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Parafrasi: Il Conte di Carmagnola, Alessandro Manzoni

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    Parafrasi: Il Conte di Carmagnola, Alessandro Manzoni


    S'ode a destra uno squillo di tromba;

    A sinistra risponde uno squillo:

    D'ambo i lati calpesto rimbomba

    Da cavalli e da fanti il terren.

    Quinci spunta per l'aria un vessillo;

    Quindi un altro s'avanza spiegato:

    Ecco appare un drappello schierato;

    Ecco un altro che incontro gli vien.

    Già di mezzo sparito è il terreno;

    Già le spade rispingon le spade;

    L'un dell'altro le immerge nel seno;

    Gronda il sangue; raddoppia il ferir. -

    -Chi son essi? Alle belle contrade

    Qual ne venne straniero a far guerra

    Qual è quei che ha giurato la terra

    Dove nacque far salva, o morir? -

    -D'una terra son tutti: un linguaggio

    Parlan tutti: fratelli li dice

    Lo straniero: il comune lignaggio

    A ognun d'essi dal volto traspar.

    Questa terra fu a tutti nudrice,

    Questa terra di sangue ora intrisa,

    Che natura dall'altre ha divisa,

    E ricinta con l'alpe e col mar.

    -Ahi! Qual d'essi il sacrilego brando

    Trasse il primo il fratello a ferire?

    Oh terror! Del conflitto esecrando

    La cagione esecranda qual è?

    -Non la sanno: a dar morte, a morire

    Qui senz'ira ognun d'essi è venuto;

    E venduto ad un duce venduto,

    Con lui pugna, e non chiede il perché.

    -Ahi sventura! Ma spose non hanno,

    Non han madri gli stolti guerrieri?

    Perché tutte i lor cari non vanno

    Dall'ignobile campo a strappar?

    E i vegliardi che ai casti pensieri

    Della tomba già schiudon la mente,

    Ché non tentan la turba furente

    Con prudenti parole placar? -

    -Come assiso talvolta il villano

    Sulla porta del cheto abituro

    Segna il nembo che scende lontano

    Sopra i campi che arati ei non ha;

    Così udresti ciascun che sicuro

    Vede lungi le armate coorti,

    Raccontar le migliaja de' morti,

    E la piéta dell'arse città.

    Là, pendenti dal labbro materno

    Vedi i figli che imparano intenti

    A distinguer con nomi di scherno

    Quei che andranno ad uccidere un dì;

    Qui le donne alle veglie lucenti

    De' monili far pompa e de' cinti,

    Che alle donne diserte de' vinti

    Il marito o l'amante rapì. -

    -Ahi sventura! sventura! sventura!

    Già la terra è coperta d'uccisi;

    Tutta è sangue la vasta pianura;

    Cresce il grido, raddoppia il furor.

    Ma negli ordini manchi e divisi

    Mal si regge, già cede una schiera;

    Già nel volgo che vincer dispera,

    Della vita rinasce l'amor.

    Come il grano lanciato dal pieno

    Ventilabro nell'aria si spande;

    Tale intorno per l'ampio terreno

    Si sparpagliano i vinti guerrier.

    Ma improvvise terribili bande

    Ai fuggenti s'affaccian sul calle;

    Ma si senton piú presso alle spalle

    Scalpitare il temuto destrier.

    Cadon trepidi a piè dei nemici,

    Rendon l'arme, si danno prigioni:

    Il clamor delle turbe vittrici

    Copre i lai del tapino che muor.

    Un corriero è salito in arcioni;

    Prende un foglio, il ripone, s'avvia,

    Sferza, sprona, divora la via

    Ogni villa si desta al romor.

    Perché tutti sul pesto cammino

    Dalle case, dai campi accorrete?

    Ognun chiede con ansia al vicino,

    Che gioconda novella recò?

    Donde ei venga, infelici, il sapete,

    E sperate che gioja favelli?

    I fratelli hanno ucciso i fratelli:

    Questa orrenda novella vi do.

    Odo intorno festevoli gridi;

    S'orna il tempio, e risuona del canto;

    Già s'innalzan dai cori omicidi

    Grazie ed inni che abbomina il ciel. -

    Giú dal cerchio dell'alpi frattanto

    Lo straniero gli sguardi rivolve;

    Vede i forti che mordon la polve,

    E li conta con gioja crudel.

    Affrettatevi, empite le schiere,

    Sospendete i trionfi ed i giuochi,

    Ritornate alle vostre bandiere:

    Lo straniero discende; egli è qui.

    Vincitor! Siete deboli e pochi?

    Ma per questo a sfidarvi ei discende;

    E voglioso a quei campi v'attende

    Dove il vostro fratello perì. -

    Tu che angusta a' tuoi figli parevi,

    Tu che in pace nutrirli non sai,

    Fatal terra, gli estrani ricevi:

    Tal giudicio comincia per te.

    Un nemico che offeso non hai

    A tue mense insultando s'asside;

    Degli stolti le spoglie divide;

    Toglie il brando di mano a' tuoi Re.

    Stolto anch'esso! Beata fu mai

    Gente alcuna per sangue ed oltraggio?

    Solo al vinto non toccano i guai;

    Torna in pianto dell'empio il gioir.

    Ben talor nel superbo viaggio

    Non l'abbatte l'eterna vendetta;

    Ma lo segna; ma veglia ed aspetta;

    Ma lo coglie all'estremo sospir.

    Tutti fatti a sembianza d'un Solo;

    Figli tutti d'un solo Riscatto,

    In qual ora, in qual parte del suolo,

    Trascorriamo quest'aura vital

    Siam fratelli; siam stretti ad un patto:

    Maledetto colui che l'infrange,

    Che s'innalza sul fiacco che piange,

    Che contrista uno spirto immortal!



    Le prime strofe vi è un procede a coppia dei versi costruiti in antitesi (ode/risponde; destra/sinistra) ad evidenziare l’esatta specularità e intercambiabilità dei due fronti nemici.









    sparito = completamente coperto dalle due schiere che si stanno affrontando.



    Qual è dei due l’esercito straniero venuto a portare guerra alle belle terre (d’Italia)? Quale quello che invece difende la propria terra, che ha giurato di salvare dall’invasione o morire?

    Gli uni e gli altri parlano lo stesso linguaggio e sono figli della stessa Terra

    Fratelli li dice lo straniero = per lo straniero sono entrambi figli della stessa patria. Lignaggio = origine



    La natura ha separato l’Italia dalle altre nazioni con le alpi e il mare.



    (Ma se sono fratelli) chi per primo osò trarre il sacrilego brando?

    Sacrilego brando = la spada sacrilega perché diretta contro i propri fratelli.

    Cagione = la causa

    quei contendenti non hanno motivo di odiarsi e la cagione di quella guerra neppure la sanno



    Pugna = combatte







    Casti = sereni





    Come il contadino seduto alla porta della sua tranquilla abitazione (Cheto abituro), segue con lo sguardo i segni della tempesta che sta per scatenarsi sui campi degli altri (che non ha arato lui), così potresti udire quelli che si sentono al sicuro (Sicuro) per il passaggio lontano degli eserciti raccontare i morti e le angosce (Piéta) delle città colpite dalla guerra (con indifferenza per la sorte altrui).





    Là = tra gli sconfitti





    Qui = tra i vincitori



    Diserte = vedove









    Ordini manchi e divisi = schieramenti decimati e dispersi



    Volgo…amor = nei soldati che sentono vicina la sconfitta rinasce forte l’attaccamento alla vita.



    Ventilabro = strumento utilizzato per separare il grano dalla pula



    Ma… calle = ma sulla via della fuga si presentano di colpo le terribili frotte dei nemici poste in agguato.



    Trepidi = tremanti



    Vittrici = vittoriose

    I lai = lamenti



    Foglio = che annuncia la vittoria

    Villa = paese

    Pesto = calpestato









    Gioja favelli? = annunci un evento lieto?









    Abbomina il ciel = il cielo aborrisce





    Mordon la polve = cioè morti.









    Vincitor = detto con amara ironia



    Voglioso = sicuro di vincere



    Tu Italia che ai romani (tuoi figli) sembravi confine troppo esiguo.



    Giudicio = punizione













    Se anche a volte la giustizia divina non lo colpisce e abbatte durante la sua vita (superbo viaggio) lo osserva e aspetta per raggiungerlo nel momento della morte.



    Un solo = Dio

    Riscatto = l’incarnazione e passione di Cristo che con la sua morte ha riscattato l’umanità

    In qual ora…vital =In qualunque momento e luogo trascorriamo la vita (aura vital).

    Fiacco = oppresso

    Spirto immortal = un altro uomo (eterno nello spirito).



    Tema: La prima tragedia Manzoniana è rappresentata dal conte di Carmagnola composta tra il 1816 ed il 1819.

    Vi si narrano le vicende del condottiero Francesco Bussone al servizio della repubblica di Venezia, vincitore della battaglia di Maclodio, ma poi accusato di tradimento (a causa della liberazione di alcuni prigionieri) e condannato a morte dal governo. Manzoni inneggia all'innocenza del Carmagnola innalzandolo ad eroe, a modello di guerriero generoso ed ambizioso. Il punto più alto di tutta la tragedia è costituito dal coro sulla battaglia di Maclodio. La battaglia vi appare come una strage irrazionale, e fratricida tra Veneziani e Milanesi.

    Tutta la prima metà della composizione è dedicata alla descrizione analitica della battaglia, parte da qui per elevare il suo disappunto e la sua condanna alle lotte fratricide della storia italiana, viste come la principale causa della servitù del nostro paese. Da qui si sviluppa poi la ripulsa di ogni forma di violenza in nome di una coscienza intimamente religiosa.

    Precedono la tragedia una Prefazione, in cui Manzoni rende conto degli assunti teorici alla base delle scelte compositive del dramma (in particolare della inosservanza delle regole di unità di tempo e di luogo e del significato del coro). E brevi Notizie storiche.



    Schema metrico: endecasillabo sciolto.



    IL CORO: Una novità singolare nelle tragedie manzoniane è data dalla presenza dei Cori, uno al termine del secondo atto del “Carmagnola” (“S'ode a destra uno squillo di tromba”) e due nell’ “Adelchi. Questi cori non sono la riproposizione dei cori dell’antica tragedia greca, dai quali si differenziano nettamente, ma rappresentano come una pausa di raccoglimento durante lo svolgimento del dramma, un momento di riflessione sugli avvenimenti rappresentati, uno sforzo per penetrare nel significato più riposto delle vicende e trarne un insegnamento morale: è un mezzo per semplificare al lettore od allo spettatore la strada che conduce allo scopo morale che si ripropone l’Autore.
     
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