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LA STRAGE DEI PROCI- parafrasi

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    parafrasi della strage dei proci



    Ciò che domina senza dubbio l’intero episodio è il tema della vendetta.Odisseo infatti persegue il suo scopo con determinazione e con gioia, con cui sparge il sangue dei Proci e dei loro complici, invasori della sua casa, e ci riesce grazie all’aiuto di Telemaco, Eumeo, e Filezio e grazie all’aiuto divino di Atena, che devia le aste dei pretendenti di Penelope, in maniera che non raggiungano il bersaglio durante la gara di tiro con l’arco da lei organizzata per scegliere definitivamente il futuro sposo al posto di Odisseo, che lei ignora che sia tornato a Itaca dopo dieci anni.

    Dopo l'avventura di Circe, Odisseo, su indicazione della stessa maga si reca nel regno dei morti, dove riesce ad intravedere le figure dei compagni defunti durante la guerra di *****, la madre e l'indovino Tiresia, che gli predice che gli preannuncia un ritorno luttuoso e difficile e lo invita di guardarsi dal toccare le vacche del Sole. Rimessosi in rotta Ulisse se la vede ancora con le pericolose sirene, i mostri Scilla e Cariddi e con la disubbidienza dei compagni che non riescono a frenare la voglia di banchettare con le attiranti mucche. Per questo Odisseo racconta di essere stato per nove giorni in balia di terribili tempeste scatenate da Zeus, da cui riuscì a scampare grazie all'arrivo sull'isola di Ogigia. L'eroe è dunque riaccompagnato a casa con abbondanti doni, e dopo essersi rivelato al figlio e al fedele Eumeo si reca alla reggia dove si fa accogliere come un mendicante. Qui schernito ripetutamente dai tracotanti proci, partecipa alla gara di arco organizzata da Penelope, che aveva promesso di consegnarsi in sposa a colui che sarebbe riuscito a scoccare una freccia dal pesante arco del marito facendola passare per le fessure di dodici scuri. Nessuno dei pretendenti ci riesce e così l'ultimo tentativo spetta ad Odisseo, che, dopo averlo scaldato sulla fiamma riesce perfettamente nell'impresa. A questo punto non gli rimane che scatenare la vendetta che aveva attentamente preparato con Eumeo, Filezio e il figlio...

    Ed egli si spogliò dei cenci, Odisseo, e balzò sulla grande soglia tenendo in mano l'arco e la faretra piena di frecce: ne versò fuori i veloci dardi proprio lì, davanti ai piedi, e disse ai Proci: «Questa gara ben dura ormai è finita. Ora voglio vedere se raggiungo un altro bersaglio che mai nessun uomo colpì, e se Apollo mi concede questo vanto.»

    Disse, e contro Antinoo drizzava la freccia aguzza.

    Lui stava per alzare una bella coppa d'oro, a due anse, e già la teneva tra le mani. Voleva bere vino: non si dava certo pensiero della morte. E chi mai poteva immaginare tra i convitati che uno solo in mezzo a tanti, anche se era gagliardo, gli avrebbe procurato la mala morte e il nero destino?

    E Odisseo lo prendeva di mira e lo colpì alla gola con la freccia: da parte a parte andò la punta attraverso il tenero collo.

    Si piegò da un lato, il principe: la coppa gli cadde di mano appena fu colpito, e subito un grosso fiotto di sangue gli andò su per le narici. Prontamente spinse via da sé la mensa urtandola col piede e rovesciò le vivande a terra. Il pane e le carni arrostite s’imbrattavano.

    Gettarono un urlo i pretendenti dentro la sala, a veder l’uomo cadere, dai troni, in fuga per tutta la sala, dappertutto spiando i solidi muri: né scudo c’era, né asta robusta da prendere. Urlavano contro Odisseo con irate parole: -Straniero, male colpisci gli uomini! Mai più altre gare farai: adesso è sicuro per te l’abisso di morte. Hai ammazzato l’eroe più gagliardo tra i giovani d’Itaca: qui gli avvoltoi ti dovranno straziare.- Parlava così ciascuno, perché credevano che non di proposito avesse ucciso: questo, ciechi, ignoravano, che tutti aveva raggiunto il termine di morte.

    Ma feroce guardandoli disse l’accorto Odisseo:-Ah cani, non pensavate che indietro, a casa tornassi dalla terra dei Teucri, perché mi mangiate la casa,delle mie schiave entrate per forza nel letto, e mentre son vivo mi corteggiate la sposa, senza temere gli dèi, che l’ampio cielo possiedono, né la vendetta, che in seguito potesse venire dagli uomini. Ora tutti ha raggiunto il termine di morte!



    parafrasi della strage dei proci



    La vecchia nutrice Euriclea capisce la vera identità di Odisseo quando egli si spoglia per fare un bagno, mostrando una cicatrice sulla coscia che si era procurato da bambino, ed egli la costringe a giurare di mantenere il segreto. Il giorno dopo, su suggerimento di Atena, Penelope spinge i Proci ad organizzare una gara per conquistare la sua mano: si tratterà di una competizione di abilità nel tiro con l'arco ed i Proci dovranno servirsi dell'arco di Odisseo, che nessuno a parte lui stesso è mai riuscito a tendere. Nessuno dei pretendenti riesce a superare la prova e a quel punto, tra l'ilarità generale, quello che è creduto un vecchio mendicante chiede di partecipare a sua volta: Odisseo naturalmente riesce a tendere l'arma e a vincere la gara, lasciando tutti stupefatti. Prima che si riprendano dalla sorpresa rivolge quindi l'arco contro i Proci e, con l'aiuto di Telemaco, li uccide tutti. Odisseo e il figlio decidono poi di far giustiziare dodici delle ancelle della casa che erano state amanti dei Proci e uccidono il capraio Melanzio che era stato loro complice.

    Riassunto


    Ulisse mette un'altra freccia al suo arco e la scocca dritta nella gola di Antinoo dal cuore selvaggio, che muore sul colpo. I proci cercano disperatamente le proprie armi, ma Telemaco le ha fatte portar via. Le frecce si vanno esaurendo, e Ulisse teme di venire sopraffatto dal numero soverchiante dei proci. Ad un tratto, fra la sorpresa di tutti, nella grande sala compare Mentore, ma non si tratta del precettore di Telemaco, bensì di Atena, che ne ha assunto le sembianze. La dea viene a ridare coraggio ad Ulisse, ed i quattro amici, riconfortati, si battono con rinnovato ardore. Atena si unisce a loro, creando delle diversioni e deviando la traiettoria delle armi improvvisate dei proci, che non colpiscono altro che le porte o le travi. Presto la lotta finisce. Gli unici ad essere stati risparmiati sono Femio, il rapsodo e Medonte, l'araldo dei proci, perché né l'uno né l'altro hanno partecipato alla spoliazione del regno di Itaca o hanno insultato Ulisse. Euriclea ha udito il rumore della battaglia. Telemaco va a cercare la nutrice e la conduce davanti al padre, che è in piedi nella grande sala coi suoi due fedeli servitori. Euriclea è tentata di gridare tutta la sua gioia per il trionfo del suo padrone, ma Ulisse le impedisce di rallegrarsi apertamente davanti a tutti quei morti. Le chiede invece di portargli le serve che lo hanno insultato : i tre uomini porteranno via i cadaveri dei proci e le donne puliranno la sala. Poi moriranno. Telemaco, pieno di odio per quelle donne, che hanno disonorato la dimora dei suoi genitori, le impicca. Anche il capraio Melanzio viene ucciso brutalmente.

    Analisi

    Ciò che domina senza dubbio l’intero episodio è il tema della vendetta.Odisseo infatti persegue il suo scopo con determinazione e con gioia, con cui sparge il sangue dei Proci e dei loro complici, invasori della sua casa, e ci riesce grazie all’aiuto di Telemaco, Eumeo, e Filezio e grazie all’aiuto divino di Atena, che devia le aste dei pretendenti di Penelope, in maniera che non raggiungano il bersaglio durante la gara di tiro con l’arco da lei organizzata per scegliere definitivamente il futuro sposo al posto di Odisseo, che lei ignora che sia tornato a Itaca dopo dieci anni
     
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