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Parafrasi dei proemi dei tre poemi epici: l'ì"Eneide", l'"Odissea" e l&#

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    Parafrasi dei proemi dei tre poemi epici: l'ì"Eneide", l'"Odissea" e l'"Iliade".


    PROEMI: PROEMI: Proemio dell' Eneide: Quell'io che già tra selve e tra pastori di Titiro sonai l'umil sampogna, e che, de' boschi uscendo. a mano a mano fei pingui e cólti i campi, e pieni i vóti d'ogn'ingordo colono, opra che forse agli agricoli è grata; ora di Marte L'armi canto e 'l valor del grand'eroe che pria da Troia, per destino, a i liti d'Italia e di Lavinio errando venne; e quanto errò, quanto sofferse, in quanti e di terra e di mar perigli incorse, come il traea l'insuperabil forza del cielo, e di Giunon l'ira tenace; e con che dura e sanguinosa guerra fondò la sua cittade, e gli suoi dèi ripose in Lazio: onde cotanto crebbe il nome de' Latini, il regno d'Alba, e le mura e l'imperio alto di Roma. Musa, tu che di ciò sai le cagioni, tu le mi detta. Qual dolor, qual onta fece la dea ch'è pur donna e regina de gli altri dèi, sí nequitosa ed empia contra un sí pio? Qual suo nume l'espose per tanti casi a tanti affanni? Ahi! tanto possono ancor là su l'ire e gli sdegni? Proemio dell' Odissea: Musa, quell'uom di multiforme ingegno Dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra Gittate d'Ilïòn le sacre torri; Che città vide molte, e delle genti L'indol conobbe; che sovr'esso il mare Molti dentro del cor sofferse affanni, Mentre a guardar la cara vita intende, E i suoi compagni a ricondur: ma indarno Ricondur desïava i suoi compagni, Ché delle colpe lor tutti periro. Stolti! che osaro vïolare i sacri Al Sole Iperïon candidi buoi Con empio dente, ed irritâro il nume, Che del ritorno il dì lor non addusse. Deh! parte almen di sì ammirande cose Narra anco a noi, di Giove figlia e diva. Proemio dell' Iliade: Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempìa), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de' prodi Atride e il divo Achille
     
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    Eneide, Odissea, Iliade: parafrasi Proemi

    PROEMI:

    Proemio dell’ Eneide:


    Quell'io che già tra selve e tra pastori
    di Titiro sonai l'umil sampogna,
    e che, de' boschi uscendo. a mano a mano
    fei pingui e cólti i campi, e pieni i vóti
    d'ogn'ingordo colono, opra che forse
    agli agricoli è grata; ora di Marte
    L'armi canto e 'l valor del grand'eroe
    che pria da Troia, per destino, a i liti
    d'Italia e di Lavinio errando venne;
    e quanto errò, quanto sofferse, in quanti
    e di terra e di mar perigli incorse,
    come il traea l'insuperabil forza
    del cielo, e di Giunon l'ira tenace;
    e con che dura e sanguinosa guerra
    fondò la sua cittade, e gli suoi dèi
    ripose in Lazio: onde cotanto crebbe
    il nome de' Latini, il regno d'Alba,
    e le mura e l'imperio alto di Roma.
    Musa, tu che di ciò sai le cagioni,
    tu le mi detta. Qual dolor, qual onta
    fece la dea ch'è pur donna e regina
    de gli altri dèi, sí nequitosa ed empia
    contra un sí pio? Qual suo nume l'espose
    per tanti casi a tanti affanni? Ahi! tanto
    possono ancor là su l'ire e gli sdegni?

    Proemio dell’ Odissea:

    Musa, quell'uom di multiforme ingegno
    Dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra
    Gittate d'Ilïòn le sacre torri;
    Che città vide molte, e delle genti
    L'indol conobbe; che sovr'esso il mare
    Molti dentro del cor sofferse affanni,
    Mentre a guardar la cara vita intende,
    E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
    Ricondur desïava i suoi compagni,
    Ché delle colpe lor tutti periro.
    Stolti! che osaro vïolare i sacri
    Al Sole Iperïon candidi buoi
    Con empio dente, ed irritâro il nume,
    Che del ritorno il dì lor non addusse.
    Deh! parte almen di sì ammirande cose
    Narra anco a noi, di Giove figlia e diva.

    Proemio dell’ Iliade:

    Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
    l'ira funesta che infiniti addusse
    lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco
    generose travolse alme d'eroi,
    e di cani e d'augelli orrido pasto
    lor salme abbandonò (così di Giove
    l'alto consiglio s'adempìa), da quando
    primamente disgiunse aspra contesa
    il re de' prodi Atride e il divo Achille.

     
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