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Parafrasi,analisi e spiegazione di Orologio a ruote, Ciro di Pers

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    Parafrasi,analisi e spiegazione di Orologio a ruote, Ciro di Pers

    Orologio da rote è basato sul metaforismo verbale ed intriso di una tinta fosca caratteristica dei motivi morali e religiosi del secolo e, spesso, anche di quelli paesistici.
    Sempre si more, verso non d’immediata comprensione, infatti bisogna decifrarlo (a chi legger le sa), è il probabile anagramma di un motto reale (potrebbe essere serpe mi morse, essendo il serpente, animale caratterizzato da un simbolismo polivalente, anchesimbolo di morte e, nell’iconografia rinascimentale, attributo delle divinità del Tempo), piegato al senso della caducità della vita.

    L’orologio ha una voce di bronzo, funesta, perché la sua risonanza fa pensare alla morte, il suo cupo suono è simile alla voce del destino, avverte che bisogna sempre lottare contro il tempo che tutto divora, che tutto distrugge, i suoirintocchi sono come altrettanti picchi sulla tomba perché si apre ad inghiottire: ogni rintocco, dunque, avvicina alla tomba.

    Tutto il componimento ha accenti drammatici, violenti, traumatici (lacera, percuote, risuona, sfida, rimbomba), a significare l’implacabilità del tempo che continuamente determina la morte,esigendo, così, sempre nuove sepolture.
    Nell’ impressionante verso finale è riconoscibile l’immaginazione teatrale del Seicento, che non sempre giova alla poesia ma che, in questo caso, contribuisce a rendere più sinistra, inquietante, e fascinosa, l’immagine del tempo che trascina gli uomini alla tomba.



    Parafrasi: Meccanismo mobile costituito da rotelle dentate (l’orologio meccanico) divide violentemente
    il giorno e lo suddivide in ore e porta scritto esternamente sul quadrante in cupi caratteri per chi sa ben
    leggere: SEMPRE SI MUORE (la Morte è inevitabile, “More” nel testo, dunque 12 lettere come le 12
    ore iscritte sul quadrante). Mentre percuote (picchia sulla) campana (metallo concavo) con il suo
    martello, una voce infausta mi riecheggia nel cuore, né si può spiegare la ria natura del fato meglio che
    con questa voce profonda del bronzo. Affinché io non possa aspirare mai a un vero riposo o a una vera
    pace, questo (ordigno, l’orologio) che pare insieme un timpano (tamburo, dove batte il martello) e una
    tromba (biblica che annuncia la fine, con il suono che scandisce le ore) mi pone continuamente a
    contrasto (di fronte al passare veloce del tempo, al tempo che tutto divora). E con quei colpi per cui il
    metallo risuona cupamente, accelera la corsa al tempo già per conto suo fugace (che scorre veloce, in
    fuga) e picchia continuamente sulla pietra tombale perché essa si apra.
    Per l’analisi linguistica fissare l’attenzione su alcuni termini come “rio”= “crudele” (latinismo; lat.
    reum); “età” nel senso di tempo della vita umana. La sintassi rispetta lo schema metrico e strofico. Non
    ci sono enjambement forti. Perché? Stile anche sintatticamente sentenzioso, apodittico, incalzante con
    un certo climax. Evidentemente: un sonetto barocco che trasforma la descrizione dell’orologio
    meccanico in un preannuncio funesto e cupo di morte. Un “memento mori” non costituito dal solito
    teschio, ma iscritto in un oggetto, per quei tempi, tecnologicamente avanzato, persino nel numero delle
    ore sul quadrante. Lessemi che suggeriscono la forza e la violenza inarrestabile (la violenza è elemento
    tipicamente barocco, l’orologio qui diviene una micidiale macchina da guerra in mano al tempo) del
    meccanismo mortuario: “dentate”, “lacera”, “fosche”, “percuore”, “rio tenore”, “età vorace”, “colpi”,
    “picchia” (variante stilisticamente più “bassa” di “percuorte”, ad accentuare la brutale violenza).
    L’orologio da ruote costituì uno dei temi più tipici della lirica barocca, frequente quasi quanto quello
    mariniano dei baci. Metafora più forte ed evidente: l’ultima terzina.
     
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