La Musica Igbo (Igbo: Egwu nkwa ndi Igbo) è la musica del popolo Igbo, che sono gli autoctoni della parte sud-orientale della Nigeria. Gli Igbo tradizionalmente fanno molto affidamento agli strumenti a percussione come il tamburo e il gong, che sono popolari per la loro innata capacità di fornire una gamma diversificata di tempo, il suono e il passo. Musica Igbo è generalmente vivace, allegra e spontanea, che crea una varietà di suoni che permette al popolo Igbo di inserire la musica in quasi tutte le sfaccettature della loro vita quotidiana: riti, manifestazioni spirituali e culturali e nascita di bambini e funerali. Oggi, questi strumenti musicali sono utilizzati anche per accompagnare i cori della chiesa.
"IGBA" o "NKWA" (Tamburo cilindro)
L'IGBA (tamburo-cilindro) è un pezzo di legno cavo coperto da un lato con pelle d'animale tenuto stretto con dispositivi di fissaggio. L'artista si porta sulle spalle con l'aiuto di una tracolla. L'artista produce il suono battendo sulla pelle di animale con le dita o la combinazione di una serie di dita e un bastone speciale. Il tamburo-cilindro accompagna danze, canti, cerimonie religiose e laiche, e le sue melodie sono state conosciute per dare segnali speciali per una buona notizia e una cattiva notizia.
L'EKWE (tamburo da fessura) è un tronco d'albero (bamboo, palma, pera, ecc.), scavato per tutta la sua lunghezza da due cavità rettangolari alle estremità e una fessura orizzontale che collega la cavità. La dimensione della fessura-tamburo dipende dal suo uso e significato. Il suo significato include l'uso come strumento musicale al incoronazione, eventi culturali e rituali. I diversi suoni del tamburo servono per convocare i cittadini nei palazzi del Re, o nelle piazze. Il ritmo forte della tamburo dà segnali speciali per inondazione, incontri, annunci di incendio, furto e altre emergenze. OGENE" (il Gong)
Questi strumenti sono un'altra parte importante della musica Igbo. Anche se non così importante come il tamburo, questi strumenti forniscono ritmo tanto necessario e di accompagnamento. I gong più importanti sono "Olu" e "Ogene". "Olu" è un gong di grande dimensione, circa un metro e mezzo di lunghezza. "Ogene" è più piccolo gong ed è di circa venticinque centimetri di lunghezza. "Olu" e "Ogene" si suonano sono battendo ritmicamente la base di questi strumenti in cadenza con il resto del complesso. "Ogene" è usato principalmente per complementarsi con tamburi e altri strumenti a percussione. E' anche molto utile per aiutare i ballerini a cordinare i loro movimenti e gesti. "Olu" produce un suono molto distinto ed è principalmente usato per mettere in guardia la comunità di pericolo o come una richiesta di attenzione in caso di un annuncio importante. Sono stati fatti originariamente in bronzo, ma, in tempi moderni, sono realizzati principalmente in metallo comune come superficie sporgente in forma di corona ellittica, e affusolata come un tronco alla sua gestione. "OJA" (Flauto)
"OJA" (flauto) è un pezzo di legno progettato con una cavità interna, la parte superiore ha un ampia apertura per adattarsi alla forma del labbro inferiore umano, un piccolo foro sul fondo e due fori più piccoli sui lati opposti, vicino alla parte superiore. L'artista soffia i suoni musicali attraverso l'ampia apertura, pur ponendo il pollice e l'anulare contemporaneamente sui due piccoli fori per controllare il ritmo. Il foro inferiore, che è lasciato da solo in ogni momento controlla il ritmo musicale fuoriuscente. Si usa per accompagnare danze e canti, o suonato come solista. "UDU"
Lo strumento è suonato a mano e produce un suono di basso speciale ed unico battendo un panno soffice sul grande buco. Inoltre, l'intero corpus può essere suonato con le dita (alcuni musicisti esperti usano anche i piedi). Oggi è ampiamente utilizzato dai percussionisti in stili musicali diversi. L'UDU (Ceramiche-drum) è una forma di sfera in terracotta, con un cavo all'interno e una piccola bocca aperta. La funzione principale di "Udu" è quella di produrre dei bassi musicale. L'artista realizza questo battendo la bocca aperta con un oggetto rotondo e piatto. L'Udu è usato anche come una cassaforte, ed è il primo contenitore degli Igbo per conservare l'acqua, olio di palma, o per preservare alcuni prodotti. Continua a servire come fonte migliore per il basso musicale.
L'agogo è uno strumento a percussione della famiglia degli idiofoni originario della Nigeria e successivamente diffusosi in Brasile con lo stesso nome e a Cuba con il nome di ogàn o ekón.
Il nome principale deriva da akoko, termine brasiliano (lingua nage) che significa "misuratore di tempo". È formato da due o più campane di ferro senza batacchio di dimensioni conico allungate e grandezze diverse, uniti alla base da una connessione che funge anche da impugnatura. Lo si suona reggendolo in mano (per attutire le vibrazioni) e percuotendolo con il lato di una bacchetta in legno o in ferro alla ricerca dei punti di migliore sonorità. Il ruolo principale di questo strumento è l'esecuzione di una frase ritmica invariata chiamata generalmente chiave, che serve a dare il ritmo sul quale si basa l'andamento generale di una danza.
Il Chiquitsi è uno strumento musicale tradizionale della popolazione Shangane, del Mozambico. È uno strumento principalmente femminile, usato per accompagnare il canto nella cerimonia del matrimonio. È molto diffuso nel sud del Mozambico (Maputo, Gazae, Inhambane). Nelle regioni del nord prende il nome di Kaembe. Si tratta di un contenitore costituito da una serie di piccole canne di paglia di una pianta chiamata Txlhongue, intrecciate come se fossero una stuoia. Le canne vengono poi serrate da tre cornici di rafia in modo da formare una scatola, all'interno della quale vengono posti piccoli semi o sassolini. Il chiquitsi viene suonato scuotendolo con entrambe le mani, oppure inclinandolo si ottiene un caratteristico effetto di risacca, di varia durata a seconda della maggiore o minore inclinazione dello strumento.
Il djembe (trascritto anche come djembè, djembé, djambè, djambé, jenbe, jembe, djimbe e secondo altre varianti) è un tamburo a calice originario dell'Africa occidentale, in particolare della Guinea Conakry, Mali, Burkina Faso, Senegal e Costa d'Avorio e oggi diffuso in tutto il mondo. Il djembè è composto da un calice in legno ricoperto di pelle di capra o più raramente di mucca e da un sistema di tiraggio della pelle stessa, formato da corde e da cerchi metallici. Viene suonato a mani piene e ha tre colpi principali, lo slap (suono acuto), il tone (suono medio) ed il base (suono basso). Si tratta di uno strumento che viene raramente utilizzato in solo ma che si suona insieme ad altri tamburi e ad altri strumenti, che vanno a costituire la poliritmia, stabilendo attraverso le composizioni ritmiche, dei momenti di assolo per ogni tamburo.
Denominazione
La scrittura djembe, con il dj iniziale, è riflesso del fatto che furono ifrancesi a far conoscere lo strumento in Occidente; dj è infatti una traslitterazione in francese della "g" dolce ("giambé"). Nel periodo postcoloniale diverse autorità africane hanno proposto nuove traslitterazioni ufficiali basate su standard internazionali di trascrizione fonetica, ma la scrittura alla francese rimane tuttora predominante. Struttura
I djembe sono tamburi di grandi dimensioni, in genere intorno ai 30 cm di diametro e 60 cm di altezza (ma ci sono ampi margini di variabilità). Il corpo, cavo, ha una tipica forma a calice; la superficie interna dovrebbe essere liscia e levigata, cosa che contribuisce alla ricchezza del timbro dello strumento. La membrana, tradizionalmente, è in pelle di capra; più raramente in pelle di vacca. La pelle viene tesa attraverso due procedure distinte di tiraggio chiamate tiraggio verticale e tiraggio orizzontale. Il tiraggio verticale si effettua subito dopo il montaggio della pelle e consiste nel far raggiungere una buona tensione alle corde. Il tiraggio orizzontale consiste nell'intrecciare le corde precedentemente tirate utilizzando una terza corda che viene legata in direzione orizzontale al fusto. I djembe tradizionali sono costruiti a partire da un unico pezzo di legno. Si scelgono solo legni duri (soprattutto dimba, ma anche bois rouge, lenge, acagiù, iroko, hare, dugura) e teck; i djembe più economici, realizzati incollando assieme diversi pezzi di legno, sono da scartare per la mediocre qualità del suono; i djembe prodotti industrialmente con materiali sintetici (sia la cassa sonora che la pelle), possono apparire prodotti professionali e ben fatti (spesso costano molto) ma sono assolutamente diversi nel suono dai veri djembe. Suono e tecnica
Il djembe si distingue fra i membranofoni per una gamma di toni particolarmente ampia, che ne consente l'uso come strumento solista oltre che ritmico. Sostanzialmente però, i colpi principali sono tre: lo slap, il tone ed il base. Questa varietà tonale dipende dalla particolare forma a calice, dai tipi di legno usati, dalla lavorazione interna della cassa armonica, e dal tipo di pelle utilizzata. Il djembe si suona con le mani e per riprodurre i toni fondamentali occorre una certa pratica; sono rilevanti sia la posizione in cui si colpisce la membrana quanto la "consistenza" del colpo. Il tone (colpo medio) si potrebbe descrivere come "concentrato" e si ottiene colpendo mantenendo il polso rigido; Lo slap è un colpo invece "diffuso" e si ottiene dando maggiore elasticità al polso e tenendo le dita leggermente aperte. Il passaggio dal colpo concentrato a quello diffuso corrisponde a un passaggio da toni più bassi a toni più alti; il terzo colpo fondamentale è il base (letto bass), ed è il colpo più basso e si produce colpendo il tamburo al centro della pelle. I suonatori principianti tendono a cambiare tono spostando le mani, mentre i professionisti privilegiano in genere le variazioni nel tocco.
Tradizionalmente, il djembe viene suonato in ensemble con altre percussioni, come i dunun (tamburi bassi) e nella maggior parte dei casi ricopre il ruolo di strumento solista. Il djembe nella cultura
Il djembe è uno strumento di comunicazione sociale e come tale ha un ruolo molto importante nell'accompagnare danze cerimoniali e rituali, come nei battesimi, nei matrimoni, nei riti di circoncisione e nei funerali, praticamente le tappe fondamentali della vita, ma anche durante le feste "mondane". Il suonatore di djembe viene chiamato djembefola (fola significa suonatore). Storia dello strumento
Le origini dello strumento sono certamente molto antiche; una delle ipotesi più diffuse è che provenga dalla regione di Wosolo (oggi nel Mali), dove sarebbe stato inventato dall'etnia Bamana circa 3000 anni fa[2]. È comunque sicuro che questo strumento sia nato nelle regioni tra la Guinea ed il Mali[senza fonte]. Si ritiene che il djembe si sia diffuso in Africa Occidentale intorno al primo millennio d.C., probabilmente ad opera dei Numu, una classe di fabbri delle etnie Mandinka e Susu. Nonostante la relazione dello strumento con una particolare classe, tuttavia, in Africa la pratica di suonare il djembe non viene considerata un privilegio ereditario (come avviene per altri strumenti, per esempio quelli tipici dei griot). Pare che anticamente i djembe fossero usati anche per trasmettere messaggi a distanza. Durante il colonialismo, i francesi diedero un contributo fondamentale allo studio e alla diffusione del djembe nel mondo occidentale. In Europa, il djembe iniziò a essere conosciuto a partire dagli anni quaranta, e divenne sempre più popolare nei decenni successivi. Molti Europei conobbero il djembe attraverso gli spettacoli de Les Ballets Africains di Papa Ladji Camara e Fodeba Keita. Verso la fine del XX secolo il djembe divenne uno degli strumenti "etnici" più popolari in Occidente. Questo crescente interesse internazionale per lo strumento fece sì che iniziassero a circolare esemplari prodotti in serie; i primi furono quelli realizzati dai mobilifici del Ghana e pensati per la vendita ai turisti. Per fortuna però i maestri artigiani Guineani, Maliani, Ivoriani, Senegalesi e Burkinabè hanno continuato a costruire i veri djembe lottando contro il sempre più asfissiante sistema moderno di commercializzazione.
Il kayamba è uno strumento musicale tradizionale del popolo Luo dell'Africa centro-orientale appartenente alla categoria degli idiofoni. È formato da due tavolette sottili, generalmente in legno, tenute insieme da un particolare intreccio di fili d'erba e di sisal, che serrano uno strato interno fatto di piccoli ciottoli, fagioli o altri semi. Quando lo strumento viene agitato o ruotato dal musicista, produce un suono ritmico delicato, simile per certi aspetti a quello prodotto dal bastone della pioggia. Alcuni kayamba hanno delle maniglie laterali per facilitare il battimento ritmico. È uno strumento d'accompagnamento delle danze e dei canti cerimoniali, come lo shekere e le krakeb della musica gnawa.
Kora
La kora è uno strumento musicale del gruppo dei cordofoni, della famiglia delle arpe a ponte; organologicamente è considerata un'arpa liuto. È uno strumento tradizionale dell'etnia Mandinka, diffusa in buona parte dell'Africa occidentale.
Descrizione
La cassa di risonanza della kora è costituita da una mezza zucca svuotata e ricoperta di pelle di animale (mucca o antilope). Sulla cassa è infisso un manico da cui partono 21 corde che si inseriscono, in due file parallele rispettivamente di 10 ed 11 corde, su di un ponticello perpendicolare al piano armonico. Le corde erano tradizionalmente fatte di cuoio, per esempio di pelle d'antilope; oggi sono molto usate anche le corde d'arpa o il filo di nylon. Talvolta, fili di diversi materiali vengono avvolti assieme per formare una corda più spessa con un timbro specifico. Alcune kora moderne (in particolare costruite nella regione di Casamance, nel Senegal meridionale) hanno alcune corde aggiuntive (fino a quattro) dedicate ai bassi. Esistono anche varianti di kora a 23, 25, 27 fino ad un massimo di 28 corde. Le corde sono legate al manico da anelli di pelle; spostando tali anelli si può variare l'accordatura dello strumento. La tradizione prevede quattro diverse accordature, dette tomora ba (o sila ba), hardino, sauta e tomora mesengo; corrispondono grosso modo alla scala maggiore, alla scala minore, alla scala lidia e alla scala blues. La tipologia di accordatura a cui si ricorre dipende perciò dal brano che si vuole eseguire. Tecnica
Sebbene il suono di una kora sia molto simile a quello di un'arpa, le tecniche utilizzate per suonarla sono molto più simili a quelle impiegate per la chitarra del flamenco. L'esecutore suona lo strumento ponendolo davanti a sé, sorreggendolo con le due dita medie che fanno presa su due sporgenze di legno. Le corde vengono pizzicate con l'indice e 1 pollice di entrambe le mani, la fila di 11 con la mano sinistra, quella di 10 con la destra. I suonatori molto esperti sono capaci d eseguire contemporaneamente un accompagnamento ostinato (detto kumbeng) e un assolo improvvisato (chiamato biriminting). Diffusione e ruolo culturale
La kora è diffusa presso tutti i popoli Mandinka dell'Africa occidentale; la si trova in Mali, Guinea, Senegal e Gambia. Il suonatore di kora viene detto jali; in genere appartiene a una famiglia di griot, ovvero di cantastorie ed è esclusivamente un maschio. Così come il griot gode di un grande rispetto presso i popoli Mandinka (quale detentore della conoscenza sulle tradizioni, le gesta degli antenati, gli alberi genealogici dei clan, ovvero dell'intera tradizionale orale del popolo), analogamente quello di "jali" è considerato un titolo onorifico molto importante. Tradizione orale e contemporaneità
Esistono diversi racconti orali che narrano l'invenzione e la storia di questo particolarissimo strumento musicale: nell'area dell'antico Regno del Mali, si narra che la Kora fu inventata da un grande capo dei guerrieri, Tira Maghan che l'avrebbe donata ai griots del suo villaggio; da quel momento essa sarebbe divenuta lo strumento privilegiato dei griots che ne avrebbero scoperto tutte le sfaccettature e le possibilità sonore al fine di rendere al meglio il prezioso dono ricevuto dal loro signore. Secondo una variante dello stesso mito, diffusa in Gambia, nella regione del Kansala la prima Kora sarebbe appartenuta ad una donna particolarmente ingegnosa e creativa, probabilmente una griotte. In mancanza di documentazione scritta e di una tradizione orale in merito, è difficile stabilire quale sia stata l'evoluzione storica della kora prima dell'avvento degli Europei. La kora viene citata, tra l'altro, dall'esploratore scozzese Mungo Park, nel suo Travels in Interior Districts of Africa (1799). Nel XX secolo, nella regione di Casamance, si sono iniziate a costruire kore a 25 corde. Una versione elettrica della kora, il gravikord, è stata inventata verso la fine del secolo da Robert Grawi, e viene oggi usata da molti musicisti africani; Foday Musa Suso, per esempio, suona il gravikord in alcuni brani di Herbie Hancock. Stefano Lentini ha utilizzato la kora come strumento solista in brani per pianoforte e orchestra nella colonna sonora del film Bakhita mescolando elementi della tradizione popolare senegalese con stilemi della musica colta occidentale. Suonatori di kora celebri
La m'bira, in lingue locali anche likembe, mbila, mbira huru, mbira njari, marimba o kalimba[senza fonte], è uno strumento idiofono tipico dell'Africa sud-orientale, conosciuto in Occidente anche come sanza. Il termine sanza indica una famiglia di idiofoni presenti praticamente in tutta l'Africa nera il cui principio di base è quello della vibrazione di lamelle metalliche posizionate su una tavoletta di legno, con o senza cassa di risonanza. Le lamelle vengono fissate in modo tale da vibrare con una semplice pressione dei pollici.
Descrizione La m'bira è costituita da una sorta di tastiera in metallo o in legno accordata generalmente su una gamma pentatonica e da un risuonatore che può essere costruito da oggetti di vario tipo (calebasse, bottiglie, oggetti sferici di vari materiali). I tasti sono delle vere e proprie lamelle in metallo o più raramente in bambù che si suonano con i due pollici. Tradizione
In molte tradizioni culturali dell'Africa sub-sahariana, questo strumento è spesso utilizzato dai griot. Secondo la mitologia bantu, la m'bira era presente sin dai tempi della creazione del mondo, infatti ogni lamella rappresenta una fase della creazione. La m'bira presso gli Shona dello Zimbabwe [modifica] La m'bira è uno degli strumenti tipici soprattutto della tradizione musicale dello Zimbabwe,non a caso Harare è un punto di riferimento per la musica dell'Africa australe. In particolare, la m'bira è molto diffusa tra gli Shona. Tra le comunità Shona il suono della m'bira era tradizionalmente associato ai riti di contatto con gli antenati: la parola stessa deriva da una cerimonia religiosa detta bira. Un buon suonatore di m'bira è considerato come una sorta di eletto, un individuo protetto dagli spiriti ancestrali. Di questo strumento si conoscono versioni in cui la cassa di risonanza è costituita (evidentemente per scopi magici) da teschi di animali. La m'bira viene generalmente utilizzata durante le cerimonie ufficiali. Questo strumento presenta diverse varianti: la M'bira Matepe, diffusa nel Manicaland, con tasti lunghi e sottili in numero di 29 o 34; la M'bira Njari, a 34 tasti, presente nell’area di Masvingo; la M'bira Dzavadzimu, con i tasti disposti su due file, diffusa nelle regioni ad est; la M'bira Nhare, con i larghi tasti, che presenta un foro nella cassa di risonanza per il mignolo della mano destra (diffuso tra le comunità del Mashonaland); la M'bira Dzva Tonga, molto più piccola, con 8/14 tasti, montati su una piccola cassa di legno sagomata, in uso presso i Tonga; la M'bira Karimba, con un numero variabile di tasti, tra 8 e 20, utilizzata direttamente su una zucca, forata alla sommità, che funge da naturale cassa di risonanza e la M'bira Nyunga Nyunga. La musica tradizionale Shona risulta molto rappresentativa delle potenzialità di questo strumento. Il musicista di m'bira è spesso anche abile cantante che si esibisce seguendo modelli melodici adatti alle possibilità sonore del lamellofono, con testi brevi che si ripetono e fraseggi in improvvisazione. Questi performer si esibiscono anche insieme, accompagnati da un altro cantante che si esibisce con un altro strumento, l'hosho e risponde alle provocazioni lanciate dai cantanti/musicisti nelle fasi di improvvisazione. Riferimenti culturali
La musica m'bira dello Zimbabwe è stata l'oggetto del film-documentario "M'bira Music- Spirit of the People" (1990) diretto da Simon Bright e co-prodotto dalla regista di origine inglese Ingrid Sinclair.
L'orutu è un strumento tradizionale luo, appartenente alla famiglia dei cordofoni ad arco.
Caratteristiche
È presente presso alcuni gruppi etnici Luo che abitano le regioni tra il sud del Sudan, il nord dell'Uganda, l'est della Repubblica Democratica del Congo, il nord della Tanzania e il Kenya. La musica, presso i popoli Luo, svolge un ruolo fondamentale nella vita quotidiana e si esprime attraverso particolari strumenti come l'orutu, il niatiti e l'oporo. In questo caso, si tratta di una sorta di violino monocorde molto semplice, formato da un corpo cilindrico di legno cavo ricoperto di pelle, in cui viene inserito lateralmente un altro tubo di legno più piccolo, che funge da manico. L'unica corda è fissata all'estremità del manico e passa sopra un ponticello posto sopra il piano armonico in pelle, per poi fissarsi nell'estremità opposta. Si suona esattamente come un violino classico, tenendolo appoggiato al corpo all'altezza dell'addome, o anche appoggiato ad una gamba se si suona seduti, strofinando la corda con il sottile archetto, anch'esso in legno, che viene prima inumettata con una speciale gomma di resina. Pur essendo uno strumento tradizionale, viene suonato anche da gruppi musicali moderni, come ad esempio i Kenge Kenge che suonano il genere benga.
Il sintir o guimbrì o gambrì, gembrì, guembrì, gumbrì è uno strumento particolare della tradizione musicale dei popoli Gnawa. È diffuso infatti soprattutto nei paesi arabi del Nordafrica, in particolare in Maghreb ma proviene originariamente dalla Guinea in cui ne troviamo traccia nella variante del N'goni. Lo strumento è accompagnato da un grosso tamburo, dalle Karkabet, grosse nacchere di metallo e dal canto. Viene suonato dal Maalem, dal maestro della confraternita, per guidare ed accompagnare la trance dei devoti durante i riti notturni chiamati derdeba o “lila”. È perciò uno strumento che svolge funzioni di tipo terapeutico e religioso al tempo stesso. È composto da un manico rotondo, a volte tornito appositamente, e decorato con motivi ornamentali policromi e da una cassa di risonanza a forma trapezoidale la cui tavola di risonanza è ricoperta da pelle bovina. Questa struttura misura dai 10 ai 15 centimetri di lunghezza circa, a volte può essere costituita da una corazza di tartaruga. Lo strumento è corredato di tre corde (tradizionalmente in cuoio, oggi si utilizza spesso il filo da pesca in nylon) fissate da piccole staffe di legno leggermente arrotondate che producono uno spettro sonoro di frequenze basse.
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Shekere
Lo shekere è uno strumento musicale della famiglia degli idiofoni. È uno strumento tradizionale in diverse regioni dell'Africa Occidentale. Viene chiamato "shekere" in Nigeria, axatse in Ghana, ma anche chequere o lilolo in altri paesi. In seguito alla tratta degli schiavi, lo strumento si è diffuso anche in Sudamerica; in Brasile viene chiamato xequerê, e sempre in Brasile esiste uno strumento derivato chiamato afoxé.
Lo shekere è costituito da una zucca, svuotata e lasciata essiccare per mesi. La zucca viene poi levigata e rivestita da una retina a maglia quadrangolare, ai cui vertici sono annodate perline, conchigliette, sassolini, semi o simili. Si suona percuotendolo, scuotendolo, agitandolo o frizionandolo tra le mani. Lo si suona durante le feste e le cerimonie.
Il tamburo parlante, meglio noto col nome inglese talking drum, è un tamburo a clessidra originario dell'Africa occidentale. Il suonatore tiene il tamburo immediatamente sotto l'ascella sinistra, sostenuto da una tracolla, o lo sostiene circondandolo col braccio sinistro (nel caso dei tamburi più grandi), mentre lo colpisce con una singola bacchetta ricurva tenuta nella mano destra. Il braccio sinistro agisce sulle corde che tengono tese le membrane del tamburo, premendole per tenderle o lasciandole per allentarle, modificando così il tono prodotto dallo strumento. I musicisti più abili riescono a produrre modulazioni che ricordano quelle della voce umana, specialmente con riferimento ai linguaggi tonali di alcune zone dell'Africa. Presso alcuni popoli (per esempio i Bulu del Camerun), questa tecnica è stata raffinata al punto che con il tamburo vengono riprodotte vere e proprie frasi e nomi di persona,è questo il motivo da cui deriva il proprio nome.
Storia
L'origine storica del tamburo parlante risale almeno all'Impero del Ghana; è uno strumento tradizionale presso diversi popoli, inclusi gli Hausa e gli Yoruba della Nigeria, i Dagomba del Ghana settentrionale, i Wolof del Senegal. Sono molto usati dai griot, i cantori-sacerdoti dell'Africa occidentale. Nelle diverse regioni ci sono varianti sulla forma dello strumento o diverse denominazioni. I Wolof lo chiamano tama; gli Yoruba gan gan, dun dun o dundun; gli Ashanti dondo; i Dagomba lunna; gli Hausa kalangu. Nel XX secolo, il tamburo parlante ha trovato largo impiego in numerose forme di musica popolare dell'Africa occidentale; viene usato per esempio nella musica mbalax (Senegal) e nella musica fuji e jùjú (Nigeria). Come altri strumenti tradizionali africani, il tamburo parlante è stato anche impiegato da musicisti occidentali. In Italia, per esempio, compare su diversi album del gruppo folk dei Modena City Ramblers. Attualmente, Assane Thiam (che ha suonato anche nella band di Youssou N'Dour), è considerato uno tra i migliori suonatori di talking drum del mondo. L'Ayan
La regista ghanese Nana O Ayim, in un cortometraggio del 2006, Crossover, parla della tradizione del tamburo parlante ayan, chiamata drum poetry; i tamburi suonati dagli Okyerema sono chiamati atumpan. Curiosità
Nel brano The Talking Drum, sull'album Larks' Tongues in Aspic dei King Crimson, il percussionista Jamie Muir utilizza numerose percussioni, ma non risulta che fra di esse vi fosse effettivamente un talking drum.
La valiha è uno strumento musicale a corde tipico del Madagascar. Assomiglia a una cetra con la cassa armonica realizzata con una canna di bambù di grande diametro. Le corde erano tradizionalmente fatte con fili di corteccia della pianta; oggi sono comunemente usate corde di chitarra o dai fili metallici che, attorcigliati, formano i cavi dei freni delle biciclette. In questo caso, ogni corda può essere costituita da un singolo filo o da due fili attorcigliati. I ponticelli sono realizzati con piccoli pezzi di legno fissati a diverse distanze lungo la canna. Il più grande suonatore di valiha fu probabilmente Rakotosafy, nato nel 1938. Solo poche registrazioni delle sue performance sono ancora reperibili; quasi tutte sono state incise negli studio della radio malgascio Malagasy Radio. Su Rakotosafy è stato realizzato un documentario dal titolo Like a God When He Plays ("come un Dio quando suona"). Altri musicisti celebri sono Zeze, Mama Sana, Tovo, Rajery, Sylvestre Randafison e Justin Vali.
La cabasa, strumento idiofono di origine africana simile allo shekere, è costruito con un cilindro metallico dalla superficie ruvida su cui è arrotolata una catena di biglie d'acciaio. Lo strumento ha una impugnatura in legno o plastica. Viene utilizzato nei ritmi latini, specialmente nella bossa nova. Il suono si ottiene agitando o scuotendo lo strumento ed è simile al sonaglio del crotalo. Effetti sonori particolari vengono emessi frizionando la catena controllandone la pressione con una mano, scrollando contemporaneamente l'impugnatura avanti e dietro al ritmo desiderato. Composizioni orchestrali recenti sono state realizzate non solamente nel jazz latino per la cabasa da Michael Markovich (Shadow Rituals 2006 Manhattan Beach Music).
Lo zither è uno strumento appartenente alla famiglia dei cordofoni.
Descrizione Le corde vengono tese al di sopra un risuonatore come avviene per il salterio ed il dulcimer di cui, secondo alcuni è un parente affine.
Ne esistono due varianti:
la austriaca detta Salzburg zither, e la tedesco-meridionale detta Mittenwald zither, in entrambi i casi sono composti di una cassa armonica piatta in cui viene creato un buco circolare ove, al di sopra, vengono tese cinque corde, tra la cassa armonica e le cinque corde vengono tese da 17 a 40 corde, a seconda dei modelli, fabbricate con nylon o budello.
Le corde Le corde possono essere utilizzate sono di due tipi:
do, sol e sopra il do centrale re, la, la, sol e sopra il do centrale sol re la. Le corde possono venire accordate nelle maniere più disparate.
Tecnica di uso
Con la mano sinistra vengono fermate le corde, mentre con la mano destra, il pollice utilizza una sottospecie di plettro per le cinque corde superiori mentre le altre dita suonano le altre corde come accompagnamento.
Il kayamba è uno strumento musicale tradizionale del popolo Luo dell'Africa centro-orientale appartenente alla categoria degli idiofoni.
È formato da due tavolette sottili, generalmente in legno, tenute insieme da un particolare intreccio di fili d'erba e di sisal, che serrano uno strato interno fatto di piccoli ciottoli, fagioli o altri semi. Quando lo strumento viene agitato o ruotato dal musicista, produce un suono ritmico delicato, simile per certi aspetti a quello prodotto dal bastone della pioggia. Alcuni kayamba hanno delle maniglie laterali per facilitare il battimento ritmico.
È uno strumento d'accompagnamento delle danze e dei canti cerimoniali, come lo shekere e le krakeb della musica gnawa.
Nella musica africana il ritmo ha un ruolo molto importante, questa caratteristica affonda le sue radici nei riti tribali, diffusi tra le popolazioni indigene africane.
Il ritmo è alla base della musica moderna: le 2 tipologie principali sono
binario e ternario. Nel binario la pulsazione è formata da un battere e un levare, nel ternario è costituita da un battere e due levare.
"Ma che cos'è la pulsazione?"
La pulsazione è l'evento ritmico essenziale in cui tensione e rilassamento si alternano: tensione e rilassamento sono rispettivamente chiamati battere e levare.
La musica africana nel senso di musica originaria dell'Africa, è estremamente eterogenea, in quanto riflette la varietà etnica, culturale e linguistica del continente. È soprattutto caratterizzata dal ritmo frenetico emesso dai suoi tamburi. L'espressione "musica africana" viene talvolta usata anche in modo più specifico per riferirsi alla musica dell'africa subsahariana, essendo la tradizione musicale del Nordafrica essenzialmente sovrapponibile a quella mediorientale. Elementi mediorientali si trovano anche nella musica dei popoli della costa est del continente, che risente anche di influenze indiane, persiane e in generale degli effetti degli scambi commerciali e culturali sull'Oceano Indiano. In ogni caso, anche all'interno di queste tre aree principali (Nordafrica, Africa subsahariana, Africa orientale) esiste una grandissima diversificazione degli stili sia della musica etnica tradizionale che della musica moderna. Quest'ultima risente praticamente ovunque (ma soprattutto nei paesi con una forte eredità coloniale) dell'influenza della musica leggera europea e statunitense. D'altra parte, la diaspora africana e il conseguente diffondersi in America ed Europa della tradizione musicale africana ha influito in modo determinante sullo sviluppo della musica leggera occidentale.
Nell'Africa subsahariana la musica e la danza sono quasi sempre elementi centrali e fondamentali della cultura dei popoli, e sono dotati di grande valore sociale e religioso. Ogni etnia ha una propria tradizione musicale così come ha una propria tradizione letteraria e un proprio insieme di regole e credenze; ogni gruppo sociale possiede un repertorio musicale di riferimento e dei sottogeneri appropriati a determinate celebrazioni (per esempio nascita, passaggio all'età adulta, matrimonio, funerale) o anche semplicemente attività quotidiane come il raccolto nei campi e lo smistamento delle riserve alimentari.