Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Posts written by lussy601

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    La mia sera

    Testo e parafrasi della lirica La mia sera, scritta nel 1903 e tratta dalla raccolta Canti di Castelvecchio.

    La mia sera
    Il giorno fu pieno di lampi;
    ma ora verranno le stelle,
    le tacite stelle. Nei campi
    c'è un breve gre gre di ranelle.
    Le tremule foglie dei pioppi
    trascorre una gioia leggiera.
    Nel giorno, che lampi! Che scoppi!
    Che pace, la sera!
    Si devono aprire le stelle
    nel cielo si tenero e vivo.
    Là, presso le allegre ranelle,
    singhiozza monotono un rivo.
    Di tutto quel cupo tumulto,
    di tutta quell'aspra bufera,
    non resta che un dolce singulto
    nell'umida sera.
    E ', quella infinita tempesta,
    finita in un rivo canoro.
    Dei fulmini fragili restano
    cirri di porpora e d'oro.
    O stanco dolore, riposa!
    La nube nel giorno più nera
    fu quella che vedo più rosa
    nell'ultima sera.
    Che voli di rondini intorno!
    che gridi nell'aria serena!
    La fame del povero giorno
    prolunga la garrula cena.
    La parte , si piccola, i nidi
    nel giorno non l'ebbero intera.
    Né io……. e che voli, che gridi ,
    mia limpida sera!
    Don…don…e mi dicono,Dormi!
    Mi cantano, Dormi! Sussurrano,
    Dormi! Bisbigliano, Dormi!
    là voci di tenebra azzurra…
    Mi sembrano canti di culla,
    che fanno ch'io torni com'era…
    sentivo mia madre… poi nulla…
    sul far della sera.
    parafrasi
    Il giorno fu pieno di lampi, ma ora verranno le stelle, le stelle silenziose. Nei campi si sente un breve gracidio di ranelle.
    Una brezza leggera fa tremare, come un brivido di gioia, le foglie dei pioppi.
    Nel giorno, che lampi! Che scoppi! Ma poi, che pace la sera!

    Si devono vedere le stelle in un cielo così tenero e vitale. Presso le allegre ranelle un ruscello produce un suono monotono.
    Di tutto il rumore fragoroso, di tutta quella cupa bufera non resta che un dolce singhiozzo nella sera umida.
    E quella bufera infinita si spegne in un canto sonoro.
    Dei fulmini che si infrangono restano solo nuvolette sottili color porpora e d'oro; o stanchezza, riposa!
    La nube che nel giorno fu la più nera, ora è la più rosa: mentre la sera sta per finire.
    Che belli i voli di rondini intorno! Che gridi nell'aria serena!
    La fame accumulata nel giorno, rende più festosa e più lunga la cena.
    La porzione di cibo così piccola, gli uccellini nei nidi non l'ebbero intera, e nemmeno io.
    Mia limpida sera, un dolce Don Don di campane, mi dice: dormi!
    Le voci nella notte azzurra, mi sembrano canti di culla, che mi riportano all'infanzia: sentivo mia madre...poi nulla...sul far della sera.



    La mia Sera: aggettivi

    Elenco di parole de "La mia Sera" di Giovanni Pascoli Con i corrispondenti aggettivi ad esse associati.
    * Stelle = tacite
    * gre-gre = breve
    * foglie = tremule
    * gioia = leggera
    * cielo = tenero e vivo
    * ranelle = allegre
    * rivo = monotono
    * tumulto = cupo
    * bufera = aspra
    * singulto = dolce
    * sera = umida
    * tempesta = infinita
    * rivo = canoro
    * fulmini = fragili
    * dolore = stanco
    * nube = nera
    * sera = ultima
    * aria = serena
    * giorno = povero
    * cena = garrula
    * sera = limpida
    * tenebra = azzurra

    La mia sera, Figure retoriche

    Figure retoriche in “La mia sera” di Pascoli

    GRE - GRE: Onomatopea = si usa una parola che riproduce un suono.
    GIOIA LEGGIERA: SINESTESIA = accostamento insolito di due parole legate a sensi diversi.
    SINGHIOZZA MONOTONO UN RIVO: Personificazione = si attribuiscono ad una cosa o ad un animale proprietà umane.
    CIRRI DI PORPORA ED ORO: Metafora = è una similitudine senza il collegamento della parola "come": rosso come la porpora, giallo come l'oro.
    LA FAME DEL POVERO GIORNO: Metonimia = si attribuisce qualcosa al soggetto sbagliato, non è il giorno che ha provato fame, ma gli uccelli che non sono potuti uscire a procurarsi il cibo.
    LA GARRULA CENA: Metonimia = si attribuisce qualcosa al soggetto sbagliato, garrule sono le rondini.

    EI NIDI: Sineddoche = si indica qualcosa al posto di qualcos'altro (es.: il contenente al posto del contenuto)
    DON …DON…: Onomatopea
    DORMI…DORMI…DORMI…DORMI: Anafora = ripetizione della stessa parola.
    TENEBRA AZZURRA: Ossimoro = accostamento di due parole che si contraddicono



    Commento

    Questa è la poesia “La mia sera” di Giovanni Pascoli e già il titolo anticipa parzialmente quello di cui andrà a parlare il poeta.
    La lirica è costituita da cinque strofe e quaranta versi; ogni strofa presenta sette novenari e un senario.
    La rima è alterna (ABABCDCD).
    Il linguaggio, come si verifica anche in molte altre poesie del Pascoli: è apparentemente semplice, ma analizzando il componimento emerge proprio il vero significato: un ritorno all’infanzia col pensiero, dove gli mancò qualcosa di grande, di insostituibile e cioè il padre, il quale venne assassinato mentre tornava a casa con due bambole in dono (come ci viene detto nella poesia “10 agosto”). Il tema della poesia è, appunto, il ritorno al passato, in un giorno di bufera, che si placa solo al calar della sera. Sono presenti in quantità enorme le figure retoriche. Le più utilizzate sono le personificazioni, le analogie, gli ossimori e le anafore; ci sono anche diverse immagini simboliche (il primo e il secondo verso e il settimo e l’ottavo verso).
    E’ Presente anche un’onomatopea, nel trentatreesimo verso: essa ci fa proprio capire che il poeta è cullato dal loro suono, come se lo invitassero dolcemente ad addormentarsi. Tra l’altro, proprio per questo motivo, l’ultima strofa è quella che mi ha colpito di più. Un altro elemento di questa poesia è la presenza alla fine di ogni strofa della parola sera.

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    Pascoli, Giovanni - Temporale
    Commento, testo e analisi dettagliata della lirica pascoliana,

    Temporale
    La poesia di Giovanni Pascoli è tradizionalmente proposta alla lettura scolastica non solo per i temi (la gioia e la semplicità della vita a contatto con la natura, i buoni sentimenti, il valore della famiglia e della casa), ma anche per una presunta facilità del suo linguaggio. In realtà la lingua poetica di Pascoli porta straordinarie novità e cambiamenti in seno alla tradizione italiana: egli inizia infatti in Italia quella rivoluzione del linguaggio poetico che nelle altre letterature era già avviata. In particolare, è caratteristica della sua poesia l'attenzione all'aspetto fonico, per cui spesso i testi sono costruiti sull'effetto, sulle impressioni evocate dal succedersi dei suoni.
    Ne è un esempio famoso la poesia Temporale, inserita nella terza edizione della raccolta Myricae, del 1894.

    Il testo

    Un bubbolio lontano...

    Rosseggia l'orizzonte,
    come affocato, a mare;
    nero di pece, a monte,
    stracci di nubi chiare:
    tra il nero un casolare:
    un'ala di gabbiano.

    Il linguaggio delle sensazioni
    Pascoli presenta un paesaggio al tramonto: da un parte il mare, infuocato dal brillare dei raggi del sole che cala, e dall'altra le montagne, su cui si stanno addensando le nere nubi di un temporale. In mezzo alla campagna un casolare bianco si distingue grazie alla luce di un lampo improvviso. Il poeta descrive la scena attraverso le sensazioni, che si susseguono una dopo l'altra nella poesia: il rumore del tuono; il colore rosso dell'orizzonte; il nero delle nuvole minacciose del temporale, in mezzo al quale si staglia qualche nuvola sfilacciata più chiara; il colore bianco del casolare che appare all'improvviso e che è reso dall'analogia.

    Il linguaggio utilizzato fa ricorso solo alle sensazioni, alle impressioni, che colpiscono l'immaginazione del lettore: è come un quadro, in cui non ci si affida alla linea dei contorni delle figure ma solo al colore.

    La sintassi nominale
    La lingua poetica delle sensazioni e delle impressioni non utilizza quasi per niente i predicati verbali: si parla a questo proposito di sintassi nominale. L'unico vero verbo della poesia è Rosseggia, che tra l'altro indica non un'azione ma una tonalità di colore dell'orizzonte.

    Per il resto la poesia si affida solo a nomi e a aggettivi. Alcuni sintagmi forzano la lingua nominale: per esempio, si nota l'uso di espressioni onomatopeiche, oppure lo scambio tra sostantivo e aggettivo che mette ancora una volta in risalto la sensazione.
    Un altro procedimento che infrange la linearità logica del linguaggio è quello dell'analogia.
    Ogni legame logico è taciuto, sottinteso e dev'essere intuito; si ha perciò un legame analogico.

    La punteggiatura
    Un altro aspetto innovativo del linguaggio poetico pascoliano è costituito dalla punteggiatura e dall'aspetto grafico: i punti di sospensione dopo il primo verso e lo spazio bianco che lo separa dal secondo creano un vuoto, come un silenzio dopo il rumore del tuono; si tratta dello spazio di tempo che intercorre tra il tuono e il lampo che poi permette di scorgere il casolare. L'attenzione per l'aspetto grafico e un uso più espressivo della punteggiatura saranno propri della poesia del Novecento, anticipata anche in questo da Pascoli.

    Il simbolo
    La poesia pascoliana è caratterizzata da una valenza simbolica. Si tratta di una poesia che parla di cose che assumono un significato e un valore che vanno al di là della loro oggettività. Così il casolare è per analogia avvicinato all'ala del gabbiano e questa immagine assume un valore simbolico, anche se difficile da sciogliere. Gli uccelli sono largamente presenti nella poesia pascoliana: sono la voce di un mondo che sta al di là della realtà e che in genere coincide con il mondo dei morti. Gli uccelli poi sono strettamente legati all'idea del nido, uno dei temi ricorrenti in Pascoli: li vi trova sicurezza, calore e protezione, così come all'interno del casolare. Inoltre, l'immagine del gabbiano è sempre associata all'idea di libertà e di leggerezza, che contrasta il peso e la minaccia del temporale; anche il colore bianco costituisce un momento di consolazione e di conforto nello spavento provocato dal temporale, espresso invece con la sfumatura del nero.

    In sintesi
    Nella prima descrive una tempesta che si sta avvicinando, nella seconda l’attimo in cui il lampo acceca l’occhio. La prima si apre con un’onomatopea che indica l’eco lontano di una minaccia. L’unica salvezza nella tempesta è il casolare. È il nido. Nella seconda poesia domina il senso della vista: anche qui l’unico riparo è il casolare bianco. Il fanciullino non è in armonia con la natura ma deve fuggire da essa e rintanarsi nel suo rifugio.



    La poetica del fanciullino

    La poetica del fanciullino: Pascoli ritiene che in ogni persona ci sia un fanciullino, spirito sensibile che consiste nella capacità di meravigliarsi delle piccole cose

    Delinea gli aspetti fondamentali della sua poetica. Anche autori precedenti come Tasso e Leopardi avevano scritto saggi in cui delineavano la loro poetica. Leopardi scrisse Discorso di italiano introno alla poesia romantica in risposta alle accuse di Madame de Stael. Tasso aveva scritto i Discorsi sopra l’arte poetica nei quali delineava la teoria della verosimiglianza. Pascoli sulle orme della tradizione scrive la “poetica del fanciullino”, opera che sarà utilizzata come chiave di volta per tutta la produzione artistico - letteraria. Pascoli ritiene che in ogni persona (indipendentemente dal lavoro che svolge e dalla condizione sociale) ci sia un fanciullino.

    Esso è uno spirito sensibile che consiste nella capacità di meravigliarsi delle piccole cose, proprio come fanno i bambini. La differenza tra il poeta e l’uomo comune,quindi, è nel fatto che il primo riesce ad ascoltare e dare voce al fanciullino che in lui. In questa concezione, Pascoli si differenzia dal decadentismo. Infatti, tale movimento considera la poesia come qualcosa di elitario che si distingue dalla massa. D’Annunzio elaborando la teoria di Nietzsche del superuomo, ritiene che il poeta possegga superdoti, qualità superiori che lo elevano dalla massa. La gente comune viene considerata perciò, sentimentalmente e intellettualmente inferiore all’intellettuale. Per Pascoli, al contrario, il poeta è un uomo umile che gioisce nello scoprire le cose più modeste e genuine. Rappresenta scene che vede con la sua poetica semplice, parla di vita umile di scene di vita quotidiana viste con gli occhi del fanciullino. Tuttavia, secondo alcuni critici le figure del superuomo e del fanciullino coincidono perché sebbene da due prospettive diverse, dall’umiltà e dalla superiorità, sono due modi di distinguersi dalla massa. Due sono gli elementi principali nella poetica del fanciullino:
    IMPRESSIONISMO = l’artista non deve rappresentare il mondo e la natura per come si presentano poiché il ruolo del poeta è quello di fornire degli stimoli, spunti di riflessione sulla realtà, in modo tale che il lettore li percepisca in modo soggettivo (prende le distanze dal verismo a lui contemporaneo).

    C’è una mediazione tra il poeta e il lettore per cui la poesia lascia intravedere la realtà ma non la rappresenta come tale. Ci sono delle situazioni appena accennate e dipinte inventate e rielaborate dal poeta. La poesia, quindi, tratteggia la realtà ma non la definisce.
    SIMBOLISMO = il simbolo non è immediato, non ha un legame logico né un richiamo immediato. Pascoli utilizza il simbolo in una delle sue liriche più famose X Agosto →la notte in cui muore il padre corrisponde con la morte di San Lorenzo.

    La simbologia astronomica è forte: la morte in cui morì il padre è la notte in cui il cielo sembra piangere, partecipare al dolore della famiglia, dove le lacrime sono associate alle stelle cadenti.

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    Petrarca, Francesco

    Appunto completo, ma sintetico sulla vita e le opere del Petrarca, utile soprattutto per i ripassi e per i compiti in classe

    La vita
    Francesco Petrarca nacque ad Arezzo dal padre Pietro detto Ser Petrarco e dalla madre Eletta Canigiani, nel 1304 e morì nel 1374 ad Arquà, Padova. Il padre apparteneva al partito guelfo ed era precisamente guelfo bianco. Fu esiliato nel 1312 e la famiglia si trasferì ad Avignone dove si trovava la curia papale. Per tanto tutta l’esistenza di Petrarca coincide con la Cattività Avignonese, ovvero il trasferimento della sede papale, da Roma ad Avignone. Lì il padre trovò lavoro come “uomo di penna”. Petrarca chiederà più volte al Papa di tornare a Roma per restaurare la gloria di Pietro e di Cesare. Egli ha un fratello, Gherardo, con il quale intraprende gli studi di Giurisprudenza prima a Monpellier poi a

    A Bologna, Petrarca entra in contatto con la corrente poetica dello Stilnovo, grande tradizione poetica nata proprio lì. Nel 1326, il padre muore e in Francia prende gli ordini minori da chierico. L’assunzione di questi ordini non è vista, da parte di Petrarca, come una vera e propria missione ma non sottovaluta questo ruolo e cerca di non compiere azioni trasgressive. Essere un chierico per opportunità gli consente di avere, nei confronti della Chiesa un giudizio imparziale e gli consente di ottenere benefici, fare lavori. Entra in servizio della famiglia Colonna. Lì può coltivare l’”othium letterario”, cioè lo studio spoglio di fini pratici.

    E’ un cortigiano per opportunità perché a corte riesce a coltivare lo studio. Petrarca aveva molto stima di sé e pur essendo un cortigiano non si sente per nulla inferiore rispetto al signore, ma comunque si sente libero. Questo lo ribadisce anche nel “Posteritate” (Lettera ai Posteri) dove sostiene che non è lui a viver con i signori, ma i signori a viver con lui. Il 6 aprile 1327, Francesco incontra Laura, giorno della passione di Cristo, nella Chiesa di Santa Chiara ad Avignone. La figura di Laura può essere ricondotta a quella di Laura di Noves, sposa di un visconte, che morì di peste il 6 aprile 1348. Laura è la donna più intensamente lodata da un innamorato nella letteratura.

    L’amore di Petrarca per Laura è un amore più concreto, più terreno, dai caratteri stilnovisti, si, ma quell’ amore che Petrarca rappresenta non nobilita l’animo dell’innamorato, anzi, lo fa rimanere sulla Terra, non lo innalza verso Dio. Tra il 1336/37 Francesco arriva a Roma, e se ne innamora, dedicandole due grandi opere: “Africa” e “Deviris Illustribus”. Nel 1341 viene incoronato poeta laureto al Campidoglio, principalmente per le sue opere in latino, da Carlo D’Angiò considerato uno sei principi più colti del tempo. Continua a viaggiare all’estero e entra in contatto con la drammatica situazione dell’ Italia, divisa in signorie, corti, ect…. Questa situazione gli suggerisce una canzone: “Italia Mia” che poi verrà inserita nel Canzoniere. Nel 1343, il fratello, Gherardo, conclude il corso da monaco e prende i voti. Francesco si sente inferiore nei suoi confronti, turbato, e questo fa intensificare il suo dissidio interiore. Il turbamento petrarcheso viene espresso principalmente nel versante della produzione poetica cosiddetto ascetico. Nel 1350 si recò a Firenze dove conobbe Boccaccio, e instaura con lui una profonda amicizia. Al centro di questa amicizia vi è una diversa considerazione delle opere di Dante. Boccaccio amava la Divina Commedia, recitandola anche nella provincia fiorentina, e fu uno dei primi commentatori dell’opera. Petrarca non amava l’opera dantesca, in quanto la considerava troppo realistica. I veri valori che Francesco mostrò furono l’ othium letterario e la Libertas. La corruzione della corte avignonese e i sempre più frequenti soggiorni in Italia fecero sì che Petrarca decidesse di abbandonare la Provenza per trasferirsi presso la corte di Galeazzo II Visconti, signore di Milano: l'Italia, meta desiderata, si configurava sempre più ai suoi occhi come l'erede culturale dell'impero romano. Arrivò in città nel 1353, e vi rimase fino al 1361, con la speranza e il desiderio di potersi finalmente dedicare a tempo pieno agli amati studi e alla poesia, aspirazione che realizzò nonostante qualche missione diplomatica e qualche viaggio privato. Allo scoppio della peste nera, nel 1361, Petrarca fuggì prima a Padova e poi a Venezia; come in precedenza, di tanto in tanto rivide l'amico Boccaccio. Infine si stabilì, nel 1368, ad Arquà, sui colli Euganei, ospite di Francesco da Carrara. A partire dal 1370 trascorse qui la maggior parte del suo tempo, con la figlia Francesca e la famiglia, dedicandosi alla revisione definitiva delle sue opere. I suoi ultimi anni di vita li trascorse ad Arquà, Padova dove morì nel 1374, poco prima si finire definitivamente il Canzoniere. Ebbe due figli Francesca ed Ignazio ma non si sa chi siano le madri.

    Fra Dante e Petrarca vi è una profonda differenza da ogni punto di vista: Dante, a differenza di Francesco, interpreta la figura dell’intellettuale medievale, partecipa ad un sapere organico, utilizza tutti i generi letterari e tutti gli stili, non è solo un poeta puro ma anche un profeta, è un cortigiano per necessità, perché lo fa per vivere, si rivolge ad un pubblico universale, vuole creare una classe di intellettuali laica senza interessi particolari, se non per l’ amore verso la cultura, si impegna politicamente e fa del volgare una questione di principio rispetto al latino, interrompe le sue opere quando ha bisogno ella Commedia, esteriore solo certezze e conosce la sua strada fino in fondo.

    Petrarca, invece, interpreta la figura dell’intellettuale moderno lacerato fra ragione e sentimento. Non ha certezze ma solo dubbi da esprimere, Queste incertezze nascono dl fatto che Petrarca è tra “cielo e terra “: è lacerato tra ragione e sentimento; sa benissimo che la strada da percorrere è quella verso Dio, ma non ci riesce perché ama troppo le cose terrene, che consistono nell’amore vero Laura, l’amore per la gloria e per lo studio. Si tratta di cose vane (che chiamerà vanitade) ma non riesce a staccarsene perché le ama troppo. Questa condizione di dolore che vive continuamente è già stata di antichi poeti come Ovidio e Saffo. Petrarca interpreta alcuni versi di Ovidio e dall’interpretazione petrarchesca si capisce il turbamento e le incertezze del poeta.

    Petrarca contrappone a momenti di forte malinconia e solitudine, attimi di vita pubblica da magno poeta. Egli è pro-umanista, per la sua ricerca, il suo studio e il suo amore verso tutti i classici e la sua voglia di scoprire nuovi codici. La vita privata di Petrarca, che alternava le attività culturali alle missioni diplomatiche, non sempre fu distinta da quella pubblica. In tale varietà di lavori e di interessi è possibile individuare un primo sintomo della modernità della vocazione petrarchesca, che anche a livello strettamente culturale e letterario mostra una notevole ricchezza: alla riflessione religiosa (lesse ben presto e meditò le Confessioni di sant'Agostino, nel 1333) si accompagna il precoce amore per i classici della letteratura latina (nel 1333 scoprì a Liegi l'orazione di Cicerone in difesa del poeta Archia e nel 1345, nella Biblioteca Capitolare di Verona, le lettere di Cicerone ad Attico, a Bruto e a Quinto); e alla produzione in latino si accompagnò quella in volgare, relativamente esigua (due sole opere) ma importantissima.

    Petrarca può a ragione essere considerato uno dei primi umanisti proprio per l'amore profondo che nutrì per i classici, concepiti non in contrasto ma in continuità con la tradizione cristiana, e per l'utilizzo degli esempi antichi nell'ambito della sua produzione. Tipicamente umanistica è la sua vocazione filologica, ma anche il fatto che egli fu sempre in relazione con i maggiori studiosi a livello europeo, secondo una concezione di arte transnazionale e cosmopolita. E’ un filologico, cioè si spoglia di ogni prevenzione teologia morale della cristianità del tempo e interpreta gli scritti antichi come si dovrebbe al fine di scoprire il vero messaggio. Petrarca è uno dei più grandi lirici della storia, perfeziona il sonetto, esercitando sui numerosi poeti un’influenza determinante. La poesia lirica è quella poesia mediante la quale il poeta riesce ad esprimere i suoi sentimenti. La più grande esperienza lirica è riconducibile a Petrarca, in lingua volgare. Oltre a lui vi sono quelle di Tasso, Leopardi e Montale (che si ispirano a quella petrarchesca). Petrarca lascia Aristotele per Platone; S. Tommaso per S. Agostino le cui confessioni rappresenta la principale fonte delle sue opere. Non sente come Dante il problema del volgare: scrive indistintamente sia in volgare che in latino per la produzione poetica latina viene incoronato poeta laureato in Campidoglio con la corona d’alloro. Non vive l’esilio, come lo vive Dante, perché Dante lo considera una conseguenza dell’esilio, mentre Petrarca nacque gia in esilio. Il viaggio, per Francesco, rappresenta una fonte di conoscenza. Ogni opera petrarchesca non ha il sigillo della completezza perché rivisita continuamente le sue opere. Il pubblico a cui si rivolge la lirica di Francesco è un pubblico meno ampio, ma si tratta di un pubblico di scelti elettori che condividono con lui i sentimenti espressi e che si sentono coinvolti nelle sue vicende emotive. Stacco storico e biografica tra Dante e Petrarca: in merito a Dante abbiamo pochissime notizie biografiche, mentre Francesco è stato molto attento a preparare la propria immagine pubblica (per contrasto ama la solitudine, rinchiudendosi nelle sue tenute ma contrappone a questa cosa momenti di vita pubblica).

    la produzione poetica di Petrarca si divide in due gruppi: produzione poetica volgare e produzione latina.
    Per quanto riguarda la produzione poetica volgare le uniche opere scritte in volgare, cioè in italiano, furono “il Canzoniere” e “I Tronfi”.
    L'opera che rese Petrarca uno dei poeti più celebri al mondo è il Canzoniere, una raccolta di testi in volgare che l'autore riteneva di importanza secondaria rispetto alle sue grandi opere in latino. Il Canzoniere non ha una precisa data di pubblicazione perché essa è scritta nell’ambito di tutta la sua vita. Le poesie in volgare le definisce, come Cavillo, “mugole” (bazzicale). Il titolo originale recita infatti “Rerum vulgarium fragmenta”, cioè "Frammenti di cose volgari", dove “volgari” deve intendersi, appunto, in lingua volgare, ossia in italiano.

    Questa opera fu trasmessa anche con altre intitolazioni come “Rime” o “Rime Sparse”. Però questo è in contraddizione perché la parola Canzoniere rimanda ad una compiutezza mentre “Rime Sparse”rimandano d un disordine. In realtà la cura con cui l'autore organizzò questo canzoniere fu attentissima, e del resto proprio l'impianto così meditato fu una vera e propria novità. La raccolta è composta di 366 componimenti (per la maggior parte sonetti: 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali) concepiti come lettura da compiere nell'arco dell'anno, un componimento al giorno, più uno proemiale.

    La raccolta ha al centro la figura di Laura, e nel complesso tematizza due epoche fondamentali nella vita del poeta, la fase in cui Laura era viva e quella in cui era ormai morta. Non si tratta di una suddivisione cronologica, ma di una serie di corrispondenze e di atmosfere ispirate a questi due fatti capitali, frammenti di una vita segnata dalla gioia dell'amore e dal dolore della morte, in modo difficilmente districabile. Laura, raffigurata in modo astratto e stilizzato, incarna l'ideale dell'amore, della bellezza e della religiosità e rappresenta un'aspirazione irraggiungibile che viene esplicitata tramite metafore e immagini studiate e ricorrenti. Petrarca lavorò con grande impegno a ogni singolo testo, apportando continue correzioni e varianti, con un meticoloso lavoro di rifinitura e di bilanciamento fra i singoli componimenti e l'insieme che essi costituiscono. Il tema principale è l amore ma a fianco ai sonetti amorosi vi sono anche temi politici o contemplazione della natura, esaltazione dell’othium letterario. L’amore espresso da Petrarca è un amore più intenso rispetto a quello provato da Dante nei confronti di Beatrice. L’amore viene rappresentato con elementi stilnovisti ma quell'amore che Francesco esprime non nobilita l’uomo e non lo innalza verso il cielo , anzi, lo fa rimanere sulla Terra. L’amore non è virtù (stilnovo) ma è mezzo di perdizione che provoca dolore. Perciò Petrarca non arriverà mai a dire che quell'amore virtuoso lo conduce a Dio. L’amore è un peccato, un’ ”errore giovanile”. Il Canzoniere è diviso in due grandi sezioni: “In Vita di Madonna Laura” e “In Morte di Madonna Laura”.
    Per realizzare una poesia all'altezza dell'argomento, il volgare assunse un'eleganza mai raggiunta prima; il vocabolario usato dal poeta è ridotto e molto scelto, ma usato in modo "intensivo": nella poesia del Canzoniere conta anche la minima sfumatura di significato. Proprio la sistematicità con cui il progetto fu realizzato, insieme alla sua astrattezza intellettuale (una poesia dunque non legata da questo punto di vista a un preciso contesto storico e culturale), rese il Canzoniere un vero e proprio modello poetico, che avrebbe poi influenzato per diversi secoli la lirica occidentale. Si tratta di un paradigma determinante anche dal punto di vista metrico, ad esempio nella definizione della forma del sonetto e della canzone. Il centro del Canzoniere, secondo alcuni studiosi, non è Laura, ma Francesco, grande innamorato che parte da sé e torna sé (il centro dell’opera è l’animo del poeta). In ogni componimento c’è sempre lui, al centro con il suo stato d’animo, di fronte all’amore vero Laura,. Compaiono molte figure retoriche dell’ordine (anafora, chiasmo, antitesi ect….). Viene utilizzata il <<sehnal>>.
    L'altra importante opera poetica in volgare è un poema in terza rima intitolato “I Trionfi”, a cui Petrarca lavorò tra il 1356 e il 1374.

    Rimasto incompiuto, fu stampato per la prima volta con il Canzoniere nel 1470; la struttura riprendeva l'impostazione data da Boccaccio alla sua Amorosa visione, articolata in una serie di "trionfi". Il poeta dorme in Valchiusa, quando gli appaiono visioni trionfali del dio Amore seguito da un corteo di personaggi storici e mitologici. Anche qui ha grande importanza la valutazione, da un punto di vista spirituale, dell'esperienza legata alla figura di Laura. In generale, ogni quadro, attraverso un processo di simbolizzazione e allegorizzazione, cerca di innalzare sentimenti ed esperienze terrene verso l'assoluto celeste e la verità universale.

    La produzione poetica latina, invece, comprende opere del versante classico e del versante ascetico. Per quanto riguarda il versante delle opere classico abbiamo “Africa” e “ De viris illustribus” le cui fonti di ispirazione sono gli storici scrittori latini Livio e Virgilio.
    L’ “Africa” fu composto tra il 1338 e 1339. L’ “Africa” è un poema epico ispirato alla seconda guerra punica, centrato sull'eroica figura di Scipione l'Africano e celebrativo dell'alto destino provvidenziale del popolo romano; è interrotto al nono libro, in cui il Poeta esalta la superiorità della civiltà occidentale su quella orientale, attraverso la descrizione della seconda guerra punica che vide Scipione l'Africano trionfatore su Annibale.

    Quest’opera, cui il Poeta maggiormente teneva, è debole dal punto di vista epico e di pregevole presenta solo qualche passo di intonazione lirica.
    Il “De Viris Illustribus” è un opera nella quale compare una galleria di profili biografici di personaggi tratti dalla storia antica, dalla Sacra Scrittura e dalla mitologia classica.
    Il turbamento e il dissidio interiore del poeta viene espresso nelle opere del versante ascetico: “"Secretum”, “De Vita Solitaria” e “De Othio Religioso”.
    Il “Secretum” racconta in tre libri, tre giorni di confessioni di Petrarca a S.Agostino, in presenza della verità. Le fonti principali sono le Confessioni di S.Agostino. Francesco confessa tutti i peccati tranne l’invidia (perché l’invidia non gli appartiene).

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    jessica-simpson-rifatta-prima-e-dopo
    Jessica Simpson rifatta prima e dopo
    Jessica Simpson si è sottoposta a diversi interventi chirurgici. S è rifatta il naso, ma anche le labbra e gli occhi.

    belen-rodriguez-rifatta-prima-e-dopo
    Belen Rodriguez rifatta prima e dopo
    Belen Rodriguez si è rifatta le labbra e il seno.

    madonna-rifatta-prima-e-dopo
    Madonna rifatta prima e dopo
    La Regina del Pop Madonna si è sottoposta a diversi interventi chirurgici.

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    Mariah Carey rifatta prima e dopo
    Mariah Carey si è rifatta il seno.

    megan-fox-rifatta-prima-e-dopo
    Megan Fox rifatta prima e dopo
    E' ricorsa alla chirurgia estetica anche la bellissima e sensuale attrice Megan Fox.

    michelle-pfeiffer-rifatta-prima-e-dopo
    Michelle Pfeiffer rifatta prima e dopo
    Michelle Pfeiffer si è sottoposta a un intervento di rinoplastica.

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    Natalie Portman rifatta prima e dopo
    Natalie Portman si è sottoposta a un intervento di rinoplastica.

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    Nicole Kidman rifatta prima e dopo
    Anche Nicole Kidman è ricorsa alla chirurgia estetica.

    nina-moric-rifatta-prima-e-dopo
    Nina Moric rifatta prima e dopoNina Moric si è rifatta le labbra, gli zigomi e il seno.

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    Noemi Letizia rifatta prima e dopo
    Noemi Letizia si è rifatta le labbra e il seno.

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    Pamela Anderson rifatta prima e dopo
    Una bella passata dal chirurgo anche per l'esplosiva Pamela Anderson.

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    Paris Hilton rifatta prima e dopo
    Paris Hilton si è rifatta il seno.

    reese-whiterspoon-rifatta-prima-e-dopo
    Reese Whiterspoon rifatta prima e dopo
    Reese Whiterspoon si è sottoposta a un intervento di rinoplastica.

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    Salma Hayek rifatta prima e dopo
    Salma Hayek si è sottoposta a un intervento di rinoplastica.

  5. .

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    Florida, gennaio 2013. Il bacio del delfino

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    Sun City, Arizona, gennaio 2013. Donald Smitherman, 98 anni, bacia la moglie Marlene finito il ballo

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    Bergamo, aprile 2012. Roberto Maroni bacia Umberto Bossi

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    Madrid, maggio 2012. Cristiano Ronaldo e Irina Shayk kiss

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    New York, giugno 2012. Hugh Jackman bacia la moglie Deborra-Lee Furness.

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    Eugene, Oregon, 28 giugno. Galen Rupp bacia la compagna Keara Sammons dopo avere vinto i 5 mila metri alla finale dei Giochi Olimpici

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    Kiev, luglio 2012. Iker Casillas bacia la compagna, la giornalista televisiva Sara Carbonero, durante gli Europei

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    Berlino, luglio 2012. Il calciatore Rafael van der Vaart bacia la moglie Sylvie

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    Bratislava, luglio 2012. Baci al Pohoda music festival

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    Amy Walton bacia Moana

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    Londra, agosto 2012. Kurt Kuschela bacia il suo compagno di squadra Peter Kretschmer in canoa

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    Il presidente Bill Clinton bacia la moglie Hillary Clinton

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    Las Vegas, novembre 2012. Il presidente Barack Obama bacia un bambino durante la campagna elettorale in Nevada

  6. .

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    Los Angeles, febbraio 2012. Justin Bieber con la compagna di allora, Selena Gomez


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    New York. Naomi Watts e il bacio nel parco al figlio, Samuel Kai Schreiber

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    New York. Keira Knightley e Mark Ruffalo in Can a Song save your Life?

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    Beverly Hills. Alyson Hannigan e il bacio per strada al marito Alexi che l'è andata a prendere dopo il lavoro © Foto Kaminski / Splash News

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    Il bacio di Zac Efron a Imogen Poots sul set di Are We Officially Dating?

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    Bacio ferito in World Of Hunger Games

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    Barcellona, Spagna, marzo 2012. Durante una manifestazione, un uomo lancia un bacio al poliziotto in tenuta anti-sommossa © Foto Pau Barrena/Demotix

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    Ucraina, giugno 2012. Tifosi spagnoli sugli spalti, prima della finale degli Europei contro il Portogallo

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    Inghilterra. Samantha Cameron abbraccia e bacia suo marito, David, alla fine del suo discorso durante la festa che segue alla conferenza del partito conservatore © Foto Gideon Mendel/Corbis

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    Cina, ottobre 2012. L'attrice australiana Sharni Vinson bacia l'attore Kellan Lutz alla conferenza stampa del film Bait 3D © Foto Imaginechina/Corbis


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    Rio de Janeiro, Brasile, ottobre 2012. Sergio Moraes bacia sul ring Renee Forte dopo avere combattuto © Foto Marcelo Sayao/epa/Corbis

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    Atene, Grecia, ottobre 2012. Viggo Mortensen e Kirsten Dunst si baciano nel film The two faces of January'. © Foto Aristidis Vafeiadakis/Zumapress.com)


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    Yangon, Myanmar, novembre 2012. Il presidente Barack Obama e il bacio a Aung San Suu Kyi © Foto Epa/Barbara Walton

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    Georgia, aprile 2012. Il presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama e la first lady Michelle Obama © Saul Loeb/AFP/GettyImages

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    Berlino, Germania, luglio 2012. Il principe Alberto di Monaco e la principessa Charlene © Foto Sean Gallup/Getty Images

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    Keira Knightley e Aaron Johnson in Anna Karenina

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    South Carolina, gennaio 2013. Il soldato Matt Lovelace bacia il figlio Jackson Lovelace durante l' Army National Guard © Foto AP/Rainier Ehrhardt

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    Dover, gennaio 2013. Jack Markell bacia la moglie Carla © Foto AP/Steve Ruark

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    Los Angeles, febbraio 2012. Michel Hazanavicius e Berenice Bejo si baciano per The Artist durante l'84esima edizione degli Academy Awards © Foto AP Photo/Joel Ryan


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    Bremerton, Washington, marzo 2012. Sean Sutton bacia il suo compagno da due anni, il comandante Jonathan Jewell, dopo il suo ritorno da sette mesi di mare © Foto AP Photo/seattlepi.com, Joe Dyer

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    Los Angeles, ottobre 2012. William H. Macy e Felicity Huffman, il bacio della consegna delle stelle di Hollywood sulla Walk of Fame © Foto AP Photo/Chris Pizzello


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    Los Angeles, marzo 2012. L'attrice Kaley Cuoco bacia un uomo a una partita NBA © Foto AP Photo/Danny Moloshok

  7. .

    giochi dal passato

    Carri e carrioli


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    L'idea di trasportare e di essere trasportati nasce spontanea in ogni bambino. Per realizzarla è naturale ricorrere a qualcosa di simile ai mezzi usati dagli adulti. Certamente i bambini hanno giocato - sempre e dovunque - con carri e carretti fatti, più o meno, come quelli dei loro padri. Parallela alla grande storia dei mezzi di trasporto corre quindi una piccola storia - non documentata - delle loro imitazioni spesso costruite dai bambini stessi? Proponiamo due esempi di questi mezzi che ci pare possano essere una piccola testimonianza di certe differenze tra città e campagna.

    Il carro campagnolo

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    Chiamiamo così questo interessante esemplare che i figli dei contadini delle colline bolognesi si costruivano prima dell'ultima guerra. L'ideazione e la costruzione di questo mezzo richiedono abilità tali che solo i ragazzi più grandi, se non gli adulti, potevano cimentarsi con successo in questa prova.
    Poi l'uso poteva essere misto di gioco e lavoro, per il trasporto di fascine o di piccole merci, perchè non era così separato il mondo degli adulti da quello dei bambini e anche questa poteva essere un'occasione per imparare a lavorare. Ma soprattutto sarà stato una macchina ideale per essere trascinata sui sentieri in salita, per poi scendere con rapide corse anche per strade non asfaltate.

    Indicazioni tecniche

    gio_12Il materiale è interamente costituito da legno; si tratta solo di avere occhi allenati a distinguere, tra rami e rovi, i "pezzi" utilizzabili per questo scopo.

    Innanzi tutto una forcella di legno duro e robusto, tagliata a misura per fare il telaio. Poi segmenti di tronco perfettamente circolare da cui segare due coppie di ruote: quelle anteriori, più piccole, e quelle posteriori. Infine assicelle, chiodi e poco altro materiale di risulta.

    Esecuzione. Bisogna scegliere due bastoni robusti validi come assali delle due coppie di ruote, che vanno fissate bene, magari con una "spina" in legno o in ferro. Grasso di scarto del maiale poteva servire come lubrificante per fare scorrere meglio le ruote.

    Ora si può fare appoggiare la forcella sugli assali cercando il punto migliore per fissarla (le ruote più grandi dalla parte biforcuta).

    Attenzione al gioco di sterzo ottenuto con un perno incernierato in modo da tenere sovrapposti ma indipendenti i due bastoni.

    Rimangono ora solo le finiture:
    - piccole traverse in legno sulla forcella usate come sedile;
    - una corda collegata agli estremi dell'assale anteriore per voltare a destra o a sinistra;
    - un fermo per i piedi che dà stabilità al pilota;
    - elementi ornamentali aggiunti dalla fantasia del costruttore.

    Carrioli di città


    gio_13I ragazzi di città avevano condizioni ambientali ovviamente diverse e, soprattutto dopo la guerra, potevano facilmente accedere a "scarti" pregiati come i cuscinetti a sfera.

    Materiale di risulta tecnologicamente più ricco e disponibilità di percorsi asfaltati non eccessivamente frequentati da automobili trasformarono il carro precedente in un mezzo più veloce, presente in ogni cortile cittadino.

    Indicazioni tecniche

    Quattro cuscinetti a sfera, legni (assi o pezzi interi) e chiodi per l'assemblaggio. Lo schema di costruzione non è molto diverso dal carro campagnolo: le ruote sono sostituite dai cuscinetti e scompare la forcella. Il risultato è un mezzo basso, adatto a spericolate corse in pendenza.

    Anche per i carrioli esistono numerose varianti (con o senza sterzo, con o senza schienali, uno o più posti, ecc.).

    fonte:http://ww2.raccontidifata.com/



    Edited by Lussy60 - 21/2/2013, 17:16
  8. .

    giochi dal passato

    Il telefono



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    Chissà perchè sono in molti a chiamarlo "telefono senza fili", mentre è proprio un semplice filo teso tra due barattoli a farla da protagonista, insieme agli onnipresenti busslut (bussolotti), in questo gioco noto e diffuso in tutte le regioni italiane.

    Nella memoria dei più anziani si confondono ricordi legati ai successi di Marconi ed alle sue trasmissioni di notizie via etere. Non dobbiamo poi dimenticare che già negli anni Trenta il telefono aveva una sua diffusione, ancorchè limitata alle famiglie più abbienti. Di qui il desiderio di possedere uno strumento così misterioso e affascinante, costruito con quello che c'era a disposizione.

    Indicazioni tecniche
    Nella parte superiore delle due lattine - proprio al centro - si fanno due piccoli fori, attraverso i quali possa passare un capo del filo. Questo, annodato, non "scapperà" fuori neppure sotto la leggera pressione necessaria per mantenerlo teso. Occorre uno spazio libero sufficiente a che il filo possa stendersi in tutta la sua lunghezza, poi uno da una parte con il bussolotto all'orecchio e uno dall'altra che lo tenga alla bocca: la conversazione può iniziare, con risultati migliori se il filo viene passato con cera o con pece da calzolaio



    Edited by Lussy60 - 12/2/2013, 16:32
  9. .

    Le maschere di carnevale tradizionali

    Arlecchino

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    Bergamo
    Nato nella Bergamo bassa, Arlecchino lo ritroviamo sempre nelle vesti del servo umile e del facchino. Le sue origini sono remote, da ricercare nelle leggende medioevali. Il suo costume famosissimo e tradizionale è composto da una maschera nera e fiammante e un vestito fatto di losanghe lucenti multicolori.
    E' il fortunato emblema della comicità ed è un servo-facchino scaltro che cerca di spillare quattrini a padroni avari e stupidi. Ha una notevole ricchezza espressiva, è afflitto da una fame cronica ed è amorale.


    Balanzone

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    Bologna
    Il dottor Balanzone rappresenta il personaggio comico di un "dottore" soltanto di nome, a volte medico, a volte notaio. E' una maschera presuntuosa, superba, amante di sproloqui, lunghe "prediche" con citazioni in latino quasi sempre fuori posto: quando comincia a parlare è quasi impossibile interromperlo e quanto viene chiamato in causa sfoggia le sue dotte "cognizioni" di latino. Una delle caratteristiche del dottore è la sua obesità.

    Brighella

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    Bergamo
    E' la maschera di un servo astuto, ingegnoso, che sa aiutare ma anche ingannare il padrone. Non ha scrupoli e si adatta a qualsiasi lavoro: può essere oste, soldato, primo servitore o ladro patentato, è il servo furbo della commedia dell'arte. Questa maschera è nata nella Bergamo alta e si distingue dal servo sciocco e cialtrone della Bergamo bassa. La sua parlata è in dialetto bergamasco ma con singolari accentazioni che rendono spiritoso il suo modo di parlare. E' una maschera molto antica e il suo nome appare per la prima volta in un testamento burlesco nel 1603 e appare addirittura sulle scene francesi intorno alla metà del 1600. Il suo costume tradizionale si compone di una livrea bianca, completata da giubba e braghe a strisce verdi.
    Il suo nome deriva da "briga" e infatti impersona il servo tuttofare intrigante.


    Colombina

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    Venezia
    E' l'unica maschera femminile. E' vivace, graziosa, bugiarda e parla veneziano. E' molto affezionata alla sua signora, altrettanto giovane e graziosa, e pur di renderla felice è disposta a combinare imbrogli su imbrogli. Colombina schiaffeggia senza misericordia chi osa importunarla mancandole di rispetto. Anche Colombina è una maschera molto antica, la sua figura era già menzionata nel 1530 nei testi degli Accademici Intronati di Siena.

    Gianduia

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    Torino
    Si muove con eleganza, agitando il suo caratteristico codino rivolto all'insù. Ama lo scherzo ed i piaceri della vita. Gianduia ha finezza di cervello e lingua arguta che adopera per mettere in ridicolo i suoi avversari. Gianduia é un tipo pacifico e non cerca la rissa, né ama complicarsi la vita, ma non rinuncia al suo senso di schiettezza che fanno parte del suo carattere piemontese, gentile ma sincero. La sua generosità d'animo e l'innato senso di giustizia lo hanno sempre spinto dalla parte dei deboli e degli oppressi.
    E' in onore della maschera che prende il nome di Gianduiotto, il rinomato cioccolatino torinese di cioccolato e nocciole. La loro forma, a barchetta rovesciata, si rifà al copricapo di Gianduja.


    Meneghino

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    Milano
    Impersona un servitore rozzo ma di buon senso che, desideroso di mantenere la sua libertà, non fugge quando deve schierarsi al fianco del suo popolo. E' abile nel deridere i difetti degli aristocratici. Meneghino é la tipica maschera dei milanesi e come loro è generoso, sbrigativo e non sa mai stare senza far nulla.
    Ama la buona tavola. Vestito di una lunga giacca marrone, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, cappello a forma di tricorno sopra una parrucca con un codino stretto da un nastro, ancora oggi, assieme alla moglie Checca, trionfa nei carnevali milanesi.


    Pantalone

    Pantalone
    Venezia
    Pantalone è un vecchio mercante, spesso ricco e stimato anche dalla nobiltà, mentre altre volte è un vecchio mercante in rovina. E' un vecchio del tutto particolare perchè nonostante l'età è capace di fare le sue "avances" amorose che non si concludono mai in modo positivo.
    E' un uomo di grande vitalità negli affari, al punto di sacrificare la felicità dei figli e l'armonia familiare pur di combinare qualche matrimonio vantaggioso.

    Peppe Nappa

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    Sicilia
    Peppe Nappa presenta più di un'affinità con il Pierrot francese, sia per il costume che indossa che per alcuni aspetti caratteriali. Beppe Nappa rappresenta un siciliano fannullone, intorpidito da un sonno perenne che lo costringe a sbadigliare continuamente. E' il pigro servitore di un padrone che può essere un commerciante, un innamorato, o un vecchio barone. In realtà non svolge il suo lavoro in modo efficiente, anzi passa dal sonno,alla ricerca di cibo,aiutato da un fiuto infallibile, per tornare poi al suo mondo di sogni.

    Pulcinella

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    Napoli
    Pulcinella è un servitore sciocco e chiacchierone. Assume personalità contraddittorie: può essere infatti tonto o astuto, coraggioso o vigliacco. Pulcinella è la personificazione del dolce far niente. Ha una gestualità vivacissima, tipica dei napoletani. La maschera ha il volto bianco e nero e indossa un largo camice bianco. Il nome Pulcinella deriva probabilmente dal napoletano "pollicino", che significa pulcino, a sottolineare il timbro buffonesco come di un roco chiocciare. Pulcinella è dotato di una insaziabile voracità. Diceva che la frittata di maccheroni è molto buona ma che lui non la poteva mai mangiare perché la pasta non gli avanzava mai. E' estremamente impigliato nei più minuti problemi del cibo, sempre alle prese con l'ostinato problema della sopravvivenza, delle necessità elementari che aguzzano il suo ingegno e la sua fantasia, alla ricerca di espedienti per sfuggire alla sopraffazione dei potenti, all'ingordigia dei ricchi. E' goffo e sfrontato, ma è anche universale, comico e drammatico, come ben sapeva Eduardo De Filippo e anche tutti gli altri attori che hanno indossato casacca e maschera sul palcoscenico.
    Nel Settecento è stato trasformato in burattino e nel 1600 Pulcinella è stato "adottato" dagli inglesi con il nome di Punch.


    Rugantino

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    Roma
    Rugantino è una maschera che impersona il popolano romano, sconclusionato e attaccabrighe. Rappresentò il tipo di popolano violento ma generoso, vero e proprio antenato del moderno bullo di periferia sempre pronto a sbeffeggiare il potere costituito e a difendere coloro che la miseria finisce col porre fuori legge. Il suo nome deriva dal verbo dialettale romanesco "rugà", che significa comportarsi con arroganza.
    Il costume tradizionale di Rugantino comprende un alto cappello da gendarme, il frac rosso, il panciotto, i calzoni rossi, ed è completato da calze bianche a strisce orizzontali. A parte le calze, tutti gli altri indumenti sono gli stessi che fanno parte della divisa dei soldati del Bargello romano, e qui prende l'ipotesi, quasi una certezza, che la maschera rappresenti la caricatura dei soldati. Il suo carattere è sostanzialmente quello di un attaccabrighe vanaglorioso, ma fondamentalmente è pavido, e non è privo anche di una certa bonomia, anche se è ben nascosta. Rugantino è fanfarone e contaballe e rischia spesso di pagare di persona. E' disposto a prenderne fino a restare tramortito pur di avere l'ultima parola.

  10. .

    La mia vita con i lupi
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    Diciassette anni di appostamenti discreti, di conoscenza, di reciproca fiducia: così il fotografo Ian McAllister è riuscito a raccontare in un libro come vivono «Gli ultimi lupi selvaggi» del Canada, che ora esce da Orme Editore
    di Elena Dallorso


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    British Columbia, Canada, quasi al confine con l'Alaska. Territorio selvaggio, dove l'uomo è poco presente e dove i lupi grigi vivono in pace, nuotando nelle acque dell'Oceano e lottando con le balene e con i grizzly. In questi luoghi, per diciassette anni, il giornalista e fotografo Ian McAllister ha vissuto ed è riuscito a costruire una relazione con un branco di lupi, conquistandosi con incredibile pazienza e tenacia la loro fiducia: lo hanno accolto nel loro territorio, ha potuto assistere alla nascita dei cuccioli, seguire le migrazioni degli animali, raccogliere informazioni scientifiche sui loro comportamenti e le bellissime fotografie che illustrano il libro Gli ultimi lupi selvaggi pubblicato da Orme Editore (30 €).
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    Sfogliatene le pagine e sarete catapultati in quelle foreste, a contatto con il freddo, l’acqua ghiacciata, la neve, i pericoli vissuti dal branco e dai cuccioli, la caccia agli orsi, le lunghe nuotate da un’isola all’altra con il rischio di essere uccisi da un’orca.

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    Ogni lupo ha una personalità unica e interessante. Non ne ho mai incontrato uno che non mi colpisse
    (11/01/2013 00:00)

  11. .

    Relais San Maurizio, Cuneo

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    Segni particolari: oltre a ospitare il ristorante dello chef stellato Guido da Costigliole, questo relais ricavato da un ex convento, offre una rinomata Medical & Beauty spa con trattamenti a base di sale e con pacchetti speciali per due. Molto particolari sono le camere, una diversa dall'altra, nel rispetto dell'architettura originaria
    Dove: Relais San Maurizio, Località San Maurizio 39, Santo Stefano Belbo, Cuneo, tel. 0141 841900, [email protected]
    Quanto: da 280 euro la camera per notte

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    Punta Tragara, Capri


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    Segni particolari: con 44 camere di lusso tutte diverse tra loro per colori e arredo, questo albergo vanta una posizione privilegiata sul golfo di Capri. In particolare le suite godono di ampie aree living e di terrazzi da cui ammirare il mare e i famosi faraglioni. Rimane aperto solo da aprile a ottobre.
    Dove: Hotel Punta Tragara, via Tragara 57, Capri, Napoli, tel. 081 8370844, [email protected]
    Quanto: da 280 euro la camera per notte

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    Palazzo Barbarigo, Venezia

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    Segni particolari: con doppio affaccio sul Canal Grande e su Rio San Polo, questo albergo offre una location privilegiata. Arredato con elementi déco e di design, è avvolto da un'atmosfera molto soffusa, particolare e sofisticata, sicuramente romantica, ma che si discosta dal tradizionale "stile veneziano".
    Dove: Palazzo Barbarigo, Sestriere San Polo 2765, Venezia, tel. 041 740172, [email protected]
    Quanto: da 140 euro la camera per notte

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    servizio di:vanityfair.it

  12. .

    Albereta, Brescia

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    Segni particolari: fiore all'occhiello della collezione Relais & Chateaux, vanta una suite con il soffitto di vetro che si apre schiacciando un pulsante. Il ristorante è curato da Gualtiero Marchesi e non manca un centro benessere gestito da Henri Chenot. Il meglio che si possa avere in un bellissimo paesaggio tra i vigneti della Franciacorta.
    Dove: L'Albereta Relais & Chateaux, via Vittorio Emanuele 23, Erbusco, Brescia, tel. 030 7760550
    Quanto: da 240 euro a notte

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    San Lorenzo Mountain Lodge, Bolzano



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    Segni particolari: materiali tradizionali e qualche accenno di design per uno chalet di lusso e charme immerso tra i boschi e le montagne dell'Alto Adige. Con area benessere e quattro camere dai nomi come il Nido o il Sogno, è prenotabile in eclusiva per due persone.
    Dove: San Lorenzo Mountain Lodge, Località Elle 23, San Lorenzo di Sebato, Bolzano, tel. 0474 404042, [email protected]
    Quanto: da 2.400 euro per l'affitto di tutto lo chalet

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    Antica Corte Pallavicina, Parma

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    Segni particolari: lo chef Luciano Spigaroli e il fratello Massimo hanno acquistato questo podere legato alla storia della loro famiglia nel 1990. Oggi è una piccola guesthouse di charme con un ristorante famoso a livello internazionale, perfetta per weekend romantici.
    Dove: Antica Corte Pallavicina, Strada del Palazzo Due Torri 3, Polesine Parmense, Parma, tel. 0524 936539, [email protected]
    Quanto: da 150 euro la camera per notte

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  13. .

    Fila la lana




    Fiume Sand Creek




    Bocca di rosa

  14. .

    I Grandi Campioni – Armando Picchi

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    “E’ stato un caposcuola, un libero sublime. Come Suarez e Di Stefano in regia. I successi della Grande Inter sono cominciati con lui “. Parole di Tarcisio Burgnich, dedicate ad Armando Picchi, capitano della super Inter.

    Nasce a Livorno il 20 giugno 1935, inizia la carriera da mezzala , a 20 anni, nel Livorno.
    Arriva all’Inter nel 1960. La difesa nerazzurra, nei primi mesi di Herrera, non è granchè. Cosi al termine della stagione 1961-62, Herrera promuove Picchi come libero e in poche settimane diventa titolare e capitano.
    Un guerriero svelto, scaltro, ruvido, grintoso con doti fenomenali: la prima, di avere carisma come nessuno verso i compagni; la seconda, di saper incutere timore agli avversari. In quel gruppo di stelle e campioni, Picchi diventa il vero capo, colui che dirige il gruppo in difesa e non solo. Oltrepassare la difesa nerazzurra è un impresa ; subirne i micidiali contrattacchi è fatale.

    Nella squadra dei trionfi c’è sempre lui. Il Capitano. Al capolinea di Lisbona-Mantova nel 1967, dopo 257 partite e 2 gol, c’è ancora lui ed è quello il commiato nerazzurro.
    Herrera decide che il rinnovamento dell’Inter passa dalla cessione di Picchi che chiude la carriera nel 1969 dopo 2 campionati al Varese.
    Un male incurabile alla schiena lo costringe alla resa il 27 maggio 1971.
    Tutta Livorno si ferma, il calcio italiano lo piange, lo stadio livornese sarà intitolato a lui. Ciao Capitano.

    Scheda Tecnica
    Armando Picchi
    Difensore
    Nato a Livorno il 20 giugno 1935
    All’Inter dal 1960 al 1967 collezionando 257 presenze ( 2 reti)

    Palmares:
    3 Campionati (1962-1963, 1964-1965, 1965-1966)
    2 Coppe dei Campioni (1963-1964, 1964-1965)
    2 Coppe Intercontinentali (1964, 1965)



    SPECIALE MATTHAUS – Gli inizi

    Matthaus-Borussia

    115 presenze e 40 reti in nerazzurro, un pallone d’oro, un titolo mondiale e due finali di Coppa del Mondo, un titolo europeo, 7 scudetti, 2 coppe Uefa e tanto altro ancora.
    Signore e signori questo martedì parliamo di una leggenda del calcio come Lothar Matthaus, un personaggio unico dentro e fuori dal campo che abbiamo avuto il piacere di ammirare in nerazzurro per quattro stagioni. La sua vita calcistica e non è stata ed è tuttora molto intensa e per questo abbiamo deciso di dedicare al giocatore uno speciale a puntate. Buona lettura.

    Questa settimana: MATTHAUS – GLI INIZI

    I PRIMI CALCI – Lothar Matthaus nasce in Baviera nel marzo del 1961 e inizia a giocare a calcio presso le giovanili dell’Herzogenaurach, cittadina bavarese nota per essere la sede di due tra le compagnie di abbigliamento sportivo più famose al mondo.
    Sin dall’inizio gioca come centrocampista e i primi a notare le sue qualità sono i dirigenti del Borussia Monchengladbach che lo acquistano appena diciottenne e lo fanno subito esordire in Bundesliga, nome questo utilizzato per il Campionato della Germania Ovest e differenziarsi dalla Oberliga, il nome utilizzato per il campionato della Germania Est (il primo campionato della Germania riunificata si avrà solamente a partire dal 1991 e manterrà il nome Bundesliga).

    IL PRIMO ANNO TRA I BIG – Nonostante la giovanissima età, l’impatto del giocatore con il massimo campionato è eccezionale ed egli si afferma subito come titolare nel centrocampo dei Puledri (Die Folhen in tedesco, soprannome della squadra).
    E’ una stagione magica per lui quella 1979/80, in campionato totalizza subito 28 presenze e segna le sue prime 4 reti che gli valgono la convocazione in Nazionale al primo anno tra i big. Il rendimento costante del giocatore convince il tecnico della nazionale Jupp Derwall a convocarlo per gli Europei del 1980 in Italia in cui il giovanissimo Matthaus è riserva ma può festeggiare con i compagni la vittoria del titolo europeo a Roma nella finale contro il Belgio e inserire da subito un trofeo internazionale nel proprio palmares.
    Il trofeo conquistato con la nazionale serve al giocatore per riscattare la delusione per la finale di Coppa Uefa persa nel derby contro l’Eintracht Forte in un’edizione che verrà ricordata per il dominio tedesco con la Germania che aveva quattro squadre a giocarsi le semifinali.

    IL POST 1980 – Chiuso l’esaltante 1980 in cui Matthaus aveva vinto l’Europeo e perso la finale di Coppa Uefa, si apre un periodo opaco per la squadra.
    La stagione seguente pur non giocando le coppe europee la squadra si piazza sesta e Matthaus per la prima volta arriva a doppia cifra segnando dieci gol, mentre nella successiva il M’bach riesce a far peggio concludendo al settimo posto. Nonostante questo Matthaus è tra i pochi a giocare ad alti livelli ed entra in pianta stabile nel giro della Nazionale.
    Nonostante l’appuntamento col primo gol con essa arriverà solamente nel 1985, Matthaus è tra i convocati anche per i Mondiali del 1982 in Spagna ed esordisce in Coppa del Mondo nel match tra Germania Ovest e Cile conclusosi con la netta vittoria dei tedeschi per 4-1.
    Cinque giorni dopo contro l’Austria il centrocampista scende nuovamente in campo ma nelle successive partite resta in panchina, finale compresa in cui i ragazzi di Jupp Derwall devono piegarsi per 3-1 alla splendida Italia di Enzo Bearzot.

    L’ULTIMA FASE A M’BACH – All’indomani del Mondiale spagnolo la sua squadra di club continua il periodo grigio ottenendo un deludente dodicesimo posto in Bundesliga e il giocatore oramai ventiduenne capisce che è il momento di fare il salto in una grande squadra.
    Prima però resta a giocare in Vestfalia per un’ultima stagione in cui trascinato dalle sue undici reti il Borussia conclude il campionato in terza posizione e arriva a giocarsi la finale di Coppa di Germania con il Bayern Monaco.
    Quella contro i bavaresi è l’ultima partita ma ancora una volta Matthaus è costretto a inchinarsi in finale, la terza dopo quella contro l’Eintracht Francoforte in Coppa Uefa e l’Italia ai Mondiali due anni prima.
    Le delusioni non si fermano qui perché parte con la nazionale per gli Europei in Francia del 1984 ma la squadra esce al primo turno contro Spagna e Portogallo ottenendo solo una vittoria contro la modesta Romania.

    E’ l’estate del 1984 e Matthaus chiude la sua esperienza al Borussia Monchengladbach dopo cinque stagioni in cui totalizza 162 partite e 36 reti. Ad attenderlo è il Bayern Monaco, proprio la squadra che l’aveva battuto nella finale di Coppa della Germania Ovest pochi mesi prima.
    Si apre così una nuova fase nella carriera di Matthaus, quella della consacrazione.

  15. .

    I Grandi Campioni – Evaristo Beccalossi

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    Se fosse nato qualche anno prima, il sopranome ‘piede sinistro di Dio‘ sarebbe stato roba sua. Invece c’è gia stato Mario Corso e allora Evaristo Beccalossi si accontenta di appellativi un pò meno assoluti, come il ‘Becca‘.

    Nasce a Brescia il 12 maggio del 1956 e nel Brescia cresce, dove gioca in B per sei anni.
    Nel 1978 il presidente Fraizzoli lo acquista, reclamizzandolo come un autentico colpo del mercato. I tifosi e la stampa sono molto scettici, ma bastano poche partite per dimostrare il suo valore.
    Beccalossi è un grande regista, detta i ritmi di gioco, passa la palla con precisi cross anche a cinquanta metri di distanza, tira le punizioni e poi è un mancino.
    In coppia con il suo vecchio amico Altobelli la squadra vuole vincere qualche cosa, ma in campionato sarà solo quarta.

    La gente và allo stadio solo per vederlo, perchè dal suo piede sinistro esce qualsiasi cosa: dribbling stretti, assist con il contagiri e punizioni all’incrocio. Ha il passo della mezza punta e porta sulle spalle il numero 10 e non può essere altrimenti. L’anno successivo un Inter tutta italiana vince lo scudetto e gli uomini di questo successo sono ovviamente Altobelli, con 15 reti e Beccalossi con 7.

    L’anno dopo è quello dei mondiali e Beccalossi è caldeggiato dalla stampa e dai tifosi per un posto in nazionale. Nasce una grande polemica a distanza con Bearzot che culmina con la celebre frase “sono Evaristo, scusate se insisto”. La sua insistenza non porta a niente: zero presenze in Nazionale.

    All’Inter continuano invece ad amarlo follemente.Il torneo 1983-84 è il suo ultimo in nerazzurro con l’Inter che conclude al quarto posto, il suo declinio inizia con l’arrivo del fantasista tedesco Hansi Muller.
    Famosa la sua battuta: “Meglio giocare con una sedia che con Muller, perchè con la sedia quando le tiri la palla ti torna indietro”.

    Nella stagione 1984/85 passa alla Sampdoria in prestito dove gioca solo nove partite e vince la Coppa Italia. Poi la serie B a soli trenta anni con Monza, poi Brescia ed infine Barletta, una chiusura di carriera un poco amara.
    In carriera ha totalizzato complessivamente 249 presenze e 30 reti in Serie A e 159 presenze e 23 reti in Serie B.

    Attualmente è un opinionista sportivo all’interno delle trasmissioni Qui studio a voi e TV 7 Gold, collabora anche con la neonata Inter Tv canale tematico dedicato ai tifosi neroazzurri.
    Sei anni di Inter, sei anni importanti ma anche di occasioni sprecate, per un eroe della storia neroazzurra che bisogna ricordare per quello che ha dato e non per quello che avrebbe potuto dare.

    Scheda Tecnica
    Evaristo Beccalossi
    Centrocampista
    Nato a Brescia il 12 maggio 1956
    All’Inter dal 1978 al 1984 collezionando 216 presenze (37 reti)

    Palmares:
    1 Campionato (1979-80)
    1 Coppa Italia (1981-82)



    I Grandi Campioni – Gabriele Oriali

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    Nessuno come Gabriele Oriali rappresenta il carattere ‘operaio’ dell’Inter negli anni Settanta. Non a casa Ligabue gli ha dedicato una canzone: “Una vita da mediano, lavorando come Oriali, anni di fatiche e botte e vinci casomai i Mondiali”.

    Il 25 Novembre 1952 nasce a Como. A soli diciannove anni esordisce in serie A con la maglia nerazzurra: il 7 febbraio 1971 in Roma – Inter conclusa a rete inviolate. In quell’anno l’Inter vince lo scudetto grazie ad Invernizzi, che recupera una squadra spenta e la rilancia in un insperato successo. Lele trova sulla strada un gigante come Bedin e conclude la stagione con un altra presenza. La stagione seguente Invernizzi lo prova come terzino di fascia destra, alternandolo ad un giovane Mauro Bellugi.

    Oriali però dimostra una grande grinta ed una forte personalità ed ecco che diventa titolare nell’Inter che incomincia la sua avventura in Coppa Campioni: l’Inter supera squadre come il Borussia e il Celtic. Nella finale però non ci fu niente da fare, troppo forte l’Ajax di Cruyff, l’Inter chiuse un ciclo perdendo 2-0.
    In compenso Oriali è una certezza dell’Inter tanto che Gianni Brera lo soprannomina Piper,ispirandosi ad una marca di champagne, per sottolineare la sua vivacità. L’Inter di Bersellini sta diventando una forte compagine guidata da giocatori giovani come Bini e Muraro e vince la Coppa Italia nel 1978.

    Lele ha solo ventisei anni ma è un giocatore di classe ed esperienza e Bearzot lo convoca in Nazionale: debuta il 21 dicembre 1978 nell’amichevole contro la Spagna. Nell’Inter arriva il fatidico scudetto nella stagione 1979-80 superando nel finale la Juventus di Trapattoni.
    E’ un momento positivo per Oriali che come stopper dell’Inter tricolore è pronto per gli Europei italiani del 1980, dove una nazionale danneggiata dallo scandalo del calcio-scommesse non ottiene la vittoria. Rimane sempre nel giro azzurro ma per lui ci sono solo poche sporadiche presenze, per un giocatore che è un vero e proprio “rincalzo di lusso”.

    Intanto l’Inter centra la terza Coppa Italia della sua storia e per lui arriva la convocazione per il mondiale spagnolo. Le prime partite l’Italia non convince.
    Poi il miracolo comincia nella storica partita con il Brasile dove con le buone e con le cattive tira fuori la sua grinta per fermare i mitici giocatori carioca. La leggenda del mediano che prende “botte in continuazione” sta prendendo sempre più forma. Le immagini della canzone di Ligabue si legano con la finale contro la Germania Ovest dove Oriali gioca in un centrocampo rivoluzionato dall’assenza di Antognoni.
    Lele rischia gambe e carriera a difesa della porte di Zoff e viene falciato a turno dai Tedeschi. In una serata leggendaria i giocatori azzurri diventano eroi di tutta una nazione.
    Il 1983 è l’anno dei grandi cambiamenti: lascia la nazionale e viene ceduto alla Fiorentina dove gioca quattro campionati ad alto livello. Chiude la sua carriera Interista con 277 presenze e 33 gol.

    Dopo la sua carriera da calciatore inizia quella da dirigente.
    Dal 1994 al 1998 è stato Direttore sportivo del Bologna. Con i felsinei conquista due promozioni: una dalla C1 alla B nel 1995 e una nel 1996 dalla B alla A.
    Nel 1998 passa al Parma che vince la Coppa Uefa e la Coppa Italia.
    Nel 1999 il ritorno all’Inter per sostituire Sandro Mazzola. Qui Oriali lavora per 11 anni come consulente di mercato e come intermediario tra squadra e dirigenza.Dal 2008 al 2010 inoltre, con José Mourinho allenatore della squadra, siede anche in panchina come dirigente accompagnatore. Il 20 luglio 2010 è lui stesso ad annunciare il divorzio dalla società nerazzurra per dissapori con la dirigenza.
    Con l’Inter dal 1999 al 2010, ha vinto: 5 scudetti (2005-2006, 2006-2007, 2007-2008, 2008-2009, 2009-2010), 3 Coppe Italia (2004-2005, 2005-2006, 2009-2010), 3 Supercoppe Italiane (2005, 2006, 2008) e 1 Champions League (2009-2010).

    Dalla stagione 2011-2012 è opinionista di Serie A Live su Premium Calcio e segue attentamente la sua Inter sperando in una nuova chiamata da parte della società.

    Scheda Tecnica
    Gabriele Oriali
    Centrocampista
    Nato a Como il 25 Novembre 1952
    All’Inter dal 1970 al 1983 collezionando 277 presenze (33 reti)

    Palmares:
    1 Mondiale (1982)
    2 Campionato (1970-1971,1979-80)
    2 Coppa Italia (1977-1978,1981-82)

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