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COME SI FA LA PARAFRASI DI UNA POESIA???svolgimento!!

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  1. Lussy60
     
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    COME SI SVOLGERE LA PARAFRASI DI UNA POESIA???


    Cos’è la parafrasi?

    La parafrasi è la riscrittura (o la rielaborazione orale) di un testo in termini più semplici allo scopo di renderlo più comprensibile senza però cambiarne né il contenuto né il significato.

    La forma più diffusa è la parafrasi di un testo poetico. Essa, che è detta anche versione in prosa, è un operazione tipicamente scolastica, ma è un’ operazione importante ai fini della comprensione di una poesia: è, anzi, il primo passo verso la comprensione del suo contenuto.

    Come si fa una parafrasi

    Per fare la parafrasi di un testo, devi in pratica riscrivere totalmente il testo della poesia facendo in modo di:

    – Ordinare le parole all’ interno della frase secondo una successione sintattica regolare: soggetto-> predicato->complementi

    –Semplificare , all’interno dei periodi, le costruzioni sintattiche troppo complesse,riordinando le proposizioni a partire dalla principale,rendendo esplicite le subordinate implicite e chiarendo eventuali rapporti sintattici oscuri o complessi;

    –Sostituire le parole e le espressioni difficili- perché antiquate, letterarie, poetiche o rare -con parole ed espressioni della lingua d’uso;

    –Sciogliere e Spiegare le espressioni figurate, come le metafore, le antonomasia e simili. Così, un’espressione come “capelli d’oro” deve diventare “capelli biondi e splendenti come l’oro” e un’espressione come sei un Giuda” deve diventare “sei un traditore”.

    Esempi

    LA PIOGGIA NEL PINETO

    da ALCYONE



    D’Annunzio ricerca un rapporto pieno e diretto con la natura, una ricerca di sensazioni in una pineta bagnata dalla pioggia estiva, fra odori e rumori di una natura che procura gioia e che fa pensare alla vita. Accompagna il poeta Ermione, una donna idealizzata.




    [color=red]PARAFRASI
    Taci. Su le soglie
    del bosco non odo
    parole che dici
    umane; ma odo
    parole più nuove
    che parlano gocciole e foglie
    lontane.Ascolta. Piove
    dalle nuvole sparse.
    Piove su le tamerici
    salmastre ed arse,
    piove sui pini
    scagliosi ed irti,
    piove sui mirti
    divini,
    su le ginestre fulgenti
    di fiori accolti,
    sui ginestri folti
    di coccole aulenti,
    piove sui nostri volti
    silvani,
    piove sulle nostre mani
    ignude,
    sui nostri vestimenti
    leggieri,
    su i freschi pensieri
    che l’anima schiude
    novella,
    su la favola bella
    che ieri
    l’illuse, che oggi m’illude,
    o Ermione.

    Odi? La pioggia cade
    su la solitaria
    verdura
    con un crepitio che dura
    e varia nell’aria
    secondo le fronde
    più rade, men rade.
    Ascolta. Risponde
    al pianto il canto
    delle cicale
    che il pianto australe
    non impaura,
    nè il ciel cinerino.
    E il pino
    ha un suono, e il mirto
    altro suono, e il ginepro
    altro ancora, stromenti
    diversi
    sotto innumerevoli dita.
    E immersi
    noi siam nello spirto
    silvestre,
    d’arborea vita viventi;
    e il tuo volto ebro
    è molle di pioggia
    come un foglia,
    e le tue chiome
    auliscono come
    le chiare ginestre,
    o creatura terrestre
    che hai nome
    Ermione.


    Taci. Sul limitare

    del bosco non sento

    le parole che dici

    pronunciate da uomini ma ascolto

    parole più nuove,

    parlano le gocce di pioggia e le foglie

    lontane.

    Ascolta. Piove

    dalle nuvole sparse nel cielo,

    piove sulle tamerici

    impregnate di salsedine e bruciate dal sole,

    piove sui pini

    dalle scorze ruvide e dalle foglie aghiformi,

    piove sui mirti

    sacri a Venere,

    sulle ginestre splendenti

    di fiori gialli e raccolti,

    sui ginepri pieni

    di bacche odorose, piove sui nostri volti

    diventati silvestri,

    piove sulle nostre mani

    nude,

    sui vestiti leggeri,

    sui freschi pensieri

    che sgorgano freschi dall’anima

    purificata,

    sulla bella favola

    che ieri

    ti illuse e che oggi mi illude,

    o Ermione.

    Senti? La pioggia cade

    sul fogliame

    solitario degli alberi

    con un rumore che è continuo

    e varia nell’aria

    a seconda che le foglie

    siano più o meno folte.

    Ascolta. risponde

    alla pioggia il canto

    delle cicale

    che la pioggia arrecata dal vento australe

    non spaventa,

    né il cielo grigio.

    E il pino

    ha un suono, e il mirto

    un altro suono e il ginepro

    un altro suono ancora, strumenti

    diversi

    suonati da innumerevoli dita.

    Noi siamo immersi

    nello spirito

    silvestre

    e viviamo di una vita vegetale,

    e il tuo volto inebriato

    è bagnato di pioggia

    come una foglia

    e i tuoi capelli

    profumano come

    le chiare ginestre,

    o creatura terrestre

    che ti chiami

    Ermione.



    Ascolta. ascolta. il coro

    delle cicale che cantano all’aria e

    che diventa a poco a poco

    più debole

    sotto la pioggia che aumenta;

    ma un canto vi si unisce

    più roco

    che sale da laggiù:

    da un punto lontano nascosto nel bosco.

    Diventa più sordo e più debole,

    rallenta e alla fine si spegne.

    Si sente una nota sola,

    trema, si spegne.

    Non si sente il rumore del mare.

    Ora si ode solo sulle foglie

    scrosciare

    la pioggia d’argento

    che purifica,

    il rumore varia a

    seconda delle foglie

    più o meno folte.

    Ascolta.

    La cicala ora

    sta zitta, ma la rana

    lontana,

    figlia del fango

    canta nella ombra più profonda,

    chissà dove, chissà dove!

    E piove sulle tue ciglia,

    Ermione.



    Piove sulle tue ciglia nere

    così che sembra che tu pianga

    di piacere, non pallida

    ma quasi resa verdeggiante,

    sembra che tu esca da un albero.

    e tutta la vita in noi è fresca,

    profumata,

    il cuore nel petto è come una pesca

    intatta,

    tra le palpebre gli occhi

    sono come sorgenti d’acqua tra le erbe,

    i denti nelle gengive

    sono come mandorle acerbe.

    e corriamo per la selva

    ora insieme, ora da soli

    (e i rami dei cespugli

    si avvinghiano alle caviglie

    e ci bloccano i ginocchi)

    chissà dove, chissà dove!

    E piove sui nostri volti

    silvestri,

    piove sulle nostre mani

    nude,

    sui vestiti leggeri,

    sui freschi pensieri

    che sgorgano freschi dall’anima

    purificata,

    sulla bella favola

    che ieri

    ti illuse e che oggi mi illude,

    o Ermione.
     
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