Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Parafrasi: Il Natale, Alessandro Manzoni

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    Parafrasi: Il Natale, Alessandro Manzoni



    Qual masso che dal vertice

    Di lunga erta montana,

    Abbandonato all'impeto

    Di rumorosa frana,

    Per lo scheggiato calle

    Precipitando a valle,

    Batte sul fondo e sta;

    Là dove cadde, immobile

    Giace in sua lenta mole;

    Né, per mutar di secoli,

    Fia che riveda il sole

    Della sua cima antica,

    Se una virtude amica

    In alto nol trarrà:

    Tal si giaceva il misero

    Figliol del fallo primo,

    Dal dì che un'ineffabile

    Ira promessa all'imo

    D'ogni malor gravollo,

    Donde il superbo collo

    Più non potea levar.

    Qual mai tra i nati all'odio

    Quale era mai persona

    Che al Santo inaccessibile

    Potesse dir: perdona?

    Far novo patto eterno?

    Al vincitore inferno

    La preda sua strappar?

    Ecco ci è nato un Pargolo,

    Ci fu largito un Figlio:

    Le avverse forze tremano

    Al mover del suo ciglio:

    All'uom la mano Ei porge,

    Che si ravviva, e sorge

    Oltre l'antico onor.

    Dalle magioni eteree

    Sporga una fonte, e scende

    E nel borron de' triboli

    Vivida si distende:

    Stillano mele i tronchi;

    Dove copriano i bronchi,

    Ivi germoglia il fior.

    O Figlio, o Tu cui genera

    L'Eterno, eterno seco;

    Qual ti può dir de' secoli:

    Tu cominciasti meco?

    Tu sei: del vasto empiro

    Non ti comprende il giro:

    La tua parola il fe'.

    E Tu degnasti assumere

    Questa creata argilla?

    Qual merto suo, qual grazia

    A tanto onor sortilla?

    Se in suo consiglio ascoso

    Vince il perdon, pietoso

    Immensamente Egli è.

    Oggi Egli è nato: ad Efrata,

    Vaticinato ostello,

    Ascese un'alma Vergine,

    La gloria d'Israello,

    Grave di tal portato:

    Da cui promise è nato,

    Donde era atteso uscì.

    La mira Madre in poveri.

    Panni il Figliol compose,

    E nell'umil presepio

    Soavemente il pose;

    E l'adorò: beata!

    Innanzi al Dio prostrata

    Che il puro sen le aprì.

    L'Angel del cielo, agli uomini

    Nunzio di tanta sorte,

    Non de' potenti volgesi

    Alle vegliate porte;

    Ma tra i pastor devoti,

    Al duro mondo ignoti,

    Subito in luce appar.

    E intorno a lui per l'ampia

    Notte calati a stuolo,

    Mille celesti strinsero

    Il fiammeggiante volo;

    E accesi in dolce zelo,

    Come si canta in cielo,

    A Dio gloria cantar.

    L'allegro inno seguirono,

    Tornando al firmamento:

    Tra le varcate nuvole

    Allontanossi, e lento

    Il suon sacrato ascese,

    Fin che più nulla intese

    La compagnia fedel.

    Senza indugiar, cercarono

    L'albergo poveretto

    Que' fortunati, e videro,

    Siccome a lor fu detto,

    Videro in panni avvolto,

    In un presepe accolto,

    Vagire il Re del Ciel.

    Dormi, o Fanciul; non piangere;

    Dormi, o Fanciul celeste:

    Sovra il tuo capo stridere

    Non osin le tempeste,

    Use sull'empia terra,

    Come cavalli in guerra,

    Correr davanti a Te.

    Dormi, o Celeste: i popoli

    Chi nato sia non sanno;

    Ma il dì verrà che nobile

    Retaggio tuo saranno;

    Che in quell'umil riposo,

    Che nella polve ascoso,

    Conosceranno il Re.

    -----

    L’uomo, condannato per l’antico peccato, giaceva in terra come un masso che, caduto dalla vetta (vertice) lungo il ripido pendio (lunga erta), resta immobile a valle senza aver la forza di risalire su.

    Là dove è caduto rimane immobile nella sua pesante (lenta) mole. Non accadrà (fia) nel tempo che egli possa ritornare dove stava se non per un intervento benevolo (virtude amica).

    Così giaceva l’uomo, erede del peccato originale (il fallo primo) dal giorno che un’inesprimibile (ineffabile – che non si può esprimere a parole secondo una concezione mistica) punizione promessa da Dio ad Adamo e Eva (ira promessa) oppresse l’uomo fino al fondo (imo) di ogni male.

    Superbo = perché l’uomo si era reso colpevole del peccato di superbia.

    Quale tra i nati dopo il peccato originale (nati all’odio) poteva rivolgersi a Dio (Santo inaccessibile) per chiedere perdono, fare un nuovo patto e strappare all’inferno vincitore la sua preda (cioè l’uomo).

    Annunzia la nascita del Salvatore attraverso la citazione di un passo biblico (Ecco…figlio –Isaia IX,6) e l’avvento della nuova speranza grazie all’incarnazione di Cristo.

    Avverse forze = dell’inferno.

    Dalle sedi celesti (magioni eteree) sgorga una fonte (della Grazia). Il paesaggio descritto è di origine mediorientale, dove esistono letti di fiumi perlopiù secchi e quindi pieni di rovi (bronchi) e che si riempiono solo nella stagione delle piogge.


    O figlio, tu che sei generato dall’eterno e sei eterno come lui.

    Nemmeno l’estensione del cielo più ampio (vasto empiro) ouò comprenderti. Il cielo stesso è creato dalla tua parola (la tua parola il fe’).


    E tu ti sei umiliato a incarnarti nell’uomo (creata argilla).

    Se nei giudizi di Dio il perdono vince sulla vendetta allora la sua pietà è veramente infinita.


    Efrata = Betlemme

    Vaticinato ostello = luogo indicato nella profezia.

    Salì (ascese – Betlemme era su un colle) una donatrice di vita (alma) vergine, gloria d’Israele, gravida di tale figlio (grave di tal portato). E’ nato come promesso dalla profezia.


    Mira = ammirabile

    L’angelo che annuncia l’evento,non si rivolge ai potenti ma ai pastori, ignorati dal mondo insensibile (al duro mondo ignoti).

    Vegliate = vigilate

    Subito = all’improvviso

    La compagnia fedel = i pastori devoti

    Stridere = sibilare

    Umil riposo = presepio.


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    Tema: Tra il luglio e il settembre del 1813 fu steso “Il Natale”, terzo in ordine di composizione. Il procedimento narrativo usato dal Poeta fa frequente ricorso a reminiscenze bibliche e liturgiche, spegnendo in parte lo slancio lirico iniziale.

    Tema dell’inno è l’evento della nascita di Cristo, e il suo carattere insieme di Grazia divina e di necessità di redenzione dell’umanità corrotta.

    L’inno può essere diviso in due segmenti:

    1. > Il tema dogmatico dell’intervento della grazia divina (tramite il sacrificio di Cristo) come unica possibilità di redenzione per l’umanità traviata dal peccato originario;

    2. > la descrizione dell’evento della nascita di Gesù.

    Le due componenti tematiche sono connotate nell’inno da un diverso trattamento stilistico:

    · - il tema dogmatico ha uno svolgimento più difficile con un frequente ricorso a figure retoriche (per esempio l’ampia similitudine iniziale) e riferimenti classici (danteschi e virgiliani soprattutto) evidenti sul piano lessicale per l’utilizzo di latinismi e arcaismi.

    · - La narrazione storica ha un andamento più facile e lineare, con una sintassi e un lessico di immediata lettura.



    Schema metrico: 16 strofe di settenari.
     
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