Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

PERSONAGGI STORICI...

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    Amelia Earhart la pioniera del volo

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    Amelia Earhart l’aviatrice
    Amelia Earhart nacque il 24 luglio 1897 ad Atchinson (Kansas). Nel 1914 Amelia decise di frequentare dei corsi per infermiera presso la Croce Rossa e prestò servizio presso lo Spadina Military Hospital di Toronto per soccorrere i soldati rimasti feriti nel corso del primo conflitto mondiale. All'età di ventitré anni, a un raduno aeronautico presso il Daugherty Airfield a Long Beach in California salì per la prima volta su un aereo che faceva un giro turistico di dieci minuti sopra Los Angeles. Fu in quell'occasione che decise di imparare a volare. Prese lezioni e ottenuto il brevetto, acquistò il suo primo biplano, con il quale stabilì il primo dei suoi record femminili, salendo a un'altitudine di 14.000 piedi. Nel 1928 il capitano Hilton Railey, incaricato da George Palmer Putnam suo futuro marito, la scelse per essere il primo pilota donna a compiere il volo transoceanico. Amelia Earhart affiancava il meccanico Lou Gordon e il pilota Wilmer Stults; l’impresa ebbe successo e Amelia fu acclamata e onorata in tutto il mondo. Dopo una serie di record di volo, fu la prima donna a volare attraverso gli Stati Uniti senza scalo da Los Angeles a Newark, nel maggio1932 Amelia Earhart compì l'impresa più ardita della sua carriera: la trasvolata in solitaria dell'oceano Atlantico. Lady Lindy, questo era il suo soprannome, impiegando circa quindici ore volò da Terranova a Londonderry nell'Irlanda del Nord (Lindbergh aveva fatto la trasvolata nel 1927).
    Ne1 1935 attraversò il Pacifico da Honolulu nelle Hawaii a Oakland in California. Divenne in tal modo la prima ad avere sorvolato sia il Pacifico sia l’Atlantico.
    Amelia Earhart era famosa in tutto il mondo quando nel 1937 decise di tentare un’avventura senza precedenti, il giro del mondo in aereo. Partì il 1° giugno 1937 affiancata dal copilota Frederick Noonan, percorse circa 22.000 miglia, ne mancavano sette all’arrivo, quando la nave che seguiva il suo viaggio perse ogni contatto con il suo Lockheed. Le ricerche del velivolo, impegnarono nove navi e sessantasei aerei e durarono due settimane senza successo, alla fine Amelia fu considerata morta. Da quel momento la sua sorte è entrata nel mistero, alcuni dissero che l'aviatrice era finita su qualche isola deserta, dopo un atterraggio di fortuna, altri ipotizzarono che fosse stata catturata dai giapponesi, che la considerarono una spia. Tre anni dopo la scomparsa, nell'isola di Nikumaroro, a nord est dell'Australia furono rinvenute ossa umane accanto ad un accampamento di fortuna. Nel 1997 alcuni esami confermarono che le ossa appartenevano a una donna, ma poi i resti scomparvero.



    Papa Giovanni VIII - Papessa Giovanna -

    PAPESSA

    Papa Giovanni VIII
    Giovanni VIII nato a Roma nell’820 fu Papa dall'872 fino alla sua morte avvenuta il 15 dicembre 882. E’ considerato come uno dei più abili pontefici del IX secolo. Tra le riforme realizzate durante il suo pontificato si ricorda particolarmente la riorganizzazione amministrativa della curia papale. Tentò, senza successo, di espellere i Saraceni dall'Italia, dopo che questi erano arrivati fino a Roma. Nell'878 Giovanni incoronò Luigi II re di Francia. Incoronò anche due Sacri Romani Imperatori: Carlo II e Carlo III.
    La leggenda di Papa Giovanni VIII - Papessa Giovanna
    Secondo la narrazione, Johanna nacque nel' 814, figlia di un predicatore che non ammetteva che le donne imparassero a leggere, studiò di nascosto il greco, il latino, le Sacre scritture e testi classici. Fuggì da casa e arrivò a Roma, dove s'innamorò di un giovane monaco e per restare con lui riuscì, facendo credere di essere un uomo, a diventare monaco con il nome di Johannes Anglicus. Studiosa apprezzata, lei ed il suo amante finirono ad Atene e quindi nuovamente a Roma presso la curia. Passarono alcuni anni e, dopo la morte di Leone IV che regnò dal 847 al 17 luglio 855 la donna fu eletta papa con il nome di Giovanni VIII. Il suo pontificato sarebbe durato solo due anni, dal’853 al’855 (le date non concordano con quelle del pontificato di Leone IV). Anche dopo essere stata eletta Papa Johanna continuò a frequentare il suo amore e rimase incinta. Durante la processione di Pasqua, il corteo papale era giunto nei pressi della basilica di San Clemente, quando il cavallo che portava il Pontefice, s'impennò e lei cadde. L'incidente provocò un travaglio prematuro; scoperta fu uccisa dai fedeli inferociti, il suo corpo fu poi sepolto nella strada dove era caduta. Dopo Giovanna fu eletto papa Benedetto III, che regnò forse dal'855 al 7 aprile 858 e si assicurò che il suo predecessore fosse omesso dalle registrazioni storiche (Posticipando la morte di Leone IV?). Il nome di Giovanni VIII è comunque rimasto in alcuni elenchi di Papi, e nel 1400 un suo busto fu collocato con il beneplacito della chiesa nel duomo di Siena. In seguito ci fu un altro “Papa Giovanni VIII” (14 dicembre 872 al 16 dicembre 882). Col trascorrere del tempo, la leggenda si arricchì di altri particolari, ad esempio quando il nuovo Papa si recava in San Giovanni in Laterano per prendere possesso della sua diocesi, si sedeva su una sedia di marmo che ha al centro un foro ( la sedia stercoraria esiste ancora). Nonostante questa sedia fosse antecedente di secoli alla storia della Papessa Giovanna, si disse che il foro servisse per tastare i genitali del nuovo pontefice ed assicurarsi in tal modo che fosse un uomo. La persona che li aveva toccati urlava:” Virgam et testiculos habet ("Ha il pene e i testicoli") e tutti gli ecclesiastici rispondevano: “Deo Gratias (Sia lode a Dio). Quindi si procedeva con la consacrazione del papa eletto.
    La storia è talmente incredibile che per secoli la chiesa non si preoccupò nemmeno di smentirla.
    Altra curiosità nei tarocchi esiste la carta della Papessa.



    Il conte Dracula e il castello di Bran


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    Il Castello di Bran -Transilvania Romania- e il conte Dracula
    Il Castello di Bran si trova su un promontorio tra la Transilvania e la Valacchia. La costruzione in muratura fu voluta dal Re Luigi I d'Ungheria nel 1377. Precedentemente c’era una fortificazione in legno che fu distrutta nel 1242 dai Mongoli.
    Lo scrittore Bram Stoker ha ambientato in questo castello il suo romanzo del terrore “Dracula”, ispirandosi alla vita del voivoda (principe) Vlad III di Valacchia (Sighisoara1431 / 1476). Il vero castello di Dracula, però, era la Fortezza di Poenari che si trova nella regione Muntenia in Romania e della quale restano solo dei ruderi. Nella realtà il voivoda non aveva nulla che lo accomunasse con il mito del vampiro. Vlad Tepes “Vlad l’Impalatore” era certamente un uomo sanguinario di una crudeltà inaudita. Combatté contro i turchi ed era solito torturare i nemici e i criminali con “l’impalamento”. Il condannato veniva issato su un’asta appuntita infissa nell’addome o inserita nel retto, in entrambi i casi, la morte avveniva dopo ore di agonia. Non si sa esattamente come sia morto il principe Vlad, secondo gli storici, Jan Dlugosz polacco e Jakob Unrest austriaco, suoi contemporanei, fu decapitato con un colpo di sciabola da un turco che lo prese alle spalle. Il suo corpo sembra sia stato inumato nel monastero di Snagov, dove sono stati rinvenuti resti umani avvolti in abiti sontuosi.

    Ipazia vittima dell’invidia e dell’intolleranza religiosa

    raffaello

    Ipazia
    Ipazia nacque ad Alessandria nella seconda metà del IV secolo forse intorno al 370 e probabilmente nel 402 era già morta (le date sono incerte). Figlia del matematico e astronomo Teone di Alessandria, nulla si sa della madre. Ipazia fu la principale esponente alessandrina della scuola neoplatonica, s’interessò agli studi matematici, alla filosofia, all’astronomia, disquisiva su Platone, Aristotele, e sui filosofi del suo tempo. Fu l’inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio. Ipazia aveva molti discepoli illustri, era conosciutissima dalle persone di cultura del suo tempo, ma nonostante ciò, dei suoi scritti non è rimasto nulla, conosciamo solo i titoli di tre opere (il Commentario a Diofanto, il Commentario al canone astronomico e il Commentario alle sezioni coniche d’Apollonio Pergeo).
    Socrate Scolastico (380-450), un cristiano suo contemporaneo, di professione avvocato, scrisse: "Ad Alessandria c'era una donna chiamata Ipazia, figlia del filosofo Teone, che ottenne tali successi nella letteratura e nella scienza da superare di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo. Provenendo dalla scuola di Platone e di Plotino, lei spiegò i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ascoltare le sue lezioni”.
    Il poeta Pallada il Meteoro, affascinato dalla sua bellezza e dalla sua intelligenza, scrisse “Quando io ti vedo e odo la tua voce ti adoro, guardando la casa stellata della vergine: poiché i tuoi atti si estendono al cielo, o divina Ipazia, ornamento di ogni discorso, stella purissima dell’arte della sapienza”.
    La città intera fu affascinata da questa donna, che parlava in pubblico davanti ai magistrati e che partecipava senza remore a riunioni di uomini (non dimentichiamo com’erano considerate le donne a quel tempo), per questo motivo i potenti della città la invidiarono e fu vittima della gelosia politica e dei pregiudizi religiosi che ne decretarono la morte.
    Una sera mentre rincasava fu assalita da un gruppo di cristiani che la trascinarono nella grande chiesa chiamata Caesarion. Qui fu spogliata, il suo corpo fu scarnificato, venne accecata, smembrata e bruciata.
    Il filosofo pagano Damascio (Damasco ca. 480 – ca. 550) scrisse la biografia di Ipazia nella quale si legge che: “Ipazia fu di natura più nobile del padre, non si accontentò del sapere che viene dalle scienze matematiche alle quali lui l'aveva introdotta, ma non senza altezza d'animo si dedicò anche alle altre scienze filosofiche”. Damascio attribuì esplicitamente al vescovo Cirillo patriarca di Alessandria (Alessandria 370 -444) la responsabilità nell'omicidio “accadde che il vescovo, vedendo la gran quantità di persone che frequentava la casa di Ipazia, si rose a tal punto nell'anima che tramò la sua uccisione, in modo che avvenisse il più presto possibile”. Damascio dice anche che dopo l’assassinio di Ipazia “uccisione che fu tra tutte la più empia” fu aperta un'inchiesta ma “il caso fu archiviato a seguito dell'avvenuta corruzione di funzionari imperiali”.
    Lo storico inglese Edward Gibbon (Putney1737 – Londra 1794) definì quest’omicidio "una macchia indelebile" nella storia del cristianesimo. Di Ipazia hanno scritto anche Voltaire, Diderot, Proust, Pèguy, Leopardi, Pascal e molti altri.

    Papa Celestino V
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    Celestino V pontefice dal 29 agosto al 13 dicembre 1294.
    Pietro Angeleri detto Pietro da Morrone (Molise, tra 1209/ 1215 – Fumone, 19 maggio 1296).
    Fu consacrato all’Aquila il 29 agosto del 1294 nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove è sepolto. Fu il primo Papa che esercitò il proprio ministero fuori i confini dello Stato Pontificio, e uno dei pochi che abdicò.
    Prima di essere eletto Papa, Pietro Angeleri, viveva da eremita in una grotta sul monte Morrone, sopra Sulmona, per questo motivo i suoi devoti gli dettero l’appellativo di Pietro del Morrone.
    Dopo aver trascorso circa sessantacinque anni come eremita, (con una breve interruzione nel 1244 per costituire una Congregazione ecclesiastica denominata: Dei frati di Pietro da Morrone) fu eletto Papa il 5 Luglio1294 nel Conclave di Perugia, senza che avesse mai proposto la sua candidatura. La chiesa era senza una guida spirituale da più di due anni dopo la morte di Papa Niccolò IV avvenuta nel 1292. Dall’eremo di Sant’Onofrio al Morrone, Pietro a dorso di un asino scortato da re Carlo II D’Angiò e suo figlio Carlo Martello, mosse alla volta dell’Aquila dove il 29 agosto 1294 nella basilica di Santa Maria di Collemaggio fu eletto papa. Alla cerimonia intervennero cardinali, nobili il re Carlo II D’Angiò e suo figlio e soprattutto un’immensa moltitudine di fedeli.
    Per ringraziare i fedeli, Celestino V emanò una Bolla che istituiva l’indulgenza plenaria perpetua per tutti coloro che si fossero confessati e sinceramente pentiti, dai vespri del 28 agosto fino a quelli del giorno 29 e avessero visitato la basilica di Collemaggio. (Perdonanza Celestiniana)
    Uomo di saldi principi morali indisponibile a ogni forma di corruzione, si dimise dopo soli cinque mesi di Pontificato il 13 dicembre 1294.
    Formula della rinuncia al Soglio Pontificio:
    « Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale. »

    Fatto imprigionare nella rocca di Fumone presso Anagni dal suo successore Papa Bonifacio VIII dopo dieci mesi di segregazione morì il 19 maggio 1296.

    Erone e le sue "macchine"
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    Erone e le sue "macchine"
    Erone fu un matematico e un ingegnere greco che visse ad Alessandria d’Egitto in epoca imprecisata fra il 2° e il 1° secolo a.C. le sue opere sono state tramandate da manoscritti arabi. In un’epoca nella quale i sacerdoti erano sempre alla ricerca di “ effetti speciali” per stupire i frequentatori dei luoghi di culto, era conosciutissimo nel campo della scienza e della meccanica, scrisse sull'arte di fabbricare gli automi e inventò o disegnò vari dispositivi. Erone utilizzando complesse macchine guidate da ruote dentate corde e nodi programmabili oppure mosse da aria, acqua o vapore, riuscì a costruire figure che si muovevano, fra i suoi automi vi furono uccelli meccanici che cantavano azionati dalla pressione dell'acqua. Inventò un carrettino mosso dal vapore, una fontana che con leveraggi permetteva alle statue di muoversi. A lui si devono: un congegno per aprire automaticamente le porte di un tempio quando si accendeva il fuoco sull’altare, una pala a vento per il funzionamento di un organo, una macchina teatrale in grado di mettere in scena uno spettacolo, di circa dieci minuti, completamente automatizzato. Costruì il primo distributore automatico, (l'introduzione di una moneta in una fessura provocava la fornitura di una quantità predeterminata di acqua per le abluzioni necessarie prima di entrare nel tempio.)

    °°°°°
    Opere attribuite ad Erone (dati copiati da Wikipedia, l'enciclopedia libera).
    * Pneumatica, descrizione di macchine funzionanti a pressione (ad aria, acqua o vapore), incluso l'hydraulis, l'organo ad acqua.
    * Automata, descrizione di macchine in grado di creare effetti nei templi per mezzi meccanici o pneumatici (apertura o chiusura automatica delle porte, statue che versano vino, ecc.)
    * Mechanica, destinata agli architetti, contiene strumenti per sollevare oggetti pesanti.
    * Metrica, descrizione di tecniche per calcolare superfici e volumi di differenti oggetti.
    * Sulla dioptra, raccolta di metodi per misurare lunghezze; in questo lavoro viene descritto l'odometro, come pure un apparato che assomiglia ad un teodolite (strumento ottico a cannocchiale usato per rilievi geodetici e topografici).
    * Belopoeica, descrizione di macchine da guerra.
    * Catoptrica, propagazione della luce e sua riflessione, uso degli specchi.


    *****
    ... ma altri si cimentarono in quest'arte:
    Robot e automatismi dell’antichità
    anatra-di-vaucanson
    L’anatra meccanica "Canard Digérateur" di Vaucanson
    Jacques de Vaucanson un ingegnere francese (1709 - 1782) costruì un telaio automatico per la tessitura e alcuni androidi. Il suo lavoro più famoso lo realizzò nel 1737, era un’anatra meccanica in grado di fare oltre 400 movimenti che simulavano quelli reali dei volatili. Fra le tante cose l’automa era in grado di aprire e chiudere le ali, mangiare granaglie, bere e defecare. La “digestione” avveniva in una camera speciale, le granaglie non erano semplicemente macinate ma subivano un processo chimico che simulava la digestione reale (si è ipotizzato che ci fosse un trucco). L’automa fu costruito in modo che si vedessero tutti gli ingranaggi, le leve e le corde al suo interno e il percorso compiuto dal cibo. L'anatra originale fu distrutta insieme con altri automi, durante l’incendio che nel 1879 distrusse il museo di Nijninovgorod nel quale era esposta.
    Frédéric Vidoni nel 1998 per rendere omaggio a Vaucanson ha ricreato l’automa di Jacques de Vaucanson e come l’originale anche questo è in grado di “ digerire”. L’opera è esposta al Museo degli automi a Grenoble.

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    leone-di-leonardo
    Leonardo da Vinci ha inventato moltissime cose, fra le tante forse la più ammirata dai suoi contemporanei fu quella della quale non è rimasta traccia. Si tratta di un leone meccanico costruito a Firenze nel 1515 e inviato a Lione per omaggiare il nuovo re di Francia Francesco I. Il leone fu programmato per camminare verso il re quindi si alzava sulle zampe posteriori e si apriva il petto con le zampe anteriori mostrando al suo interno dei fiori (i gigli di Francia) Questo automa fu descritto da Giovan Paolo Lomazzo nel 1584 e sei anni dopo ne fu realizzata una replica in occasione delle nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV.
    Una ricostruzione del suo capolavoro tecnologico è stata realizzata attenendosi ad analoghi meccanismi fatti in Francia nei secoli successivi, sfruttando i suoi studi di anatomia e meccanica. L’automa è stato presentato alla mostra “La mente di Leonardo” svoltasi nel 2006 agli Uffizi a Firenze.

    robot-di-leonardo
    Il genio toscano nel 1495 mentre era a Milano progettò anche un automa, probabilmente per qualche festa della corte sforzesca, non si sa se lo costruì realmente ma i suoi appunti si sono salvati. Il robot indossava un’armatura, poteva alzarsi e sedersi, grazie all’azione di un albero centrale e una serie di corde e pulegge, muoveva le mani, girava la testa, apriva e chiudeva la bocca emettendo dei suoni; muoveva contemporaneamente le braccia e le spalle (come per abbracciare), anca, ginocchio e caviglia erano mosse da un sistema di giunti e corde. L’automa è stato ricostruito utilizzando i disegni originali.
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    450px-Elephant_clock,_Dubai_

    Al-Jazari fu un eminente studioso arabo appassionato di meccanismi stelle e automi. Famoso è il suo orologio idraulico a forma di elefante con vari automatismi, descritto nel suo libro” Ingegnosi congegni meccanici “ risalente al 1207.
    Un flusso d'acqua azionava un automa scrivano che muovendo la penna indicava le ore. Il meccanismo scandiva le ore con differenti suoni, ogni mezz'ora un uccello posto sulla sommità della portantina si girava e cantava. Durante il funzionamento differenti sfere metalliche cadevano dentro la bocca di un serpente che si abbassava a causa del peso della sfera. Le sfere erano poi convogliate in un meccanismo di ritorno. (vedi filmato) Hanno costruito una coppia dell’antico orologio e l’hanno posta in un grandissimo centro commerciale di Dubai.

     
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    Templari

    templari

    Templari
    L'Ordine dei Cavalieri Templari, detti anche Cavalieri del Tempio di Salomone, nacque nel 1118 a Gerusalemme per offrire aiuto e protezione ai pellegrini diretti al Santo Sepolcro. Le origini però sono poco chiare, per alcuni studiosi l’Ordine del Tempio nasce in Francia, nella regione della Champagne, governata dal Conte di Champagne, a lui si attribuisce il ruolo di ideatore dell’Ordine e ad Hugues des Payns il compito di esecutore dei piani del Conte.
    I fondatori furono nove, guidati da Hugues de Payns, erano temuti per la decisione con cui affrontavano i loro nemici in combattimento, erano i più temibili avversari dei Saraceni. Michele il Siriano, invece, parla di 30 cavalieri che per volere di Baldovino II, 3 anni dopo la sua incoronazione avvenuta nel 1118, formarono una milizia armata a protezione del Santo Sepolcro. Quando la cristianità perse la battaglia per il possesso del Santo Sepolcro, nobili, ricchi mercanti e confraternite religiose si rivolsero ai Templari per trasportare i loro averi in Europa; fu anche grazie ai guadagni fatti con questi traffici che il loro potere crebbe sino a poter condizionare gli eventi politici dell'epoca. I Cavalieri ottennero l'approvazione papale nel 1128 e al Concilio di Troyes fu stabilita per loro una regola, scritta da San Bernardo da Chiaravalle e ispirata alla regola cistercense.
    Il 13 ottobre 1307, per iniziativa di Filippo IV detto "il Bello"e con l'avallo di Papa Clemente V, i Templari furono accusati di eresia e di idolatria; in particolare furono accusati di adorare Baphomet, un idolo bifronte. Il Grande Sogno dei Templari era in realtà la Fratellanza Universale che forse lo stesso Baphomet ricercava, La verità è che l'Ordine era diventato molto potente e quindi scomodo per lo scacchiere politico dell'epoca. Filippo il Bello era indebitato con l'Ordine che aveva anche rifiutato di accogliere suo figlio tra le proprie file. Una bolla papale del 1312 sciolse l'Ordine e tutti i beni vennero assegnati ai cavalieri Ospitalieri o confiscati da Filippo IV e da Edoardo II che aveva sciolto la congregazione in Inghilterra. Jacques de Molay, l'ultimo Grande Maestro dei Templari, fu bruciato al rogo insieme ai suoi principali ufficiali su un'isola della Senna nel 1314.
    Nel 2001 la ricercatrice Barbara Frale ha trovato nell'Archivio Segreto Vaticano una pergamena scritta nel 1312, l'anno dello scioglimento dell'Ordine da parte del Papa. Il "Foglio di Chinon", sfuggito per secoli all'attenzione degli studiosi per un errore di archiviazione compiuto nel XVII secolo, getta una nuova luce sulla fine di quello che fu uno degli Ordini più potenti del mondo e fra l'altro, testimonia che il pontefice non considerava eretici i Templari. Tra le assurde accuse che vennero rivolte ai Cavalieri dell’Ordine c'era quella di essere stati sedotti dall'Islam, ma dal documento si evince che i motivi della condanna furono politici e non religiosi.

     
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    Irena Sendler una donna meravigliosa.

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    Irena Sendler una donna meravigliosa che salvò 2500 bambini.

    Quest'anno voglio commemorare “Il giorno della memoria” ricordando la figura di una donna cattolica che un giorno disse: “Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria “.

    Irena Sendler nata in Polonia nel 1910, morta nel maggio del 2008 all’età di 98 anni, essendo l'operatrice ufficiale del Dipartimento contro le malattie contagiose, aveva un lasciapassare per entrare nel Ghetto di Varsavia, per cercare eventuali sintomi di Tifo. Sui manifesti nazisti che tappezzavano la città, si minacciava di morte i Polacchi che avessero aiutato gli Ebrei e non lasciavano dubbi su quella che era la politica razziale di Hitler. Irena cercava di convincere i genitori dei bambini a farli uscire dalla prigionia del Ghetto e a farli vivere presso istituti religiosi e famiglie amiche, con una nuova identità, le famiglie si sarebbero poi riunite nel futuro. Dal 1940 cominciò a cercare famiglie e istituti disposti ad ospitare in incognito bambini ebrei ai quali procurava documenti falsi. Entrata nella Resistenza polacca, nell'organizzazione clandestina Zegota, Irena Sendler mise in pratica il suo piano. Per fare uscire i bambini dal ghetto, i più piccoli erano nascosti sulle ambulanze, per i più grandicelli si utilizzavano furgoni o cunicoli segreti. Furono messi in salvo in questo modo circa 2500 bambini. Poiché lo scopo era di riconsegnare i bambini alle loro famiglie al termine della guerra, Irena scriveva, e teneva aggiornate le liste con i nomi veri e quelli nuovi. Gli elenchi furono poi messi in vecchi vasetti di vetro della marmellata che furono sotterrati in un giardino di conoscenti a Varsavia.
    Il 20 ottobre 1943 Irena Sendler fu arrestata, torturata, le spezzarono le gambe, per il resto della sua vita fu bisognosa d'aiuto e dovette aiutarsi con il bastone per camminare, ma non parlò. Condannata a morte riuscì a fuggire perché i suoi compagni dell'organizzazione Zegota erano riusciti a corrompere l'ufficiale che doveva giustiziarla. Alla fine della guerra utilizzando le liste conservate nei vasetti, furono rintracciati circa duemila dei bambini salvati, ma nel frattempo molti genitori erano stati uccisi nei lager e solo circa mille poterono riunirsi alle loro famiglie.
    In un'intervista rilasciata prima di morire disse:
    “Avrei potuto fare di più. Questo rimpianto non mi lascia mai. “

    Ciao Irena, “Giusta tra le Nazioni" riposa in pace nel “Giardino dei Giusti”.

    27 gennaio giorno della memoria in ricordo della Shoah



    Antonio Canova

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    Antonio Canova
    Antonio Canova (Possagno, 1º novembre 1757 – Venezia, 13 ottobre 1822) fu uno scultore italiano, considerato il massimo esponente del neoclassicismo e cantore della bellezza femminile. Iniziò giovanissimo il suo apprendistato, all'età di undici anni cominciò a lavorare nello studio di scultura di Giuseppe Bernardi-Torretti. All'Accademia della città di Venezia, studiò il disegno, frequentando la scuola di nudo. Specialmente nei primi tempi, subì l'influenza e il fascino dello scultore Bernini. Diciottenne lasciò lo studio dei Torretti e si mise in proprio. Nel 1779 si trasferì Roma, dove incontrò e conobbe i maggiori protagonisti dell'arte neoclassica, Nella capitale studiò la statuaria antica e frequentò la scuola di nudo dell'Accademia di Francia e dei Musei Capitolini. Antonio Canova scolpì le sue opere usando prevalentemente il marmo bianco. Suoi committenti furono sovrani, papi, imperatori e principi di tutto immondo. Il Canova fu anche pittore, ma in questo campo artistico non eccelse. Il sepolcro che custodisce le sue spoglie è a Possagno, tre anni prima della sua morte aveva progettato ed edificato a sue spese il Tempio, e ne aveva posto la prima pietra.
    Dal 7 dicembre al museo galleria Borghese a Roma sono in mostra alcuni marmi antichi che furono acquistati da Napoleone. “I Borghese e l'Antico” ricolloca, dove erano in origine, 65 delle oltre 600 sculture di epoca romana, che da due secoli costituiscono il nucleo centrale delle raccolte archeologiche del Louvre.


    Le navi di Caligola

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    Le navi di Caligola
    Il lago di Nemi è un lago vulcanico che fa parte della zona detta complesso vulcanico dei Colli Albani. Il lago era un apprezzato luogo di divertimenti e villeggiatura degli antichi romani. Tra l'altro, nelle vicinanze erano situati un bosco e un luogo di culto dedicati alla dea Diana.
    Dal I secolo d. C. e per tutto il Medioevo, era capitato che i pescatori riportassero in superficie alcuni reperti archeologici, ma nessuno sapeva di che cosa si trattasse. Si narrava che sul fondo del lago ci fossero due antiche navi romane di enormi dimensioni, forse cariche di oggetti preziosi.
    Il Cardinale Prospero Colonna intorno al 1446 affidò a Leon Battista Alberti, il compito di scandagliare il fondo del lago per recuperare eventuali relitti. Furono trovate alcune fistulae acquariae di piombo (Tubo usato nell'antichità per la conduttura delle acque), sulle quali era inciso il nome di Caligola, che permisero una datazione dell'epoca di costruzione delle navi. Non avendo attrezzature idonee per il recupero il tentativo fu abbandonato.
    Quasi un secolo dopo, secondo tentativo, il 15 luglio 1535, il bolognese Francesco De Marchi calcolò che la nave fosse lunga 64 metri per 20 di larghezza e riportò in superficie "tanto legname da caricarne due muli".
    Nel 1827, il Cavalier Annesio Fusconi riprende l'esplorazione del fondo. Furono recuperati pezzi di pavimento in porfido e serpentino, smalti, mosaici, frammenti di colonne metalliche, chiodi, laterizi e tubi di terracotta. Parte dei reperti fu mandata ai Musei Vaticani, il resto andò perduto.
    Il 3 ottobre 1895 una campagna di ricerche diretta dall'antiquario Eliseo Borghi, individuò una delle navi, furono recuperate: una testa di leone in bronzo, la ghiera di un timone, tegole di rame dorato, frammenti di mosaici decorati con pasta di vetro, lamine di rame ed altro. Il 18 novembre, fu localizzata anche la seconda nave. La maggior parte del materiale fu acquisito dal governo ma alcune delle parti più preziose furono saccheggiate.
    Il recupero delle due navi avvenne per volere del governo fascista, fu un'opera che richiese quasi cinque anni dall'ottobre del 1928 all'ottobre del 1932. L'impresa fu resa possibile dall'Ing. Guido Ucelli che utilizzando delle idrovore, abbassò il livello delle acque del lago di oltre 20 metri. L'acqua fu scaricata attraverso un preesistente emissario artificiale, risalente all'epoca romana, lungo 1650 metri, che passa sotto Genzano attraversando il recinto craterico del Vulcano Laziale, restaurato proprio in occasione del recupero delle navi. I due scafi furono tirati in secco, e nel 1935 fu inaugurato un museo che li ospitasse insieme con gli oggetti recuperati. L'acqua del lago anche dopo il successivo riempimento non tornò più ad essere al livello originario.
    Le due navi, splendidamente decorate, a chiglia piatta, misuravano una m 73 di lunghezza x 24 di larghezza e l'altra m 71,30 x 20, entrambe costruite in fasciame di pino, rivestite esternamente di lana catramata e lamiere di piombo, fissate con chiodini di rame.
    Le due imbarcazioni furono fatte costruire dall'imperatore Caligola, che le utilizzava come palazzi galleggianti in cui soggiornare, dare feste e cerimonie o simulare battaglie navali. Dopo la sua morte avvenuta nel 41 d. C., il Senato di Roma (di cui l'imperatore era stato acerrimo avversario politico) forse per cancellarne il ricordo, fece distruggere tutte le opere di Caligola, tra cui anche le navi.
    Tra l'agosto 1943 e il marzo dell'anno successivo il Soprintendente S. Aurigemma fece trasportare presso i magazzini del Museo Nazionale Romano gli scafi e i reperti rinvenuti. Il 31 maggio 1944, per cause tuttora ignote, un incendio "attribuito" alle truppe tedesche stanziate nei pressi dei Museo, o a persone senza scrupoli, al fine di rivendere il piombo fuso dall'incendio, distrusse totalmente gli scafi, si salvarono solo i bronzi decorativi.
    Oggi è possibile ammirare due fedeli modelli in scala 1:5 e molti elementi salvati dall'incendio al Museo delle Navi Romane di Nemi.


    Concludendo ... tutto cambia nulla cambia, Caligola già a quei tempi si era fatto due Yacht :-)

     
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