberi e Lucio Dalla) - 2:23
    9. Tutto il male del mondo - (testo di Sergio Bardotti; musica di Gian Piero Reverberi e Lucio Dalla) - 2:39
    10. Pafff...bum! - (testo di Sergio Bardotti; musica di Gian Franco Reverberi) - 2:20
    11. La paura - (testo di Sergio Bardotti; musica di Gian Piero Reverberi e Lucio Dalla) - 1:59
    12. Io non ci sarò - (testo di Sergio Bardotti; musica di Gian Piero Reverberi e Lucio Dalla) - 3:01
    13. Le cose che vuoi - (testo e musica di G. Zaffiri, M. Falzoni e Trombetti) - 2:57
    14. Finale - (musica di Lucio Dalla) - 2:55







    Il Gigante E La Bambina

    Il gigante e la bambina
    sotto il sole contro il vento
    in un giorno senza tempo
    camminavano tra i sassi
    camminavano tra i sassi
    camminavano tra i sassi
    il gigante è un giardiniere
    la bambina è come un fiore
    che gli stringe forte il cuore
    con le tenere radici
    con le tenere radici
    con le tenere radici
    e la mano del gigante
    su quel petto di creatura
    scioglie tutta la paura
    e' un rifugio di speranza
    e' un rifugio di speranza
    e' un rifugio di speranza
    del gigante e la bambina
    si e' saputo nel villaggio
    e la rabbia da' il coraggio
    di salire fino al bosco
    di salire fino al bosco
    di salire fino al bosco
    il gigante e la bambina
    li han trovati addormentati
    falco e passero abbracciati
    come figli del signore
    come figli del signore
    come figli del signore
    il gigante adesso e' in piedi
    con la sua spada d'amore
    e piangendo taglia il fiore
    prima che sia calpestato
    prima che sia calpestato
    prima che sia calpestato
    camminavano tra i sassi
    sotto il sole contro il vento
    in un giorno senza tempo
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina[/color][/color]
     
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    Lucio Dalla (album)

    Lucio Dalla, pubblicato nel 1979 è l'undicesimo album in studio del'artista emiliano Lucio Dalla.
    Testi, musiche e arrangiamento sono di Lucio Dalla, eccetto Cosa sarà (musica composta da Rosalino Cellamare).
    Prodotto da Alessandro Colombini e Renzo Cremonini, l'album è stato registrato negli Stone Castle Studios di Carimate (tecnico del suono: Ezio De Rosa)


    L'ultima luna - 5:44
    Stella di mare - 5:56
    La signora - 4:00
    Milano - 3:30
    Anna e Marco - 3:42
    Tango - 3:59
    Cosa sarà - 4:23 (con Francesco De Gregori)
    Notte - 3:38
    L'anno che verrà - 4:27


     
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    Canzoni (Lucio Dalla)

    Canzoni è il ventitreesimo album musicale del cantautore Lucio Dalla, pubblicato nel 1996 dalla Pressing e distribuito da BMG Ricordi. Trainato dal singolo Canzone, ha avuto un grande successo con oltre 1.300.000 copie vendute in Italia.






    Ayrton - 4:26
    Canzone
    Tu non mi basti mai
    Domani
    Ballando ballando
    Sul mondo
    Amici
    Prendimi così
    Nun parlà
    Cosa vuol dire una lacrima
    Goodbye
    Disperato erotico stomp
    Vieni, spirito di Cristo



     
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    Fra la via Emilia e la Luna


    di Claudio Fabretti

    Formatosi nelle orchestrine jazz degli anni 60, a stretto contatto con la "generazione beat", Lucio Dalla è divenuto nel decennio successivo uno dei cantautori italiani di riferimento, sviluppando un universo poetico capace di spaziare dalla canzone politica a struggenti ballate notturne. Poi, il declino, che gli ha alienato le simpatie di gran parte della critica, senza privarlo, tuttavia, del successo commerciale. Luci e ombre di uno dei personaggi più singolari del cantautorato "made in Italy"

    L'immagine odierna di Lucio Dalla si presta a inquietanti analogie con il celebre "scimmione senza ragione" di una vecchia canzone del Banco. Prima però che un delirio pre-senile lo colpisse, proiettandolo da improbabili balli coi lupi ad ancor più opinabili musical-operette, l'uomo nato il 4 marzo 1943 si è rivelato uno dei più innovativi e versatili interpreti della canzone italiana. Merito di una serie consecutiva di album che ha donato nuova linfa allo stagnante paesaggio musicale nostrano. Questa monografia ha quindi un duplice obiettivo: discernere il grano dalla gramigna nella sua vasta produzione e indurre qualche detrattore dell'ultim'ora a un ri-ascolto più mirato.

    Dai Flippers a Gesù Bambino

    La storia non può non iniziare il 4 marzo 1943. Oltre a segnare la nascita di Lucio Dalla, infatti, la data diverrà anche il titolo di uno dei suoi grandi classici, meglio noto come "Gesù Bambino". Niente porti, però, né marinai a fargli da contorno, bensì la Bologna del dopoguerra, pronta a trainare l'Italia negli anni del boom. Lucio è un ragazzino sgraziato e irrequieto, con il pallino della musica. Suona il clarinetto, passando dal repertorio popolare emiliano al jazz di New Orleans. Inizia a esibirsi in pubblico fin da giovanissimo: sale da ballo a iosa, poi il jazz tradizionale, a Roma. Prima una breve militanza nella Reno Jazz Gang, poi l'approdo nella Second Roman New Orleans Jazz Band e infine nei Flippers, ensemble nato sotto l'egida del maestro Carlo Loffredo con, tra gli altri, Fabrizio Zampa, Massimo Catalano e Franco Bracardi.

    Lucio Dalla con Patty Pravo e Luigi TencoDalla è un ottimo clarinettista e un buffo cantante, che sperimenta tecniche ignote alla realtà italiana dell'epoca: vocalizzi estemporanei in stile "scat" (poi ripresi goffamente anche da Celentano), escursioni vocali disarmoniche al limite della stonatura, uno stile "black" che si rifà più alle asprezze proto-funk di James Brown che al "bel canto" soul di Marvin Gaye. E' Gino Paoli a scoprirlo e ad avviarlo alla carriera solista: in lui vede il primo cantante soul italiano. Ma soul, jazz e canzone sono per Dalla solo ingredienti per buffi divertissement musicali, scritti quasi per gioco. E infatti molti di questi non vengono neanche trasposti su vinile. Dal vivo, poi, l'esito è disastroso. Al Cantagiro del 1965 sono più i pomodori sul palco che gli applausi.
    Dalla è un provocatore: se ne infischia della etichetta, va in giro vestito male, canta (per l'epoca) male, si pone male. Ed è anche parecchio bruttino. Di una bruttezza ispida, scontrosa, che non muove a simpatia o a tenerezza come quella del "molleggiato" Celentano. All'Italia che canta "Non ho l'età" e lascia alla deriva Luigi Tenco, uno così non può piacere.

    Testardamente, però, Dalla va avanti. Dal 1965 al 1970 prosegue il suo percorso eccentrico, che spesso entra in contatto con il movimento beat.
    Nel 1966 scende nell'arena del festival di Sanremo con "Paff... bum": al suo fianco nientedimeno che gli Yardbirds, leggendario gruppo-culla del blues rock inglese. Il pezzo, firmato da Reverberi e Bardotti, è bislacco, canzonatorio (il titolo vorrebbe simulare il battito del cuore quando incontra una ragazza!), ma allineato ai suoni dei tempi. Passerà praticamente inosservato.
    Nello stesso anno Dalla pubblica il suo primo album, 1999. Un guazzabuglio di matrice jazz-pop, che alterna tracce brillanti, come la title track e la raffinata "Tutto il male del mondo" (riproposta più di trent'anni dopo col nuovo titolo di "Amici"), a esperimenti velleitari ("Lsd", "Quando ero soldato").

    L'album è un fiasco e nei quattro anni successivi Dalla appare confuso, indeciso se proseguire nella sua opera di dissacrazione dei feticismi canzonettari o cedere alle sirene dell'industria discografica. Nel 1967 partecipa di nuovo al Festival della canzone insieme ai Rokes con "Bisogna saper perdere" e fa da spalla addirittura a Jimi Hendrix nel concerto al Piper di Milano. Brani toccanti come "Lucio dove vai" e "Il cielo" dimostrano che il talento non l'ha abbandonato. E la sua tenacia è premiata nel 1970 dal primo successo come compositore: Gianni Morandi incide la sua "Occhi di ragazza" e la porta in vetta alle classifiche. Il pezzo non vale granché, ma è grazie ad esso che l'Italia gli schiude le porte.

    All'inizio del nuovo decennio, Dalla piazza subito una zampata. L'album Terra di Gaibola (1970), infatti, sfoggia alcune delle sue canzoni più graffianti del periodo - da "Il fiume e la città" a "Non sono matto (o la capra Elisabetta)", primo testo uscito dalla sua penna, musicato da Gino Paoli - più una efficace reinterpretazione di "Occhi di ragazza" e un paio di ballate più fiacche come "Sylvie" e "Dolce Susanna", quest'ultima composta per un giovanissimo Ron. Gli arrangiamenti dei fratelli De Angelis (meglio noti in seguito come Oliver Onions) sono calibrati. E i testi di autori come Sergio Bardotti, Gianfranco Baldazzi e Paola Pallottino ammantano il disco d'un lirismo trasognato, in cui la periferia bolognese di Gaibola assurge a luogo leggendario.

    Storie di casa mia (1971) conferma la sua vena a corrente alternata, tra piccoli gioielli di struggente pop melodico ("La casa in riva al mare", "Per due innamorati" e "Il gigante e la bambina", destinato a divenire uno degli hit dell'amico Ron), confusi quadretti naif ("Un uomo come me", "Il bambino di fumo") e vere cadute di stile (il pacchiano coro di "Itaca").
    Ma a trascinare il disco è il singolo "4 marzo 1943" di cui sopra, benedetto tra i fiori di Sanremo e lanciato anche in Brasile (nella versione di Chico Buarque De Hollanda), in Francia (a cura di Dalida) e in Giappone. E' una fiaba agrodolce, firmata da Paola Pallottino e accompagnata solo dal violino "alticcio" di Renzo Fontanella: Dalla la interpreta con piglio da cantastorie, esaltandone lo spirito dissacrante (la canzone sarà vieppiù censurata) e bohémienne. Uno spirito che troverà ancor più compiuta affermazione un anno dopo nel clochard della struggente "Piazza Grande", che farà inumidire gli occhi anche al compassato pubblico del Teatro Ariston.

    Il motore del Duemila

    Dalla è pronto per il grande salto. Non vuole però sfruttare la comoda scia sanremese, e si imbarca così in una scommessa ad alto rischio: una trilogia in collaborazione con il poeta bolognese Roberto Roversi, intellettuale marxista e fondatore, insieme a Pasolini e Fortini, della rivista letteraria "Officina". Invece di cavalcare la tradizione della canzone popolare, come stavano facendo con successo molti suoi colleghi (da Battisti in giù), Dalla la prende di petto e la fa a pezzettini: arrangiamenti stranianti, linee melodiche eccentriche, suoni e rumori "concreti", storie spiazzanti e interpretazioni vocali d'impronta jazzistica, tutte giocate sulle improvvisazioni e sui cambi di registro, compongono un universo musicale avanti anni luce rispetto alla scena italiana dell'epoca (e di gran parte di quella a venire). La "canzone politica" di Dalla e Roversi dà voce alle ansie di quella Italia che non si piega alle "verità ufficiali", che vuole bucare il muro di gomma del potere e del perbenismo, che reclama un cambiamento profondo della società.

    L'esordio del duo, Il giorno aveva cinque teste (1973), è un album multiforme ed ermetico, discontinuo, ma illuminato da sprazzi geniali. Il lirismo di Roversi fa emergere una livida vena di denuncia sociale rimasta fino a quel momento sottotraccia nel canzoniere di Dalla. "Questo luogo del cielo è chiamato Torino/ lunghi e grandi viali/ splendidi monti di neve/ illuminate tutte le sponde del Po/ mattoni su mattoni/ sono condannati i terroni/ a costruire per gli altri/ appartamenti da 50 milioni", è la chiusa di "Un'auto targata Torino", spicchio agro d'immigrazione (e speculazione edilizia) nel falso eldorado del Nord.
    Dalla non si limita a musicare le (bellissime) poesie di Roversi, mettendoci molto del suo. Nel canto, anzitutto, che non è solo strumento di comunicazione, ma sostanza creativa autonoma. A volte non serve neanche la musica, basta la voce per esprimere l'idea di un brano ("E' lì"); altre volte, se è solo la musica a essere messaggio, come in "Pezzo Zero", il canto si può ridurre a un miscuglio di fonemi. Così disaggregate, le parole perdono ogni senso secondo i tradizionali codici linguistici, acquistando però un'istintiva musicalità, quasi a simboleggiare il ritorno a un primitivismo che scardini l'umanità dalle convenzioni. Un'umanità più che mai alienata, nei meccanismi automatizzati dell'industria ("L'operaio Gerolamo") o nei rituali ripetitivi della quotidianità ("Alla fermata del tram"). La rivalsa sulla ragione de "Il coyote", il guasto nelle macchine ("Il grippaggio") e il ritorno allo spirito innocente de "La "Bambina" non sono che ulteriori riprove di questo anelito "naturalista" che pervade il disco.

    Nel secondo capitolo, Anidride solforosa (1975), la coppia è ancor più affiatata: la scrittura di Roversi si cala meglio nel formato-canzone e Dalla canta con debordante verve, al punto da fare persino il verso a una nobildonna emiliana nella splendida title track, immersa in un oceano di proto-computer. Surrogato nocivo dell'aria da respirare, l'anidride solforosa simboleggia l'annebbiamento dell'individuo, la nube tossica che fa "vedere a malapena" le città, in un mondo sempre più robotizzato, in cui "sapremo quante volte fare l'amore e quante volte i fiumi in Italia traboccano".
    L'incubo della società industrializzata è ancora una volta il leit-motiv di brani poliedrici, in cui il lato musicale si fa più consistente, tra cori stranianti, vocalizzi strozzati, archi impazziti, cambi improvvisi di ritmo e orchestrazioni para-jazz. Si affastellano ricordi d'infanzia, denunce politiche, ritratti di eccentrici ed emarginati: dalla piccola gitana abbandonata tra i rifiuti ("Carmen Colon") al detenuto del carcere minorile bollato come "Mela da scarto", dagli amici ormai irriconoscibili ("Non era più lui") alla rielaborazione di miti guerrieri (la splendida "Ulisse coperto di sale"), da nostalgie irrisolte ("Tu parlavi una lingua meravigliosa", "Un mazzo di fiori") a invettive anticapitaliste mascherate dal nonsense (lo sproloquio dei titoli azionari de "La borsa valori"). Si chiude con il rompicapo di "Le parole incrociate", in cui il gioco enigmistico si tramuta in una galoppata a ritroso nella storia.

    L'ultimo capitolo della trilogia, il concept-album Automobili, è il più travagliato: incappa infatti nella censura della Rca che pretende l'eliminazione di due brani considerati troppo politicizzati. Dalla, a malincuore, accetta, Roversi ritira la firma per protesta, celandosi dietro lo pseudonimo di "Norisso". Il filo rosso resta sempre il rapporto tra l'uomo e il progresso tecnologico, raffigurato nello specifico dalla civiltà dell'automobile. L'auto, anzitutto, come settore nevralgico del potere industriale, già turbato però dai primi sintomi di crisi ("stecco di legno sull'onda"): ecco allora la geniale "Intervista con l'Avvocato", in cui Gianni Agnelli illustra a un cronista del Manchester Guardian il futuro del settore automobilistico; Dalla la interpreta da par suo: fa recitare al padrone della Fiat un comico grammelot pseudo-inglese, canta in "scat" e si produce in un pazzesco "solo" vocale.
    Ma auto è anche sinonimo di mito: il mito del progresso, della velocità, del trionfo. E la parabola di Nuvolari ne è la perfetta incarnazione. Introdotta dalle percussioni "tarantellate" di Tony Esposito, la suite di "Mille miglia" si addentra nelle rovine dell'Italia contadina devastata dalla Grande Guerra, che vive col "cuore divorato" le imprese degli assi delle corse. In un'epopea di "spruzzi d'olio e sbruffi di terra", il "mantovano volante" domina la sua vettura: "Nuvola, Nuvolari, sei una nuvola nera!" è il ritornello, illuminato da un charleston alla Bixio. Ma in Nuvolari (e siamo al brano omonimo), Dalla vede anche la proiezione dei suoi limiti fisici: è "basso di statura", "al di sotto del normale", "ha cinquanta chili d'ossa". Limiti superati, però, da una forza sovrannaturale, perché "c'è sempre un numero in più nel destino quando corre Nuvolari" e così anche quando la sua monoposto esce di strada, in un inferno di "acqua, grandine e vento", lui "rinasce come rinasce il ramarro/ batte Varzi, Campari/ Borzacchini e Fagioli/ Brilliperi e Ascari...". Brano leggendario, trascinato da un riff scatenato e da coretti femminili deliziosamente retrò: solo Paolo Conte con la sua "Bartali" riuscirà a dipingere le gesta di un campione con altrettanta poesia.
    Nella seconda parte il disco si fa più oscuro. L'incubo autostradale de "L'ingorgo" parte piano, con la voce distorta dall'eco e gli accordi solenni dell'organo, poi prende quota al ritmo degli sbuffi dei synth. E poi arriva l'ode al "Motore del Duemila", che sarà "bello e lucente.../ Avrà lo scarico calibrato e un odore che non inquina/ Lo potrà respirare un bambino o una bambina". Una profezia ottimistica (si pensi agli attuali dispositivi para-ecologici), che invece ghiaccia il sangue, complici anche gli stacchi spettrali dei synth e il dilemma finale: sappiamo tutto sul motore, ma come funzionerà il cuore del ragazzo del Duemila? In tanta caligine, il finale apre un raggio di luce: la storia, sottolineata dagli accordi di un eminent, dei "Due ragazzi", che scelgono un'auto in rottamazione come dimora dei loro incontri d'amore. Ritrovando la propria intimità, l'individuo si è finalmente riappropriato di sé stesso.

    Pur musicalmente ostico, il disco ottiene buoni riscontri di pubblico, supportato da buffi spettacoli, vicini al teatro di Dario Fo e Giorgio Gaber. Ma la vicenda della censura ha ormai aperto un solco nel duo bolognese. Roversi torna alla sua attività di poeta, Dalla decide di compiere il grande passo: sarà lui stesso a scrivere i testi delle sue canzoni.

    Stomp and go

    Lucio DallaL'esordio del Dalla paroliere non potrebbe essere più felice.
    Come è profondo il mare (1977), infatti, sfodera un attacco folgorante: "Siamo noi, siamo in tanti, ci nascondiamo di notte per paura degli automobilisti, dei linotipisti. Siamo i gatti neri, siamo pessimisti, siamo i cattivi pensieri, e non abbiamo da mangiare...". Finalmente consapevole dei propri mezzi espressivi, Dalla si rivela autore sensibile e fantasioso, mescolando idealismo politico e sentimenti, eccentricità e humour.
    Come è profondo il mare è un disco di storie quotidiane a sfondo autobiografico, di cani randagi braccati e di anime perse. Un racconto scandito da una varietà di ritmi e stili: il blues, il rock, il soul, lo stomp, la ballata melodica. E' un disco più accessibile, ma ancora denso di richiami allegorici. Il mare della title track, ad esempio, raffigura il pensiero, che "dà fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce", ma "non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare". E così i potenti si accaniscono sul mare: lo vogliono bruciare, uccidere, umiliare. Cantilena lenta e dolcissima, cadenzata sul basso liquido di Marco Nanni, ti si insinua, inesorabile, nelle orecchie e nel cuore.
    Ma è solo l'inizio. Perché c'è da tuffarsi nella tenerezza del "Cucciolo Alfredo", che vaga sperduto nelle vie del centro tra la gente che "con gli occhi per terra prepara la guerra", sognando di fuggire sulle note di una canzone d'amore. Melodia che apre il cuore e testo ispiratissimo, con punte d'ironia bruciante ("la musica andina, che noia mortale!/ sono più di tre anni che si ripete sempre uguale..."; "uno scudo crociato e una stella cometa fanno pubblicità da un muro a una dieta"). La metropoli mostra il suo volto feroce anche in "Corso Buenos Aires", dove un terrone, un cane e un bambino rubano del tonno, un salame e una banana scatenando il "furore sacro" dei tutori dell'ordine. Un'allucinazione urbana a ritmo di blues-rock.
    All'elegia fiabesca del primo lato, subentra la sensualità sboccata di "Disperato erotico stomp", che caracolla su un ritmo ripetitivo e beffardo, scandendo la storia di ordinaria depressione di un uomo abbandonato dalla propria donna, dei suoi incontri in una Bologna grottesca (la puttana "ottimista e di sinistra", il berlinese che si è perduto in centro...), del suo autoerotismo consolatorio, unico epilogo possibile. Volgarità, sì, ma arguta e graffiante: intere generazioni di canzonettari italiani, più o meno spiritosi, cercheranno di emularla. Prima dell'epilogo, affidato al nuovo sogno di "Barcarola", c'è ancora tempo per ubriacarsi di malinconia: "Quale allegria" potrà mai esservi quando sei "a letto insieme senza pace/ senza più niente da inventare" e non resta che "farsi anche del male per potersi con dolcezza perdonare, e continuare"? Una semplice ballata pop. Da groppo in gola.

    Anche il suono si irrobustisce, grazie a un gruppo di strumentisti bolognesi che poi confluirà in parte negli Stadio (dal tastierista Fabio Liberatori al chitarrista Ricky Portera). Nasce così il tipico "Dalla-sound" del periodo, che mescola timbri mediterranei a cadenze soft-rock. Berretto rosso o blu in testa, braghe di tela e canottiera, Lucio Dalla porta in giro per l'Italia uno show trascinante, rivelando una presenza scenica sconosciuta ai nostri cantautori e cavalcando il successo di Come è profondo il mare.

    Il piccolo clown peloso incompreso e dileggiato negli anni 60 diviene una star. Una rivincita per Dalla, il quale, pur restando sempre con i piedi ben saldi nella canzone d'autore, non aveva mai nascosto di mirare al grande pubblico. L'idillio avviene però con una nuova generazione, quella che ha messo da parte "i favolosi anni 60", i Watussi e Bandiera Gialla, e vive tutte le incertezze di un decennio di contraddizioni, nato sulle ceneri del '68 e destinato a spegnersi negli anni di piombo. Dalla è comunista, eccentrico, scomodo, ma i suoi testi, sempre profondamente umani, e il suo grande talento melodico lo rendono sdoganabile anche alla "maggioranza silenziosa" ("quello che dicono le mie canzoni potrebbe dirlo anche mia zia", ha sempre tenuto a ribadire).

    Quando esce Lucio Dalla (1978), il botto è servito. Più curato, anche se meno vario del precedente, il disco si affida essenzialmente alla ballata melodica, senza disdegnare improvvisi scatti di ritmo e incursioni in territori blues-rock. Rispetto al passato, emerge soprattutto quella chitarra dalla quale Dalla si era sempre tenuto a distanza, quasi a rimarcare la differenza con i colleghi di impostazione folk (De Gregori, Guccini, Venditti, Vecchioni, De André). La chitarra è però soprattutto quella elettrica di Ricky Portera, che con i suoi "solo" sottolinea gli episodi più rock. Perfettamente funzionali al progetto anche gli inserti di fiati, da sempre cari a Dalla, e gli arrangiamenti d'archi di Giampiero Reverberi, che aggiungono un tocco di epos in più. Testi poetici, giocati sulle assonanze in un miscuglio di lingua colta, sintassi parlata e dialetto, e interpretazioni sanguigne, ricche di colpi di scena, completano un quadro pressoché perfetto.
    Colpisce la tenerezza infinita di brani come "Stella di mare" (soft-rock che si impenna in un bell'assolo conclusivo di chitarra) e "Anna e Marco" (lirico quadretto di periferia). Ma dietro la piacevolezza melodica si nascondono anche storie poco tranquillizzanti: dall'apocalisse elettro-rock de "L'ultima luna" (affollata di mostri e foschi presagi, dove "lo scimmione si aggirava tra la giostra e il bar" e perfino "l'angelo di Dio bestemmiava, facendo sforzi di petto"), alla inquietante "Notte", dal grottesco ritratto del Potere impersonato da "La signora" all'amara ode a "Milano", sospesa tra modernità e nostalgia ("poi Milan e Benfica, Milano che fatica..."). E se "Cosa sarà", primo frutto del sodalizio con De Gregori, nasconde la malinconia nel ritmo allegro, "L'anno che verrà" ritrae un'era svogliata ("Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po'..."), in cui il tramonto delle utopie rischia di scivolare nella disillusione. Il verso finale - "Io mi sto preparando, è questa la novità" - può così essere letto come l'ultimo scatto di ottimismo o la definitiva capitolazione al realignment dell'incombente decennio 80. Ballata pressoché perfetta, resterà il suo manifesto definitivo.

    Lucio Dalla e Francesco De GregoriAl culmine della popolarità, Dalla parte insieme a Francesco De Gregori per il tour-evento di Banana Republic (1979), dal quale saranno tratti l'omonimo doppio live e un film. Ne scaturiscono anche pezzi inediti, talora un po' ruffiani ("Come fanno i marinai"), talaltra decisamente incisivi (la struggente title track, riadattamento di un brano americano da parte di De Gregori). Tra "l'istrione plebeo di strada" (Dalla) e "il principe malinconico e fascinoso" (De Gregori) - come li definiva l'enfatica stampa di allora - la collaborazione vive sempre sul filo della tensione. Decisivo il ruolo di mediazione del solito Ron, che affianca anche i due sul palco. In una sorta di epico road movie italiano, scorrono alcuni dei brani più significativi dei loro repertori, da "Piazza Grande" e "4/3/1943" (Dalla) a "Bufalo Bill" e "Santa Lucia" (De Gregori), e c'è spazio anche per una strana cover di "Gelato al limon " di Paolo Conte.
    Banana Republic celebra una Italia che cerca una via d'uscita dagli anni di piombo inseguendo atolli tropicali o eremi politici cubano-caraibici. Sarà un grande successo, con stadi sempre gremiti e 500.000 copie vendute. Il sodalizio tra i due, però, non avrà più seguito.

    Futura e altre storie


    Dalla (1980) consolida la formula, aggiungendo però un pugno di nuove, formidabili ballate. "Futura" è uno dei suoi massimi capolavori melodici: la riflessione di due innamorati su dubbi e paure del futuro ("Chissà chissà domani/ su che cosa metteremo le mani/ se si potrà contare ancora le onde del mare/ e alzare la testa") si scioglie in un crescendo che combacia con l'orgasmo. L'altra serenata notturna di "Cara" rinnova il miracolo, con un testo di straripante malinconia e una melodia avvolgente, cullata dal piano. Anche "Balla balla ballerino" gioca la carta dell'accelerazione improvvisa di ritmo, spingendo sulla chitarra spavalda di Portera, e sublima nelle mosse di un danzatore vent'anni di pacifismo ("Balla anche per tutti i violenti.../ Se capissero vedendoti ballare/ di essere morti da sempre/ anche se possono respirare").
    Ma resta anche l'ironia surreale, che illumina la tragicomica fine di un amore in "Mambo" ("se ne è andata sbattendo la porta, e avevo in mezzo la mano") o personaggi come "Meri Luis", la ragazza triste che però alla fine "ha benedetto il cielo come fosse un fratello, per le sue belle tette e per l'amico che le vuole toccare".
    L'intero disco è un viaggio a ritroso in un tormentato percorso sentimentale. "A metà strada tra Ferrara e la luna", Dalla ritorna nelle giostre dell'infanzia ("Il parco della luna"), si ferma a "fare a pezzi una canzone" nei vicoli di Roma, sognando una "Sera dei miracoli" (e inventandosi un'altra delle sue melodie mozzafiato), interroga perfino delle ottuse divinità sul senso della vita ("Siamo dei"). A queste canzoni non servono effetti speciali. "Che commozione, che tenerezza" annuncia Dalla fin dall'inizio. E' questo il segreto.

    Dopo aver espugnato anche il n. 1 delle classifiche senza aver mai venduto l'anima al diavolo, Dalla si avvia alla parabola discendente della sua carriera. Prima, però, c'è spazio ancora per un interessante lavoro, un Q-Disc (1981), in cui alla cover jazzistica della "You've Got A Friend" di Carole King si affiancano un bel blues malinconico ("Madonna disperazione"), un'altra ballata melodica doc ("Telefonami tra vent'anni", sorta di aggiornamento in chiave ancor più rassegnata de "L'anno che verrà") e un pop-rock a tinte un po' grevi ("Ciao a te", dove nel mirino finiscono i padri e i cattivi maestri).

    L'epitaffio della stagione d'oro di Lucio Dalla è un tris di concerti a Castel Sant'Angelo (Roma) di fronte a centomila persone. Il tour sarà anche l'occasione per il debutto ufficiale degli Stadio, destinati a una carriera dalle alterne fortune negli anni a venire.
    Già con 1983, infatti, l'impressione è che l'incantesimo si sia rotto. I brani sono meno ispirati, la scrittura meno fluida e brillante, le soluzioni armoniche più forzate. La suite omonima, sorta di rassegna di quarant'anni di storia italiana, affoga qualche buona intuizione in un eccesso di verbosità. "Noi come voi" tenta di tenere a galla col ritmo idee un po' bolse. La dance demenziale di "Stronzo" (in "scat") è gradevole, ma innocua. Dalla, semmai, riesce ancora a graffiare quando scava nella malinconia di "L'altra parte del mondo", cui l'uso dell'elettronica conferisce un senso di profondità.

    Lucio dove vai? - Gli anni del declino

    Resosi conto che qualcosa s'è inceppato, Dalla prova a cambiare registro con Viaggi organizzati (1984). Il passaggio dal sound degli Stadio a quello di Mauro Malavasi riduce gli accenti rock in favore di una elettronica al limite della dance, che dovrebbe rinvigorire le canzoni, e invece le affossa definitivamente. Fa eccezione "Washington", che attornia di pulsazioni sintetiche l'avventura tragicomica di due bombardieri dell'aviazione ("qui c'è solo un sasso... non si vede un casso!"). Il "nuovo" Dalla ha perso la passionalità: è più freddo, cerebrale, studiato. Ha ancora voglia di essere insolente, ma non ha più le armi adatte per riuscire a esserlo.

    Due anni dopo, Bugie fa indietro tutta, ritornando al format della ballata, ma paga il prezzo del deja vu. Il singolo "Se io fossi un angelo" tradisce un crollo nella scrittura di proporzioni imbarazzanti. Dalla si aggrappa al mestiere per cesellare un paio di buone canzoni d'amore ("Chissà se lo sai" e "Scusami tanto se ho solo te") e cerca quantomeno di rinnovare la sua verve interpretativa (la vocalità sincopata e nervosa di "Luk", quella più frenetica di "Navigando"). Ma è tutto qui.

    Opportunamente, DallAmeriCaruso (1986) cerca allora di riportare l'attenzione sui suoi (sempre ottimi) show dal vivo, documentando un concerto al Village Gate di New York. Ma l'asso nella manica è l'inedita "Caruso", composta in estate nell'albergo di Sorrento dove il tenore Enrico Caruso trascorse i suoi ultimi giorni. Rivisitazione straziante del tema "Te voglio bene assaie" di Donizetti in chiave melodico-napoletana, diverrà uno dei più grandi successi di Dalla, con nove milioni di copie vendute in tutto il mondo in decine di versioni (una delle quali a cura dell'immancabile Pavarotti).

    Quando però Dalla decide di imbarcarsi nel tour col vecchio amico Gianni Morandi, campione della canzonetta italiana (Dalla/Morandi, 1988), si intuisce che il suo passato è definitivamente sepolto. Ormai più showman che cantautore, il cantastorie degli anni 70 rischia di trasformarsi rapidamente in macchietta. Cosa che puntualmente avviene qualche mese dopo, quando mette in scena la pantomima di "Attenti al lupo". E' il singolo che trascina al successo Cambio (un milione e mezzo di copie vendute), oscurando due tracce interessanti come "Le rondini" (composta con Malavasi) e "Comunista", rielaborazione di un testo scritto da Roversi quindici anni prima e che suona ora come un doloroso amarcord. Nel complesso, però, il disco è uno stanco ripetersi di stili, suoni e perfino parole (stelle, lune, occhi, mare, mani, telefoni...). Seguirà un prolungato tour, documentato nel live Amen.

    Lucio DallaCon Henna (1994), se non altro, Dalla mostra di ritrovare a sprazzi la vitalità sardonica degli anni d'oro (la spassosa gag di "Merdman", che torna a raccontare l'emarginazione attraverso la storia di un alieno che finisce in un talk-show) e la voglia di sperimentare qualcosa in più anche sul fronte del sound (la misticheggiante title track, la rielaborazione in chiave moderna del Modugno di "Vecchio Frack" in "Latin Lover"). Una piccola boccata d'ossigeno, insomma.

    Due anni dopo, tuttavia, Canzoni riprende la parabola discendente. "Ayrton" (ovvero Senna, mito brasiliano della F1) tenta invano di ritrovare l'incanto epico di "Nuvolari", il singolo "Canzone" si affida alla penna di Samuele Bersani ma senza lasciare il segno; l'unica sorpresa, così, è la stridente ghost-track: una reprise di "Disperato erotico stomp" cui segue un inno religioso cantato da un monaco con il solo accompagnamento di organo. Come a dire: il profano e il sacro...

    Premiato anche con la laurea honoris causa del Dams di Bologna in "Discipline dell'arte, musica e spettacolo", nel 1999 Dalla pubblica Ciao, che vorrebbe dire salutare il secolo nel clima mesto dei Balcani in fiamme, ma è un altro flop (la title track, con la voce filtrata e resa irriconoscibile, verrà perfino usata come segreteria del numero verde Telecom!).

    Luna Matàna (2001) prolunga l'agonia, tra archi fuori misura, inopportuni ricorsi al vocoder e sfacciati ammiccamenti commerciali (la stanca ode calcistica di "Baggio Baggio", la patacca gitana à la Gipsy Kings di "Zingaro"); limitano appena i danni "Kamikaze", cupa profezia dei nostri giorni, e la più lineare "Siciliano", appena "disturbata" da un fugace intervento di Carmen Consoli.
    Nel 2001 Einaudi gli dedica "Parole e canzoni" (2001), un cofanetto con tutti i testi delle canzoni e un video; nello stesso anno Dalla pubblica il suo primo libro di racconti "Bella Lavita", edito da Rizzoli.

    In pieno delirio artistico, Dalla abbraccia perfino la lirica, con il melenso polpettone di Tosca. Amore disperato (2003), ispirato all'opera di Puccini. La serata ad hoc nel salotto di Bruno Vespa incornicia malinconicamente il crepuscolo dell'ex menestrello politico degli anni 70. Nello stesso periodo esce il nuovo album Lucio, che assembla tracce eterogenee, come il tema del film "Prima dammi un bacio" di Ambrogio Lo Giudice, canzoni stiracchiate come "Le stelle nel sacco", "Yesterday o Lady Jane?", due estratti da "Tosca" ("Per Te" e "Amore disperato", cantata in duetto con Mina), più un ripescaggio del tema del mago di Oz ("Over the Rainbow") di cui invero non si sentiva la necessità.

    Per Il contrario di me, il nuovo disco del 2007, Dalla si affida a una scelta bizzarra: farlo uscire contemporaneamente nei negozi e in edicola con il quotidiano "La Repubblica". Al di là dell'aspetto "rivoluzionario", il gesto sembra però svelare soprattutto le incertezze del cantautore bolognese sulle possibilità di successo della sua nuova creatura. Dalla si impegna anche in veste di arrangiatore e produttore (con Marco Alemanno) e tenta di offrire il ritratto di un artista divertito e riflessivo, che getta uno sguardo dolceamaro sul presente, attraverso undici istantanee legate tra loro.
    Il singolo "Due dita sotto il cielo", ispirato all'amico Valentino Rossi scivola su atmosfere delicatamente jazzate. "Liam" si gioca tutto sui controcanti e su un testo stavolta un po' più ficcante. Il reggae di "Malinconia d'ottobre" trasporta nella Lisbona di Pessoa, mentre "Rimini" affoga in spezie orientali il carosello della riviera romagnola. "Spengo il telefono e ti cancello" vorrebbe suonare come una satira sull'abuso di comunicazione attuale, ma non graffia mai. E se "Lunedì" spinge sul tasto della nostalgia, con effetti sonori d'antan, la più ambiziosa preghiera laica di "I.N.R.I" affoga in bolsi arrangiamenti reggae. Il disco si chiude nel segno del blues con "atiV", dove il gioco della parola scritta al contrario serve a richiamare la vecchia "Vita", cantata con Morandi.
    E' un flop, ma sembra almeno che Dalla ci metta il cuore, rimettendosi in gioco con un certo coraggio.

    Nel frattempo, il cantautore bolognese ha portato avanti una carriera parallela come compositore di colonne sonore, per Monicelli, Antonioni, Giannarelli, Verdone, Campiotti, Placido e altri. La sua predisposizione alla tv lo ha spinto a imbarcarsi in trasmissioni Rai più o meno di successo come "Taxi", "Te voglio bene assaje", "Mezzanotte: angeli in piazza" e il famigerato "La Bella e la Besthia", insieme a Sabrina Ferilli. Ma della sua musica, ormai, è rimasta solo l'ombra.

    Come spesso accade in questi casi, si fa presto a inchiodare un artista alle miserie del suo presente, rimuovendo dalla memoria collettiva ciò che di buono aveva fatto in precedenza. Una operazione sempre disonesta e che, nel caso di Dalla, sarebbe perfino delittuosa. Tanto più per un paese che, di cantautori del suo rango, ne ha conosciuti pochi, se non pochissimi.












     
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    Dice che era un bell'uomo e veniva
    veniva dal mare
    parlava un'altra lingua
    pero' sapeva amare
    e quel giorno lui prese mia madre
    sopra un bel prato
    l'ora più dolce
    prima d'essere ammazzato
    Cosi' lei resto' sola nella stanza
    la stanza sul porto
    con l'unico vestito
    ogni giorno più corto
    e benchè non sapesse il nome
    e neppure il paese
    m'aspetto' come un dono d'amore
    fino dal primo mese
    Compiva sedici anni
    quel giorno la mia mamma
    le strofe di taverna
    le cantò a ninna nanna
    e stringendomi al petto che sapeva
    sapeva di mare
    giocava a far la donna
    con il bimbo da fasciare
    E forse fu per gioco
    o forse per amore
    che mi volle chiamare
    come nostro Signore
    Della sua breve vita il ricordo
    il ricordo più grosso
    e' tutto in questo nome
    che io mi porto addosso
    E ancora adesso che gioco a carte
    e bevo vino
    per la gente del porto mi chiamo
    Gesù Bambino
    E ancora adesso che gioco a carte
    e bevo vino
    per la gente del porto io sono
    Gesu'Bambino
    E ancora adesso che gioco a carte
    e bevo vino
    per la gente del porto mi chiamo
    Gesu' Bambino
    Gesu' Bambino


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    Il Gigante E La Bambina

    Il gigante e la bambina
    sotto il sole contro il vento
    in un giorno senza tempo
    camminavano tra i sassi
    camminavano tra i sassi
    camminavano tra i sassi
    il gigante è un giardiniere
    la bambina è come un fiore
    che gli stringe forte il cuore
    con le tenere radici
    con le tenere radici
    con le tenere radici
    e la mano del gigante
    su quel petto di creatura
    scioglie tutta la paura
    e' un rifugio di speranza
    e' un rifugio di speranza
    e' un rifugio di speranza
    del gigante e la bambina
    si e' saputo nel villaggio
    e la rabbia da' il coraggio
    di salire fino al bosco
    di salire fino al bosco
    di salire fino al bosco
    il gigante e la bambina
    li han trovati addormentati
    falco e passero abbracciati
    come figli del signore
    come figli del signore
    come figli del signore
    il gigante adesso e' in piedi
    con la sua spada d'amore
    e piangendo taglia il fiore
    prima che sia calpestato
    prima che sia calpestato
    prima che sia calpestato
    camminavano tra i sassi
    sotto il sole contro il vento
    in un giorno senza tempo
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina
    il gigante e la bambina[/color][/color]
     
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    Qui dove il mare luccica e tira forte il vento
    su una vecchia terrazza davanti al golfo di Surriento
    un uomo abbraccia una ragazza dopo che aveva pianto
    poi si schiarisce la voce e ricomincia il canto.
    Te voglio bene assaie
    ma tanto tanto bene sai
    h una catena ormai
    che scioglie il sangue dint'e vene sai.
    Vide le luci in mezzo al mare pensr alle notti l` in America
    ma erano solo le lampare e la bianca scia di un' elica
    senti il dolore nella musica si alzr dal pianoforte
    ma quando vide la luna uscire da una nuvola
    gli sembrr dolce anche la morte
    guardr negli occhi la ragazza quegli occhi verdi come il mare
    poi all'improvviso uscl una lacrima e lui credette di affogare.
    Te voglio bene assaie
    ma tanto tanto bene sai
    h una catena ormai
    che scioglie il sangue dint'e vene sai.
    Potenza della lirica dove ogni dramma h un falso
    che con un po' di trucco e con la mimica puoi diventare un altro
    ma due occhi che ti guardano cosl vicini e veri
    ti fan scordare le parole confondono i pensieri
    cosl diventa tutto piccolo anche le notti l` in America
    ti volti e vedi la tua vita come la scia di un'elica
    ma sl h la vita che finisce ma lui non ci pensr poi tanto
    anzi si sentiva gi` felice e ricomincir il suo canto.
    Te voglio bene assaie
    ma tanto tanto bene sai
    h una catena ormai
    che scioglie il sangue dint'e vene sai

     
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