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parafrasi -il giorno -di Parini

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    parafrasi del giorno di Parini


    Il giorno è un componimento del poeta Giuseppe Parini scritto in endecasillabi sciolti, che mira a rappresentare in modo satirico l'aristocrazia di quel tempo. Con esso inizia di fatto il tempo della letteratura civile italiana.

    Il poemetto era inizialmente diviso in tre parti: Mattino, Mezzogiorno e Sera. L'ultima sezione venne in seguito divisa in due parti incomplete: il Vespro e la Notte. Ecco come Parini suddivideva la giornata ideale del suo pupillo, "il giovin signore", appartenente alla nobiltà milanese.

    Mattino
    Il Giovin Signore si sveglia sul tardi, in quanto la sera prima è stato sommerso dai suoi onerosi impegni mondani. Una volta alzato deve scegliere tra il caffè (se tende ad ingrassare) o la cioccolata (se ha bisogno di digerire la cena della sera prima), poi verrà annoiato da delle visite importune, ad esempio un artigiano che richiede il compenso per un lavoro. Seguono le cosiddette visite gradite (per esempio il maestro di francese o di piano); dopodiché non resta che fare toeletta e darsi ad alcune letture (in senso mondano, tese a sfoggiare poi la propria "cultura"). Prima di uscire, viene vestito con abiti nuovi, si procura vari accessori tipici del gentiluomo settecentesco (quali coltello, tabacchiera, etc.), e sale in carrozza per recarsi dalla dama di cui è cavalier servente (secondo la pratica del cicisbeismo, di cui lo stesso Parini è forte critico).


    Mezzogiorno, ribattezzato successivamente Meriggio.
    Il Giovin Signore, arrivato a casa della dama dove verrà servito il pranzo, incontra il marito della suddetta, che appare freddo ed annoiato. Finalmente è ora di pranzo, e i discorsi attorno al desco si susseguono, fino a che un commensale vegetariano (l'essere vegetariano era una moda discretamente diffusa tra gli aristocratici del tempo, cosa che a Parini sapeva di ipocrisia dato il loro quasi disprezzo per gli uomini di casta inferiore), che sta parlando in difesa degli animali, fa ricordare alla dama il giorno funesto in cui la sua cagnolina, la vergine cuccia, venne lanciata nella polvere da un cameriere a seguito di un morso ricevuto al piede (opportunamente punito per la sua sfrontatezza con il licenziamento, dopo anni di servizio, lasciando l'ex-dipendente e la sua famiglia nella povertà. In questo passo, l'ironia sorridente di Parini si trasforma in vero sarcasmo). Segue lo sfoggio della cultura da parte dei commensali, il caffè e i giochi.

    Vespro
    Il Giovin Signore e la dama fanno visita agli amici e vanno in giro in carrozza. Poi si recano da un amico ammalato (solo per lasciargli il biglietto da visita) e da una nobildonna che ha appena avuto una crisi di nervi, mentre discutono su una marea di pettegolezzi.


    Notte
    I due amanti prendono parte ad un ricevimento notturno, ed il narratore inizia la descrizione dei diversi personaggi della sala, in particolare degli "imbecilli", caratterizzati da sciocche manie. Poi si passa alla disposizione dei posti ai tavoli da gioco (che possono risvegliare vecchi amori o creare intrighi) e infine ai giochi veri e propri. Così si conclude la "dura" giornata del nobile italiano del 1700, che tornerà a casa a notte fonda per poi risvegliarsi il mattino dopo, sempre ad ora tarda.


    Stile e significato dell'opera
    L'impronta ironica del poema mira innanzitutto ad una critica nei confronti della nobiltà settecentesca italiana, ambiente che lo stesso Parini aveva frequentato come precettore di famiglie aristocratiche, e che quindi conosceva molto bene. Libertinismo, licenziosità, corruzione ed oziosità sono solo alcuni dei vizi che l'autore denuncia nella sua opera, incarnati perfettamente da questa classe sociale che, a giudizio del poeta, aveva perso quel vigore necessario a farsi guida del popolo, come invece era stata in passato. Parini infatti non si pone come nemico della casta nobiliare (come al contrario molti pensatori del suo tempo erano), ma si fa portavoce di una teoria secondo la quale l'aristocrazia vada rieducata al suo originario compito di utilità sociale, compito che giustifica appieno tutti i diritti ed i privilegi di cui gode. Da qui si può comprendere come la sua polemica antinobiliare fosse in linea con il programma riformatore di Maria Teresa d'Austria, che puntava ad un reinserimento dell'aristocrazia entro i ranghi produttivi della società. A spiegare la critica pariniana, è emblematica la definizione del Giovin Signore data nel proemio del Vespro: colui "che da tutti servito a nullo serve"; giocando sull'ambivalenza del verbo "servire", che può anche significare "essere utile a". Partendo da questo punto, si può cogliere come il poeta abbia intenzionalmente costruito l'intera opera sul gioco dell'ambiguità: se per una lettura superficiale (e quindi del Giovin Signore stesso) il componimento può apparire un'esaltazione ed un'adesione agli atteggiamenti della classe nobiliare, un approfondimento fa invece emergere tutta la forza dell'ironia volta ad una vera e propria critica, nonché denuncia sociale. L'antifrasi è evidente anche nel ruolo di precettor d'amabil rito che l'autore intende assumere, incaricandosi d'insegnare, attraverso "Il Giorno", come riempire con momenti ed esperienze piacevoli la noia della giornata d'un Giovin Signore. Ciò fa sì che quest'opera rientri nel genere della poesia didascalica, molto diffusa nell'epoca classica e nei momenti dell'Illuminismo. Lo stile è senza dubbio di alto livello, tipico del poema epico antico e della lirica classica: i frequenti richiami classici ed il tono solenne non sono da intendere solo nella loro funzione di supporto all'ironia ed alla finalità critica del componimento (quali senza dubbio sono, ma non solo), ma anche come un gusto poetico estremamente colto, ricco e raffinato. La scelta stilistica del poeta di un linguaggio proprio dell'epica, di una grande attenzione ai particolari e di una minuziosità descrittiva, accompagnano quindi quell'intento di ambiguità nei confronti della materia trattata: assumendo i personaggi dell'opera come veri e propri eroi del poema, mettendo su di un piedistallo i loro vizi ed i loro modi di vivere, Parini riesce acutamente a sminuirli, provocando nel lettore sì un sorriso, ma un sorriso che sa di amaro.
     
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