Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Io Cresco.. bimbi..prime esperienze.

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    AI NEONATI PIACE (TANTO) NUOTARE


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    Oddio ma non sono bellissimi?
    Questi bambini hanno appena 6 mesi e nuotano già come dei piccoli delfini, immergendosi tranquillamente sott'acqua e divertendosi un mondo.
    A Londra è una moda...anzi una vera mania, anche perchè si è visto che questi bambini crescendo sviluppano, grazie al nuoto ed al gioco in acqua , una migliore struttura ossea ed un ottimo tono muscolare.
    Inoltre questi bambini così speciali risultano più svegli ed intelligenti.


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    Non dimentichiamoci che per i bambini appena nati l'acqua è l'elemento naturale (il parto in acqua lo dimostra...) ed hanno verso questo elemento una piacevole attrazione sentendosi "a casa" in una situazione che ricorda il protettivo pancione di mamma!
    Detto fatto...in un solo anno le iscrizioni a questa speciale piscina è balzata da 80 bambini l'anno a 500, ed è in continua crescita!
    Altro che braccioli e salvagenti che intimoriscono il bambino facendogli avere paura dell'acqua....


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    Edited by Lussy60 - 4/10/2011, 21:42
     
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    i primi dentini: schema dentizione e disturbi possibili


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    Primi dentini, che piacere mordere tutto!


    Piccoli e affilati sembrano innocui, ma invece fanno un male incredibile! E il titolare di questa “arma impropria” prova un piacere infinito nell’affondarla nella mano di mamma e papà o peggio, come capita di tanto in tanto, nel collo o nella spalla. Sì, esattamente, sto parlando dei primi dentini e del godimento che i bambini provano quando cominciano a mordere.

    Luca, 10 mesi, ha ben sei dentini. E ieri a tradimento ha azzannato il mio polpaccio. Non vi dico il dolore!
    Lui sa che fa male, infatti prima morde senza dare il minimo preavviso e poi ride come un pazzo!
    E se dico “Ahi”… ride ancora di più a crepapelle…
    Rimpiango le sue belle gengive sdentate!
     
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    i primi dentini:

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    Per un bambino, il periodo che va dai 6/7 mesi fino all'anno di età vede, oltre alla conquista della capacità di spostarsi da solo, un altro grande traguardo: la comparsa dei primi denti.

    Lo sviluppo dei denti, sia di quelli da latte (decidui) sia di quelli permanenti inizia nel pancione.Il feto ricava dal sangue materno tutti i minerali indispensabili per la formazione dello smalto e della dentina, componenti necessari per lo sviluppo dei denti. I minerali necessari sono fondamentalmente il calcio, il fluoro ed il fosforo.

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    Alla nascita il neonato presenta tutti i dentini all'interno della mandibola e della mascella, anche se non è possibile vederli. La loro formazione si conclude con la calcificazione, cioè con il deposito di calcio: si tratta di uno sviluppo molto lento, che si integra solo dopo l'emissione del dente stesso.

    La nascita dei primi dentini non avviene nello stesso momento per tutti i bambini, anche se in genere il primo dentino spunta verso il sesto mese di vita. In alcuni bimbi questo momento può essere anticipato di un paio di mesi in altri può ritardare di due o tre (alcuni bambini possono arrivare anche fino a 12/13 mesi prima che nasca il primo dentino, non c'è niente di cui preoccuparsi.)


    In genere i primi due dentini a spuntare sono gli incisivi mediali inferiori (tra i 6 e gli 8 mesi) seguiti, a intervalli più o meno regolari dagli altri. Non è escluso però che possa nascere prima l'incisivo superiore o che i molari possano spuntare prima degli incisivi inferiori.

    Approssimativamente a circa due anni la dentatura decidua è completa e resta tale sino a circa sei anni, quando i dentini cominciano a cadere per lasciare il posto ai denti permanenti.


    Schema dentizione per denti da latte

    incisivi centrali inferiori: 6/8 mesi
    incisivi centrali superiori: 7/9 mesi
    incisivi laterali superiori: 8/10 mesi
    incisivi laterali inferiori: 10/12 mesi
    primi molari inferiori e superiori: 12/18 mesi
    canini inferiori e superiori: 18/24 mesi
    secondi molari: 24/30 mesi

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    Disturbi della dentizione

    Non sempre la nascita dei dentini provoca disturbi o manifestazioni dolorose, ma in genere le gengive prima che spunti il nuovo dentino si manifestano infiammate, dure e dolenti e si associano ad altre piccole problematiche. State pur certi che i disturbi si risolveranno da soli in pochi giorni, l'importante è saper attendere e pazientare.

    Ecco alcuni consigli:

    Gengive infiammate

    Caratteristico segnale dell'inizio del processo della dentizione. Sotto la spinta del dente la gengiva si gonfia, si infiamma e fa male. Il bimbo istintivamente porta oggetti alla bocca mordendoli e da solo ha già trovato il sistema per alleviare il dolore. Piuttosto che gli anelli per dentizione in plastica, esistono anelli per dentizione in legno naturale, sapete che cosa mettono in bocca i vostri bimbi. A partire dai 6/7 mesi e sotto la vostra stretta sorveglianza potete anche offrire loro delle carote, finocchi, croste di grana, pezzi di pane: sono prodotti naturali e hanno un ottimo effetto anestetizzante, se sono freddi meglio ancora.

    Febbre

    La nascita dei primi denti può provocare l'innalzamento della temperatura, che tende ad avere sbalzi improvvisi durante la giornata.

    Diarrea

    Se la causa della diarrea è la nascita dei dentini, allora è un sintomo passeggero ed in questo caso dare spesso da bere al bimbo per reintegrare i liquidi persi. Inserire nell'alimentazione la crema di carote e di mela che hanno un effetto astringente. Nel caso in cui la diarrea perduri chiamare il pediatra, perché potrebbe trattarsi di un disturbo gastrointestinale.

    Agitazione

    L'irritazione alle gengive, la diarrea o la febbre possono far diventare il bimbo nervoso. Ciò si può manifestare in diverse maniere: il bimbo può piangere, avere difficoltà di addormentarsi o svegliarsi di notte. Tutto questo termina con la crescita dei primi quattro molari. Occorre avere pazienza e trattarlo teneramente.



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    Non sa giocare con gli altri bambini


    Anche se frequenta l'asilo nido, non sa giocare con gli altri bambini e preferisce stare con gli adulti. Cosa possiamo fare per aiutarla?


    a cura di: Dott.ssa Loredana Piratoni (psicologa)


    Mia figlia di due anni e mezzo, nonostante frequenti il nido dall'età di 14 mesi, preferisce sempre e comunque, in ogni situazione la presenza degli adulti a quella dei coetanei. La porto in continuazione a feste, incontri vari con bambini, piscina ecc.. lei rimane sempre in disparte, gioca da sola anche dietro l'incitamento degli altri bambini. Ora mi chiedo se è ancora piccola per crearsi compagni di gioco tra i coetanei o invece è un suo problema? E io cosa posso fare per aiutarla?

    Effettivamente la tua bambina è ancora troppo piccola per poter ravvisare nel suo comportamento alcunché di anomalo: mediamente prima dei tre anni i bambini non sono in grado di condividere nessun gioco con i coetanei, sono ancora troppo impetuosi, egocentrici e, benché intelligenti, è spesso difficile farli ragionare. Solo col tempo, man mano che queste caratteristiche sfumano,

    il gruppo dei pari diventa la situazione privilegiata. I bambini inoltre capiscono subito come vanno le cose: gli adulti offrono maggiore protezione e gratificazione, la caramella viene mollata con facilità e tra tanti sorrisi, in cambio di qualche bacetto ma, ahimè, quanto bisogna lottare con gli altri bambini per conquistarsi soltanto la cartuccia dorata dell'involucro!

    In tutto questo, non va ancora dimenticato l'aspetto caratteriale individuale tipico di ogni bambino: ce ne sono di estroversi, che ancora sgambettando si buttano nella mischia, e ce ne sono di "timidi", per i quali il distacco dalla mamma è particolarmente doloroso e angosciante.

    Che fare? Naturalmente quello che stai facendo già, la compagnia di altri bimbi va sempre proposta, ma un adulto dovrebbe ancora presenziare e organizzare con loro dei giochi: un girotondo, un bel coro di canzoncine, dei puzzle, ecc. Forse può essere utile per tua figlia il contatto con gruppi più ristretti, se non con un bimbo per volta: spesso è il numero che intimorisce, e allora invita un'amichetta, mettiti con loro a giocare, inventati una qualsiasi attività che le diverta, le responsabilizzi e le gratifichi.

    Non dimenticare che non sono in grado di organizzare il tempo che hanno a disposizione (poiché non ne hanno ancora consapevolezza) e che il loro nemico più grande è l'essere lasciate in balia di sé stesse.
     
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    Litigi tra fratelli

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    Che cosa fare quando due figli litigano? I genitori devono intervenite nelle liti fra fratelli? Come comportarsi?


    a cura di: Dott. Leo Venturelli (pediatra)

    Sentire litigare e discutere animatamente dei fratelli è una cosa comune, facile, scontata: tra fratelli ci si arrabbia per situazioni banali, come il posto sul divano, il bagno sempre occupato, l'ultima fetta di dolce, un giocattolo che non si vuole condividere. È inevitabile che queste cose succedano tra fratelli: si passa da momenti di solidale alleanza e amicizia a situazioni di accesa ostilità.

    Questa ambivalenza tra amore e odio fa parte del vivere a stretto contatto nell'ambiente familiare, ma a volte c'è pure la competizione a fare da molla allo scontro per apparire migliori davanti ai genitori e per ottenerne dei vantaggi. Il lato positivo della rivalità tra fratelli è che l'ambiente familiare diventa una palestra in cui i giocatori imparano a condividere, a far valere i propri diritti, a essere a volte egoisti, altre volte generosi.

    Che fare quando i figli litigano tra loro?
    Incoraggiateli a discutere e risolvere i problemi tra loro
    Stabilite delle regole: "discutete pure tra voi, ma non picchiatevi, non dite parolacce, non distruggete le cose che vi stanno intorno". Se voi genitori tendete a intervenire nelle loro beghe, sarete sempre più invischiati nelle discussioni e nei litigi. Finché è possibile, mantenetevi al di fuori, almeno fino a quando ci si limita ai battibecchi. Lasciateli litigare, non passate la vita a cercare di essere i giudici delle controversie dei figli; a loro serve l'indipendenza per imparare a negoziare, a discutere e a mettersi d'accordo. Se però avete dei figli piccoli, ancora in età prescolare e uno dei due è molto aggressivo, è bene vigilare per impedire che il più debole venga picchiato, visto che a questa età i bambini non hanno ancora la misura dei loro gesti.
    Cercate di tenervi fuori dalle loro discussioni, se vengono a frignare da voi
    Lasciate che se la cavino da soli. Aiutateli soltanto ad affrontare in modo giusto la discussione: per questo insegnate loro a esporre bene i propri punti di vista, a rispettare l'altro mentre parla, a non interromperlo almeno per uno o due minuti. Non cercate di individuare subito chi tra i due ha cominciato per primo, chi è il colpevole, chi ha ragione, a meno che sia tutto molto evidente. Evitate di fare domande: spesso può essere controproducente perché potrebbero inventarsi delle storie, mentire sulle cose dette o esagerare le situazioni.
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    Se una disputa diventa troppo violenta, intervenite
    Se li sentite gridare in camera loro, avvisateli che non siete disposti a sentire i loro litigi così pesanti, convinceteli ad abbassare la voce e a provare a discutere senza gridare. Se non riuscite nel vostro intento, divideteli mandandoli in due stanze diverse. Se la discussione è legata alla TV, spegnetela; se la disputa riguarda l'uscire di casa per giocare, sospendete per entrambi l'uscita.
    Non permettete che si picchino, che rompano oggetti, che si scambino improperi
    Siate il più possibile imparziali. Se si stanno picchiando, mandateli in stanze separate, indipendentemente da chi avete scoperto a menar le mani: questi potrebbe non essere la persona che ha la responsabilità di aver iniziato il litigio. Non dovrete acconsentire che si prendano in giro con soprannomi come "ciccione, puzzone, mongoloide": tali commenti sono dannosi per la loro crescita psicologica, che va consolidandosi giorno dopo giorno.
    Sospendete qualsiasi discussione che si verifica in pubblico
    Per strada, al cinema, al parco evitate che i fratelli litighino, dite loro che danno fastidio agli altri. Se continuano, separateli, per esempio sedendovi tra i due. Se continuano ugualmente, allontanateli in posti diversi. Se hanno un'età superiore a 5-6 anni, invitateli a smettere, altrimenti applicate un castigo una volta ritornati a casa. In alcuni casi potrà capitare che dovrete sospendere la passeggiata o l'uscita e riportarli a casa.
    Proteggete la privacy, le amicizie, gli oggetti di ciascun figlio
    Quando i bambini discutono sui giochi, e tutti e due ne vogliono uno, favorite l'effettivo padrone del giocattolo. Fate però notare ai bambini che giocare insieme o scambiarsi e condividere i giochi è un bene: questo serve anche quando vengono degli amici a casa, soprattutto per mantenersi le amicizie. Quando il gioco è unico, come un video-game o un gioco da tavolo, insegnate loro a rispettare il proprio turno. Che dire poi dei fratellini che vogliono intromettersi nei giochi dei più grandi? Cercate di farli assistere al gioco, ma senza interferenze tali da compromettere il gioco stesso, altrimenti è meglio che i fratelli più piccoli stiano in un'altra stanza. Se uno dei due o tre fratelli sta studiando, deve avere una spazio apposito per non essere costantemente distratto dagli altri.
    Evitate i favoritismi
    È estremamente importante che le punizioni per le lotte tra fratelli, in cui voi genitori non avete indovinato il colpevole, siano uguali per tutti; i genitori devono evitare di dar la colpa sempre al più grande, oppure di accusare la sorella invece del fratello, o prendersela con il figlio più vivace. I bambini captano subito se fate dei favoritismi: trattateli sempre per come si comportano in quel momento, evitate di prendere le difese di uno rispetto all'altro, non fate paragoni, non divideteli tra buoni e cattivi. Se vostro figlio vi accusa di favoritismo, ignoratelo e ribadite le regole che avete posto in casa.
    Prevenite le situazioni in cui potrebbero menar le mani
    Prima di tutto, aiutateli a riconoscere i loro sentimenti. La rabbia può essere espressa senza offendere o picchiare; date loro alternative possibili per discutere senza litigare. Facilitateli a giocare con amici, anche fuori dalle mura domestiche: non pretendete che giochino sempre insieme. Evitate favoritismi verso uno dei due, cercate di parlare separatamente con entrambi ogni giorno e, almeno due volte la settimana, trovate dei momenti in cui far qualcosa singolarmente con ciascuno dei figli. Soprattutto mostrate loro come discutere con voce calma e con tranquillità: cercate di non reagire in modo irato, litigioso, astioso quando discutete coi vostri figli o con altre persone.
    Lodate i bambini quando si comportano bene insieme
    Fate attenzione ai momenti in cui i vostri figli si comportano bene, giocano insieme amichevolmente: gratificateli per questo con apprezzamenti anche davanti ad estranei, quando possibile. Complimentatevi del fatto che si sono dati una mano e hanno appianato le loro divergenze in modo educato.


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    Litigi fra fratelli o sorelle
    Nelle famiglie con più bambini talvolta possono sorgere grossi litigi. Si tratta di un fatto quotidiano del tutto normale. Infatti, nei litigi vengono fuori i vari interessi, le diverse esperienze e i diversi caratteri dei bambini, ognuno dei quali spesso ha la propria predisposizione.

    Le liti tra fratelli sono normali e soltanto se i bambini hanno anche la possibilità di esternare i conflitti, possono imparare a controllarsi e a sviluppare una sana autocoscienza.
    Quindi è inevitabile che ogni tanto ci siano dei litigi, anche se questi talvolta possono turbare la vita famigliare, snervare i genitori e creare malumori. Al più tardi quando le urla nella camera dei bambini o il rumore dei bisticci nel soggiorno diventano troppo intensi, i genitori si chiederanno se è il caso di intervenire e cosa sarebbe opportuno intraprendere la volta successiva per prevenire una tale situazione.

    Quando intervenire

    È molto importante intervenire nel momento giusto. Se si interviene troppo presto, i figli verranno privati dell’opportunità di gestire da soli la situazione. Se invece si interviene in ritardo probabilmente sarà troppo tardi per trovare una soluzione amichevole. Il momento giusto per intervenire sarebbe pertanto quello in cui tutte le critiche e le accuse sono state mosse e si inizia a parlare a vanvera senza ottenere alcun risultato.
    Solo a questo punto, la persona adulta dovrebbe riassumere la situazione con le parole giuste, comprensibili anche dai più piccoli, facendo capire ai litiganti che essa ha preso il problema sul serio. Le derisioni, le minacce o parlare con l’indice alzato non servono assolutamente a nulla. I bambini, ma del resto anche gli adulti, sono disposti a cercare di comprendere gli altri soltanto quando si sentono compresi nella loro rabbia. Spesso, in seguito a un tale intervento, i bambini saranno in grado di trovare da soli una soluzione al problema.

    Regole valide per tutti

    Qualora l’intervento giungesse troppo tardi e l’atmosfera si fosse già surriscaldata troppo, si potrà tentare di risolvere il conflitto con la seguente domanda: «Scherzate o fate sul serio?». Tali parole probabilmente avranno l’effetto di fare notare ai litiganti il fatto di avere superato la linea che divide il litigio tollerabile e la violenza inammissibile. Qualora il conflitto avesse già assunto proporzioni esasperate, non rimane altro da fare che intervenire e dividere in modo energico i litiganti.

    Una base importante per evitare i litigi sono delle regole fisse, valide per tutti, e che dovranno essere definite assieme ai figli, ponendosi le seguenti domande:

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    Quali giocattoli e quali ambiti personali sono tabù?
    Quali parolacce sono permesse?
    Fino a che punto ci si può spingere quando si fa a botte?
    Quali sono i diritti e i doveri dei fratelli e delle sorelle più giovani rispetto a quelli più grandi?
    Va da sé che tali regole debbano essere fissate nel modo più corretto possibile. Tra l’altro, ecco un suggerimento utile: la noia può fomentare i litigi. I bambini che sono impegnati, invece, hanno meno tempo e voglia di litigare.

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    Emergenza capricci: come farsi ubbidire?


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    Capricci, urla, pianti disperati: sono lo spauracchio di tutti i genitori. In cuore nostro, speriamo che il nostro frugoletto resti per sempre dolce e ubbidiente, ma l’avvicinarsi dei cosiddetti “terribili 2 anni” vanifica la maggior parte delle nostre speranze.
    A quest’età, il piccolo inizia a esplorare la propria autonomia, testando i limiti che gli vengono imposti. E’ una fase importantissima per la costruzione della personalità e noi genitori dobbiamo aiutarlo a trovare la sua strada.
    Questo processo di autoformazione durerà finché i nostri cuccioli diventeranno degli adulti. Quindi armiamoci di pazienza e prepariamoci ad affrontare questa sfida che porterà i nostri bambini ad apprendere le regole per vivere all’interno della società.
    Innanzitutto, bisogna stabilire quali sono le regole che andranno sempre rispettate. Cerchiamo di non esagerare con il numero dei divieti, perché un bambino a cui viene negato il permesso di fare praticamente qualsiasi cosa, prima o poi si sentirà costretto a ribellarsi.
    Una volta fissate le regole fondamentali, dobbiamo essere coerenti e farle sempre rispettare. Rischiamo solo di confondere il bambino se un giorno gli vietiamo una cosa e il giorno dopo gliela lasciamo fare, magari perché ci siamo stancati dei suoi capricci. I limiti “invalicabili” devono sempre essere chiaramente definiti.
    Non basta imporre delle regole avvalendoci del nostro ruolo di genitori e pretendere che il piccolo ubbidisca solo perché siamo adulti. E’ importante spiegare fin dall’inizio il motivo per cui una cosa si può fare e l’altra no. Così il bambino capirà che la regola non nasce da un nostro capriccio, ma da una necessità fondata.
    Le regole devono essere il più possibile precise, per essere sicuri che le capisca. Perciò evitiamo di dire “rimetti in ordine la tua stanza”, ma preferiamo “rimetti i tuoi giochi nel cesto”.
    A volte, la disobbedienza è un’arma che i bambini utilizzano per ricevere maggiori attenzioni. Perciò è importante gratificare il bimbo con molti complimenti quando si comporta bene, così che non si senta obbligato a infrangere le regole per farsi notare.
    Se si comporta male, non diciamogli che è “cattivo”, o il piccolo finirà per crederci davvero, comportandosi di conseguenza.
    Infine, se gli diamo un po’ di autonomia – magari lasciando che si vesta o si lavi da solo – sarà più propenso a ubbidire ad altre regole.
     
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    .IL BIMBO E L’ESPLORAZIONE DEL PROPRIO CORPO

    Con l’esplorazione del proprio corpo il bimbo inizia una fase fondamentale dell’evoluzione intellettuale, psicologica ed affettiva. Nel primo mese la coscienza che egli ha del proprio corpo non supera, di fatto, le semplici sensazioni.
    Dopo i tre mesi i giochi con le mani ed in seguito la manipolazione degli oggetti, gli permettono di prendere atto dei mezzi che ha a disposizione, ma il corpo non esiste per lui se non nella misura in cui agisce e si muove; anche quando ha già sette, otto mesi, il bimbo non riesce ancora ad avere un’idea precisa del proprio corpo.
    A quest’età comincia un’esplorazione sistematica del corpo, che determina degli atteggiamenti sorprendenti; tutto quanto è accessibile per mezzo della vista, della bocca, delle mani, sarà esaminato, tastato, manipolato a lungo, succhiato.
    Il piccolo esamina i suoi piedini e riesce a succhiare l’alluce; si accarezza il nasino, i capelli e le orecchie insistentemente.
    Questa viva coscienza del proprio corpo, si stabilisce e trova la sua espressione negli scambi affettivi e nei contatti fisici con la madre, con i quali il bimbo scarica, straordinariamente, tutte le proprie tensioni.
    Quando si lascia accarezzare, succhiare, mordere, leccare, essa partecipa all’esplorazione del corpo del figlio. L’esplorazione del corpo è sempre da considerare un fattore positivo per il figlio tranne che nel caso essa occupi la maggior parte (più della metà ) del tempo nel quale è sveglio: in questi casi si potrebbe dimostrare un turbamento nel rapporto affettivo madre – bimbo.
    Inoltre non bisogna confondere queste esplorazioni, che investono tutto il suo interesse e sono utilissime per il neonato, con alcuni movimenti macchinali, ripetuti in modo monotono: movimenti prolungati di negazione fatti con la testa, dondolio del tronco, occhi sbarrati verso l’alto.
    Queste manifestazioni si notano spesso in bambini un po’ grandicelli, ma possono evidenziarsi anche molto presto in creature troppo abbandonate a se stesse dai familiari dimostrando una carenza affettiva da non sottovalutare.

     
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    Sessualità nel bambino




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    Le fasi in cui si evolve la sfera emotiva e sessuale in un bambino, dalla nascita all'adolescenza.


    Il mondo emotivo e sessuale si sviluppa fin dai primissimi giorni di vita: fu Freud a sostenere per primo che il bambino è dotato di un'intelligenza emotiva e che il suo corpo è sessualmente reattivo agli stimoli anche nell'infanzia. Freud e in seguito Erikson elaborarono la teoria degli stadi psicosessuali, per spiegare come l'individuo costruisce il suo primo rapporto affettivo con una persona, come avviene progressivamente la definizione dei confini individuali e la distinzione di sé dagli altri e la costruzione dell'identità.

    I primi 18 mesi di vita
    Secondo la teoria degli stadi psicosessuali, il bambino dalla nascita fino ai 18 mesi circa, usa la bocca non solo per il soddisfacimento dei bisogni alimentari o come strumento di mediazione cognitiva e comunicativa con il mondo esterno, ma soprattutto come la zona del corpo che permette di avere le prime sensazioni di piacere. Si tratta della prima zona erogena, la prima sede della libido. Freud definì questo periodo di vita stadio orale.
    Si tratta ovviamente di un soddisfacimento autoerotico perché la pulsione non si dirige verso altre persone, ma si soddisfa sul proprio corpo.
    A questo Erikson, aggiunse che questi primi 18 mesi di vita sono anche il periodo di acquisizione del senso di fiducia di se stessi e degli altri, che dipende dal soddisfacimento dei suoi bisogni primari da parte della madre.

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    Dai 2 ai 3 anni
    Lo sviluppo sessuale nel secondo e terzo anno di vita è caratterizzato da un cambiamento della zona del piacere: si passa dallo stadio orale allo stadio anale. A questa età il bambino imparando a tenersi pulito, controllare le feci, che rappresentano un “dono” per la mamma. Il lasciare andare le feci nel vasino esprime la docilità del piccolo nei confronti della mamma, mentre il trattenerle è una sfida, un dispetto verso la madre e l'ambiente che lo circonda. Questo controllo sulle sue feci è anche l'inizio di un processo di individualità e separazione e in questo periodo incomincia a a dare importanza anche ad altre figure di riferimento.

    Dai 3 ai 6 anni

    Secondo Freud a partire dai tre anni circa diventa dominante l'interesse per i genitali e, sia nel bambino che nella bambina, l'oggetto di interesse è il fallo, con la sua presenza o assenza. Da qui deriva il nome di stadio fallico. In questo periodo i bambini, sfiorando i loro genitali se coprono la masturbazione, che ovviamente è diversa da quella in età puberale. È anche in questo periodo che si sviluppa il complesso di Edipo, un conflitto che dura almeno tre anni, caratterizzato da emozioni e sentimenti molto intensi; si contraddistingue per sentimenti libidici molto intensi verso il genitore di sesso opposto e da un atteggiamento ambivalente (ostilità e gelosia alternate ad amore) verso il genitore dello stesso sesso. Il bambino/a vive rabbia per non poter avere l'oggetto del suo amore tutto per sé.

    Dai 6 ai 9 anni

    Con la risoluzione del Complesso Edipico, inizia il periodo di latenza. In questa fase il bambino rafforza le proprie capacità di dominio della pulsione sessuale. Ciò non significa che gli impulsi sessuali spariscono, ma vengono deviati verso altri fini, più sociali, intellettuali e affettivi.


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    Dalla pubertà all'adolescenza

    Con la pubertà e l'adolescenza le pulsioni libidiche tornano attive e i conflitti del complesso edipico possono riemergere; siamo nella fase genitale. Le pulsioni però hanno un'energia diversa rispetto all'infanzia. Cambia l'oggetto d'amore e si afferma la vera identità sessuale, che non sempre corrisponde con l'identità di genere.
     
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    Fasi dello sviluppo: andare a “gattoni”

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    Andare a carponi aiuta tuo figlio a rafforzare i muscoli per poter poi camminare ed è il primo sistema per potersi muovere da solo in modo efficace. Di solito, per prima cosa impara a stare in equilibrio su mani e ginocchia. Poi scopre come muoversi avanti e indietro da questa posizione, spingendo con le ginocchia.

    Quando?


    La maggiorparte dei bambini impara da andare a “gattonare” fra i 6 e i 10 mesi. Ma alcuni non lo fanno mai, preferendo scivolare sul sedere, strisciare sulla pancia o arrivando direttamente ad alzarsi, stare in piedi e camminare. Non importa cosa facciano, ciò che conta è che si muovano.

    Come?


    Normalmente iniziano ad andare a gattoni dopo essere riusciti a stare seduti senza sostegno, di solito intorno ai sei – sette mesi. Dopo questa fase, è in grado di alzare la testa per guardarsi intorno, e i muscoli di braccia, gambe e schiena sono abbastanza robusti da impedirle di cadere quando si metterà a quattro zampe.
    Nei due mesi successivi, imparerà gradualmente a passare con una certa sicurezza dalla posizione seduta alla posizione a quattro zampe, e si accorgerà presto di poter dondolare avanti e indietro una volta che gli arti stanno dritti e il busto è parallelo al pavimento.
    Verso i nove o dieci mesi, scoprirà che gli basterà spingere un po’ con le ginocchia per riuscire a muoversi. E mano a mano che progredisce, imparerà a tornare dalla posizione a carponi alla posizione seduta. Perfezionerà inoltre la tecnica del passo a carponi incrociato: muovere cioè un braccio e la gamba opposta per spostarsi in avanti, piuttosto che usare braccio e gamba sullo stesso lato. Dopodiché, sarà solo questione di pratica per rendere il movimento perfetto – preparatevi a vederlo davvero competitivo in questo sport quando avrà circa un anno.
    Se va a gattoni all’indietro, scivola sul sedere (appoggiando una mano dietro di sé e un piede davanti per darsi la spinta), o salta la fase dei carponi e inizia subito a camminare, non preoccupatevi. Fintanto che si muove – non importa come – significa che sta bene.

    E poi?


    Dopo aver appreso questa tecnica, per acquisire una completa mobilità dovrà solo imparare a camminare. Per questo, inizierà a cercare di allungarsi verso qualunque cosa possa raggiungere, che sia il caffè sul tavolo o la gamba della nonna. Una volta raggiunto l’equilibrio sulle gambe, sarà pronto per stare in piedi da solo e andare in giro appoggiandosi ai mobili, e poi in poco tempo camminerà, correrà, e salterà.

    Il tuo ruolo


    Proprio come quando deve imparare a raggiungere ed afferrare, il modo migliore per incoraggiarlo ad andare a carponi è posizionare giocattoli ed altri oggetti desiderabili – anche voi stessi – a una certa distanza da loro. Potete usare cuscini, scatole o altre cose morbide per creare degli ostacoli da affrontare. Lo aiuterà a sentirsi più sicuro, veloce e agile. Basta che non lo lasciate solo – se resta incastrato sotto un cuscino di sicuro si spaventa e potrebbe soffocare.
    Un bambino che va a gattoni può imbattersi in parecchi pericoli. Assicurati che la tua casa sia a prova di bambino, e fai particolare attenzione ai cancelletti sulle scale. Tuo figlio sarà attirato dalle scale come un esploratore del Monte Everest, ma possono essere pericolose, quindi fa in modo che siano off-limits fino a che tuo figlio non sia diventato molto bravo in questo (di solito intorno ai 12 mesi) – e anche allora, tieni d’occhio le spedizioni.
    Non devi investire subito in scarpe nuove. Non avrà bisogno di indossare delle scarpe fino a che non sarà in grado di camminare bene.

    Quando preoccuparsi


    I bambini sviluppano le abilità in modo diverso, alcuni più in fretta di altri, ma se tuo figlio non ha ancora dimostrato alcun interesse nel muoversi in qualche modo (che sia strisciare, andare carponi, o rotolare), non ha ancora capito come muovere braccia e gambe in modo coordinato, o non ha ancora imparato ad usare entrambe le braccia ed entrambe le gambe e ha già compiuto un anno, fallo presente alla prossima visita. Ricordati che i bambini prematuri potrebbero superare queste ed altre fasi anche parecchi mesi dopo il loro coetanei.

     
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    Imparare l’inglese da piccoli: l’importanza del ruolo dei genitori


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    Il metodo Helen Doron parte dal presupposto che i bambini piccolissimi stanno imparando a parlare la loro lingua madre e lo fanno soprattutto imitando le parole pronunciate dalla mamma e da chi gli sta intorno e provando a ripeterle, ma anche abituandosi ad acquisire familiarità con i suoni delle parole.
    Per questo i bambini che stanno apprendendo la propria lingua possono riuscire ad apprenderne anche un’altra usando praticamente lo stesso metodo, estremamente naturale: ascoltando parole, canzoni e filastrocche in inglese. Così si abituano alla fonetica e al suono e non faranno, come noi, una traduzione da cane a dog, ma diranno indifferentemente dog o cane per indicare quel preciso animale.
    Molto suggestivo, davvero.
    Per questa ragione il metodo Helen Doron prevede che il ruolo del genitore nell’apprendimento dell’inglese precoce sia di fondamentale importanza.
    In pratica funziona così: ogni giorno, mentre il nano è impegnato in qualche attività quotidiana assolutamente normale (per esempio mentre fa la pappa, gioca oppure disegna) devo mettere su il cd rom numero 1 che ho trovato nello zainetto.
    Devo ricordarmi di fare questa operazione per almeno due volte nella giornata. Non devo aspettarmi che il nano ascolti le musiche e le parole come faremmo noi adulti, ma che, semplicemente, giochi come sempre, mentre l’inglese va in sottofondo. E’ come se abitasse in una casa inglese, dove la gente parla inglese e lo stereo canta musica inglese.
    A questa attività quotidiana si affianca la lezione settimanale con l’insegnante e magari qualche mia personale licenza creativa del tipo: “what would your like to have for dinner?”.


    La lingua straniera si distingue già a 4 mesi di vita

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    Possibile che i neonati di pochi mesi già siano in grado di imparare le regole grammaticali di una lingua diversa da quella materna? Secondo la studiosa Angela Friederici, che ha condotto uno studio insieme ai ricercatori del Max Planck Institut, è assolutamente possibile.
    Gli studiosi hanno iniziato a insegnare ad un gruppo di bambini tedeschi di 4 mesi di vita i primi rudimenti della lingua italiana. L’esercizio consisteva nell’ascolto, per tre minuti circa, di alcune frasi molto semplici in cui comparivano due semplici costruzioni: ’sta X-ando’ (ad esempio ‘il fratello sta cantando’), e ‘può X-are’ (‘la sorella può cantare’).
    Dopo questa prima fase, i piccoli hanno ascoltato frasi corrette e scorrette e in queste ultime frasi le costruzioni erano mescolate (ad esempio: ‘la sorella può cantando’ oppure ‘il fratello sta cantare’).
    Esaminando l’attività cerebrale dei bambini, è emerso che nelle prime frasi, quelle corrette, le attività erano minime mentre aumentavano in corrispondenza dell’ascolto delle frasi scorrette mescolate. Secondo i ricercatori ciò indica che i bambini, anche e piccolissimi, avevano già appreso che ’sta’ va con ‘-ando’ e ‘può’ con ‘-are’.
    “I dati dimostrano che già a 4 mesi si è in grado di cogliere le relazioni di dipendenza tra elementi non adiacenti nelle frasi dopo una breve esposizione a una lingua naturale non materna, naturalmente, a questa età i bambini non notano gli errori di contenuto, ma molto prima di comprendere i significati sono in grado di riconoscere e generalizzare le regolarità in base al suono della lingua”, ha precisato la ricercatrice.
     
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    LA CONQUISTA DEL VASINO



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    La conquista del vasino è una tappa fondamentale per il bambino che i genitori devono seguire per aiutarlo al meglio. A spronare il piccolo si può iniziare già intorno ai 18 mesi, periodo in cui si inizia a conseguire il dominio dei muscoli volontari. Di sicuro può essere utile proporre al bambino il vasino come un gioco. Si può iniziare dalla scelta dell’oggetto, tra quelli più colorati e dalle forme particolari; una moto, un animale o un automobile contribuiranno proprio a creare un clima di gioco intorno all’evento, sempre gradito ai bambini rispetto alle regole imposte forzosamente. Potrebbe essere utile, invece, per la mamma scegliere il periodo dell’estate per ‘iniziare’ il bambino al vasino.

    In questo periodo il piccolo può anche essere lasciato solo con le mutandine per casa e questo permette alla mamma di fronteggiare meglio eventuali ‘incidenti’. Sarebbe meglio far sedere il bambino sul vasino dopo i pasti e comunque ogni due ore. E’importante però non forzare troppo l’evento per non portare il bambino ad avere antipatia verso l’oggetto. Il bambino dovrebbe restare sul vasino per un periodo breve; è fondamentale che la mamma gli stia vicino, magari recitando una filastrocca. Quando il bambino rispetta le volontà dei genitori, anche relativamente all’uso del vasino, occorre sempre lodarlo, complimentandosi per la bravura. Ancora, la scelta del vasino deve essere definitiva.
    Quando il bambino è pronto a questa maggiore autonomia occorre dire addio definitivamente al pannolino, che andrà utilizzato solo di notte. Infine, è importante seguire con calma questa evoluzione del bambino, senza sgridarlo, soprattutto nelle prime settimane. In questa fase è probabile che il piccolo non controlli bene i suoi stimoli. Anziché sgridarlo, se non dovesse contenere la pipì, si può lasciarlo bagnato per qualche minuto. In questo modo è probabile che il piccolo avverta una sensazione di disagio che la volta successiva farà di tutto per evitare.

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    L'estate e' la stagione che aiuta le mamme nel paziente lavoro di educazione al vasino per i loro bimbi.

    Per i bambini che hanno compiuto almeno 18 mesi, infatti, l'arrivo del caldo può costituire un buon pretesto per abituarli a restare senza pannolino durante il giorno: il pannolino, che, già da quando camminano agilmente e si muovono con più sicurezza, diventa un fastidio, in questo periodo provoca irritazioni della pelle, per via dell'aumentata sudorazione. E' cosi' che i bambini, in estate, stanno volentieri senza pannolino.

    "Stare senza pannolino", pero', non significa immediatamente avere consapevolezza degli stimoli del prorio corpo, ne' accettare di sedersi sul vasino, bensi' e' una conquista che segna una tappa importante nella crescita e necessita attenzione e pazienza da parte dei genitori.


    Come capire se il bimbo e' pronto


    Sia che il vostro bimbo sia pronto per questo passo, sia che necessiti di un po' di tempo ancora, potete lasciarlo libero dal pannolino quando le circostanze lo permettono: quando siete in casa e quindi potete pulire l'eventuale "laghetto", quando siete in spiaggia o nei prati.

    Fare pipi' nelle mutandine serve al bmbino per prendere coscienza di questa operazione: senza un contenimento, la pipi' che scivola lungo le gambe, le prime volte li sorprende e noterete che la osserveranno molto attentamente.

    Se il bimbo ú in grado di tenere la pipi' per almeno un'ora-un'ora e mezza e se comprende e sa eseguire alcuni comandi (es. prendi quello, porta quella cosa, ecc.) allora potete cominciare.

    Il vasino e' una grande novita', per cui il bimbo deve avere occasione per conoscerlo: lasciatelo giocare, mostrategli che si puo' riempire di acqua, provate per gioco a farlo sedere di fronte a voi, sedute sul wc (mi rivolgo alle mamme, perche' di solito sono loro che si occupano dell'educazione degli sfinteri, ovviamente queste indicazioni sono rivolte anche ai papa').

    Perche' non vuole sedersi sul vasino


    Puo' capitare che le prime volte non accetti di sedersi sul vasino, o che ci resti seduto solo pochi secondi e subito scappi via correndo come un pinguino, cioe' con pantaloni e mutandine calati alle caviglie.
    Tutto normale: come gia' accennato il vasino e' una grossa novita' e per questo puo' anche fare paura.

    Non insistete, per non provocare un rifiuto, ma invitatelo a seguirvi in bagno quando voi fate la pipi', proponendo il vasino come un gioco.
    Il rifiuto puo' durare anche un po' di tempo (non stupitevi se per un mese continua a non volerne sapere del vasino), l'importante ú voi non vi mostriate innervosite o deluse, perche' questo puo', da un lato peggiorare il rifiuto innescando una "prova di forza", dall'altro generare insicurezza nel bambino che sente di non rispondere alle vostre aspettative.

    Quando il bimbo compie questi grossi passaggi di crescita, ha bisogno di essere sostenuto emotivamente, attarverso conferme del vostro affetto e della vostra stima nei suoi confronti INCONDIZIONATAMENTE, indipendentemente dalla sua riuscita o meno.
    Inoltre, un notevole progresso, spesso, necessita di una piccola regressione su qualche altro fronte: puÖ ad esempio chiedervi di essere imboccato, anche se giš da tempo mangiava tutto da solo; assecondatelo in questa sua "fatica di crescere", per un po', stimolandolo comunque a ricominciare a mangiare da solo.


    Non riesce a farla


    Finalmente si e' convinto a stare sul vasino, ci passa anche 15 - 20 minuti paziente, ma non fa nulla. Anche questa tappa fa parte del processo di autonomia, il bambino ha accettato il vasino ma non riesce a rilassare i muscoli e far uscire la pipi' o la cacca.

    In questo potete aiutarlo lascindogli tra le mani qualche gioco, come la carta igienica da strappare, qualche oggetto del bagno... in modo che si distragga e si rilassi.

    Ovviamente dovete proporgli il vasino quando pensate sia ora di farla, quando e' passata almeno un'ora e mezza dall'ultima volta. Il rumore dell'acqua del rubinetto che scorre puo' stimolare la fuoriuscita della pipi'. Se proprio non viene, mostrategli il vasino vuoto e pazientate ancora.


    Qualche statagemma



    Osservare un amichetto/un'amichetta
    Osservare un amichetto mentre la sta facendo nel vasino e poi constatrne il contenuto e' molto utile per aiutare il bambino a capire bene quello che deve fare e che non e' un'operazione difficile.

    Pupazzi che fanno pipi'
    I giochini di plastica che hanno la valvolina al fondo sono utili per fare comprendere come si fa la pipi' nel vasino: con mia figlia, riempivo di acqua Pippo, che era raffigurato seduto, e poi gli premevo il pancino, sul vasino, per fare uscire l'acqua come fosse pipi'.


    Un premio


    Imparare a fare la pipi' nel vasino e', come abbiamo detto, una tappa di crescita e va festeggiata. Promettegli qualcosa, che "meriti" la fatica di questo passo. Ad esempio a mia figlia avevo promesso una "vera" bambola, dal momento che lei aveva solo pupazzi di peluches.

    Carta igienica colorata
    Per rendere il tutto piu' divertente potete scegliere un vasino con una forma particolare e comprare qualche rotolo di carta igienica colorata.


    L'ha fatta!

    Ecco che per la prima volta ha prodotto qualcosa nel vasino!

    E' una conquista importante, complimentatevi con lui, festeggiatelo e lasciategli osservare quello che ha prodotto: ne sara' orgoglioso e gli servira' per la volta successiva.

    Ha imparato ma la fa ancora in giro
    Da quando la fa la prima volta a quando diventa autonomo sotto questo aspetto ci vuole ancora tempo e dovrete ancora molte volte tenere pronti secchio e straccio. Specie all'inizio, non vorra' interrompere i giochi per sedersi sul vasino e quindi vi dira' che non deve farla, e poi lasciera' il laghetto per la casa. Altre volte non fara' in tempo a dirvi che deve andare in bagno...che se la trovera' nei pantaloni. Oppure "farla in terra" sara' un modo per dimostrarsi arrabbiato con voi, per fare un dispetto. Non ci sono regole fisse di comportamento, bensi' occorre un po' di "sano buonsenso": quando involontariamente gli sara' scappata, vi mostrerete comprensivi, facendogli notare con dolcezza qual e' il posto giusto per pipi' e cacca; se la fara' in giro subito dopo che gli avete proposto il vasino o se capirete che è un dispetto, allora sarete piu' severi, sempre nella direzione di aiutarlo a capire qual e' il comportamento corretto.




     
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    Come togliere il ciuccio al tuo bambino



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    Togliere il ciuccio al tuo bambino è un momento molto importante nella sua crescita: l’utilizzo del ciuccio anche dopo i tre anni di età, può causare nei piccoli una malocclusione nella parte posteriore della bocca, come evidenziato da una ricerca condotta negli Stati Uniti e pubblicata sul “Journal of the american dental association”. Circa il 20 % dei piccoli che usano il ciuccio dopo questa età, riscontra problemi ai denti e al palato. Gli esperti ma anche i ricercatori, consigliano quindi di togliere il ciuccio al proprio bambino non dopo i tre anni di età. Anche questo è un tema molto dibattuto: ci sono mamme, giustamente, intransigenti che rispettano le regole dettate dal pediatra e altre che lasciano questa “coccola” al proprio bambino anche oltre i 5 anni di età.

    Togliere ciuccio: cosa dire



    Su questo punto non esiste una regola precisa. Ci sono bambini che affrontano questo cambiamento con tranquillità e altri che invece ne fanno una tragedia. Sta alla mamma e al papà impostare il modo più corretto per far vivere al bambino questo passaggio come una cosa naturale. Tantissime le strategie adottate dai genitori: “Vedi? Il ciuccio lo usano i bambini piccoli e tu invece sei grande!” o anche “Sta notte arriva la fatina del ciuccio che ti porta le caramelle“…insomma, basta un po’ di fantasia e la capacità, nel contempo, di distrarre i piccoli con qualche promessa divertente o con qualche gioco.

    Togliere ciuccio: quando




    Se è sbagliato togliere il ciuccio troppo tardi, sarebbe un’inutile imposizione anche farlo troppo presto. Intorno ai tre anni, il piccolo diventa più sicuro e magari frequentando l’asilo può anche soffrire meno questo cambiamento. Capita anche che i bambini, vedendo i loro compagni più grandi senza ciuccio, lo abbandonino spontaneamente. Ricordate infine che per il bambino il ciuccio è una sorta di coccola: lo cerca infatti al momento della nanna e quando magari la mamma non è con lui. Potete anche approfittare di una vacanza, dicendo che il ciuccio è stato lasciato a casa: la novità e le giornate al mare, di certo lo distoglieranno dal pensiero del ciuccio.

    Togliere ciuccio: cosa non fare




    Evitate assolutamente, durante una normale giornata in casa, di far sparire il ciuccio senza preavviso: per il bambino potrebbe essere uno shock non associare più luoghi famigliari all’uso del ciuccio. Non scherzate o ridicolizzate il bambino facendo confronti con gli altri bambini: al massimo sarà lui stesso a notare che gli amichetti non usano più e a comportarsi di conseguenza. Evitate anche di privarlo del ciuccio in momenti molto stressanti emotivamente come l’inizio dell’asilo o l’arrivo di un fratellino. Infine, una volta deciso di togliere il ciuccio, non tornate mai sui vostri passi: sopportate capricci e urla ma mai accontentarlo ridando il ciuccio!
     
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    Cucu, settete…anzi Peekaboo!!!




    Forse non tutti sanno che il gioco del cucù è estremamente importante per i bambini di pochi mesi. Può sembrare un semplice rito che si tramanda di generazione in generazione e che non ha altro significato se non quello di giocare con smorfiette e gridolini con il proprio bambino.
    Invece il gioco del cucù e un vero e proprio allenamento per il piccolo. E’ un allenamento a veder scomparire la mamma.
    Quando il piccolo inizia a rendersi conto di non essere affatto un unico inscindibile essere con la mamma e che lei non è parte di sé, ma una persona diversa da lui che può anche sparire, cresce in lui una sensazione di angoscia e di ansia che lo porta a piangere e a disperarsi quando la mamma non c’è oppure quando si allontana da lui.
    La sua disperazione nasce dal fatto che lui non sa che la mamma esiste anche se lui non la vede. Deve impararlo e a questo serve il gioco del cucù.
    La mamma è lì con lui e gli sorride e gli parla, poi si copre il viso con le mani e dice CUCU; è sparita. Che angoscia.


    Ma poi riappare e con un sorriso gli dice SETTETE. Che gioia!!
    Il gioco del cucù è universale e in inglese si dice Peekaboo.
    Ecco una delle filastrocche di Helen Doron
    One, two, Three Peekaboo!
    One, two, three,
    Go, goo, goo!
    One, two, three,
    Doo, doo, dee
    One, two, three,
    Mi, mi, mi, mi, mee!
    Ormai con il nano, che ha perfettamente capito che non sparisco affatto e che è passato alla fase avanzata del gioco del cucù e cioè al nascondino (si ferma immobile come una statua al centro della stanza e crede che così io non lo veda, oppure si nasconde dietro il muretto con la manina bene in vista), l’italico Cucù è stato sostituito dall’anglosassone Peekaboo.
    Un altro modo per acquisire familiarità con un’altra lingua attraverso consuetudini e riti universali.
     
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    caffeina e bambini




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    L'effetto diuretico della caffeina ha spinto molti pediatri a raccomandare l'eliminazione di questo composto dall'alimentazione dei bambini con enuresi. Diverse bevande, tra le quali quelle a base di cola, ma anche quelle a base di tè, sono infatti consumate abitualmente dai bambini. Le linee guida canadesi in materia raccomandano un consumo non superiore ai 45 mg/die nei bambini tra i 4 e i 6 anni, non superiore ai 62 mg/die nei bambini tra i 7 e i 9 anni e non superiore agli 85 mg/die nei bambini tra i 10 e i 12 anni. In questo studio sono state arruolate 228 famiglie degli Stati Uniti.
    Nel corso di normali visite di controllo è stato chiesto ai genitori di riferire il tipo di bibite consumato dai figli, la quantità e la frequenza, oltre alla durata del sonno e agli episodi di enuresi notturna. È risultato che i bambini tra i 5 e i 7 anni assumono in media 52mg di caffeina al giorno, mentre quelli tra gli 8 e i 12 ne assumono 109 mg. I primi dormono in media 9,5 ore, mentre gli altri dormono per 8,5 ore, meno di quanto consigliato dalle linee guida americane del CDC.
    È stata trovata una correlazione negativa tra caffeina consumata e ore di sonno, mentre a sorpresa non è stato trovato un rapporto con l'enuresi. Comunque, osservano gli autori, l'enuresi notturna è dovuta a molti fattori e non solo alla caffeina.

    Fonte:
    Caffeine Consumption in Young Children. Warzak WJ, Evans S, Floress MT, Gross AC, Stoolman S. J Pediatr. 2010 Dec 15. [Epub ahead of print]
     
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77 replies since 2/3/2011, 15:27   10533 views
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