Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Io Cresco.. bimbi..prime esperienze.

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    Crescere un figlio oggi…dolce impresa

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    Essere genitori ai nostri giorni non è facile, ma è possibile!Diventare mamme in questo millennio non è semplice. La società che ci circonda, i “falsi miti” che lo spettacolo ci offre, la necessità di lavorare sempre più ore e di conseguenza il bisogno di affidare il nostro bimbo ai nonni o peggio ancora a persone esterne.
    Tutto questo rende il nostro approccio con la maternità molto più difficile.
    E’ interessante vedere quanti piccoli accorgimenti si sbagliano, e quanto possano poi provocare grandi reazioni nei figli, che in quell’età sono come spugne ed assorbono gran parte dei malumori o delle gioie dei genitori.Tanti sono i consigli che gli esperti ci danno, per poter “gettare” le basi del nostro nuovo rapporto genitori-figli.

    E’ importante non cedere nel rapporto con i nostri figli. Dir loro sempre di si non è sinonimo di maggior amore. Dobbiamo intraprendere una strada e seguirla sempre con fermezza, nel rispetto reciproco, cercando però di stabilire bene i ruoli. Possiamo essere anche degli amici, dei confidenti, ma prima di tutto siamo genitori.Urlare non serve:La cosa più bella che un genitore possa fare con il proprio figlio è parlare. Non crediamo di risolvere tutto con le urla. Lì per lì il bambino, intimorito dal nostro tono potrebbe smettere di farci arrabbiare (e non sempre succede), ma non capirà mai effettivamente il motivo del nostro atteggiamento, anche perché nell’urlo il bambino sente solo un gran rumore, non riuscendo poi a capire veramente le parole. Quindi frasi come “NO! Ho detto no!”, senza motivare il perché il bambino deve smetterla, non servirà a nulla. I bambini non sono stupidi, non sottovalutiamoli, rapportiamoci con loro in base all’età che hanno, ma tenendo conto che anche a partire dall’infanzia esiste un modo per interagire e farsi capire da loro.Non ricorrere alle mani: Non creiamo un rapporto di terrore con i nostri figli. Come con le urla, le botte non sono il rimedio per nulla. Ricorrere alle mani indica il nostro limite nel confrontarci, è soltanto lo sfogo del genitore, ma non produrrà alcun beneficio nel comportamento del bambino. Ricorrendo alle mani potremmo rischiare di far crescere un senso di rabbia e repressione nel bambino, che da grande potrebbe diventare un violento, o nel caso opposto un bambino represso, timoroso di tutto.

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    Mangiare insieme:
    Per la famiglia il momento del pranzo e della cena dovrebbe essere sacro. Spegniamo la tv quando siamo a tavola, chiediamo ai nostri figli cosa hanno fatto durante la giornata, rendiamo il momento dei pasti un divertimento, una crescita reciproca. Scherziamo con loro, giochiamo mentre mangiamo, cantiamo filastrocche divertenti per invogliarli a mangiare! Mangiare è condivisione, non dimentichiamolo.Piccoli momenti di qualità:
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    Anche se torniamo stanchi da lavoro, è fondamentale passare con loro minuti di qualità, dove tirare fuori il bimbo che è in noi. Sporchiamoci, coloriamo, combattiamo a cuscinate, cantiamo canzoncine insieme a loro. Facciamo brillare i loro occhi con le nostre attenzioni. Soffrono la nostra mancanza durante il giorno, rendiamo la sera la nostra piccola fuga dal presente. Chiediamogli cosa pensano della loro mamma, del loro papà. Impareremo un sacco di cose interessanti viste con gli occhi dell’innocenza.Insegniamogli a giocare:I bambini per imparare a fare qualsiasi cosa devono avere un esempio da seguire. Se ci facciamo caso infatti, molti bambini chiedono in prestito i nostri cellulari, le borse delle mamme, le pentole in cucina, proprio perché hanno i nostri comportamenti quotidiani come modello di vita…Invertiamo i ruoli! Insegniamo loro l’arte del gioco. Coloriamo insieme a loro, facciamo le costruzioni… Solo così loro impareranno a giocare!Attenzione a non responsabilizzarli troppo:A molti di noi è capitato di essere i primogeniti, e di avere il fratellino solo dopo diversi anni. Quindi spesso il primogenito si ritrova ad essere un neo-genitore. Gli vengono affidate troppe responsabilità sulla crescita del fratellino, sul suo divertimento, sulla sua istruzione, sul suo carattere. Questo non è giusto. Anche lui ha diritto di vivere nella spensieratezza la sua giovane età. Va bene responsabilizzarli, ma tenendo conto che loro, come prima cosa, sono figli.

     
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    I figli so’ piezz’e core…ma quanto ti fanno penare!

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    Diventare madre è la cosa più bella che può capitare ad una donna. Insieme a lei, dentro di lei cresce “qualcosa” che cambierà del tutto la sua vita. Un figlio è l’amore vero e assoluto, è una gioia immensa è … bla bla bla, sicuramente non esiste emozione più grande del procreare ma dietro a questo dono del cielo si celano tante verità.Una mamma, in modo divertente, ci racconta la sua esperienza sfatando “falsi miti” e facendoci vivere la maternità in un modo diverso. Tra un cambio di pannolini e una poppata ridere del proprio stress è un buon rimedio per sconfiggerlo.“La gravidanza è il periodo più bello della vita di una donna… La mattina ti svegli e hai solo voglia di rimettere…un po’ come dopo una sbronza, quando ti riprometti di non bere più. Solo che questa sensazione dura almeno tre mesi e tu ti riprometti che non farai mai più l’amore con un uomo.

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    Quando finalmente passa e torna l’appetito devi fare i conti con la bilancia e con il terrore che non perderai mai più i chili che stai accumulando. E non è vero che la pelle è più luminosa: la stessa tempesta ormonale che ti fa litigare con chiunque e rende migliore di te persino tuo marito, ti regala brufoli pazzeschi e capelli grassi che dovresti lavarli ogni giorno…e con quella pancia, non è cosa da poco! Già, la pancia…è vero, è bellissima… quando riesci ancora a vederti le gambe e a dormire nella tua posizione preferita. Poi, col trascorrere delle settimane ti rimangono due possibilità: o ti giri a destra (dove magari il tuo lui sta russando come una macchina asfaltatrice), oppure a sinistra. Intorno al sesto mese non riesci più a vederti i piedi nonostante siano diventati il doppio di come ti li ricordavi e tu hai bisogno di scarpe comode e pure di pagare qualcuno per fartele allacciare.

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    Il momento del parto lo lasciamo stare…se davvero raccontassimo tutto , ma davvero tutto, l’umanità scomparirebbe nel giro di cinquant’anni! E poi quando nasce dimentichi ogni cosa…perché anche la maternità è il periodo più bello della vita di una donna… (??) … Boh, io mi sento ancora addosso quella stanchezza cronica: devi allattare ogni tre ore, passi le notti insonni e le mattinate a lavare, stendere e stirare e per farti una doccia devi metterti d’accordo con il tuo compagno! Però finalmente puoi ricominciare a mangiare quanto vuoi e quello che vuoi …sempre che l’alimento prescelto non sia ipoteticamente allergizzante per il lattante e non gli provochi le colichette… che tanto arrivano lo stesso, puntuali, ogni sera alla stessa ora accompagnate da quelle urla strazianti che non sai mai quanto dureranno.

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    Per non parlare della processione di parenti, amici, amici di parenti e parenti di amici che tu vorresti si dissolvessero nel medesimo istante in cui suonano al citofono: madri apprensive (“sto bambino c’ha freddo! “) , suocere assillanti (“ sto bambino c’ha caldo”), amiche improvvisamente espertissime ma soprattutto quella sfilza di “la gravidanza brutta come la mia non l’hai mica provata però…”, “ no scusa, ma un parto più doloroso deve ancora essere raccontato” o “’sto bambino è un angelo…il mio non dormiva mai, piangeva sempre e le sue coliche duravano 52 ore di fila ”. E tu lì, con quella puzza acida di rigurgitino addosso… non sai se fuggire tu, riportare il bambino al nido dell’ospedale o cacciare direttamente tutte le tue ospiti e ripeti a te stessa come un mantra “ce la posso fare, si…ce la posso fare!”. No, non capisco proprio che ci trovano di eccezionalmente poetico in tutto questo.

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    Ma mentre cerco di calmare il mio piccolo “rompiscatole” urlante che mi ha mandato a monte le vacanze, fatto ingrassare di oltre dieci chili e che non mi fa più uscire la sera…. improvvisamente lo guardo e realizzo: respiro il suo odore e mi lascio stringere il dito da quella mano minuscola …ed ecco cosa si intende per amore, quello con la A maiuscola.”
     
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    Orecchie: mai più come Dumbo!!!

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    L’intervento non deve fare paura…. neanche per i nostri bimbi!
    Quante di noi convivono da sempre con questo difetto? Le orecchie a sventola è un “punto debole” che ci portiamo dietro da quando eravamo piccole e non riusciremo mai a conviverci… E’ vero che se diamo un’occhiata nel vasto mondo dei vip, troviamo molti personaggi che finora non avevamo mai notato ma che hanno delle orecchie non proprio attaccate alla testa…Will smith, Jennifer Garner, il presidente degli Usa: Obama, la nostrana Paola Perego, e molti altri ancora… Anche Clark Gable aveva le orecchie a sventola, ma questo non condizionava in alcun modo il suo fascino…. Ma è anche vero che non per tutti è così.A volte le orecchie molto sporgenti possono modificare i tratti somatici di una persona. E allora il ricorrere ad intervento chirurgico è davvero indispensabile.Mettere cuffie, cerotti e ogni altro tipo di “rimedio della nonna” non serve a nulla, o quasi. L’unica soluzione definitiva è solamente l’intervento Otoplastica). Si svolge in day hospital, con anestesia locale. Il chirurgo interviene dietro il padiglione auricolare: incide, piega la cartilagine e la fissa con alcuni punti di sutura. Il tutto dura all’incirca 50 minuti. Non è doloroso e il post-operazione non è fastidioso. In dieci giorni si tolgono i punti e dopo un mese, anche meno, non c’è più nulla… La cicatrice non si vede perchè è nascosta dietro l’orecchio.Mamme, ascoltate bene, se anche i vostri bimbi hanno questo problema è importante sapere che l’intervento può essere effettuato già dai cinque agli otto anni ed è completamente gratuito perchè viene riconosciuta come malformazione congenita. Fino ai 14 anni è gratuito, le operazioni sono effettuate tutte a carico del servizio pubblico, poi si pagano!Quindi basta paranoie inutili… LA soluzione c’è ed è a portata di mano!
     
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    BAMBINI e MAL D’AUTO: come fare?

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    I NEONATI SOFFRONO I VIAGGI – Molte, se non tutte, le neo-mamme sono alle prese con forti difficoltà quando si tratta di mettersi in macchina col bimbo appena nato.I neonati infatti, ma non tutti, soffrono di chinetosi (il mal d’auto in termini scientifici, ndr), un problema che di solito svanisce con la crescita. Ma nel frattempo cosa si fa?Il problema dipende dal centro dell’equilibrio, nell’orecchio: il corpo non riesce a gestire l’idea di essere fermo in un oggetto in movimento, e scatena reazioni fisiologiche come la nausea o il vomito.I rimedi sono molti: ad esempio, assicuratevi che il bimbo abbia dormito molto prima del viaggio; la mancanza di riposo infatti aumenta il rischio di mal d’auto. Il consiglio è quello di svegliarlo all’ultimo secondo, così da salvarlo anche dallo stress dei preparativi.Non dategli da bere del latte prima della partenza, piuttosto qualche biscotto secco o un pezzetto di pane.La guida poi dev’essere dolce e possibilmente senza frenate brusche. L’ideale è creare un ambiente sicuro e amorevole in auto, magari con della musica dolce in sottofondo. In caso di traffico non innervositevi, anche il bambino si innervosirà e la situazione potrebbe precipitare.Il rimedio della nonna? Un cerotto sull’ombelico del bimbo: successo assicurato!
     
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    Enuresi notturna: quando fa la pipì a letto

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    L'enuresi notturna non è una malattia bensì un disturbo che colpisce il 10/15 % dei bambini intorno ai 5/6 anni e consiste nella perdita involontaria delle urine durante il sonno in soggetti che hanno già acquistato il controllo completo degli sfinteri. In Italia attualmente ben un milione di ragazzi tra i 5 e i 14 anni soffre di questo disturbo.

    Parlando con altre mamme mi sono confrontata su particolari situazioni, si parlava del famoso "spannolinamento" che io ho concluso felicemente da qualche mese anche col più piccolo dei miei figli che ha 33 mesi e abbiamo preso l'argomento parlando soprattutto dello spannolinamento notturno. Quando ho detto che il piccolo Stitch era senza pannolino anche la notte sono rimaste meravigliate, ma come fai, ma che bravo e via dicendo. Di risposta io sono rimasta un pò stupita che alcuni bambini loro, molto più grandi del mio piccolino avessero ancora il pannolino per la notte perchè fanno la pipì a letto.
    Infatti anche se lo spannolinamento diurno è andato a buon fine, non hanno ancora raggiunto il momento di quello notturno e quel benedetto pannolino la mattina è perennemente bagnato e quelle mamme quasi hanno perso la voglia di provare a toglierlo per il timore di trovare il bimbo per l'ennesima volta bagnato. E allora via con domande e risposte e l'argomento, abbastanza caldo per parecchie mamme, mi ha incuriosita molto e mi ha fatto nascere il desiderio di saperne qualcosa in più, perchè parlare di un problema è sempre la maniera migliore per affrontarlo.

    L'enuresi notturna come abbiamo detto non è una malattia ma un disturbo quindi sarebbe meglio nei limiti del possibile evitare le terapie farmacologiche e provare con quelle comportamentali. In sostanza infatti le terapie farmacologiche sono atte ad accellerare il processo di maturazione della vescica e a ridurre il volume dei liquidi, per far sì che il problema si risolva nel minor tempo possibile in modo tale che non abbia risvolti psicologici negativi sul bambino stesso, che a causa del disturbo può avere degli impedimenti nella vita sociale, come per esempio andare a dormire da amichetti, partecipare a gite ecc.
    Comunque sia la terapia comportamentale è sempre la migliore anche perchè comunque sia ,il disturbo tende a scomparire spontaneamente. Tra la terapia comportamentale vediamo l'esigenza di non somministrare liquidi al bambino prima di andare a letto, far svuotare la vescica prima di dormire e magari utilizzare un sistema di allarme, un piccolo congegno a pile che inserito nelle mutandine, appena scappa la pipì, attiva un'allarme sonoro che sveglia il bimbo e blocca lo stimolo della minzione, facendo prendere coscienza di quanto è successo.
    Durante il giorno può essere utile far caso ad alcuni atteggiamenti del bimbo ovvero se trattiene le urine perchè distratto dal gioco, se scappa qualche gocciolina e bagna le mutandine perchè va in bagno "tardi" , se si accovaccia per trattenere la pipì: tutti questi atteggiamenti andrebbero rivisti e possibilmente corretti per una sana educazione dei bisognini.

    In Italia ci sono molti più casi di quanti crediamo, io stessa ricordo di aver sofferto di questo disturbo e se è vero che l'ereditarietà incide, anche i miei figli potrebbero soffrirne .Fortunatamente per adesso a parte qualche raro e sporadico episodio, non abbiamo a che fare con questo problema, ma può essere molto utile per quelle mamme che quotidianamente (o quasi) si trovano a fare i conti con il pargolo bagnato perchè ha fatto la pipì a letto, sapere perchè accade e come affrontarlo.

    Per poter dire che un bimbo soffre di enuresi notturna, non basta trovare sporadicamente il letto bagnato: per la diagnosi infatti pare che si debbano avere almeno 2 episodi alla settimana per 3 mesi consecutivi o 3 episodi alla settimana per 2 settimane consecutive, dopo tali periodi si può dichiarare che il problema è effettivamente enuresi notturna .

    Esistono diversi tipi di enuresi notturna, che si distinguono per alcune caratteristiche:

    - enuresi primaria: si ha nei bambini oltre i 4 anni che non hanno ancora acquisito il pieno controllo notturno degli sfinteri e per ritardo di maturazione della vescica o problemi ormonali, non riescono tuttavia a controllare la minzione;

    - enuresi secondaria: si parla di enuresi secondaria quando il bambino dopo un periodo di almeno 6 mesi di controllo degli sfinteri vescicali, ricomincia a fare la pipì a letto; in genere è data da un forte stress o comunque situazioni emotivamente e psicologicamente stressanti e pesanti: traumi, nascita di un fratellino, trasloco, grandi cambiamenti;

    - enuresi sintomatica: a differenza dalle altre due, questo tipo di enuresi compare come conseguenza di una malattia, diabete, infezione alle vie urinarie, epilessia ecc.

    Cosa non dobbiamo fare noi mamme?
    Sembrerebbe la cosa più normale eppure sgridarlo dopo che fà la pipì a letto oltre che sbagliato è anche controproducente. E' noto infatti che un atteggiamento di comprensione migliori la situazione mentre il rimprovero la peggiora. Evitiamo di svegliarlo durante la notte, piuttosto mettiamo una mutandina assorbente che lo faccia dormire pulito e asciutto!

    Come aiutarlo?
    Prima regola: evitiamo di far vedere il nostro dispiacere e la nostra frustrazione al bambino, che di riflesso immancabilmente ne soffrirà anche lui. In genere i pediatri, benchè il pieno controllo della vescica si acquisisca ai 4 anni, decidono e consigliano di intervenire non prima dei 7 anni d'età; è proprio a quell'età però che il bambino, introdotto in una società ricca di confronti qual'è la scuola, che può presentare disagio e sofferenza per questo disturbo, perchè si rende conto che il problema che ha lui è isolato e non interessa invece gli altri bambini "normali".

    Per questo è molto utile valorizzare i suoi pregi e fargli notare quanto è bravo in alcune discipline dove magari altri compagnetti non brillano, per fargli capire che nessun bambino è uguale e soprattutto ognuno può esser più o meno abile in determinate cose. Altra cosa importante, possiamo raccontargli di persone (se è successo a noi per esempio) che come lui ne hanno sofferto da piccoli e hanno risolto benissimo il problema, rassicurandolo che anche per lui sarà esattamente così. Importante è anche informarlo tramite disegni e piccole storielle sulla funzionalità dei reni e il viaggio della pipì, per fargli capire come funziona e facendogli capire che la sua vescica è solo un po' in ritardo o non riesce a contenerne tanta e così scappa. Se il pediatra ce lo consiglia insegnamogli una sorta di ginnastica per la vescica utile a trattenere l'urina e a non farla scappare, praticamente gli stessi esercizi che abbiamo eseguito dopo il parto, per riacquistare la capacità dello sfintere vescicale.

    Incoraggiamo il bimbo a partecipare a gite o magari ad andare a nanna dall'amichetto del cuore, facendo presente alla mamma /maestra del problema del piccolo, che starà attenta a non somministrare troppi liquidi prima dell'ora della nanna e magari lo convincerà ad indossare uno speciale pannolino per i bimbi grandicelli che fanno pipì a letto, senza vergogna ne imbarazzo

    Ingrid Busonera
     
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    ADOLESCENZA E IL RAPPORTO CON LA MADRE

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    Come essere mamma quando i figli diventano adolescenti – Con l’arrivo dell’adolescenza i figli cercano di prendere le distanze dal rapporto con la madre, che potrebbe viverlo con un senso di smarrimento e dolore. Fino a qualche giorno prima magari sapevamo tutto di loro e adesso sembra uno sconosciuto.Gli adolescenti sono consapevoli del cambiamento fisico e psicologico che stanno vivendo e di conseguenza si sentiranno capaci di poter gestire da soli spazi, momenti e relazioni della propria vita. In questo modo noi mamme ci sentiremo messe in disparte, ma questo non vuole dire abbandonare il proprio ruolo, ma significa semplicemente che ci si dovremo limitare ad osservare e di tanto in tanto inviare segnali. Praticamente controllare la crescita, senza essere invadenti.Fino a poco tempo prima dell’adolescenza sembra come se le mamme abbiano un codice, che gli permette di arrivare a capire all’istante il proprio figlio, a cominciare dalla prima infanzia, durante la quale sappiamo tutto di lui, per continuare a condurli verso la seconda infanzia, ancora riuscendo ad essere il loro fulcro, originando così il fenomeno dell’empatia.Questa simbiosi tra madre e figlio al momento dell’adolescenza apparirà come un ingombro, un vincolo. Tanti ragazzi adolescenti accusano i propri genitori di essere invadenti, impiccioni, addirittura chiedendo espressamente di cambiare le regole del loro rapporto.L’importante è riuscire a capire che questo comportamento non è un “non amore” da parte del figlio, ma bensì una rivoluzione positiva e sicuramente fisiologica. Capita molto spesso che i figli troppo amati debbano allontanare le madri anche in maniera violenta, plateale.Le mamme in questo momento hanno la possibilità di rinascere e di integrarsi nuovamente nella società, ma spesso hanno bisogno anche del ruolo del marito/padre per riscoprirsi donne e non solo madri , belle e desiderabili e magari riprendere dei progetti fatti insieme, tralasciati per crescere un bambino piccolo.

     
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    CAPODANNO. ORGANIZZARLO CON I BAMBINI

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    Cosa è meglio fare durante le feste, a seconda dell’età dei vostri figli.State cercando di organizzare le feste, ma avete un bimbo piccolo in casa e non sapete come fare?Cerchiamo di darvi qualche suggerimento utile.Sappiate che se i bambini sono molto piccoli, o comunque hanno meno di tre anni, l’ideale sarebbe rimanere a casa e organizzare un cenone invitando tutti i parenti e gli amici. Il bimbo logicamente ha i suoi orari e le sue abitudini, che in questo modo non verranno stravolte.Allo stesso tempo lui potrà giocare con i nonni, con gli amici e rimanere in un ambiente familiare, sentendosi rassicurato, anche quando si sveglierà per i fuochi d’artificio, senza spaventarsi.Se non potete organizzarlo da voi allora sarà meglio stare comunque in casa, magari dei nonni e portare il passeggino e tutto il necessario per la notte, come pigiamino, pappa, latte, ecc.Se vostro figlio invece ha più di tre anni potrà tranquillamente partecipare a feste e veglioni, purché non si faccia troppo tardi, magari rientrare dopo la mezzanotte.A cena fuori per poi rientrare in casa per aspettare insieme la mezzanotte e accendere qualche stellina di Natale, sarebbe l’ideale. Come anche passare il Capodanno a casa di amici. Ricordatevi sempre che per lui la compagnia è importante, quindi ci dovranno essere altri bambini che possano giocare con lui, altrimenti si annoierà e inizierà a fare i capricci.Con i bambini più grandi, diciamo tra i tre e i dieci anni, allora si potrà festeggiare in svariati modi, purché ci siano sempre tanti amichetti con cui giocare. Si potrà cenare e sparare i fuochi, andare al ristorante e poi alla festa di piazza.Anche prevedere un breve viaggio in Europa, in qualche capitale europea, o in un paese esotico, per i bambini sarà davvero divertente.



    BAMBINI:Come prevenire il singhiozzo

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    COS’E IL SINGHIOZZO E COME PREVENIRLO – Il singhiozzo è una reazione molto comune, dovuta alla contrazione involontaria del diaframma, durante la quale il rapido flusso d’aria che provoca passa attraverso le corde vocali e fa emettere il classico “sic”. Molto spesso capita fin dalla vita intrauterina, anche se è più frequente nei lattanti, magari durante il cambio del pannolino o dopo la poppata.I bimbi più piccoli, a differenza di noi adulti, tendono a ingerire più aria, soprattutto quando mangiano troppo velocemente, oppure quando sono troppo nervosi e vengono presi da crisi di pianto. Per questo motivo il singhiozzo insorge nei neonati con una frequenza che a qualcuno potrebbe sembrare anomala, ma non è così. Normalmente il singhiozzo passa da solo, dopo qualche tempo. Se invece il singhiozzo è accompagnato da altri sintomi, come per esempio il rigurgito o il vomito molto frequenti, la scarsa crescita, l’irritabilità notturna, l’interruzione della poppata con pianti inconsolabili, si consiglia di rivolgersi al pediatra.Cosa fare se al vostro bimbo viene il singhiozzo? Seguite i nostri consigli:1) Fate un massaggino sulla schiena del vostro figlio.2) Dovete fargli bere un po’ di acqua naturale con un cucchiaino.3) Fategli bere un po’ di latte dal seno. Questo lo aiuterà a far rilassare il diaframma.Cosa che assolutamente non dovete fare è somministrare al vostro bebè il succo di limone. In alcuni casi, dicono i specialisti, soprattutto nei primi mesi di vita, il limone può provocare reazioni allergiche.Cosa fare, invece, per prevenirlo?Se il neonato è allattato al seno, occorre cercare laddove possibile di fargli fare delle pause e di non fargli mandare giù dell’aria. Se al contrario è allattato artificialmente, in tal caso bisogna acquistare un biberon adatto. Si consiglia vivamente sceglierne uno di quelli a forma inclinata. La tettarella deve essere sempre piena, in modo tale che non ingurgiti aria, e non deve avere fori piccoli per non costringere il piccolo a sforzarsi, andando poi a creare il singhiozzo.

     
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    SVEZZAMENTO DEL BAMBINO. QUANDO INIZIARE

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    E’ una tappa fondamentale della salute alimentare.E’ un momento importante per lo sviluppo fisico e sensoriale del bambino e comunque un’esperienza basilare e significativa come stare seduto e camminare.Oggi si consiglia di iniziare lo svezzamento nel periodo compreso fra il 5° e il 6° mese di vita, comunque sia non prima della fine del quinto mese. Infatti risulterebbe non solo inutile, ma anche pericoloso dannoso.I rischi di uno svezzamento precoce sono innanzitutto il sovrappeso , per eccesso di apporto calorico e lo sviluppo di intolleranze e allergie. Il latte materno oltre a proteggere da infezioni e da allergie.Vi elenchiamo di seguito alcuni criteri per lo svezzamento:Le tappe dello svezzamento sono diverse da bambino all’altro e quindi anche le strade da percorribili. La possibilità di scelta è aumentata e le sue preferenze restano sempre un criterio valido.L’inserimento degli alimenti dovrà essere graduali, sia nella quantità che nella variabilità.Cerchiamo di rispettare i gusti del bambino, in quanto non è giustificata l’insistenza nell’imporre cibo che il bambino rifiuta.Quando i bambini sono in buona salute è il momento migliore per fare cambiamenti alimentari.Verso i sei-otto mesi il bambino mentre mangia è attratto dal cibo e il toccarlo e il manipolarlo fa parte del suo bisogno di rendersi meglio conto di cosa sia e di cosa ci si può fare. E’ utile quindi favorire la manipolazione del cibo.Lo svezzamento è un momento in cui si è chiamati, come genitori, a un grande impegno comunicativo col bambino.

     
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    Bambini tic nervosi, vizi e capricci

    tic-nervosi-300x194Tic, vizi e abitudini, cosa sono? Quali possono esserne le cause? Se e come possono compromettere l’ educazione dei nostri bambini?
    Vizio: acquiescenza abituale a una tendenza riprovevole; abitudine dannosa, menda, costume biasimevole, imperfezione.
    Tic: imita un rumore lieve e secco, contrazione frequente, rapida e involontaria di certi muscoli e specialmente di quelli facciali, abitudine singolare, quasi maniaca.
    Abitudine: inclinazione acquisita con la ripetizione degli stessi atti; consuetudine, assuefazione.
    Questo è quello che leggiamo se cerchiamo i termini: vizi, tic e abitudini sul dizionario; ma esaminiamoli insieme.
    Nel momento in cui una donna mette al mondo il suo piccolo, non deve solo bambini-viziati-300x202barcamenarsi tra poppate e pannolini ma deve iniziare a farsi spazio tra una giugla di persone che già sanno tutto, tra una lista infinita di ” fai così .. fai cosà .. è troppo viziato.. è colpa tua .. ” e una serie di pareri che in realtà non ha mai chiesto nessuno e che spesso ti vengono dati tra l’ altro da chi magari un figlio neanche ce l’ha!!
    Ok, è vero.. spesso siamo noi le “colpevoli” di alcuni vizi dei nostri bambini ma è anche importante imparare a distinguere tra vizi e bisogni.
    I nostri piccoli hanno dei bisogni basilari ai quali dobbiamo rispondere come sonno, fame, contatto, relazione ed è importante scindere tra l’ assecondare una necessità primaria o le richieste “furbette”.
    Ci sono abitudini dei nostri bambini che spesso ci preoccupano, infastidiscono o imbarazzano e ci viene il dubbio che possano conservarle anche da grandi ma nella maggior parte dei casi passano man mano che si cresce.
    bambino-vizi-300x199Nel caso dei tic ( movimenti involontari che si suddividono tra motori e vocali semplici o complessi ) invece la loro comparsa è collegata alla difficoltà di affrontare una nuova situazione o alla preoccupazione per qualcosa che spaventa il bambino.
    Questo tipo di manifestazioni saranno per noi il segnale della presenza di qualcosa che angoscia i nostri bambini e non puniamoli, raramente funziona anzi potrebbe causargli insicurezze e paure maggiori; cerchiamo di “riprendere” gentilmente il piccolo e proviamo almeno quand’è un pò più grande a fargli comprendere che alcuni comportamenti non vanno adottati e che in alcuni casi gli impedirebbero di interagire appieno coi suoi coetanei.
    Ma quali sono i vizi, i tic e le abitudini più comuni tra i bimbi? Cosa possiamo fare noi genitori?
    Abitudini e tic.
    Ciuccio, pupazzo o copertina preferiti:
    TIC-NERVOSI-E-ABITUDINI-SBAGLIATE-NEI-BAMBINIIn alcuni momenti il bimbo stando da solo ha la necessità di appoggiarsi ad oggetti che lo rincuoranonormalmente i piccoli ricorrono ad alcune abitudini per consolarsi o affrontare una nuova situazione; di solito questi atteggiamenti appaiono intorno al primo anno d’età per poi scomparire pian piano verso i 4 anni, quando il bimbo ha acquisito più sicurezza nel ” trovarsi nel mondo “.
    Il consiglio:

    dita-naso-bambino
    non mettiamo fretta al bambino, aiutiamolo a fare ameno di queste abitudini nei momenti in cui ne ha meno bisogno, cerchiamo di fargli lasciare i suoi “oggetti di salvataggio” mentre è impegnato a giocare ma lasciamoglieli ancora intorno, sarà lui piano piano a cercarli sempre di meno. Nel caso in cui questi vizi continuassero dopo i 4 anni cerchiamo di rendere meno stressante la vita del nostro bambino e se succhia il pollice o ricorre troppo spesso al ciuccio, chiedete un parere al dentista.
    Le dita nel naso:
    attività svolta non esclusivamente dai piccoli ovviamente! Non ci sono problemi dal punto di vista medico, l’ unica possibilità è che il naso possa sanguinare un pochino. Anche questa è una pratica che i bimbi pian piano abbandoneranno, capendo che è meglio evitare.. almeno in pubblico!
    Il consiglio:
    cerchiamo sempre di non enfatizzare il problema, lo renderemmo ancora più ansioso; insegnamogli ad usare un fazzoletto o un gel specifico ( nel caso in cui ci fosse un problema di secchezza delle narici che impediscono la respirazione ).
    C’è al riguardo una curiosità, che potrebbe anche farci un effetto strano… Lo sapevate che per molti dottori non è considerata una cattiva abitudine?? Anzi!! Affermano che sia un buon modo per rafforzare gli anticorpi! Mah.. Ad ognuno la sua interpretazione!
    Mangiarsi le unghie:
    è un vizio che accompagna molti di noi anche da adulti, anche questo non porta a problemi di salute, ma non è sicuramente carino trovare in giro pezzetti di unghie smangiucchiate!
    Il consiglio:
    bambini-che-mangiano-le-unghie-300x228se il bambino è piccolo potrebbe bastare mettergli dei guantini di cotone mentre dorme, se è più grande diamogli qualcosa da tenere in mano o se è una bimba un pò più grande possiamo iniziare ad insegnarle a curare le unghie facendola giocare qualche volta con lo smalto come la mamma! (chiaramente premurandoci di acquistare smalti atossici ed adatti alle bimbe).
    Spesso si usano liquidi amari come deterrenti ma purtroppo spesso non hanno il risultato sperato! Sono una inutile sofferenza? Forse si!
    Ma non facciamo vergognare nostro figlio se non ci riesce, smettere di rosicchiare le unghie è una cosa veramente difficile!
    Tirarsi i capelli:
    bambino-che-si-tira-i-capellicapita che i bambini abbiano il vizio di attorcigliare, lisciare o giocherellare con le ciocche di capelli o tirare i peli di altre parti del corpo.
    Spesso mentre con una mano si gioca coi capelli e intanto ci si ciuccia il dito dell’ altra; di solito è un modo per consolarsi quando si è stanchi o preoccupati ma se protratto eccessivamente nel tempo, può dare problemi di perdita di capelli;
    Il consiglio:
    anche questa abitudine come la maggior parte, passa man mano che si cresce come il vizio del ciuccio, se crescendo il bimbo continua a mantenere quest’ abitudine proviamo ad insegnargli ad avere cura dei propri capelli o a cambiare pettinatua, tenendo i capelli più corti gli sarà più difficile attorcigliarli.
    Battere la testa:
    tra un bernoccolo e l’altro provocati dalle loro peripezie, ci sono circostanze in cui i bimbi battono la testa volontariamente, di solito è una pratica che inizia verso i 9 mesi e finisce entro i 4 anni.
    Secondo alcune statistiche è una cosa che coinvolge solitamente più i maschi che le femmine; c’è chi lo fa per pochi minuti e chi va avanti per ore; un’ abitudine simile a questa è quella di dondolarla.
    Il consiglio:
    bambino-tic-nervosidi solito succede in concomitanza con un mal di denti o d’orecchio oppure un litigio e diventa un modo consolatorio per problemi emotivi o fisici. Facendolo volontariamente non si fa male ma se dovesse iniziare ad interferire con il momento della nanna o nei momenti di gioco è importare cercare di capirne il motivo.
    Dopo esserci assicurate che non ci siano problemi di salute, dedichiamogli maggiori attenzioni e coccole durante il giorno, non mettiamolo a letto se non è totalmente stanco e cerchiamo di farlo rilassare con un massaggio o delle carezze.
    Digrignare i denti:
    il 15% tra giovani e bambini ( e molti adulti ) hanno l’ abitudine di digrignare i denti durante la notte; stringono talmente forte da causare mal di testa o dolore alla bocca e se la cosa va avanti per molto tempo può causare danni alla dentatura.
    Il consiglio:
    denti-sfregarecome sempre le sgridate non porterebbero ad alcun risultato, men che meno in questo caso, capitando il fenomeno di notte; cerchiamo però di condurre il bimbo alla nanna con una routine piacevole e rilassante; se il problema persiste a lungo consultate un dentista e adottatemagari degli apparecchi notturni.
    Trattenere il respiro:

    circa un bimbo su 25, sotto i 5 anni, trattiene il respiro fino a diventare addirittura pallido BAMBINO-TIENE-IL-RESPIROo cianotico; gli episodi possono essere sporadici o molto più frequenti e solitamente iniziano tra i 6 mesi e i 2 anni. Non è un atteggiamento che porta a gravi problemi salutari ma se il respiro viene trattenuto per troppo tempo, si puo’ svenire, rimettere o avere una piccola convulsione. Il primo episodio appare spesso dopo un no ricevuto, una frustrazione, un dolore o una caduta;
    Il consiglio:
    facciamo visitare il bimbo dal medico in modo da assicurarci che siano apnee volontarie e non collegati a problemi di salute.
    Se si arriva alla perdita di conoscenza, sdraiamo il bambino su un fianco e restiamogli accanto, rassicurandolo non appena si riprende. Mi raccomando non agitiamoci o spaventiamoci più del dovuto, soprattutto se capita di fronte ad altri fratellini o magari si è in macchina, eventualmente rassicuriamo gli altri figli o accostiamo se si è in auto; ricordiamoci sempre che essendo apnee volontarie, nostro figlio non è in pericolo di vita; non cediamo sempre solo per evitare che non capiti più.
    Tosse nervosa:
    puo’ sembrare la classica conseguenza di un’ allergia o un’ influenza ma potrebbe anche TOSSE-NERVOSA-BAMBINO-206x300diventare un’ abitudine dopo esser apparsa durante un raffreddore e possiamo distinguerla da quella normale perchè è più forte ed evidente.
    Il consiglio:
    anche questa abitudine compare come sintomo di stress o preoccupazione, cerchiamo di capire cos’è che lo agita, sempre senza evidenziare troppo la tosse e se il bambino è un po’ più grande cerchiamo di spronarlo a raccontarci le sue preoccupazioni; potrebbe essere qualche problemino con un compagno di scuola o la sua prima cottarella..
    Il fumo:
    questa è sicuramente una delle cattive abitudini che i nostri ragazzi potrebbero portarsi fino all’ età adulta, quando ormai per assuefazione del nostro corpo alla nicotina e alle fumo-bambinoaltre sostanze chimiche presenti nelle sigarette, smettere di fuma diventa complesso e purtroppo in molti casi impossibile.
    Il consiglio:
    cerchiamo di essere i primi a dare il buon esempio non fumando o se proprio lo facciamo, proviamo a fare uno sforzo considerevole per smettere; ci renderemo conto che la salute dei nostri fugli è un’ ottima motivazione per farlo! Se poi purtroppo per noi è già troppo tardi e proprio non ci riusciamo, fissiamo almeno delle zone out, come la casa o l’ automobile.
    Di solito è una pratica che i nostri figli sperimentano durante l’ adolescenza, periodo di per sè delicato e complicato, ed essendo grandicelli possiamo mostrargli studi o statistiche riguardanti gli effetti e i danni provocati dal fumo.
    La masturbazione:
    quella che per noi adulti è percepita come una pratica esclusivamente intima e per molti ancora un tabù, è per i bambini un passaggio naturale nella scoperta del proprio corpo.
    bambino-masturbazione-e-pudore-300x200Il loro passaggio seno – pollice – genitali è naturale e come tutti i loro altri vizi, lo mettono in atto per autoconsolarsi, procurarsi piacere, non erotico come in noi adulti ma puro piacere fisico; in loro non c’è l’ esigenza di svolgere un atto sessuale.
    Solitamente intorno ai 3/4 anni il bambino, tramite le reazioni del mondo circostante, inizia ad affinare un minimo di senso del pudore, cominciando a non attuare questa pratica pubblicamente.
    Il consiglio:
    evitiamo di attuare rimproveri, punizioni o castighi, soprattutto se li motiviamo con l’ assenza di morale, che non puo’ essere compresa dai nostri bambini; le reazioni troppo rigide porterebbero ad una reazione contraria, spingendo il bambino ad isolarsi pur di compiere il contestato atto proibito e cerchiamo di cogliere sempre i segnali inviatici dai nostri piccoli, spesso richieste di affetto ed attenzioni. Nel caso in cui l’ atto masturbatorio dovesse svolgersi in pubblico cerchiamo di distrarre dolcemente il bambino, coinvolgendolo in una chiacchierata o facendo un gioco; così eviteremo imbarazzi al nostro picolo e agli altri presenti. Spesso non siamo gli unici ad occuparci dei nostri bambini, quindi parliamone con le maestre, i nonni o la baby sitter in modo da adottare tutti lo stesso tipo di reazione.
    E’ consigliabile consultare il pediatra solo in casi in cui la masturbazione avvenisse frequentemente durante la giornata, portasse il bambino ad isolarsi d ai coetanei, notaste la sua evidente volontà di masturbarsi in pubblico o nel caso in cui nostro figlio tentasse di masturbare un altro bambino.
    Non sono rilevanti solamente le abitudini o i tic, che sono messi in atto volontariamente dai bimbi stessi, ma anche i vizi dei quali spesso siamo noi i diretti responsabili.
    Quali sono i vizi maggiormente imputati soprattutto a noi mamme?
    Cullarli per farli dormire:

    attività che non piace solo ai bimbi ma anche a noi! Anche se ovviamente la cosa migliore bimbo-CHE-dorme-nel-lettino-300x225sarebbe quella di non abituarlo solo alle nostre braccia e di poggiarlo nel lettino quando non è ancora del tutto addormentato per farlo abituare il prima possibile ad addormentarsi da solo e non dorvelo rimandare a quand’è più grande e farebbe più fatica.
    Silenzio eccessivo:
    spesso in presenza di bambini piccoli trasformiamo la casa in “templi del silenzio” ! Per carità, è giusto far stare i bambini in un ambiente tranquillo ma non esageriamo, non “scotchamo” le bocche dei nostri ospiti o stacchiamo il citofono; abituiamolo gradualmente alla presenza dei normali suoni della quotidianità giornaliera, lo aiuterà anche a distinguere meglio l’ arrivo della notte e il cambio dei ritmi che lo condurranno alla nanna.
    Dare il ciuccio al primo lamento:
    non è errato usare il ciuccio per calmare i nostri bambini ma troviamo sempre dei metodi ciuccioalternativi, non dimentichiamoci che nei neonati che stanno imparandoad attaccarsi al seno potrebbe creare qualche confusione ed un uso eccessivamente prolungato può creare problemi anche alla conformazione del palato con conseguenti problemi linguistici.
    Farli dormire nel lettone:
    anche se secondo la ” nuova scuola ” dormire nel lettone coi genitori non è deleterio, sarebbe meglio evitare per rendere il piccolo indipendente e sicuro e diciamolo.. anche per mantenere soltanto per noi e il nostro compagno alcuni momenti della giornata.
    Le concessioni alimentari:
    non riuscire a fargli mangiare qualcosa oltre il latte è stancante e demotivante per noi mamme, è stessante il veder rifiutare ogni cosa preparata con amore, passione, tempo e anche denaro. E spesso cediamo, prepariamo il suo adorato biberon dicendoci: almeno mangia qualcsa! Purtroppo questa giustificazione serve più a noi che a loro; così li condurremo solamente verso un’ alimentazione errata.
    La domanda che spesso ci poniamo è: è possibile viziare un neonato?

    biberon1-150x150Per quanto negato dalla schiera “bisogna essere severi a tutti i costi” , è difficile viziare un bambino appena nato; lui ha delle attese che se verranno soddisfatte lo aiuteranno a renderlo sicuro, a sentire che c’è qualcuno attorno a lui che non lo abbandonerà mai; lasciarlo piangere fino allo sfinimento non lo porterà a capire il perchè del nostro atteggiamento, non avendo ancora acquisito gli strumenti per capire, ma contribuirebbe solamente a renderlo insicuro; smetterebbe di piangere solo perchè rassegnato a non poter soddisfare le proprie esigenze.
    Alimentiamo sempre la fiducia nei propri mezzi e nelle persone che lo circondano, ogni bambino ha i suoi ritmi, solo col tempo e con la crescita riuscirà a dare il giusto peso ai propri bisogni e a manifestarli con l’ urgenza appropriata!
    Sarebbe bello per tutti avere dei figli – soldatino, che non urlano, non si arrampicano, che mangiano e dormono senza storie, che non sporcano i vetri con le loro manine pasticciate di biscotti.. ma questi bimbi esistono solo nelle pubblicità! Non facciamoci portare fuori strada dall’ idea che se i nostri bambini non sono così, sono necessariamente viziati e che sia tutta colpa nostra e del non riuscire ad imporre dei limiti! Nel combattere questi atteggiamenti la moderazione sarà una nostra grande alleata; spesso i bambini e gli adolescenti fanno una cosa per il semplice motivo: mamma e papà hanno detto che non si fà.. quindi.. sarà la prima cosa che farò!!
    Del resto,ci siamo dimenticati di quando solo qualche anno fa lo facevamo anche noi?

     
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    il senso del possesso e della proprietà, è mio, è tutto mio

    %C3%A8-mio

    “E’ mio!”


    Quante volte abbiamo sentito un bimbo che subito dopo le prime parole, quali “mamma”, “papà”, “pappa”, inizia a pronunciare la frase “E’ mio!”, strappando a volte dalle mani altrui un oggetto oppure facendo il possibile per non lasciare lo stesso dalle proprie sebbene quella cosa in realtà non gli appartenga.

    Spesso questa mini-frase, associata ad un tono minaccioso potrebbe suscitare un po’ di fastidio soprattutto per chi suppone che dietro questa “sicurezza” si celi aggressività e desiderio di ottenere tutto e subito.

    Tuttavia questa fase è una tappa obbligata dello sviluppo di un bambino.

    possesso3Il bambino attraversa dai 18 ai 24 mesi un primo vero distacco dalle figure di riferimento, associato all’inizio di un processo di identificazione del sé, contemporaneamente vive un’evoluzione linguistica, ma nutre ancora un senso di “onnipotenza” reputando che tutto ciò che lo circonda rappresenti un prolungamento del suo essere.

    Questa fase di egocentrismo viene soprattutto percepita dagli adulti, i quali si rendono conto che i bambini non sono consapevoli del fatto che ci possano essere cose o “persone” che non gli appartengano completamente.

    La situazione si complica nel momento in cui i piccoli iniziano a relazionarsi con i loro coetanei e condividono diversi oggetti, per esempio giocattoli: in queste occasioni possono capitare scontri in cui i bambini cercano di possedere tutti i giochi a loro disposizione in quanto è insita ancora l’idea secondo cui tutto appartiene loro, creando diverbi con i loro amichetti che possono sfociare in litigi e pianti.

    Questa fase di egocentrismo si supera lentamente facendo capire ai bambini che ci sono oggetti che non sono suoi; per tal motivo è opportuno restituirli al proprietario.

    Un metodo utile potrebbe essere quello di improvvisare delle piccole scene in cui è possessol’adulto stesso ad appropriarsi di un oggetto del suo piccolo scatenando la sua ira, successivamente si spiega che questa risposta emozionale può avvenire anche in un altro bambino nel momento in cui gli viene sottratto un oggetto di sua proprietà; questo meccanismo è molto utile soprattutto perchè permette al bambino di allontanarsi da una concezione egocentrica della realtà e percepire anche il punto di vista altrui.

    Questi episodi di scontri tra piccoli possono aumentare e diventare più intensi nel momento in cui arriva un fratellino, il quale viene colmato di attenzioni e premure da parte dei genitori alimentando nel fratello maggiore il timore di essere “defraudato” dell’amore di mamma e papà: oltre alle premure genitoriali i due fratellini devono anche contendersi oggetti, giochi e spazi e non sempre è difficile creare un equilibrio in questa relazione.

    Ovviamente col passare del tempo il bambino, aiutato dai genitori, dagli insegnanti, ma anche dal suo stesso ragionamento, assume la consapevolezza che non esiste un “mondo tutto suo” e questo non suscita in lui emozioni sempre piacevoli; tuttavia è da queste piccole crisi che nel bambino avvengono delle rinascite in cui lentamente matura e “diventa grande”.

    E’ necessario che i genitori trasmettano ai propri figli un modello educativo che sia in primis coerente e poi che si adatti al loro temperamento: contemporaneamente al processo di svincolo dalla loro fase egocentrica, in cui si spiega che non tutto il mondo è di sua proprietà, è opportuno inoltre che le madri e i padri mostrino ai figli che esiste anche lo scambio di oggetti e che quindi quando una cosa viene prestata, successivamente deve essere restituita; inoltre esistono delle modalità ben precise utili per farsi prestare un qualunque oggetto: è necessaria la gentilezza. Dunque, insegnare al bambino a chiedere per cortesia (o per piacere) una cosa e ringraziare nel momento in cui l’ha ottenuta, permette al bambino di sviluppare una rappresentazione del modo in cui ci si rapporta agli altri nel momento in cui si condivide un qualsiasi oggetto.

    Può capitare che non sempre il bambino si comporti nella maniera sperata; in questo caso non bisogna subito allarmarsi ma è necessario che il genitore non utilizzi dei metodi aggressivi per riottenere un determinato oggetto; una tecnica utile potrebbe essere quella che io definisco “in positivo”, ovvero premiare un comportamento desiderato, piuttosto che punire bruscamente quelli indesiderati.

     
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    Togliere il ciuccio, ecco quando e come fare

    togliere-il-ciuccio-3-300x225

    Togliere il ciuccio.
    Qual è il momento giusto per eliminare il ciucciotto?

    Il ciuccio non è più considerato di per sè un vizio, in certe condizioni alla suzione del ciucciotto è riconosciuto un valore “calmante”, “tranquillizzante” e quindi positivo.
    Tuttavia l’uso prolungato del ciuccio va evitato perchè può nuocere al corretto sviluppo di denti e palato, tendenzialmente dopo il compimento dei 24 mesi esso va eliminato.





    Estate sinonimo anche di cambiamenti e crescita: via il ciuccio!!
    Si può approfittare del periodo delle vacanze per eliminare il ciuccio. Le ferie rappresentano un momento di distrazione e scoperte per il bambino in cui il piccolo è “affascinato” dalle novità e portato ad accettare i cambiamenti.

    Non è facile distaccarsi dal ciuccio e non abbattiamoci al primo tentativo fallito, anche se siamo in vacanza ricordiamoci che il nostro lavoro di mamme continua.

    - Eliminiamo lentamente l’oggetto ciuccio dalla quotidianità del bambino.
    Quando il piccolo si dimostra particolarmente affezionato al ciuccio allora il ciucciotto va “salutato” gradatamente, evitando maniere forti e soluzioni drastiche.
    Con i bambini procedere in maniera graduale è sempre un bene!

    - Si può iniziare con il far comprendere al bambino che non è il caso di portare il ciuccio fuori da casa o sulla spiaggia, rischierebbe di perderlo e quindi prima di uscire riponiamolo assieme in una scatolina o in un cassetto, o, anche, sotto il cuscino (legandolo in questo modo al momento della nanna).
    togliere-il-ciuccio-1-300x161
    - Inoltre si può far notare al bambino che sulla spiaggia ci sono sia i bambini con il ciuccio, ma anche quelli senza e quest’ultimi sono più grandi! I bambini grandi non hanno il ciuccio. Essendo più grandi, loro possono giocare con altri bambini, camminare, ma soprattutto parlare con gli altri, chiedergli in prestito il secchiello e tante altre cose.
    Cerchiamo, così, di far comprendere al bambino che in alcuni momenti la sostituzione e l’abbandono del ciuccio è necessaria affinché avvengano altre esperienze nuove, belle e togliere-il-ciuccio-2gioiose, tipiche dell’estate e della giornata al mare.
    “Lasciamo il ciuccio a casa, amore della mamma, sulla spiaggia rischieremo di perderlo, come succede quasi ogni giorno con qualche tuo giochino. Inoltre, senza ciuccio sarai più libero di parlare e chiedere agli altri bimbi di giocare con te, potrete così progettare assieme il più bel castello di sabbia del lido!”


    Il bambino sarà distratto da altre cose come il bagno a mare, giocare con altri bimbi sulla spiaggia, giro sulle giostre, conoscenza dei vicini di ombrellone, uscite e passeggiate varie e lentamente inizierà a comprendere che ci sono ben altre cose da fare che tenere questo ciucciotto fastidioso in bocca!
    ciuccio-ok
    - Non cediamo alla prima richiesta del ciuccio.
    E dopo una prima fase di “emancipazione” dal ciucciotto, se siamo mamme tendenzialmente portate a “concederlo” lasciamo il ciuccio a casa durante le uscite, questo ci costringerà a convincere il pupo a ferne a meno.
    Diversamente, se siamo mamme che sanno “resistere alla richiesta del ciuccio”, anche se per sicurezza nella nostra borsa ne porteremo sempre uno di riserva, proviamo ad aiutare il piccolo a comprendere che se ne può fare a meno, che senza è meglio, che senza si possono fare e dire tante cose, ma soprattutto mangiare tante buone cose.
    Lui e il papà possono andare al bar insieme e comprare un bel gelato e mentre si sceglie il gusto il papi può spiegare al bambino che se adesso avesse avuto il ciuccio lo avrebbe dovuto poggiare sul tavolino del bar per poter mangiare il gelato e si sarebbe potuto perdere! “Meno male che lo abbiamo lasciato a casa!” potrebbe concludere il ragionamento il papi!

    La riuscita di questo cambiamento, di questa eliminazione è facilitata nel periodo estivo perchè il bambino è “distratto” dalle nuove e diverse esperienze che la vita gli sta concedendo nel momento speciale della vacanza.
    Il nostro esploratore è sul serio preso dalle nuove amicizie, dai giochi, dallo scoprire e inventare … è così catturato dalle novità che dimenticherà il ciuccio e la sera a casa sarà stanchissimo e ci auguriamo di andare a letto e lasciare il ciuccio nella sua scatolina, nel cassetto o sotto il cuscino!!!

    togliere-il-ciucccio-4-300x214

     
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    Colori a dita: bambini crescere giocando



    Fogli giganteschi e pitture di tutte le tinte: cari bambini, è arrivata l’ora di sporcarsi! Ed ora lasciatevi andare completamente al mondo dei colori e imbrattate ogni parte della carta che desiderate!

    colori-a-dita1-300x225Esistono delle pitture particolari proprio per i più piccoli, chiamate “colori a dita” le quali servono al bambino per poter descrivere, in chiave cromatica, la sua creatività, le sue emozioni, nonché le sensazioni e conoscenze relativamente a se stesso e alla realtà circostante.

    Dunque, oltre alle parole, ai gesti e alle espressioni del volto, anche strumenti grafici di svariate tipologie possono rappresentare un utilissimo mezzo per potersi esprimere nella massima libertà.

    In primis mi preme ricordare che è opportuno acquistare prodotti a “norma”, ovvero che seguano determinate regole al fine di non arrecare alcun tipo di danno: dunque, tali pitture devono essere innanzitutto atossiche, non combustibili e che non provochino conseguenze negative all’organismo in caso di ingestione; in quest’ultimo caso è necessario comprare colori sia in cui è presente l’etanolo, sostanza dal sapore amaro, sia in cui non vi sono contenuti dai gusti dolci che potrebbero stimolare il piccolo ad ingerirli.

    Dunque è necessario acquistare articoli equivalenti a preparazioni in pasta o sostanze simil-gelatinose con eventuali conservanti, coloranti, diluenti o altro.

    Infine bisogna accertarsi, prima dell’acquisto di tali materiali, che essi siano dotati di marchi ed etichette indelebili in cui sia riportata chiaramente la seguente avvertenza: “Attenzione! Per i bambini al di sotto dei tre anni è necessaria la supervisione degli adulti” (o frasi scritte in maniera differente ma dal medesimo contenuto).



    Dunque, cari genitori, una volta accertati che tali prodotti siano “a norma”, lasciate i vostri figli liberi di esprimersi come meglio reputano: non ostacolate le loro “creazioni” e colori-a-dita-300x225non stupitevi più di tanto se i vostri pargoli non vi ascoltano attentamente mentre sono intenti alle loro opere.

    Come le dita sono immerse nella pittura, così la mente viaggia nei meandri più fantasiosi della loro personalissima realtà, e, dal modo in cui si crea come dall’utilizzo di tinte specifiche si può iniziare a denotare anche quali emozioni il bambino provi al cospetto di determinate figure.

    Una volta che il piccolo “Michelangelo” abbia terminato la sua opera d’arte, quasi sicuramente la mostrerà ai genitori, i quali, mostrandosi fieri, sono invitati a chiedergli di descrivere questo dipinto e magari di discuterne insieme.

    E’ assolutamente importante condividere ciò che viene prodotto dai figli, perché, se da un lato uno stimolo quale un dipinto può essere un’ottima fonte di dialogo, di confronto e dunque di crescita, dall’altro, tale strumento rappresenta un importante spunto per i genitori su come il piccolo stia “filtrando” la realtà a lui circostante e, perché no, si potrebbe anche scorgere la posizione che egli stesso stia occupando in quel preciso istante nel “suo” mondo.

    Dunque, cari genitori, già immagino i vostri occhi sgranati e la disperazione che aleggia sul vostro volto dopo aver osservato tavoli e pavimenti imbrattati di mille colori; tuttavia, provate a compensare questo sconforto con la gioia di aver conosciuto in maniera più approfondita la realtà del frutto del vostro amore.

     
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    Paracetamolo in gravidanza ed ai bambini: è sicuro?

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    È diffusissimo. I medici lo prescrivono alle donne incinte (è uno dei pochissimi farmaci che si possono prendere in gravidanza) ed ai bambini in caso di febbre alta o come antidolorifico in generale. Noi lo usiamo per combattere anche il raffreddore o un mal di testa. Perché il paracetamolo (che è il principio attivo dei diffusissimi Tachipirina ed Efferalgan) funziona davvero ed è un efficace antipiretico, antinfiammatorio e antidolorifico. Però anche il paracetamolo, come d’altronde tutti i farmaci, ha delle controindicazioni: è molto tossico per il fegato, i reni ed il midollo spinale (anche se solo in caso di sovradosaggio).

    Già in passato, una ricerca neozelandese, pubblicata su Clinical and Experimental Allergy e condotta su 1.500 bambini, aveva rilevato la dannosità dell’uso di questa sostanza nei bambini al di sotto dei 15 mesi di vita, in quanto triplicherebbe le probabilità per essi di diventare sensibili agli allergeni e raddoppierebbe le possibilità di sviluppare sintomi dell’asma intorno ai sei anni.

    Adesso l’allarme si è esteso a tutti i fruitori di paracetamolo.

    Però una notizia buona c’è, ed è quella che un gruppo di ricercatori provenienti da Francia, Svezia e Regno Unito è riuscito a identificare la molecola chiave che rende il paracetamolo così efficace ed ha avviato una nuova sperimentazione che permetterebbe di sostituire questa sostanza con una analoga che dovrebbe avere lo stesso effetto benefico ma senza alcuna controindicazione tossica.

    Si tratterebbe di una proteina chiamata TRPA1 che si trova sulla superficie delle cellule nervose. Il test, condotto dall’equipe di ricerca, è stato condotto sui topi per osservare la soglia del dolore e si è visto che il paracetamolo, somministrato ai roditori, riduceva il dolore indotto, in quel caso, dal calore (i topini indugiavano nel ritirare le zampette da una superficie riscaldata). Eliminata, però, la proteina TRPA1 dal paracetamolo si è visto che esso non sortiva più nessun effetto benefico.

    Adesso non ci resta che attendere la conclusione di questa nuova ricerca e i risultati di questa nuova scoperta e, nel frattempo, comunque, essere molto parchi nell’uso di paracetamolo.

     
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    PIDOCCHI DEL CAPELLO NEI BAMBINI.

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    I prodotti più efficaci per i pidocchi.

    Spesso purtroppo i bambini che frequentano la scuola materna continuano a prendere i pidocchi, nonostante siano molti puliti.I pidocchi sono parassiti che vivono attaccati ai capelli o al cuoio capelluto. La loro convivenza sulla capigliatura umana è molto antica e se ne sono ritrovate tracce anche in mummie egizie. Attraverso il loro apparato buccale i pidocchi succhiano il sangue che prelevano da derma, ancorandosi alla pelle con i denti.I pidocchi iniettano una saliva irritante e da qui il prurito, tipica manifestazione della presenza dei pidocchi e quelli adulti depongono le uova, piccole e bianche, alla base dei capelli.L’infestazione è tipica dei bambini sotto i 13 anni, che sono circa il 70% dei casi di pediculosi, mentre gli adulti sono meno colpiti sia per la maggiore secrezione sebacea, sia per la minore promiscuità rispetto ai bambini.Non c’è modo di prevenire i pidocchi, si può soltanto controllare ogni settimana i capelli dei propri bambini, con l’aiuto di un pettine a denti stretti, soprattutto nelle zone dietro le orecchie e la nuca. Ciò permette di individuare precocemente eventuali uova.Se invece si individuano uova o pidocchi è bene usare prodotti a base di piretrine. La forma in schiuma è quella più efficace perché rimane sul capo per un tempo sufficiente a uccidere uova e pidocchi.Prodotti in shampoo sono invece a base acquosa e non contengono sostanze chimiche efficaci, inoltre vengono risciacquati in fretta e non riescono ad uccidere il parassita.Poche pratiche infine sono le polveri da evitare soprattutto sui bambini piccoli, in quanto c’è il rischio di essere inalate.

     
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    Complesso di Edipo

    “Mamma, quando sarò grande ti sposerò!”


    Non è strano e nemmeno raro che nostro figlio affermi una frase del genere. Nè edipo2-300x225tanto meno deve destare sospetto, preoccupazione o ansia.

    Se il bimbo ha dai due anni e mezzo ai sette circa, non ci sono dubbi, siamo nella fase edipica.

    Verso i due-tre anni, i bimbi maschi cominciano a sentire una forte attrazione nei confronti della madre; ponendosi col padre con ostilità in quanto rivale “in amore”.

    E’ una fase che trova quasi sempre noi genitori impreparati. Da una parte la madre è lusingata dalle attenzioni e dai modi posti in essere dal figlio che cerca di sedurla (laddove seduzione si intenda “condurre a se”), dall’altra l’ostilità nei confronti del padre, che ricopre il ruolo del terzo incomodo, viene vissuta dal genitore con delusione, a volte senso di colpa “cosa avrò fatto mai per meritarmi questo trattamento dal mio bambino?”, sicuramente con senso di esclusione.

    In realtà si tratta di una normalissima fase che è parte di una crescita emotiva, psicologica e sessuale.

    Si parla di complesso di Edipo rifacendosi a Sofocle, autore di “Edipo re”, che espone la storia di un uomo dal vissuto travagliato, segnato dall’abbandono dei genitori in infanzia, dall’uccisione del padre e dal matrimonio con una donna che in realtà è sua madre, pur senza che lui lo sappia.

    Possiamo riassumere l complesso di Edipo come una fase di normale crescita in cui il bambino rifiuta il genitore del suo stesso sesso, reo di essere l’ostacolo per la realizzazione del desiderio di avere la mamma tutta per se. A questo proposito il bimbo può adottare una serie di comportamenti volti ad intromettersi nella vita di coppia dei genitori, come per esempio incursioni nel lettone “inaspettate”.

    Il bambino vive questo dualismo di sentimenti con molta frustrazione.

    edipo1-200x300Frustrazione alla quale lui non è nuovo; già col primo grande distacco dovuto allo svezzamento, vive un sentimento di “perdita”; ma prendere coscienza che l’amore della mamma non è univoco, perché dobbiamo condividerlo con l’amore che la mamma ha per il papà, è devastante, a tal punto da scatenare dei sentimenti di odio nei confronti del rivale.

    Fa quasi paura quest’ultimo concetto…in realtà è un processo normale, necessario che progredisce, perché mai è statico e che si conclude con la fase di identificazione del papà.

    E’ un momento delicato nella vita di un bambino, tant’è che ne troviamo ripercussioni psicologiche perfino negli adulti. A volte si tratta di segnali che non destano preoccupazioni laddove l’individuo conta su una propria sanità ed equilibrio, a volte possono sfociare in vere e proprie nevrosi che hanno radici in una fase edipica infantile non del tutto superata e conclusa.

    L’evoluzione psico-affettiva del bambino, così come l’aveva pensata Freud, passa per un innamoramento della mamma con tanto di desiderio sessuale, che a quell’età vuol dire essere al centro della sua attenzione e garantirsi dimostrazioni affettive (coccole, abbracci, baci). Il papà viene sentito come rivale; il bambino si accorge per la prima volta in maniera shockante che le attenzioni della mamma non sono tutte per se ma deve dividerle col papà, verso cui sviluppa un forte antagonismo che lo porta a sentimenti di rigetto verso la figura paterna

    La maggior parte di psicanalisti ritiene che questa sia la fase più delicata della vita di ogni individuo, probabilmente la più forte emotivamente parlando, in cui si delinea la personalità; in cui emozioni ed affetto sovrastano l’individuo stesso, governandolo; e questo lo possiamo riscontrare dalla forza che diventa quasi violenza dei sentimenti di affetto e odio.


    Freud tende ad individuare il complesso di Edipo nel periodo che lui definisce fallico, in quanto caratterizzato dalla scoperta del proprio corpo e in particolare del pene, che percepisce come qualcosa che ha a che vedere con la vita di coppia dei genitori, dal quale rimane escluso.

    Il tentativo di catalizzare su di te l’intera attenzione della mamma fallisce laddove ci sia un minimo di buon senso dei genitori; a causa di questo fallimento, il bambino risulta deluso e arrabbiato; rabbia che può perfino sfociare in attacchi di collera, o che viene elaborata durante il sonno, sotto forma di incubi. E’ questa la fase da Freud definita di castrazione, in cui il bambino può arrivare a temere la punizione da parte del padre, a causa del suo innamoramento per la madre. Anche attraverso questa paura il bambino supera il periodo di innamoramento della madre, rinforzando il proprio Super Io e cominciando a porre le basi per una propria personalità ben marcata.

    E’ solo tra i 6-7 anni, nel periodo della scolarizzazione quando cambiano gli interessi (scuola) e le relazioni sociali con i pari diventano più strutturate, che il bambino affronta l’ultima tappa del complesso di Edipo, superandola e approdando all’ultimo step costituito con l’identificazione del genitore dello stesso suo sesso, il papà. Questa è la fase da Freud definita risolutiva.

    E in tutti questi passaggi i genitori come si devono comportare? Come possono essere di aiuto per il figlio?

    Semplicemente ponendo attenzione alla delicatezza del momento, sapendo che il bimbo sta passando un periodo di travaglio e di importante crescita. E’ importante far capire al bambino che l’aggressività non è un buono strumento per ottenere i propri scopi, che non potrà sposare la mamma ma che troverà da grande un’altra compagna che lo renderà felice.

    Un ruolo importante gioca la figura del padre che solitamente esercita un importante autorità nella famiglia, nella fattispecie necessaria a far capire al bambino che la mamma non gli appartiene in via esclusiva. Dal canto suo, la mamma, dovrebbe cercare di sottolineare l’importanza del padre ogni volta che ne abbia occasione, valorizzandone il ruolo davanti al bambino. Questo per stabilire agli occhi del figlio la solidità del rapporto col marito ed accrescere la stima, il rispetto del bimbo nei confronti del papà.

    L’aumento di famiglie mono genitoriali o separate, per vicissitudini personali con una latitanza della figura maschile, può comportare maggiori difficoltà nel edipo-300x200superamento della fase edipica. La difficoltà nel trovare un modello maschile in cui identificarsi, fa sì che il bimbo scelga come modello la propria mamma per identificarsi, e ciò porta in alcuni casi da grande, l’attrazione per persone dello stesso sesso; fine cui si arriva non per una naturale predisposizione ma per una situazione di fatto viziata.

    Crescere è faticoso, non è mai facile. Crescere significa mettere alla prova noi stessi, ampliare i nostri orizzonti, abbandonare le nostre sicurezze alla scoperta di altre che si rivelano poi più forti. Da piccola mi dicevano “crescere è bello perché scopri il mondo!”…è vero, ma avevano omesso di aggiungere quanto è difficile, quanta paura si prova, quanta sofferenza porta….per cui siamo sempre clementi con i nostri bambini quando affrontano le proprie difficoltà di crescita.

     
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