Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

parafrasi di "la struggente amicizia di eurialo e niso"

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    parafrasi di "la struggente amicizia di eurialo e niso"

    Il sonno della morte non è meno duro in un'urna confortata dal pianto dei vivi. Quando il sole non risplenderà più davanti al poeta e quando non potrà più udire i versi del suo amico Pindemonte e nè lo spirito vitale della poesia potrà parlare al suo cuore ,quale sollievo sarà una pietra che distingua le sue dalle infinite altre ossa disseminate per terra e per mare dalla morte? Persino l'ultima dea, la Speranza, abbandona i sepolcri; e il tempo tutto travolge nella sua notte, non soltanto gli uomini e le loro tombe ma i resti stessi della terra e del cielo. Ma perchè poi l'uomo dovrebbe privarsi dell'illusione del sepolcro, che sembra trattenerlo sulla soglia dell'oltretomba? Chi muore e non potrà più assistere all'armonioso spettacolo della vita, non vive forse ancora grazie ai pietosi riti nella mente dei suoi presso la tomba ? Una celeste dote esiste negli uomini per mezzo della quale si genera tra i vivi ed i morti una corrispondenza di amorosi sensi; per mezzo di questa dote noi viviamo con il morto ed il morto con noi, se le sue ossa siano state accolte pietosamente dalla terra nativa, e un sasso coservi il suo nome. Solo per chi non lascia sulla terra un ricordo affettuoso di sè il sepolcro è privo di senso, né alcun messaggio ideale proviene dalla tomba ai viventi.

    Eppure nuove usanze vorrebbero contendere ai morti la memoria del nome, e togliere ai superstiti l'illusione del sepolcro. Ed un poeta come il Parini giace privo di tomba in una fossa comune. Invano Talia, la Musa della poesia satirica, tenta di custodire le sue ossa, invano invoca dalla squallida notte le sue rugiade sulla tomba del Parini. Infatti sugli estinti non sorge un fiore quando non sia espressione della stima e del rimpianto affettuoso degli uomini. Soltanto il compianto e le lodi di chi sopravvive possono far sorgere sulle tombe il conforto dei fiori. Dal giorno stesso in cui le istituzioni della famiglia (nozze) e della giustizia(tribunali) e della religione permisero agli uomini , che fino allora erano vissuti allo stato ferino, di aver compassione e rispetto di se stessi e degli altri, i vivi sottraevano all'aria dissolvitrice e alle fiere , seppellendoli, i miseri resti che la Natura destina con trasformazioni ad altre forme di vita.Le tombe erano testimonianze delle imprese gloriose degli avi e oggetto di culto, come gli altari , per i figli; e da esse si ottenevano le risposte degli spiriti degli antenati, divenuti Lari(geni tutelari della casa), quando li consultavano per decisioni importanti, e il giuramento fatto sulle ceneri degli antenati fu rispettato come una cosa sacra, per il timore di incorrere nell'ira degli dei: religione o culto dei morti, questo, che le virtù dei padri e l'affetto verso i congiunti tramandarono, attraverso i secoli, con molte forme. Del resto il culto dei morti non fu sempre così orrido come nei riti propri delle età più oscure, riti torbidi e che incutevano terrore.
    Un tempo i sepolcri furono allietati dalla luce del sole, dal profumo dei fiori, dal verde perenne dei cedri, un tempo chi sedeva a raccontare le sue pene agli estinti sentiva d'intorno la fragranza medesima degli Elisi. Gli amici ponevano una fiaccola sul sasso tombale per illuminare la notte dell'aldilà, e facevan crescere fiori d'intorno. Pietosa follia, che porta le giovinette inglesi a piangere la madre defunta, e pregare per il ritorno del comandante Nelson. Inutili sono le tombe dove domina la viltá, dove dorme ogni furore di gesta eroiche; è il caso degli ambienti altolocati della Repubblica cisalpina. Ma dovunque sorgano degli animi generosi le tombe dei grandi incitano a nobili imprese. Quando il poeta visitò in S.Croce le tombe degli italiani più grandi (Machiavelli, Michelangelo, Galileo), disse "Beata Firenze per le felici aure pregne di vita, per la lingua che dette a Dante e al Petrarca; ma più beata perché serba raccolte in un unico tempio le uniche glorie italiche superstiti". Da quel tempio infatti gli italiani avrebbero tratto gli auspici per il loro riscatto. Quivi veniva a meditare l'Alfieri; e da quei marmi traeva l'unico conforto e la sola speranza di riscatto per la patria. Un Nume parla davvero tra quelle mura, quello stesso Nume che suscitò in Maratona l'ira e il valore dei Greci contro gli invasori persiani, e dimorò poi eterno in quei luoghi. Il navigante che veleggiò nella notte lungo le coste greche vedeva rinnovarsi nelle tenebre l'antica battaglia, e le immagini dei guerrieri greci risorgere fremendo dalle tombe.
    Felice il Pindemonte che nella sua giovinezza veleggiò per quei mari e udì le spiagge risuonare di antiche gesta e la marea mugghiare portando fino alle spiagge del promontorio Reteo le armi di Achille sopra il sepolcro di Aiace: agli uomini di animo nobile la morte è giusta dispensatrice di gloria; infatti nè l'astuzia e nè il favore degli altri re greci conservarono ad Ulisse le ardue spoglie, poichè alla nave di Ulisse le strappò l'onda marina, suscitata e agitat
     
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