Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

dopo la nascita; Il mondo visto dal neonato

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    Sonno bambino: quante ore deve dormire?


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    Il bisogno di sonno è diverso da bambino a bambino, perché è influenzato da tanti fattori tra cui il temperamento, innanzi tutto, poi l’età (più sono piccoli e più hanno necessità di dormire), gli stimoli esterni ricevuti, l’atmosfera familiare (se c’è serenità in casa è più probabile che il piccolo dorma di più e si svegli di meno durante la notte).
    A noi mamme piace, però, avere almeno un’indicazione di massima relativa alle ore di sonno che un bambino dovrebbe dormire in base alla sua età. Va però sottolineato che il criterio a cui attenersi per stabilire che “qualcosa non va” in relazione al momento della nanna non è certo quello della durata, ma piuttosto della qualità del sonno. Per esempio, non c’è nulla da preoccuparsi se un neonato dorme in un giorno 14 ore anziché 18 o 20, ma il suo sonno è sereno, la sua crescita è regolare e nelle ore in cui sta sveglio non appare irritato, né piange di continuo.
    Vediamo allora insieme quali dovrebbero essere i ritmi del sonno nei primi anni di vita del bambino:
    - da 0 a 4 mesi il bambino dorme da 16 a 18 ore nel corso delle 24 ore, senza rendersi conto dell’alternanza di giorno e notte, e i suoi risvegli risultano stimolati per lo più da esigenze nutritive;
    - da 4 a 6 mesi il sonno comincia a concentrarsi nelle ore notturne con una media di 10 ore contro le 4-5 ore dedicate ai riposini diurni secondo un ritmo sempre più simile a quello degli adulti;
    - da 6 a 12 mesi i pisolini diurni si riducono ulteriormente seguendo in genere lo schema 1-2 ore di sonno la mattina e 1-2 ore il pomeriggio, mentre la notte il piccolo arriva a dormire circa 11 ore. Questa regolarizzazione viene indotta anche dall’introduzione di nuove abitudini alimentari e cioè la sequenza dei pasti che l’avvio dello svezzamento comporta;
    - da 1 a 3 anni il sonno notturno si estende fino alle 12-13 ore e, di solito, proprio a questa età comincia a “saltare” il riposino della mattina mentre quello pomeridiano tende a permanere fino a circa 5-6 anni.





    Allattare al seno, riduce le ore di sonno?

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    La mancanza di sonno è uno dei problemi di cui spesso i neogenitori si lamentano, soprattutto durante i primi mesi quando è necessario allattare il piccolo anche durante la notte. Questo è necessario perché, l’apparato digerente del neonato non è ancora pienamente sviluppato e dunque non è in grado si soddisfare le esigenze del piccolo. In più se il piccolo è allattato al seno, il latte materno è più digeribile di quello artificiale e dunque è normale che i piccoli si sveglino con una frequenza maggiore di quelli allattati con il latte in formula.
    Per questo motivo molto spesso le neomamme pensano che proprio l’allattare al seno il piccolo possa essere “causa” di meno ore di sonno. In realtà, non c’è nessuna differenza in termini di mancanza di sonno per le mamme che allattano il proprio bambino al seno o con il biberon. A confermare questo è uno studio coordinato da Hawley Montgomery-Downs presso la West Virginia University da Morgantown che conferma come le neomamme che allattano al seno di notte dormono esattamente quanto le neomamme che, per scelta o per altri motivi, utilizzano il biberon e il latte in formula.
    La coordinatrice dello studio dichiara: “Ci sono evidenze scientifiche riguardanti il fatto che i neonati allattati al seno risposino meno ma nessuno aveva indagato ancora sulle loro madri; dati alla mano, non abbiamo trovato differenze significative riguardanti il sonno delle neomamme in relazione a come nutrono il loro bambino” e continua “…Molte mamme rinunciano ad allattare al seno perchè sostengono che solo così riescono a riposare e a dormire di più ma il latte materno è così importante tanto per il bambino quanto per la madre che abbiamo voluto verificare, volevamo avere delle prove empiriche.”
    Per affermare ciò sono state sottoposte ad osservazione 80 donne tra cui:
    27 hanno allattato esclusivamente al seno per almeno 12 settimane;
    18 hanno allattato esclusivamente con latte formulato;
    35 hanno utilizzato entrambi i metodi di alimentazione.
    A questo punto le neomamme hanno tenuto dei “diari del sonno” dove hanno riportato la qualità del sonno e il numero di volte che si svegliavano durante la notte, indossando anche dei dispositivi di controllo del sonno e segnalavano, durante il giorno, i momenti di sonnolenza.
    “Non siamo in grado di dire esattamente perché non c’è differenza, ma le donne che allattano possono essere forse più riposate perchè non devono alzarsi e preparare il latte oppure perchè continuano a farlo rimanendo al buio nel loro letto ” ha detto Montgomery-Downs.
    Dunque mamme, allattare al seno è un gesto meraviglioso e naturale, il più bel dono che una mamma possa fare al proprio piccolo dopo averlo messo al mondo, ed è per questo che è importante riuscire ad allattare il proprio bambino il più possibile, natura permettendo.
     
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    Neonati, a 7 mesi sono già empatici


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    I neonati hanno tante potenzialità, tra queste c’è anche l’empatia. I bambini sviluppano la capacità di essere empatici già a sette mesi: insomma così piccoli, ma già in grado di riconoscere il punto di vista altrui e immedesimarsi nelle vicissitudini degli altri. Non è straordinario? Credo che sia meraviglioso. A scoprire questo nuovo aspetto è stato uno studio pubblicato su Science dai ricercatori della Hungarian Academy of Sciences di Budapest (Ungheria). Vediamo insieme quanto hanno elaborato gli esperti.


    Fino ad oggi si è sempre creduto che la consapevolezza dell’altro non potrebbe arrivare prima dei quattro mesi, mentre già si era scoperto la loro capacità di sognare. Nel corso dell’esperimento i ricercatori hanno osservato le reazioni di 56 bambini di sette mesi mentre assistevano alla proiezione di un cartone animato nel quale il protagonista osservava il movimento di una palla.

    Questa palla si muoveva, si fermava, rotolava o si nascondeva. Gli esperti hanno constatato che i bimbi prestavano maggiore attenzione quando le immagini mostravano un risultato inatteso e sorprendente per il protagonista, mostrando la sua stessa reazione.

    Insomma, manifestavano gli stessi sentimenti del protagonista stessa, questa non è altro che una forma di empatia. Secondo Ágnes Kovács, che ha guidato lo studio, i risultati dimostrano l’esistenza di una ‘primaria’ consapevolezza degli altri, già in bambini così piccoli. Non funziona nesso stesso modo con lo sbadiglio invece.
     
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    Dodici mesi di emozioni


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    La prima emozione che registra il suo cuoricino, una volta venuto al mondo? Lo stress, purtroppo! Quello delle nascita, del taglio del cordone ombelicale, del cambiamento della circolazione del sangue, del contatto con l’aria, dell’aprirsi dei polmoni con il primo respiro...

    • 0 - 3 mesi
    I primi tre mesi di vita del neonato costituiscono un periodo speciale e unico, chiamato anche ‘quarto trimestre di gravidanza’. A caratterizzarlo è la profonda simbiosi che si crea - in maniera del tutto spontanea tra madre e figlio. Perduto il caldo conforto dell’utero e, con esso, ogni punto di riferimento conosciuto prima della nascita, catapultato in uno strano mondo dove tutto è assolutamente nuovo, in quale altro luogo troverà rifugio il neonato se non tra le braccia materne? Prendiamo, per esempio, quel semplici ‘miracolo’ che è l’allattamento: succhiando il latte materno, il bimbo non trova solo nutrimento, ma una serie infinita di rassicurazioni, legate alla familiarità del battito cardiaco della mamma, del sapore del suo latte, del suo odore, del suono della sua voce. In questa fase il bimbo non ha una percezione di sé come distinto dal resto del mondo e la mamma è per lui fonte di ogni benessere e risposta a ogni sua necessità.

    • 4 - 6 mesi
    In questa fase il bimbo compie grandi progressi a livello psicomotorio e la sua capacità di comunicare e interagire con l’ambiente che lo circonda si arricchisce notevolmente. Il mondo lo incuriosisce sempre di più e sul suo viso si dipingono espressioni diverse in base a ciò che osserva, sente, percepisce. Gradualmente si avvia a divenire protagonista di quella realtà che fino a ora ha vissuto solo tramite i cinque sensi: è ormai pronto ad assumere un ruolo più attivo rispetto ai primissimi mesi di vita e manifesta la sua volontà di... entrare in azione. Comprendere i suoi stati d’animo diventa ora più semplice, grazie agli accresciuti strumenti che ha a disposizione per esprimere ciò che prova: verso il quarto mese il suo sistema nervoso è maturo non solo per sorridere, ma anche per ridere di gusto. Diventa esperto nel decifrare le emozioni delle persone che si rivolgono a lui e, se il significato delle parole può sfuggirgli, percepisce chiaramente lo stato d’animo di chi gli parla dall’espressione del volto, dal tono della voce, dalla postura del corpo.
     
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    IL BAMBINO NEL PRIMO ANNO DI VITA: COME INTERAGISCE COL MONDO


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    I GIOCHI TRA MAMMA O PAPA' E NEONATO CHE LO AIUTANO A CRESCERE
    Il neonato ha una capacità innata di mettersi in contatto e in relazione con il mondo esterno. Questa capacità gli permette di imparare, fin dalle prime settimane, a conoscere e dialogare con la mamma e il papà e a formarsi una "idea di se stesso".

    Questa capacità innata è stimolata dal comportamento degli stessi genitori, che sanno, senza pensarci sù, interagire col piccolo e aiutarlo a crescere.

    Ecco le modalità con cui generalmente ci relazioniamo con i nostri figli neonati e li aiutiamo a imparare nuove cose sul mondo che li circonda e sulle persone che si prendono cura di loro:
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    ESPRESSIONI DEL VISO: quando ci rivolgiamo a un bambino di poche settimane enfatizziamo le espressioni del viso: se ci potessimo vedere allo specchio ci sembreremmo dei pagliacci. Eppure questo modo di comportarsi dei genitori è molto utile, perché il bambino, fin dalle primissime settimane ha una predisposizione per osservare i volti umani. In altre parole, ai bambini neonati piace più di tutto guardare il viso della mamma e del papà e impara presto a rispondere correttamente alle espressioni che il viso di mamma fa.

    I "PRIMI DIALOGHI": pensate a quando vi rivolgete al vostro bimbo neonato con voce dolce e lui spalanca gli occhi e sembra agitarsi; dopo un attimo si calma e voi spontaneamente gli dite un'altra cosa e allora lui si "illumina" di nuovo, spalancando gli occhi e agitando le manine... questa è una impostazione della relazione che il neonato apprende precocemente ed è la base per la costruzione dei futuri rapporti col mondo e con gli altri. Già dalla terza settimana di vita, infatti, il bambino è in grado di imparare a comunicare col genitore con uno scambio di informazioni, che si alternano tra frasi ed espressioni della madre e risposte di felicità del bambino.

    CONSOLARE IL PIANTO: la stessa sequenza dei "primi dialoghi" è quella che entra in azione quando il bambino piange e poi viene consolato dalla mamma. Presto il bambino impara la sequenza: prima il pianto e poi le coccole, prima il disagio e poi il benessere è proprio da questa sequenza, così importante per lui perché lo fa stare bene, che il bebè impara il meccanismo della conseguenza di due eventi. Inoltre, in questo modo il bambino impara che può determinare in qualche modo il comportamento dell'adulto e così, gradualmente, incomincia a prendere coscienza di se stesso.

    RISPECCHIARE IL BEBE': il piccolo emette un suono o fa una smorfia; la mamma lo imita e il bambino lo ripete e la mamma, nuovamente lo imita. Può sembrare ad alcuni sciocco e invece è importantissimo, perché il bambino in questo gioco si vede rispecchiato nella mamma e impara a prendere coscienza della differenza tra sé e la mamma e delle proprie azioni.
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    IL BAMBINO INDICA COL DITO:
    un gioco che si instaura tra l'adulto e il bambino, nel primo anno di vita, è quello che il bambino indica un oggetto e l'adulto lo nomina e glielo porge. Che soddisfazione per il piccolo! La sua comunicazione con l'adulto è stata efficace! E quello che lo soddisfa più di tutto non è avere quell'oggetto tra le mani, bensì è proprio il successo della sua comunicazione.


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    LE TAPPE DELLO SVILUPPO NEL PRIMO ANNO



    A tre mesi


    A tre mesi il bambino è in rado di esprimere quando ha sonno o ha fame; mostra piacere quando è nudo; nell'interazione con l'adulto passa da momenti in cui è tutto concentrato a guardarsi attorno e soprattutto a guardare le persone, a momenti di rilassamento in cui attende stimoli dal genitore.

    Gira la testa nella direzione di un suono e cerca di riprodurre con i vocalizzi certi suoni che sente.

    E' in grado di esplorare con lo sguardo un oggetto che gli è mostrato dall'adulto; se l'oggetto è nascosto vicino a lui, sotto un panno o una coperta, indugia con lo sguardo sul punto in cui è scomparso l'oggetto.




    A sei mesi

    Verso i sei mesi è in grado di giocare con il proprio corpo, prendendosi i piedini. Fa gorgheggi e lallazioni (lalalala) e urletti ed è in grado di instaurare col genitore un vero e proprio dialogo, attraverso le espressioni del viso e il tatto. Se è lasciato solo troppo a lungo protesta. si volta e cerca con lo sguardo nella direzione da cui proviene un suono o una voce. esplora a lungo un oggetto, guardandolo, manipolandolo e portandolo alla bocca. Si sporge per raggiungere un oggetto e carca di imitare dei semplici gesti proposti più volte dai genitori, come battere con una mano sul seggiolone,...

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    A nove mesi

    Verso i nove mesi esplora e gioca con gli oggetti che ha vicino, gioca con il volto dei genitori: lo tocca, lo esplora con la mano, insiste a provocare certe reazioni mimiche che lo divertono.

    Esplora con lo sguardo un ambiente nuovo. Distingue le persone familiari da quelle sconosciute e di queste ha paura. Dai 6-7 mesi vive l'angoscia di separazione dalle persone familiari.

    Se è chiamato si gira verso la voce. Fa <<ciao>> su invito o spontaneamente e batte le manine. Si diverte a far cadere un oggetto che poi rivuole.
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    A 12 mesi

    Verso l'anno migliora le sue prestazioni nell'esplorazione del genitore, degli oggetti, dell'ambiente esterno. Dice frasi semplici; è attratto da altri bambini. Impara a fare i primi passi; beve dalla tazza e vuole mangiare col cucchiaio da solo. Sa trovare oggetti che sono stati nascosti dall'adulto per gioco.

    Se gli si danno dei pennarelli prova a lasciare delle tracce su un foglio e prova a utilizzare il triciclo o la macchinina.

    Alla conclusione del primo anno di vita il bambino ha acquisito capacità di relazione importanti: è in grado di agire in modo intenzionale, secondo uno scopo che si è prefissato.

    Imparando a camminare sperimenta un positivo senso di "indipendenza" di cui il piccolo è fiero e soddisfatto... infatti spesso quando cammina ride, esprime gioia.
     
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    La crosta lattea


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    La crosta lattea, ossia la dermatite seborroica infantile, è un disturbo che crea la comparsa di piccole crosticine che rendono la pelle del neonato squamata e leggermente ruvida e grassa.

    E' un disturbo frequente inquanto 2 bambini su 3 ne sono colpiti fin dalle prime settimane di vita.
    Questo fenomeno viene chiamato così perchè si manifesta nel periodo in cui il bambino è nutrito solamente di latte, quindi nei primi mesi di vita.
    I punti dove le crosticine si localizzano sono principalmente nella zona delle sopracciglie, fronte, tempie e cuoi capelluto.
    In alcuni casi, può estendersi anche dietro le orecchie, sulle guancie e intorno al nasino.

    I sintomi
    Questa malattia della pelle si manifesta sotto forma di desquamazione grassa di colore giallastro, molto simile alla forfora.
    Nelle forme più acute, la dermatite seborroica può essere presente anche nella zona inguinale e anale e sotto le ascelle.
    Le desquamazioni, anche se abbondanti, non provocano alcun tipo di dolore o fastidio al neonato.

    Le cause
    La causa dell’eccessiva stimolazione delle ghiandole sebacee non sono ancora del tutto chiare: di volta in volta sono state chiamate in causa alterazioni di tipo ormonale, specie ormoni materni che passati nel sangue del bambino durante la vita fetale, persistono fino al terzo mese. Secondo altri sarebbe dovuta ad un fungo che si trova normalmente sulla pelle. Un dato interessante è che non esistono, in letteratura, prove che la crosta lattea possa essere correlata all’allattamento materno od a particolari alimenti assunti dalla nutrice. Occorre ricordare che la crosta lattea viene tollerata bene dal lattante e si risolve anche senza particolari trattamenti.

    Probabilmente i meccanismi che regolano la qualità della pelle non sono ancora del tutto maturi nel neonato e il processo di sostituzione delle cellule vecchie con le nuove avviene molto rapidamente. In pratica la crosta lattea si verifica quando le cellule di desquamazione anziché staccarsi restano attaccate alla cute, sovrapponendosi alle cellule che dovrebbero sostituirle. Tutto questo è inoltre peggiorato dall'attività esagerata delle ghiandole sebacee che producono una grande quantità di grasso che si stratifica su tutto il cuoio capelluto. Nonostante il fatto che le squame siano saldamente attaccate alla cute, esse non provocano alcun particolare fastidio al bambino. Infatti da parte dei medici questa alterazione viene considerata soltanto sotto il profilo estetico, assolutamente innocuo, ma sgradevole da vedere.
    Come curarla
    Di solito la guarigione avviene spontaneamente entro il terzo-quarto mese e viene facilitata con alcuni accorgimenti utili ad eliminare le squame presenti e prevenire la formazione di nuove. Innanzitutto bisogna lavare la testa ogni due giorni con sostanze oleose in modo da non irritare ulteriormente la cute già delicata. Sul cuoio capelluto bisogna passare del cotone imbevuto di olio di oliva o di mandorle dolci o di vasellina oppure di emollienti specifici per la crosta lattea in vendita in farmacia che, fluidificano il sebo e, ammorbidendo le croste, ne facilitano il distacco.

    A causa della localizzazione sullo scalpo e la concomitante persistenza dell’apertura della fontanella cranica, tutte queste operazioni vanno fatte con la dovuta cautela, evitando accuratamente pressioni indebite e soprattutto l’uso delle unghie per sollevare le croste ancora dure. Per rimuovere le croste è consigliabile, una volta applicato l'olio, passare delicatamente un pettinino a denti fitti tamponando poi con un panno. Infine tamponare con olio di borragine che è utile per riequilibrare la produzione da parte delle ghiandole sebacee. In casi molto gravi può essere consigliato anche il ricorso a pomate o creme cortisoniche, che devono essere, comunque, sempre prescritte dal pediatra.
     
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    Le coliche gassose

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    Nei primi mesi di vita si può assistere ad eccessi di pianto irrefrenabile ed inconsolabile, apparentemente immotivato in bambini per il resto in ottime condizioni generali, tranquilli e sereni in altri momenti della giornata.
    Tali manifestazioni vengono comunemente chiamate “coliche gassose “ o “coliche serali “ e colpiscono circa il 10% dei neonati.
    Una volta che il pediatra abbia accertato che non vi siano particolari malattie, il ''mal di pancia'' non deve essere vissuto come una situazione preoccupante in quanto generalmente si risolve entro il 4°-5° mese di età.

    Chi viene colpito e quando si presentano
    Le coliche dei neonati si verificano senza distinzione di sesso o di razza, sia nei neonati allattati al seno o artificialmente. Di solito incominciano durante il primo mese di vita, con risoluzione spontanea definitiva entro il quarto/quinto mese di vita (il periodo varia da soggetto a soggetto).

    La colica predilige un ‘orario preciso, di solito si presentano nel tardo pomeriggio o nelle prime ore della notte, ma potrebbero presentarsi in qualsiasi altro momento della giornata immediatamente o entro 30 minuti dal pasto. La durata e variabile e generalmente non supera le due ore.

    Come si presenta il bambino e come riconoscerle
    Le crisi di pianto improvviso, incontrollabile e continuo, che sopravvengono prevalentemente dopo il pasto serale, sono la manifestazione più nota, ma spesso il bambino presenta anche volto arrossato, addome teso e gambe flesse sulla pancia; a volte si irrigidisce e si contorce, emettendo gas dall'intestino.

    Perché si manifestano?
    Non si conosce l’ esatta patogenesi (cause), di questi eccessi di pianto, probabilmente il motivo potrebbe non essere lo stesso. Sono state formulate varie ipotesi:
    - Errata tecnica di alimentazione: sunzione da parte del piccolo troppo precipitosa, facendo introdurre così oltre al latte anche molta aria durante la poppata sia al seno che al biberon.
    - Aumentata peristalsi intestinale.
    - Intolleranza alimentare alle proteine del latte vaccino.
    - Temperamento particolare del piccolo.
    - Problemi relazionali familiari.

    Le convinzioni da sfatare

    - Non serve eliminare dalla dieta della madre che allatta particolari cibi (es. legumi, spinaci, cavoli). Alcuni alimenti possono conferire al latte un cattivo sapore ma non indurre le coliche nel bambino. E' invece consigliabile ridurre l'assunzione di bevande eccitanti (the, caffè, cioccolata).
    - Responsabile delle coliche non è il latte materno troppo ''grasso''.
    - Non è vero che le coliche sono da imputare ad un atteggiamento eccessivamente ansioso della madre (è più probabile che l'ansia della madre sia una conseguenza più che una causa).
    - Il ''ruttino'' dopo la poppata non è un evento irrinunciabile e non deve diventare un'ossessione.
    - Non serve utilizzare i sondini rettali o il termometro per favorire l'uscita dell'aria dall'intestino; ciò, al contrario, provoca spesso irritazione e nervosismo nel bambino.

    Consigli pratici
    - Come prima cosa quando si allatta il piccolo al seno, fare aderire bene la bocca la capezzolo della madre in modo tale da evitare che il neonato introduca aria oltre al latte. Se si allatta al biberon, fare in modo che la bocca del piccolo aderisca bene alla tettarella del biberon, per evitare che il bimbo introduca aria. Ci si accorge che il piccolo sta introducendo aria poiché emette il suono della suzione a vuoto. In questo caso non sta succhiando aria, ma sta ingurgitando aria poiché la sua bocca non riesce ad avere una presa valida sul capezzolo della mamma sulla tettarella del biberon.
    - Si può prendere il bimbo in braccio a pancia in giù facendo aderire la vostra mano sul pancino del piccolo, ninnandolo avanti e in dietro con il braccio, mentre l’alta mano, mentre l’altra mano picchietta leggermente sul sederino, favorendo la discesa dell’aria e sua eventuale espulsione.
    - Prendere le gambe del neonato e farle aderire flettendole sull’ addome avanti e indietro in modo tale che la pressione leggera esercitata da questo movimento possa favorire l’ espulsione dell’ aria.
    - Facilitare la fuoriuscita dell’aria massaggiando il pancino con movimenti concentrici rivolti verso il basso per favorire spontaneamente la discesa dell’ aria e sua eventuale espulsione.
    - Se si possiede un seggiolino vibrante utilizzatelo. Le vibrazioni del seggiolino possono facilitare la discesa dell’aria presente nel pancino.
    - Favorire un ‘ambiente sereno privo di stimoli forti quali luce e rumori che potrebbero infastidire il piccolo. Creare un ambiente con luce soffusa e priva di frastuoni. Si può ricorrere anche alla musicoterapia.
    - Se la madre assume grande quantità di latte o suoi derivati , diminuire il quantitativo di latte e derivati introdotti.
    - Fare assumere delle tisane a base di finocchio liquirizia malva o camomilla.
    - Evitare tensioni familiari tra i genitori. Ricordarsi che i bambini sono molto sensibili e capaci di captare il nervosismo e la tensione.

    Rimedi farmacologici
    Quasi tutti i pediatri di fronte a una mamma che si lamenta per le coliche prescrivono qualche farmaco:
    - Simeticone (nomi commerciali Meteosim, Mylicon, Simecrin e Simetic), farmaco da banco molto utilizzato.
    - Cimetropio bromuro (nome commerciale Alginor)
    - All'estero sono invece usati Diciclomide e Dicicloverina, non commercializzati in Italia per il rischio di effetti collaterali.

    A volte vengono proposti prodotti omeopatici oppure tisane di finocchio (es. Colimil).

    Ricordiamo di non dare mai farmaci al bambino senza il consiglio del pediatra.


    Se le coliche si ripetono con una certa frequenza e gravità è bene consultare il pediatra che potrà procedere ad eventuali accertamenti.
     
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    La nuova vita della neo mamma e del neonato.


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    Ogni mamma “in dolce attesa”, in gravidanza, immagina, spesso anche in modo dettagliato, i momenti che trascorrerà con il suo bambino una volta che potrà prendersene cura. Eppure, per quanto ci possiamo immaginare, la realtà risulta sempre più complessa e delicata da affrontare. Nei primi giorni dal parto, la mamma è estremamente fragile: il parto stesso e l’allattamento sono due grandi eventi che portano stanchezza su diversi piani: da quello fisico a quello emotivo e più sottile per tutto ciò che va a significare. E’ il momento di allineare la nostra vita ed i nostri ritmi con quelli del nostro bambino: da qui, l’importanza di ritagliarsi degli spazi in cui riposare ed occuparsi esclusivamente di lui, entrando sempre più in contatto con il suo mondo. La mamma deve quindi essere sostenuta nel gestire la casa.


     
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    Ciuccio neonato: lo aiuta a sentirsi meno solo


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    Il ciuccio è un oggetto molto utile fin dai primi mesi di vita del piccolo perché ha un prezioso effetto rassicurante. Quando da una delle ecografie che si fanno durante la gravidanza, i genitori “vedono” il loro bambino intento a succhiarsi il pollice provano un po’ di sorpresa ma soprattutto molta tenerezza.
    Non sempre si pensa, infatti, che la suzione è un istinto naturale, presente addirittura già nel grembo materno. La funzione della suzione è quindi, forse la più innata tra quelle del neonato in quanto succhiare soddisfa un bisogno primario, quello della nutrizione, e permette al piccolo di stabilire un contatto diretto con la mamma se viene allattato al seno.
    Il ciuccio rappresenta un surrogato della suzione e non è un caso che richiami, come forma, il capezzolo materno. Gli aspetti positivi per il bambino che sono attribuiti al ciuccio sono tanti. Ecco i principali:
    - rilassamento;
    - consolazione;
    - rassicurazione;
    - gratificazione;
    - addormentamento;
    - protezione.
    E’ evidente, quindi, come il ciuccio abbia più che altro un significato psicologico, in quanto è utile soprattutto per attenuare il senso di solitudine del piccolo quando la mamma si allontana da lui, per esempio per andare al lavoro o quando è il momento della nanna. Il ciuccio serve anche a placare il pianto del bambino. Tuttavia, è bene che i genitori non ricorrano subito al succhietto per “zittire” il piccolo senza avere prima cercato di capire il motivo per cui sta piangendo: se per fame, stanchezza o malessere.
     
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    La scelta del nome



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    La scelta del nome è una grande responsabilità per i genitori, in quanto si tratta di scegliere per conto di un'altra persona un aspetto che condizionerà tutta la sua vita


    La scelta del nome è una grande responsabilità per i genitori, in quanto si tratta di scegliere per conto di un'altra persona un aspetto che condizionerà tutta la sua vita. Per questo le riflessioni in questo senso risultano spesso lunghe e non prive di dubbi e ripensamenti, tra nonni insistenti affinchè il loro nome riviva nel piccolo nascituro e rigurgiti adolescenziali che vorrebbero imporre il nome della propria rockstar del cuore.
    E qui si pone la prima domanda: che significato ha per voi il fatto di usare il nome che è stato di qualcun altro di vostra conoscenza, che sia un parente, un amico o una celebrità? Chiaramente, il nuovo venuto darà al nome un significato completamente unico ed esclusivo, dissociato dalla persona che vi ha, per così dire, dato lo spunto. Ciò posto, potrete valutare quanto è importante per voi ricordare una persona attraverso il nome di vostro figlio, e quali valenze ha (ad esempio, sperare che in vostro figlio si sviluppino gli stessi pregi della persona da cui prende il nome).
    Se si sceglie la via della riflessione oculata in luogo dell'approccio emozionale, gli aspetti da valutare nella scelta del nome sono tantissimi. Un altro aspetto è la "fama" di alcuni nomi, che vengono ritenuti troppo "da vecchi" o viceversa "da bambini", o peggio. In realtà la qualità del nome la fa chi lo porta, ed è chiaro che una ragazza non sembrerà più vecchia o più giovane in virtù del suo nome, senza contare che la percezione dei nomi è enormemente diversa a seconda dei contesti e delle culture.
    Lo stravagante, invece, è universale. I divi di Hollywood sembrano ormai patentati nel dare ai figli i nomi più strani ed improbabili: Apple, Maria Lourdes, Suri, Maddox e Zahara sono solo alcuni dei nomi-impiastro capitati in sorte a poveri sventurati non ancora in età per ribellarsi. In Italia il bizzarro generalmente fa molto coatto, e qui non si può non ricordare Verdone in Viaggi di Nozze che propone alla moglie/Gerini di chiamare il povero pargolo Kevin.
    Forse non è giusto segnare eccessivamente il bambino con una parte di noi, e per lo stesso motivo è bene evitare i nomi ideologici o eccessivamente dedicati.
    Altra questione spinosa sono i nomi troppo usati, troppo frequenti all'interno della famiglia o troppo alla moda: quei nomi che, o sono così classici da essere reputati banali da alcuni, oppure che misteriosamente vengono usati in modo massiccio in un determinato periodo. Anche qui è a discrezione del genitore valutare quanto sia importante per il bambino ritrovarsi, ad esempio, in classe con altri omonimi, o avere un nome troppo poco caratterizzante.
    Una domanda molto frequente dei futuri genitori è quella se scegliere un nome corto o lungo: il rischio, nel secondo caso, è che venga storpiato o accorciato in diminutivi non sempre azzeccati.
    Se in generale la scelta iniziale è quella di partire da un suono (nomi che piacciono di per sè) o da un significato (nome di una persona conosciuta o significato del nome in sè), i credenti nella numerologia tengono conto poi di numerosi altri fattori. Per chi crede nel potere dei numeri la scelta del nome da dare al bambino è importantissima e in grado di influenzare tutto il suo futuro, nella misura in cui le lettere del nome del bambino si traducono in numeri, da sole o in combinazione con il cognome e la data di nascita. Visto che ogni lettera corrisponde a un numero, per chi si sente di dar credito alla divinazione numerologica risulta relativamente semplice scoprire quale influenza potrà avere sul bambino il nome prescelto, ma attenzione anche alle combinazioni tra numeri che potrebbero dare origine a significati diversi.
    Una valida guida sulla scelta del nome è Il libro dei nomi di Dario Spada; per ridere un pò, se sapete l'inglese, consigliamo invece Bad Baby Names (brutti nomi per bambini) di Michael Sherrod and Matthew Rayback
     
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    Ritornare in forma


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    Dopo il parto, il corpo della donna tende ad assestarsi con nuove trasformazioni. Il nuovo obiettivo dell'organismo è quello di prepararsi all'allattamento e di ritornare alle condizioni precedenti la gravidanza: è quindi del tutto normale avvertire qualche disturbo. Questo periodo si chiama puerperio (o "decimo mese") e dura circa sei settimane.
    Durante il puerperio è importante la cura dell'igiene intima perché la zona genitale è più esposta alle infezioni. Ci si può lavare con acqua e sapone a Ph acido oppure con una soluzione disinfettante, bisogna poi asciugarsi con delicatezza. Nel caso siano stati applicati dei punti, quando fanno male, si può ricorrere a impacchi freddi.
    Se durante la gravidanza e il parto non ci sono state complicazioni, gradualmente si può progettare di ritrovare il peso forma con un'alimentazione appropriata e con un po' di esercizio fisico.
     
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    I neonati? Apprendono durante il sonno e sognano ad occhi aperti

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    Cosa pensa un bambino, anzi un neonato? Cosa gli frulla nella testa? E soprattutto cosa sogna un bimbo di pochi mesi? Quante volte le mamme si fanno queste domande per riuscire a scoprire a fondo il mondo dei loro figli appena nati.
    Bene se si parla di sogni e di sonno un gruppo di ricercatori della Florida ci ha illuminato, tramite uno studio accurato, dimostrando che il cervello dei neonati inizia subito a lavorare anche nei primi giorni di vita tanto che è sempre propenso ad apprendere anche durante il sonno.
    I ricercatori hanno analizzato un gruppo di 26 bambini nati da soli due giorni e li hanno monitorati mentre dormivano rilevando una significativa attività cerebrale, in particolare gli hanno fatto ascoltare una musica soffiando con delicatezza sulle loro palpebre. Quando poi si sono svegliati i piccoli risentendo la stessa melodia hanno avuto la reazione istintiva di stringere gli occhi.
    Tutto ciò ha portato i ricercatori americani, e in particolare la psicologa Dana Byrd, a concludere che anche i neonati metabolizzano nel sonno ciò che apprendono da svegli, e anzi hanno un cervello davvero molto evoluto che assorbe le informazioni come una spugna e dimostra una forma di apprendimento che non è rilevabile nemmeno fra gli adulti.
    Ad analizzare invece i pensieri dei neonati quando sono svegli ci ha pensato un gruppo di ricercatori dell'Imperial College di Londra che, sempre tramite uno studio, ha evidenziato che i bimbi appena nati sognano ad occhi aperti, cioè hanno un cervello già capace di stabilire le connessioni necessarie a ricordare e fantasticare.
    Lo studio in particolare ha analizzato un campione di settanta bambini di età differenti osservando e verificando come le connessioni neuronali siano già formate al momento della nascita.
    Da ciò hanno quindi anch'essi concluso che il cervello dei neonati è molto più sviluppato di quanto si è sempre pensato tanto da riuscire ad avere capacità introspettive fin da subito.
     
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    Autismo: diagnosi precoce nei neonati



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    L'autismo è un disturbo che colpisce almeno una persona su 150, ma cosa significa il termine autismo? E come è possibile capire se il nostro bambino ne potrà essere soggetto con la crescita?
    L'autismo innanzitutto è una patologia che colpisce la funzione cerebrale e fa sigrave; che il soggetto autistico mostri una forte diminuzione dell'integrazione sociale e della comunicazione. Questo genere di malattia si divide in diverse forme da quelle più gravi con seri ritardi mentali a quelle più leggere quando il disturbo sociale è talmente lieve da passare quasi inosservato.

    Solitamente la diagnosi di autismo è possibile farla solo dopo i primi due anni di età e mai prima, ma ora grazie a Maria Luisa Scattoni, ricercatrice all'Istituto di Sanità Superiore, ed alla sua collaborazione con l'Istituto di ricerca e cura a carattere scientifico Stella Maris di Pisa e l'ospedale Bambino Gesù di Roma è stato creato il progetto Non invasive tools for early detection of autism spectrum disorders, strumenti non invasivi per la diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico, che permetterà di praticare una diagnosi di autismo precoce studiando i comportamenti dei neonati fino ai due anni di vita.

    Tutto lo studio è partito dall'osservazione di un modello animale dove fin dall'ottavo giorno di vita sono stati individuati i tre sintomi chiave dell'autismo, ridotti livelli di interazione sociale, comportamenti ripetitivi e problemi nella comunicazione, e dal passaggio poi all'analisi comportamentale di un gruppo di neonati sui quali i ricercatori analizzeranno le tecniche del pianto ed i movimenti spontanei dal momento della nascita fino ai 6 mesi di vita.

    Fino ai 2 anni poi i bambini soggetti allo studio saranno comunque seguiti da test psicologici e messi a confronto con neonati e bambini fratelli di soggetti autistici per capire se le componenti genetiche influiscono poi su questo tipo di patologia o se invece sono più determinanti agenti infettivi, tossici o alcuni farmaci utilizzati.

    Lo scopo dello studio è però non solo individuare le possibile cause dell'autismo, ma anche e soprattutto far sì che tramite la diagnosi precoce di questa malattia si possa poi intervenire subito con la terapia comportamentale giusta.


    Fonte: Istituto Superiore di Sanità
     
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    Neonati nella culla delle emozioni!!!



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    I neonati sono in grado di provare simpatia, frustrazione e gelosia già dai tempi della culla.



    Cosa si nasconde nella mente dei neonati? Il quesito affascina da sempre non solo esperti e genitori, ma chiunque si trovi di fronte un bebè che lo guarda con gli occhi sgranati, magari abbozzando un sorriso. Al tema, il settimanale americano Newsweek ha dedicato di recente la copertina, presentando le ultime ricerche. La convinzione è unanime: i neonati padroneggiano emozioni anche molto complesse, come simpatia, frustrazione e gelosia, che si riteneva imparassero solo attorno ai tre anni. «In realtà», spiega Antonio Valmaggia, responsabile dell'Associazione nazionale di psicologia e di educazione prenatale di Varese, «il bambino è già in grado di organizzare sensazioni nella vita intrauterina anche in assenza di una struttura logica. È capace di instaurare con i genitori e le altre persone una relazione creativa, carica di valore, fondata sullo scambio». Sta agli adulti prestare ascolto.
     
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  15. almamarina
     
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    adoro i bambini.....grazie lussy
     
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98 replies since 28/2/2011, 22:40   13745 views
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