Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

IL Mondo degli Egizi......storie e leggende

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Lussy60
     
    .
    Avatar

    Millennium Member

    Group
    Administrator
    Posts
    112,793
    Location
    Milano

    Status
    Offline

    Gli antichi Egizi conoscevano (e misuravano) le stelle variabili
    In un antico codice di oltre tremila anni fa la dimostrazione che i sacerdoti egiziani conoscevano il periodo di variabilità della stella Algol.

    algol-638x425

    e solide conoscenze astronomiche dell’Antico Egitto ci sorprendono ancora oggi, come sorpresero il greco Erodoto duemilacinquecento anni fa. Ma una recentissima ricerca suggerisce una rivelazione clamorosa: gli antichi sacerdoti-astronomi egiziani sapevano che alcune stelle subiscono una variazione della luminosità ed erano riusciti a calcolarla. E poiché la scoperta – o in questo caso meglio parlare della riscoperta – delle stelle variabili risale al XVII secolo, non c’è da stupirsi che la cosa abbia lasciato di stucco gli scienziati. La scoperta arriva infatti da un giovane finlandese, Sebastian Porceddu, una laurea in astronomia e un’altra in egittologia all’Università di Helsinki dove nel 2006, nel corso degli studi, ha fatto la sua scoperta. Il suo filone di ricerca si concentrava sull’individuazione di possibili periodicità di fenomeni come gli impatti meteoritici o le macchie solari, quando una collega egittologa gli ha suggerito di andare a cercare prove negli antichi calendari, in particolare un tipo di calendario mistico usato nell’Antico Egitto che distingueva i giorni fausti da quelli infausti.

    perseo
    La costellazione di Perseo.

    Come calcolare i giorni infausti - I calendari mistici egiziani non hanno nulla a che vedere con i nostri. Un vecchio adagio di tanto tempo fa ricordava che di martedì e di venerdì non ci si sposa e non si intraprendono viaggi, per esempio, ma nell’Antico Egitto i giorni fausti e quelli infausti ricorrevano in maniera molto meno prevedibile. A parte alcune costanti, come il primo giorno del mese che è sempre buono, sembrava che non ci fosse nessuna regolarità nel distinguere un giorno positivo da uno negativo. La loro importanza era tuttavia rilevante, perché su tali basi si decideva quando iniziare a costruire un’abitazione o mettersi in viaggio. Applicando un metodo statistico all’analisi di questi calendari per cercarvi delle regolarità nascoste, Porceddu ha scoperto che nel cosiddetto Codice del Cairo, redatto su un papiro risalente al Nuovo Regno, tra il 1550 e il 1069 a.C., esistono in effetti due periodicità: una pari a 29,5 giorni, poco sorprendente, perché segue il ciclo lunare su cui si basano anche i nostri mesi; l’altra, assai più misteriosa, pari a 2,85 giorni.


    La periodicità di Algol - Nessun oggetto astronomico noto all’epoca dell’Antico Egitto ha una simile periodicità: né la Luna, né il moto dei pianeti del Sistema Solare, né l’attività del Sole. Ma, andando ad analizzare i dati astronomici oggi in nostro possesso, è stato possibile scoprire che Algol, una stella variabile, possiede un simile intervallo tra un picco di luminosità e quello successivo. Situata a 93 anni-luce dalla Terra, nella costellazione di Perseo, Algol è tra le più note ed evidenti variabili estrinseche. La sua luminosità varia perché periodicamente – poco meno di ogni tre giorni – la visuale che ne abbiamo dalla Terra viene eclissata dal passaggio di una stella compagna, all’interno di quello che oggi sappiamo essere un sistema stellare triplo. Mentre Algol A è una stella nella sequenza principale, cioè nel fior fiore dei suoi anni, come il nostro Sole, Algol B è alla fine della sua vita. Buona parte della sua massa viene sottratta dalla sua superficie da Algol A.

    occhio_horus-300x214
    Il celebre occhio di Horus, che ricorre spesso nel Codice del Cairo, potrebbe essere una rappresentazione di Algol. Secondo altri, simboleggia invece la Luna.

    L’Occhio di Horus - La luminosità di Algol varia in realtà ogni 2,867 giorni che vuol dire un periodo più lungo di circa venti minuti rispetto a quello presente nel calendario egizio. Ma lo scarto potrebbe non essere imputabile a un errore di osservazione, quanto a un effettivo aumento nel tempo. Infatti, nel giro di circa tremila anni, l’afflusso di massa da una stella all’altra dovrebbe aver lievemente dilatato il ciclo di “eclissi” di Algol A e B. Calcoli alla mano, un aumento di circa venti minuti sembra decisamente spiegabile attraverso questo modello astrofisico. Secondo Porceddu, gli antichi egizi identificavano Algol come l’Occhio di Horus, una delle loro principali divinità. Gli antichi greci chiamavano Algol “la stella del demonio”, cosa che ha già portato alcuni studiosi a ritenere che a quell’epoca fosse conosciuta la sua variabilità. Ma la scoperta di Porceddu retrodaterebbe ancora di più la scoperta dell’esistenza di stelle variabili, un concetto che nel medioevo non sarebbe mai stato concepibile, essendo in disaccordo con la dottrina aristotelica dell’immutabilità delle stelle fisse. Questo spiega perché c’è voluto così tanto tempo per riscoprirle, e fornisce una nuova conferma delle notevoli conoscenze astronomiche degli antichi.



    Ramses III, storia di un misterioso delitto nell’Antico Egitto

    ramses-iii-storia-di-un-misterioso-delitto-nell-antico-egitto-638x425

    Un gruppo internazionale di ricercatori ha fatto luce, attraverso diverse analisi condotte su due mummie, su un giallo dell'antichità che ha come protagonista il Faraone assassinato da un gruppo di cospiratori.

    La chiamarono “congiura dell’harem” e fu il classico intrigo sorto intorno ad un centro di potere: vittima del terribile delitto doveva essere Ramses III, Faraone della XX dinastia egizia che regnò fino alla sua morte avvenuta nel 1156 a. C., secondo quanto narrato da un celebre papiro custodito nel Museo Egizio di Torino che descrive il complotto ordito alle sue spalle e, soprattutto, il processo contro i cospiratori e la lista delle pene inflitte.

    Morte di un Faraone
    A tirare le trame della storia, una sposa secondaria dello stesso Faraone chiamata Tij (o Tiye) interessata a favorire il proprio figlio, Pentawer, nella corsa al trono, attraverso l’eliminazione del Sovrano. Il resoconto spiega come i suoi piani non andarono a buon fine ma, ciononostante, la morte di Ramses III è rimasto argomento di dibattito tra gli esperti: nello stesso papiro, infatti, c’è un riferimento alla morte del Faraone avvenuta prima della stesura definitiva dello stesso. Oggi uno studio curato dall’egittologo Zahi Hawass e da Albert R. Zink dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman di Bolzano, i cui dettagli e risultati sono stati pubblicati dal British Medical Journal, fa chiarezza su questo giallo dell’antichità, scoprendo che gli eventi illustrati nel Papiro di Torino accaddero assai probabilmente nella realtà e portarono alla morte del Re.

    zahi-hawass
    Il celebre egittologo Zahi Hawass

    Le analisi effettuate sul corpo mummificato del Faraone, infatti, confermano come Ramses III morì in seguito a sgozzamento: per giungere a questa conclusione, che fa luce su fatti destinati altrimenti a restare coperti da un velo di mistero, sono stati necessari esami genetico-molecolari, raggi X ed anche una TAC. Questo ha consentito agli esperti di verificare come, senza ombra di dubbio, la gola di Ramses (che al momento della morte aveva all’incirca 65 anni e oltre tre decenni di regno alle spalle) venne recisa quando questi era ancora in vita. La ferita era coperta dal fitto bendaggio tipico della mummificazione a cui venivano sottoposti i defunti nell’Antico Egitto, per questo è stato indispensabile ricorrere alla TAC per poterla individuare, ma non è tutto: all’interno di essa venne posto un amuleto.


    Si trattava dell’occhio di Horus, generalmente facente parte dei corredi funerari perché simbolo di protezione e rigenerazione nell’aldilà: gli esperti sostengono che la sua collocazione proprio in quel punto esatto doveva servire al corpo per guarire totalmente nel Regno delle Ombre. Se ci sia riuscito non è dato saperlo, tuttavia la salma mummificata di Ramses riuscì quando meno a salvarsi da furti e manipolazioni, essendo stata nascosta nel nascondiglio di Deir el-Bahari assieme a molte altre mummie reali, affinché fosse preservata dai profanatori.

    Il figlio cospiratore
    Proseguendo nel racconto del Papiro (che infatti viene chiamato il “Papiro giudiziario di Torino”) si scopre che gli autori del terribile delitto non rimasero affatto sconosciuti: tutte le persone coinvolte nella congiura, tra cui diverse concubine, vennero infatti identificate, accusate, condannate e punite. Tra questi, lo stesso figlio Pentawer, del quale i ricercatori ritengono di aver identificato i resti, in grado di raccontare ancora ulteriori dettagli di questa torbida storia: si tratterebbe, infatti, della mummia nota come Unknown man E, ritrovata nel medesimo sito di Ramses III.

    medinet-habu
    Il sito di Medinet Habu, dove sorse il Tempio di Ramses III

    Questo corpo apparteneva ad un uomo di circa vent’anni e reca strani segni che disegnano uno scenario drammatico: il torace gonfio e le pieghe sulla pelle del collo potrebbero essere, secondo gli esperti, il risultato di un suicidio per impiccagione o di una morte violenta per strangolamento. Oltretutto, il cadavere non venne trattato secondo il consueto processo per la mummificazione poiché gli organi interni non furono rimossi e fu avvolto in una pelle di capra, come notarono già gli archeologi che lavorarono sulla mummia nel 1886: un materiale considerato senza dubbio impuro e che, probabilmente, doveva testimoniare una sepoltura di forma non regale in segno di punizione del defunto.

    Ebbene, quali che fossero le cause della sua morte, sta di fatto che l’Unknown man E condivideva con Ramses III una parte importante del patrimonio genetico trasmesso per via maschile: le analisi, infatti, proverebbero come le due mummie potrebbero appartenere ad un padre e al proprio figlio. Se poi il figlio si sia suicidato per fuggire ad una pena più grande nell’aldilà, probabilmente, sarà difficile da verificare. È noto però che il Papiro giudiziario non cita alcuna condanna (almeno secondo l’interpretazione nostra di tale termine) per Pentawer: si dice esplicitamente che venne lasciato in vita ma non è del tutto escluso che proprio quella fosse la punizione per essere stato tra coloro che guidarono i cospiratori contro il proprio padre.

     
    Top
    .
30 replies since 9/2/2011, 13:56   32596 views
  Share  
.