Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Parafrasi "sonno di nuvole" di Arturo Onofri

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Millennium Member

    Group
    Administrator
    Posts
    112,793
    Location
    Milano

    Status
    Offline
    parafrasi della poesia "sonno di nuvole" di Arturo Onofri
    testo:
    Sonno di nuvole
    Impallidisce il cielo
    appannato di un velo rosa
    nella brezza leggera
    che non fa chiuder foglia di mimosa
    ed ora
    dalle palpebre stanche della sera
    destar le prime stelle
    in un occhieggiar vivido, che varia
    quasi per ciglia invisibili, d’aria.
    E salgono i pianti dei grilli
    cullando il sonno dell’erba già bruna,
    lungo i roveti che s’empiono di trilli,
    per la nascente luna.

    PARAFRASI

    Marzo, che mette le nuvole a soqquadro (prop. relativa) e le ammassa in montagne
    (ammontagna) [che sembrano] di broccato, per poi dissolverle (disfarle) in pioggia
    che fa nascere e crescere le mammole (in mammole) sui prati (prop. finale), [marzo]
    accende all’improvviso, come un ladro, un’occhiata di sole (prop. principale), che fa
    luccicare (abbaglia) l’acqua (acque) caduta con la pioggia e le roride viole che sono
    nate in virtù di essa (viole) (prop. relativa).
    Marzo è un fanciullo [che sta] in ozio, con in bocca un filo (fil) d’erba appena
    spuntato (primaticcio), a cavalcioni sul vento (prop. principale) che separa l’inverno
    dalla primavera (due stagioni) (prop. relativa); e, per suo divertimento (capriccio),
    mentre zufola (zufolando) (prop. temporale), provoca [per l’intermittente immissione
    di aria nello strumento musicale] (fa) il tempo (coord. della principale) che gli piace
    (prop. relativa).
    Stanotte, fra i suoi riccioli che ricadevano (spioventi) sul mio sonno come brevi ma
    violenti scrosci di pioggia e trilli di uccelli (a rovesci e trilli alati) (prop. relativa), il
    soffio sonoro ma silenzioso (il flauto di silenzio) dei respiri e dei profumi della
    natura (dei suoi fiati) riportava alla vita (svegliava), mentre lo [Marzo] sognavo ( nel
    mio sognarlo) (prop. temporale), immagini colorate della vegetazione primaverili
    (azzurri e argenti) (prop. principale), e fuori quasi per effetto della forza
    immaginifica del sogno sogno (ne) sono sbocciati i fiori

    Sonno di nuvole di Arturo Onofri

    Impallidisce Il Cielo, appannato di ONU velo rosa Nella Brezza Leggera Che non fa chiuder foglia di mimosa ed Ora Dalle Palpebre stanche della Sera destar le prime star a Onu occhieggiar Vivido, il Che varia quasi per ciglia invisibili, d'aria. E salgono i Pianti dei Grilli cullano Il sonno Dell'Erba Gia Bruna Lungo i roveti Che s'empiono di trilli, per la nascente luna. Chi fra i rami bisbiglia? Chi Sogna GIA, SE C'E Ancora tanta luce Vermiglia il Che sembra un'aurora? Qualcuno qui pressoterapia Gia dorme alitando in brusii Vaghi notturni, e laggiù Quelle stanche nuvolette, Piene di Sonno, lenta Calano in rosee torme ambrogetta cerulee vette per adagiarsi mollemente Lungo ii fianchi della montagna il Che SI ruga di ombre violette. Dormiranno ONU Sonno Magico sui giacigli delle Selve Nella luce argentea Che stagna placidamente

    fonte:http://vocidelpassato.blogspot.it/2009/01/sonno-di-nuvole-di-arturo-onofri.html



    commento sulla poesia di Arturo Onofri "Sonno di nuvole"

    Poi egli appariva, alto, vestito di scuro, nel quadro dell’uscio. Sorrideva. Le rughe della fronte le rivedo come quelle che i cinesi tracciano sulla fronte dei loro sapienti. Occhi che guardavano e chiedevano sorridendo, mentre la bocca restava chiusa e un po' dolente. E pure gli occhi illuminavano d’una luce fredda e calma tutto il lungo volto emaciato come quello d’un chimico solitario per anni fra le sue esperienze; e talvolta si facevano vitrei, come fissi ad arcani soggetti, oltre il nostro spazio, sguardo veggente, occhi profetici.
    Giovanni Cavicchioli, Arturo Onofri, Firenze, Vallecchi

    --------------------------------------…

    Il lettore onofriano nutre diffidenza; stanchezza, distacco verso tutto l’involucro teosofico e antroposofico dentro cui sono celati, quando non deformati, i motivi più autentici ed elevati di questo poeta. Anzi, diremo, la minor competenza che ha un lettore d'oggi nei confronti delle teorie esoteriche steineriane, pone alla comprensione odierna maggiori ostacoli e impacci di quanti non ne avesse un lettore nel 1928, allorché era più diffuso il gusto di quelle indagini pseudo-scientifiche e pseudo-filosofiche. E pochi, sul momento, avrebbero la pazienza di erudirsi in antroposofia al solo scopo di più esatta penetrazione delle capillari astrazioni teosofiche di Onofri: dico nell'eventualità che ritenessero necessaria siffatta competenza per frequentare e delimitare l'elaborazione letteraria, l'origine linguistico-espressiva, il maturarsi della poetica (poetica, appunto, non le teorie di Steiner) di un artista quanto mai emblematico del gusto letterario italiano all'indomani della prima guerra. Onofri, infatti, più che un punto d'approdo, manifesta in guisa chiarissima, quasi allo stato scoperto e intenzionale, l’impegno espressivo dell'analogia allusiva ed evocativa che in altri poeti a lui coetanei, ad esempio in Ungaretti, aveva assunto una vivida consapevolezza interiore, nascosta e preterintenzionale. In tal senso la funzione di Onofri nel Novecento assume un po' le caratteristiche, nella tanto diversa condizione umana e letteraria, dell'opera poetica di un Boito tra il romanticismo e il decadentismo una funzione apparente di segnale nel mutare delle attitudini e del gusto letterario dall'eroismo dannunziano al Pascoli, dal panteismo all'analogia ermetica, il tutto serrato a forza in un complesso sistema spirituale i cui estremi teoretici ritroveremo nel Nuovo Rinascimento come arte dell'io, edito nel 1925, quale preludio al ciclo wagneriano di Terrestrità del sole, di Vincere il drago!, di Zolla ritorna cosmo, di Suoni del Graal, e di Aprirsi fiore, anello nibelungico che l’Onofri andrà febbrilmente componendo nei tre anni correnti tra la data del Nuovo Rinascimento e la morte. Tuttavia, le astrazioni teosofiche dalle quali resta soffocata tutta la produzione poetica della maturità, hanno una possibilità di intesa e di sollecitazione intellettuale in quanto si riflettono nella tenuta lirica. E si riflettono non come tessuto connettivo, severa impalcatura irrazionale, su cui emerga la nota poetica più vera dell'Onofri, e nemmeno come «golfo mistico» (per continuare nella terminologia wagneriana tanto cara al Nostro), ma piuttosto come sollecitazione tutt'affatto espressiva, verbale, immaginosa dell'oggetto naturale di osservazione. Per noi, così ignari della dottrina antroposofica, si renderà necessaria una frequentazione auricolare di quei testi sacri all'Onofri, e, se tra entità cosmiche o, spirito solare o esseri stellari ci sarà facile smarrirci, almeno quella terminologia si depositerà nella mente nostra, come sovente si posava, più che sul sistema pseudofilosofico, proprio sulla fantasia onofriana sensualmente avida di fantasmi e impressioni esoteriche. Biblismo, bizantinismo, orientalismo, in genere tutto il linguaggio esotico dell'Onofri proviene appunto dalle opere teosofiche familiari al poeta, soprattutto quelle tendenti ad equilibrare la dottrina delle religioni orientali col fondamento etico-umano del cristianesimo, e perciò facili alla suggestione delle massime, religiose e dei proverbi, morali delle letterature orientali. Per tal motivo quei temi religiosi cari all'Onofri vogliono assumere, volontariamente, in forza di una suggestione mitica, similitudini e procedimento gnomico d'impronta esotica. Ed ecco, commenta il lettore di poesia, le ambizioni teosofiche e scientizzanti di Onofri sconfinano in questa stanca prosaicità, in un tono didascalico che si realizza nei frequenti tagli metrici, nelle allitterazioni, negli enjambements, nell'urto dissonante di talune proposizioni, che han poi lì accanto, affratellati, arabeschi di malcelato dannunzianesimo, alternanza di linee in timbro ottocentesco che di necessità disturbano, descrittivismi pittorici quali con tanta più grazia e freschezza di umore visivo seppero fare i primi nostri decadenti, cariche sensuali di un'usura baudelairiana troppo evidente.

     
    Top
    .
0 replies since 25/4/2013, 22:44   15052 views
  Share  
.