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Bimbi e svezzamento!!!

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    Svezzamento, le 10 mosse vincenti

    Ora che è ufficialmente cominciato, come gestire gli alimenti? Cosa deve mangiare, a che ora e quante volte in una settimana?

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    Nei primi tempi, quando la mamma si cimenta con le pappe, i dubbi sono mille. Ecco i consigli di Antonella Diamanti, gastroenterologa e nutrizionista dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

    1. A che ora farlo mangiare?
    Pensando a uno schema di massima, un orario tra le 11 e le 13 è il migliore per il pranzo. In questo modo, tra le 14 e le 16 potremmo proporre una merenda, per arrivare, dopo almeno un mese dall’avvio dello svezzamento, alla cena, che idealmente andrebbe proposta tra le 18 e le 20. Naturalmente, i primi tempi, questi pasti saranno intervallati dalle poppate (al seno o al biberon). È sempre bene farsi consigliare dal pediatra di riferimento. In linea di massima le poppate, in fase di svezzamento, andrebbero distanziate dal pasto per fare in modo che il bambino arrivi più invogliato ad assaggiarlo.

    2. Come deve essere formulata la prima pappa?
    La ricetta ‘della nonna’, sempre valida, prevede di bollire in un litro d’acqua tre verdure (ad esempio zucchina, carota e patata) fin quando il liquido diventa la metà. Sarà il pediatra a dare istruzioni precise: generalmente, comunque, si consiglia di cominciare con 150/180 ml di brodo, aggiungendo progressivamente le cosiddette ‘creme’, ovvero le farine di cereali, nella misura di 15/20 grammi.

    Un trucco: per essere sicure di avere ottenuto la consistenza giusta miscelando acqua e farine, si può fare la prova del cucchiaino. Se la pappa non cola, resta ‘ben salda’ al cucchiaio, allora vuol dire che va bene. Questa pappa può sempre essere condita con un cucchiaino di olio di oliva.


    3. A merenda, cosa offrirgli?
    Per cominciare, sia per la merenda di metà mattina, sia per quella di metà pomeriggio sono indicati circa 30 grammi di frutta fresca grattugiata (oppure mezzo omogeneizzato). Si può usare la pera, la mela, la banana e, volendo, allungare la purea con del succo di arancia: l’importante è non zuccherarla. Progressivamente (intorno all’ottavo mese), si può introdurre anche lo yogurt per una delle due merende, avendo cura di sceglierne uno senza additivi e zuccheri aggiunti, bianco, intero.

    4. Cosa deve prevedere la cena?
    Solitamente il pasto serale si introduce circa un mese dopo la prima pappa. Sarà anche in questo caso un brodo con una farina di cereali – possibilmente diversa da quella usata per il pranzo -, con l’aggiunta di una fonte proteica che può essere il formaggio, la carne, l’uovo o il pesce, tritata dentro la pappa. La quantità di brodo per prepararla sarà leggermente inferiore rispetto a quella utilizzata per il pranzo: 150 ml. La parola d’ordine è “varietà”: è importante alternare gli alimenti da subito. In questo modo il piccolo non sarà annoiato dai sapori e il suo organismo potrà contare su fonti di nutrienti diverse e complementari tra loro.

    5. Come variare i cibi nell’arco di una settimana?
    Per il bambino fino a un anno di età, si può ipotizzare una scaletta che preveda la carne per 3/4 volte, i legumi per 2, il pesce 3/4 volte, i formaggi 2/3, l’uovo una volta. Per evitare fastidiosi effetti collaterali, si possono utilizzare legumi decorticati all’origine oppure privati della buccia, passandoli nel passatutto.


    6. Quanta acqua deve bere?
    Le mamme tendono a preoccuparsi che i loro piccoli, durante lo svezzamento, bevano poca acqua. Un bambino che inizia lo svezzamento, e quindi è ancora allattato, non ha difficoltà a raggiungere il litro di liquidi nella giornata. Nel computo va infatti inserito sia il latte, sia il brodo delle pappe, sia l’acqua che piano piano si abituerà a bere ‘da sola’.


    7. Quali cotture sono adatte ai piccolissimi?
    La cottura migliore per eccellenza è quella a vapore, capace di preservare le qualità degli alimenti senza impoverirli dal punto di vista nutrizionale. Attenzione anche ai tempi: le cotture devono essere lunghe, sia per motivi igienici, sia per favorire la digeribilità dei cibi.
    Guardia alzata con il forno a microonde: può essere utilizzato per riscaldare, ma con grande attenzione alla temperatura scelta. Non usiamolo, invece, mai per cuocere, perché tende a surriscaldare alcune porzioni dell’alimento lasciandone crude altre”.

    8. Si possono congelare gli alimenti cotti?
    Si tratta di una soluzione molto comoda, perché permette di cucinare quantità comode di brodo e stoccarle per il resto della settimana. Se si decide di congelare il brodo bisogna filtrarlo con grande attenzione: se rimangono residui rischia di degradarsi e di assumere un gusto acidulo certamente sgradito ai piccoli. Carne e pesce, purché freschissimi, possono essere congelati, avendo cura di utilizzarli nel giro di pochi giorni.

    9. Ci sono dei cibi proibiti durante lo svezzamento?
    Fino all’anno di vita del bambino va evitato lo zucchero (che vizierebbe il palato del piccolo) e il miele (per il rischio di contaminazione con il botulino)”. Anche il sale è nemico delle pappe: sarebbe bene evitare di usarlo nella preparazione e nel condimento degli alimenti destinati ai piccoli almeno fino ai 2 anni. Fino ai 24 mesi andrebbero banditi anche i funghi (non brillanti sul profilo igienico e senza grandi vantaggi nutrizionali), e i crostacei e i frutti di mare, per gli stessi motivi.

    10. Come trattare gli alimenti per evitare rischi?
    Una delle grandi paure delle mamme, quando il piccolo inizia a mangiare cibi solidi, è che possa andargli qualcosa di traverso. Per limitare questo rischio, almeno fino all’anno di età, è meglio tritare carne, uova, pesce e formaggio e in generale fare attenzione alla consistenza degli alimenti da offrire al bambino. In maniera del tutto naturale il bambino imparerà ad assumere gli alimenti di consistenza sempre maggiore.



    di Giulia Righi

    Mangia poco: ma sarà vero?

    Se nel piatto del bimbo resta la metà della pappa, non bisogna andare in crisi. Ecco cosa valutare

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    Durante lo svezzamento e nei primi anni di vita tante mamme pensano che il loro piccolo non mangi abbastanza. Ma nella stragrande maggioranza dei casi non è vero: sono le porzioni a essere troppo abbondanti. Ecco come regolarsi.

    Fino a 5 anni il bimbo si autoregola
    Chi stabilisce quanto deve mangiare il bebè? Lo fanno i genitori, seguendo le indicazioni del pediatra. “Ma non è necessario che il piccolo finisca tutto perché ogni bambino fino a 5 anni è in grado di autoregolarsi”, rassicura Giuseppe Morino, responsabile dell’Unità Operativa di Educazione alimentare dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. “Mangiare è un bisogno primario per tutti, ma il modo in cui si risponde a questo bisogno varia da individuo a individuo: a seconda del proprio metabolismo, di quanto si è attivi o, al contrario, sedentari”. Diversità che si riscontrano fin dai primi sei mesi, quando l’alimentazione è soltanto a base di latte. “Con il seno il bebè può regolarsi da solo e, nel caso si ricorra al biberon, non è necessario che lo finisca tutto”, precisa l’esperto. Per stare tranquilli, basta che il pediatra di libera scelta verifichi che il processo di crescita sia regolare nel corso dei periodici bilanci di salute, che sono anche controlli “nutrizionali”.

    Le porzioni devono essere baby
    L’impressione che non mangi abbastanza è, appunto, solo un’impressione dovuta a porzioni esagerate. Porzioni che, di solito, sono espresse in grammi e che non sempre sono comprese fino in fondo e rispettate. “Le quantità indicate per lo svezzamento – il classico brodo di verdura con aggiunta di farine e fonti proteiche – sono di ordine generale e andrebbero personalizzate per ogni bambino”, aggiunge Giuseppe Morino. “Le raccomandazioni proseguono anche dopo le prime pappe: a un anno 80 grammi di carne sono troppi, ne bastano 40 e di pasta sono sufficienti 20-25 grammi, che equivalgono ad appena 10-15 fusilli”. Le indicazioni più recenti sono tutte “al ribasso”: i nostri bambini risultano super alimentati ed è necessario limitare soprattutto l’apporto proteico. Il fatto di mangiare “poco” potrebbe dunque risultare addirittura più salutare. E l’idea che il bimbo paffutello sia più sano di quello magrolino è da dimenticare: è provato, infatti, il contrario.

    Che rapporto ha con il cibo?
    Se il bambino “mangia poco” e fa spesso i capricci a tavola, è però il caso di domandarsi che tipo di rapporto abbia con il cibo. “Quando i genitori dicono che il loro bimbo ‘non è interessato al cibo’, forse qualcosa è andato storto durante lo svezzamento, forse è stata espressa troppa ansia nel caso il piatto non finisse”, avverte l’esperto. “Così, il bambino potrebbe aver imparato a ‘giocare’ con questi sentimenti e, dietro l’atteggiamento di rifiuto, potrebbe nascondersi un problema relazionale”. Appartengono spesso a questa categoria i “bambini selettivi”, che rifiutano intere categorie di cibi. “Spesso si sente dire ‘mio figlio non mangia niente’, in realtà non è così: è più corretto dire ‘mio figlio accetta soltanto un certo tipo di alimenti’”, spiega l’esperto. Su questi e altri temi si può chiedere un consulto allo sportello online del Bambino Gesù “Mio figlio non mangia, cosa fare”.


    Tutti gli errori da evitare
    Se il bambino non finisce la pappa, dunque, inutile insistere. “Nella maggior parte dei casi ha comunque mangiato abbastanza e non va forzato, altrimenti si rischia di creare un problema che non esiste”, ribadisce l’esperto del Bambino Gesù. “Se ha mangiato poco a pranzo, è però da evitare lo snack fuori pasto o la bevanda zuccherata. Così come, se accade a cena, no al biberon di latte prima della nanna. I ritmi dei pasti vanno rispettati”, conclude l’esperto. “Spesso i genitori scambiano il pianto o i capricci per una richiesta di cibo, che tale non è”. Da ricordare, infine, che l’appetito conosce alti e bassi: a volte basta un dentino che spunta o un raffreddore per far passare la voglia di mangiare.



    di Chiara Sandrucci

    Pasti condivisi con il bebè oppure separati? Opinioni a confronto

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    Stare a tavola insieme è un'esperienza appagante per tutta la famiglia. Ma non sempre è possibile. Ecco le esperienze di due mamme e il parere dell'esperto

    Quando il piccolo comincia a mangiare come mamma e papà, è meglio stare tutti insieme a tavola o dedicare un momento a parte solo per lui? L’idea dei pasti condivisi è sicuramente allettante. Specialmente se il bimbo si diverte ed è interessato a quello mangiano anche gli adulti. Per qualcuno, però, il momento della pappa è molto impegnativo. E preferisce dedicarsi solo al pasto del bebè per poi godersi più serenamente il proprio. Oppure sono gli orari di lavoro a rendere impossibile mangiare tutti insieme. Ecco le testimonianze di due mamme che per il momento della pappa hanno scelto un approccio diverso. E il parere dell’esperto.

    Laura: mangiamo tutti alla stessa ora
    “Stare tutti insieme è la soluzione che ci è venuta naturale”, spiega la mamma di Laerte, 2 anni. “I pasti condivisi sono un momento importante per la famiglia. È bello poterlo condividere, grandi e piccini. Già prima dello svezzamento, Laerte è stato a tavola con noi, tenuto in braccio mentre mangiavamo. Poi, quando ha iniziato a stare seduto bene ed è arrivato il momento delle prime pappe, abbiamo cominciato a usare il seggiolone. Il suo pasto era pronto prima della nostra pastasciutta. Ma la tavola era già apparecchiata e, mentre finivo di cucinare per noi, mio marito iniziava a imboccare Laerte. Poi, quando anche lui aveva il piatto davanti, alternava una cucchiaiata di pappa per il piccolo e una forchettata per sé. Chiaramente non è stato sempre facile, ma sono stata contenta di questa scelta”.

    Sara: prima la bimba, poi noi
    “Durante la settimana, al momento del pranzo noi siamo al lavoro e con nostra figlia c’è con la baby sitter”, racconta la mamma di Lisa, un anno. “Per la cena, da quando ha iniziato lo svezzamento, siamo organizzati così: lei mangia prima e noi ceniamo quando lei è andata a dormire. Finora questa per noi è stata una buona soluzione. Perché il papà ci tiene a passare del tempo con lei, ma rientra piuttosto tardi dal lavoro. Quindi io la faccio cenare, poi papà e bimba trascorrono una mezz’ora giocando insieme, e quando Lisa si addormenta tocca a noi mangiare. Gli unici pasti condivisi sono i pranzi della domenica. Negli ultimi tempi, la piccola ha iniziato a stare sveglia un po’ di più. Così, dopo aver mangiato la sua pappa, mentre ceniamo ci fa compagnia, seduta a tavola con noi. L’obiettivo ora è trovare un buon compromesso per l’orario della cena e, così, non dividerci più!”.




    Il parere del pediatra: con i pasti condivisi, la famiglia si riunisce
    “La consuetudine di mangiare insieme permette a mamma, papà e bimbo di ritrovarsi dopo una giornata magari trascorsa fuori casa, per dialogare e passare del tempo in intimità”, sottolinea Leo Venturelli, pediatra di famiglia a Bergamo. “Il piccolo apprende così il piacere di mangiare. E ha la possibilità di assaggiare le pietanze cucinate per tutti. La dieta mediterranea, infatti, è indicata già a partire dal sesto-settimo mese. Nella pratica quotidiana, però, ogni famiglia dovrà organizzarsi in base alla propria situazione, agli orari di lavoro dei genitori e alle esigenze di tutti. Se i pasti condivisi non sono possibili e il bambino non può attendere troppo per mangiare, si troveranno soluzioni alternative. Come quella di anticipare il pasto del piccolo e poi farlo sedere a tavola con mamma e papà”.



    di Giorgia Cozza

     
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