Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

I Giochi della nostra infanzia anni 60-70-80

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    acchiapparello


    Giochi-aria-aperta-Pasquetta

    Acchiappa fulmine
    Età dei partecipanti: dai 4 in su
    Numero giocatori: minimo 4
    Dove si gioca: all’aperto o in casa
    Cosa serve: bambini
    Regole e svolgimento del gioco
    E’ un gioco simile ad “acchiapparello”; un bambino sta sotto e deve acchiappare i compagni. Il bimbo che viene acchiappato si immobilizza finche’ un compagno non lo tocca, liberandolo. Se il bimbo immobilizzato non viene liberato entro un minuto, si trasforma a sua volta in cattivo e aiuta ad acchiappare gli altri bambini.

    Attivita-aria-aperta-bambini

     
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    Battaglia navale

    Battaglia-navale

    La battaglia navale è un gioco molto diffuso e famoso, anche perché è molto semplice e richiede solamente due pezzi di carta e due penne o matite per giocare. Il gioco è concepito per due giocatori, anche se con un po' di fantasia può essere adattato per giocare in più di due.

    Regole e svolgimento del gioco:
    Ecco le regole dl gioco della Battaglia navale.
    Ogni giocatore deve disegnare uno schema doppio (vedi immagine) su un foglio a quadretti oppure copiarlo su file di excel e stamparlo, disponendo il numero di navi indicato sotto alla figura.
    Attenzione: le navi non possono mai toccarsi!
    Fatto questo, ciascun giocatore a turno cercherà di colpire una nave dell’avversario sparando una “cannonata” in una casella particolare dell’avversario, in pratica dicendo ad alta voce le coordinate della casella stessa.
    Se ad esempio il giocatore 1 dice: C4. Il giocatore 2 risponderà:
    - “acqua” se la cannonata non ha colpito alcuna nave
    - “colpito” se la cannonata ha colpito la nave ma non tutte le caselle della propria nave
    - “affondato” se la cannonata ha colpito l’ultima casella libera della nave.
    A questo punto il giocatore 1 segna sullo schema del “nemico” il risultato della cannonata e precisamente nella casellina C4:
    - un puntino se la risposta è stata “acqua”
    - una crocetta se la risposta è stata “colpito”
    - annerisce tutta la nave se la risposta è stata “affondato”
    Ora è il turno del giocatore 2 di sparare la cannonata.
    Il gioco continua finché uno dei due giocatori vince, ovvero affonda tutte le navi del nemico.
    Consiglio ai giocatori: una volta affondata una nave del nemico, si possono mettere dei puntini nelle caselline intorno alla nave perché in queste caselle certamente non si trovano altre navi

     
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    Giochi della nostra infanzia – HULA HOOP


    hula+hoop

    L'hula hoop è un giocattolo e un attrezzo di giocoleria di materiale vario, solitamente plastica, di forma circolare. Lo svolgimento del gioco con l'attrezzo consiste nel calzarlo hula-hoop-4e farlo ruotare costantemente attorno al bacino.
    Gli esercizi sono molteplici per tipologia e difficoltà: l'attrezzo può essere fatto ruotare, oltre che al bacino, anche sugli arti inferiori o superiori a diverse altezze come attorno al collo. L'aggiunta di diversi hula hoop, inoltre, aumenta tecnicamente il livello di difficoltà dell'esecuzione dei movimenti, permettendo all'esecutore di compiere vere e proprie esibizioni. Per questo, spesso l'hula hoop è uno degli attrezzi utilizzati negli spettacolo circensi.

    Record di durata

    Uno dei primi record di durata per l'hula hoop è stato stabilito nell'agosto del 1960 dagli undicenni Paulette Robinson, Charles Beard e Patsy Jo Grigby a Jackson, Mississippi, con 11 ore e 34 minuti. L'evento è stato sponsorizzato e trasmesso dalla stazione radio WOKJ.
    Mary Jane Freeze, di 8 anni, ha vinto una gara di durata il 19 agosto 1976 con 10 ore e 47 minuti,
    L'attuale record di durata è detenuto dalla statunitense Roxann Rose, con 90 ore, stabilito fra il 2 e il 6 aprile 1987

    fonte wikipedia





    Edited by Lussy60 - 10/1/2013, 16:58
     
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    Giochi della nostra infanzia:

    LE BOLLE DI SAPONE...


    fxbgr7

    Una bolla di sapone è un fine strato di acqua e sapone che forma una sfera dalla superficie iridescente. Le bolle di sapone spesso rimangono in formazione sferica solo per pochi secondi poi, o scoppiano da sé o dopo il contatto con altri oggetti in grado di assorbire il liquido che le circonda. In genere le si usa come passatempo per i bambini ma il loro sfruttamento in performance artistiche professionali dimostra la loro capacità di affascinare anche gli adulti. Le bolle di sapone possono aiutarci inoltre a risolvere complessi problemi matematici riguardanti lo spazio poiché rappresentano sempre la più piccola area di superficie tesa tra due punti o due confini e, soprattutto, il concetto di "sfera perfetta".



    Giocare con le bolle di sapone: ricetta fai da te e istruzioni

    bolle-sapone-mano-300x300

    Le bolle di sapone. Un gioco amato da tutti i bambini, un concentrato di poesia e divertimento. Un neo, i barattolini di liquido in mano ai bimbi fanno spesso una brutta fine: presi dal rincorrere le loro bolle, i bimbi si dimenticano di avere un barattolo aperto in mano. Rovesciano quindi irrimediabilmente il contenuto sui vestiti e sulle scarpe, con grande gioia della mamma, oppure per terra. Le mamme si ritrovano, quindi, a dover far fronte a capricci e pianti dei figli e solitamente a dover sborsare qualche altro euro per sostituire le bolle cadute.
    In realtà fare le bolle di sapone in casa non è particolarmente difficile, nè dispendioso. bolle.sapone.filo_.ferro_Anzi, con pochi ingredienti si può ottenere parecchio liquido da utilizzare per divertirsi tutti insieme in una giornata estiva, tentando di creare anche bolle di sapone giganti. Vediamo come fare chiedendo aiuto a Comidademama
    Innanzitutto la ricetta. Decidete un ‘unità di misura (una tazza, un vasetto di yogurt, un bicchiere) e procedete così:
    1 unità di sapone liquido per piatti, per il lavaggio a mano. Più è denso e concentrato, meglio è.
    12 unità di acqua
    bolle-sapone-filo-e-cannuccia-300x1961/3 di unità di glicerina (si trova in farmacia e d è facoltativa)
    Mescolare bene gli ingredienti, mettere a riposo per almeno due giorni. (Più il liquido sta a riposo, più grandi verranno le bolle)
    Ecco, il vostro liquido è pronto. Ora dovete solo scegliere con cosa volete fare le bolle.
    Potete usare la mani: immergetele nel liquido, separatele lentamente tenendo le dita attaccate e soffiate
    Oppure, per non rovinare troppo la pelle, soprattutto quella delicata dei bambini, costruire degli strumenti, ecco alcuni esempi:
    con il filo di ferro, magari utilizzando quello degli ometti della lavanderia.


    bolle



    Edited by Lussy60 - 10/1/2013, 17:01
     
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    giochi dal passato

    I rocchetti


    gio_01

    Si tratta di piccoli cilindri in legno, con bordi rialzati per trattenere il filo del cotone di cui sono avvolti. Un foro all'interno serve per infilarli sulle macchine da cucire. Supporti, oggi quasi introvabili, per avvolgervi il filo da cucito. In ogni casa si cuciva, pertanto capitava spesso di averne a disposizione e - viste le ampie possibilità di riutilizzo - non venivano certo gettati via. Se li ricordano i bambini di ieri che ne ricavavano diversi giochi, tutti notevoli per l'ingegnosità delle soluzioni tecniche.

    Nelle nostre campagne era comune l'uso di trasmettere di padre in figlio piccoli trucchi che trasformavano meravigliosamente i piccoli rocchetti in qualcosa di molto più importante (trottole, biciclette, trattori, ecc.). Il trattore è un classico tra queste piccole cose e merita un'attenzione particolare. E' una macchina semovente alla quale la fantasia del bambino può attribuire valenza di trattore o di carro armato, a seconda delle inclinazioni personali, mentre la tecnica di costruzione resta la stessa.

    Indicazioni tecniche

    gio_02Occorrono uno o più rocchetti, un po' di cera o una scheggia di sapone, un piccolo chiodo (non indispensabile), due fiammiferi o due legnetti tagliati: uno più lungo (circa due volte il diametro del rocchetto), e uno più corto.

    Con un temperino si incidono piccoli denti sui bordi del rocchetto in modo da simulare i cingoli del trattore.

    Si prepara poi un piccolo disco forato che fungerà da frizione utilizzando la cera o il sapone. Ovviamente la cera va lavorata a caldo, mentre il sapone richiede molta delicatezza perchè si rompe facilmente.

    E' ora il momento del montaggio. Si infila l'elastico attraverso il foro centrale del rocchetto e lo si trattiene da una parte con il legnetto o il fiammifero più corto, fissato a sua volta in una leggera scanalatura o dal piccolissimo chiodo. Dall'altra parte sarà inserito il fiammifero più lungo, interponendovi la frizione.

    gio_03

    La macchina può ora funzionare: basta roteare il legnetto più lungo in modo che l'elastico si attorcigli su se stesso. Così si carica, immagazzinando energia che sarà poi liberata lentamente grazie all'azione frenante della frizione. Il legnetto più lungo, appoggiandosi al terreno, spingerà avanti il mezzo. Piano piano, lo si vedrà muoversi ed arrampicarsi su piccole salite.
    gio_04

    Al modello base, possono essere collegati altri rocchetti che si muoveranno con ingegnosi sistemi di ingranaggio

     
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    giochi dal passato

    Il telefono



    gio_21

    Chissà perchè sono in molti a chiamarlo "telefono senza fili", mentre è proprio un semplice filo teso tra due barattoli a farla da protagonista, insieme agli onnipresenti busslut (bussolotti), in questo gioco noto e diffuso in tutte le regioni italiane.

    Nella memoria dei più anziani si confondono ricordi legati ai successi di Marconi ed alle sue trasmissioni di notizie via etere. Non dobbiamo poi dimenticare che già negli anni Trenta il telefono aveva una sua diffusione, ancorchè limitata alle famiglie più abbienti. Di qui il desiderio di possedere uno strumento così misterioso e affascinante, costruito con quello che c'era a disposizione.

    Indicazioni tecniche
    Nella parte superiore delle due lattine - proprio al centro - si fanno due piccoli fori, attraverso i quali possa passare un capo del filo. Questo, annodato, non "scapperà" fuori neppure sotto la leggera pressione necessaria per mantenerlo teso. Occorre uno spazio libero sufficiente a che il filo possa stendersi in tutta la sua lunghezza, poi uno da una parte con il bussolotto all'orecchio e uno dall'altra che lo tenga alla bocca: la conversazione può iniziare, con risultati migliori se il filo viene passato con cera o con pece da calzolaio



    Edited by Lussy60 - 12/2/2013, 16:32
     
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    giochi dal passato

    Le cerbottane


    gio_17

    Ricordiamo un altro divertimento assai in voga tra i ragazzini degli anni Cinquanta, quelli stessi che si costruivano i più sofisticati fucili con gli elastici o gli archi con gli ombrelli. Stiamo parlando delle cerbottane fatte con lunghe canne provenienti da materiali di risulta (ideali le canne di alluminio dei lampadari) che "sparavano" piccoli oggetti (palline di carta, pezzetti di terra, creta) e soprattutto frecce usando, come propulsore, la forza del proprio fiato.

    Indicazioni tecniche:
    La potenza del mezzo è rapportata alla sua lunghezza e al suo diametro: più lunga è la canna e più piccolo è il suo diametro, più ampia è la gittata. Una, due o più cerbottane possono essere tenute insieme da un sistema di mollette (quelle per il bucato) usate a mo' di impugnatura e/o di cartucciera e si può aggiungere anche il mirino.

    gio_18

    Un discorso a parte meritano le "frecce" che venivano sapientemente preparate a decine, e sparate a raffica in guerre di cortile. La freccia è dunque un cono molto assottigliato ottenuto attorcigliando attorno a un dito strisce di carta che venivano appositamente tagliate in mazzetti regolari trattenuti alla cintola, pronti per l'uso. Ottenuta la freccia la si fissava con la saliva facendone roteare la punta fra le labbra.

    fonte:raccontidifata.com

     
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    giochi dal passato

    Carri e carrioli


    gio_11

    L'idea di trasportare e di essere trasportati nasce spontanea in ogni bambino. Per realizzarla è naturale ricorrere a qualcosa di simile ai mezzi usati dagli adulti. Certamente i bambini hanno giocato - sempre e dovunque - con carri e carretti fatti, più o meno, come quelli dei loro padri. Parallela alla grande storia dei mezzi di trasporto corre quindi una piccola storia - non documentata - delle loro imitazioni spesso costruite dai bambini stessi? Proponiamo due esempi di questi mezzi che ci pare possano essere una piccola testimonianza di certe differenze tra città e campagna.

    Il carro campagnolo

    gio_10


    Chiamiamo così questo interessante esemplare che i figli dei contadini delle colline bolognesi si costruivano prima dell'ultima guerra. L'ideazione e la costruzione di questo mezzo richiedono abilità tali che solo i ragazzi più grandi, se non gli adulti, potevano cimentarsi con successo in questa prova.
    Poi l'uso poteva essere misto di gioco e lavoro, per il trasporto di fascine o di piccole merci, perchè non era così separato il mondo degli adulti da quello dei bambini e anche questa poteva essere un'occasione per imparare a lavorare. Ma soprattutto sarà stato una macchina ideale per essere trascinata sui sentieri in salita, per poi scendere con rapide corse anche per strade non asfaltate.

    Indicazioni tecniche

    gio_12Il materiale è interamente costituito da legno; si tratta solo di avere occhi allenati a distinguere, tra rami e rovi, i "pezzi" utilizzabili per questo scopo.

    Innanzi tutto una forcella di legno duro e robusto, tagliata a misura per fare il telaio. Poi segmenti di tronco perfettamente circolare da cui segare due coppie di ruote: quelle anteriori, più piccole, e quelle posteriori. Infine assicelle, chiodi e poco altro materiale di risulta.

    Esecuzione. Bisogna scegliere due bastoni robusti validi come assali delle due coppie di ruote, che vanno fissate bene, magari con una "spina" in legno o in ferro. Grasso di scarto del maiale poteva servire come lubrificante per fare scorrere meglio le ruote.

    Ora si può fare appoggiare la forcella sugli assali cercando il punto migliore per fissarla (le ruote più grandi dalla parte biforcuta).

    Attenzione al gioco di sterzo ottenuto con un perno incernierato in modo da tenere sovrapposti ma indipendenti i due bastoni.

    Rimangono ora solo le finiture:
    - piccole traverse in legno sulla forcella usate come sedile;
    - una corda collegata agli estremi dell'assale anteriore per voltare a destra o a sinistra;
    - un fermo per i piedi che dà stabilità al pilota;
    - elementi ornamentali aggiunti dalla fantasia del costruttore.

    Carrioli di città


    gio_13I ragazzi di città avevano condizioni ambientali ovviamente diverse e, soprattutto dopo la guerra, potevano facilmente accedere a "scarti" pregiati come i cuscinetti a sfera.

    Materiale di risulta tecnologicamente più ricco e disponibilità di percorsi asfaltati non eccessivamente frequentati da automobili trasformarono il carro precedente in un mezzo più veloce, presente in ogni cortile cittadino.

    Indicazioni tecniche

    Quattro cuscinetti a sfera, legni (assi o pezzi interi) e chiodi per l'assemblaggio. Lo schema di costruzione non è molto diverso dal carro campagnolo: le ruote sono sostituite dai cuscinetti e scompare la forcella. Il risultato è un mezzo basso, adatto a spericolate corse in pendenza.

    Anche per i carrioli esistono numerose varianti (con o senza sterzo, con o senza schienali, uno o più posti, ecc.).

    fonte:http://ww2.raccontidifata.com/



    Edited by Lussy60 - 21/2/2013, 17:16
     
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    Shangai (gioco)


    Spiel_Mikado

    Lo Shangai (/ʃan'ɡai/) o Mikado è un antico gioco cinese di destrezza e di pazienza.
    Si gioca su un tavolo ricoperto con un tappeto utilizzando 31 bastoncini colorati della lunghezza di 17 cm circa. I bastoncini sono divisi tipicamente in cinque gruppi, associati ad una diversa colorazione e punteggio relativo. Il numero dei bastocini associati a ciascun colore è variabile da versione a versione.
    Regole del gioco

    DSC_0009Ogni partita si svolge in un numero di turni stabilito dai giocatori all'inizio del gioco. Ogni giocatore, nel proprio turno, stringendo nel pugno i bastoncini, li lascia cadere a ventaglio da una posizione verticale. A questo punto li toglie dal gruppo ad uno ad uno cercando di non muovere gli altri. Il primo bastoncino va raccolto a mani nude, mentre per i successivi ci si potrà avvalere di quelli già raccolti come bacchetta. Ogni bastoncino preso fa guadagnare al giocatore il numero di punti ad esso corrispondente. Se sbaglia o muove gli altri bastoncini il turno passerà a un altro giocatore che ripeterà le stesse operazioni. Vince chi colleziona più punti.
    Esempi di valori e numero dei bastoncini:
    n. 1 bastoncino nero 50 punti
    n. 3 bastoncini blu 25 punti ciascuno
    n. 5 bastoncini verdi 10 punti ciascuno
    n. 7 bastoncini rossi 5 punti ciascuno
    n. 15 bastoncini gialli 2 punti ciascuno
    Versione Mikado-Spiel (in figura):
    n. 1 bastoncino con spirale 20 punti
    n. 5 bastoncini blu-rosso-blu 10 punti ciascuno
    n. 5 bastoncini rosso-blu-rosso-blu-rosso 5 punti ciascuno
    n. 10 bastoncini blu-giallo-rosso 3 punti ciascuno
    n. 10 bastoncini blu-rosso 2 punti ciascuno



    Shanghai

    Pubblicato da Stefania Tolari il Dom, 26/06/2011 - 12:39

    mikado_side_view

    Fuori pioveva a dirotto. In casa, la condensa aveva creato un telo opaco sui vetri. Non era sicuramente il momento migliore per uscire, l'ombrello non l'avrebbe riparata abbastanza da quell'acqua di traverso, e le scarpe le si sarebbero intorzate fino ad inzuppare sicuramente i calzini. Avrebbe camminato per strada con il collo ritratto come per ripararsi dall'inevitabile, e le dita dei piedi avrebbero finito per sguazzarle nelle scarpe come in un acquario. Quindi, le sarebbe iniziato ad entrare il freddo nelle ossa, fino a salirle su per tutto il corpo. Eppure le era venuto in mente di comprarlo, quel giocattolo. Il Natale era imminente e quello era il regalo che, quell'anno, (lo aveva tassativamente deciso) voleva fare a Sergio.
    Lui, ignaro di tutti gli ossessivi pensieri di sua madre, giocava sereno nella sua c55a1c15dfff97e2acc6bf51e1c87a90_bigcameretta, forse alle costruzioni, forse a disegnare mostri o robottini, forse ad essere un meccanico che riparava tutti gli oggetti. Aveva sviluppato una buona destrezza manuale, quel bimbo, pensava sempre Alice quando lo osservava da lontano “sbuzzare” gli orologi o i peluches con le pile per vedere come erano fatti dentro, o quando lo vedeva estrarre tutti i filini di ferro dei laccini di plastica per chiudere i sacchetti del pane e unirli insieme per costruire un apparecchio per i denti ad una bambola della sorellina.
    Le sarebbe piaciuto, quel regalo, pensava Alice guarnado fuori dalla finestra per ispezionare il tempo.
    Niente, continuava a piovere a dirotto. E non avrebe smesso, ormai era chiaro.
    Decise: sarebbe uscita. Prese l'ombrello, si mise un impermeabile addosso, un cappuccio in testa e gli stivali di gomma ai piedi, ed uscì di casa, pronta ad affrontare le intemperie per iniziare il suo pellegrinaggio in tutti i negozi del centro. «Torno subito, Piero» urlò al marito che stava nello studio a scartabellare «Sta' attento ai bimbi, per favore».
    Dopo una breve camminata, già zuppa come un pulcino, Alice entrò in un negozio che sull'insegna luminosa diceva “Imaginarium”.
    Il nome affascinava, senza dubbio! E c'era persino una porticina più piccola che designava l'accesso per i bambini. Una bella trovata, pensò. Se fossero stati lì Sergio e Sabrina avrebbero fatto a gara a chi fosse entrato prima. Si sarebbero spintonati, si sarebbero ammaccati di pugni e mezzo-spogliati dagli spintoni.
    Sorrise. Poi entrò.
    «L'ombrello per favore lo lasci lì, in quell'ombrelliera» sentì dire ad una voce rivolta sicuramente a lei. «È lì a posta, dico io» ascoltò la stessa voce bofonchiare subito dopo. Alice si stizzì un po' per quel rimbrotto, ma poi pensò che, dopotutto, era quasi l'ora della chiusura, e che la ragazza aveva probabilmente voglia di andarsene a casa sua, poveretta. Quindi la giustificò.
    «Senta, mi scusi, sto cercando un gioco in particolare. Non so se mi può aiutare...». «Che gioco? Dica pure» si affrettò solerte a chiedere la ragazza, sfoderado il suo sorriso Durban's delle nuove possibili clientele. «Vediamo... Si tratta di un gioco che si chiama Shanghai. Non so se lo conosce...» iniziò Alice. E rimase ad aspettare un ammiccamento, un segnale di intesa, un movimento verticale della testa, scrutando la faccia della ragazza in cerca di un barlume di assentimento e di speranza.
    Niente. La commessa rimaneva immobile a guardarla con occhi inespressivi e il solito sorriso dipinto sulle labbra. «Ma che avrà? Una paresi?» pensò Alice. Ma poi insistette nell'intento e cercò di essere più precisa. «Sa, è un gioco molto semplice, funziona così: un giocatore estratto a sorte, mischia dei bastoncini e li riunirsce a mazzo con le punte sul tavolo. Poi li lascia cadere in modo casuale. Il primo giocatore deve riuscire ad accaparrarsi il numero maggiore di bastoni sfilandoli dal mucchio. Deve fare però molta attenzione a non muovere quelli che stanno vicino allo stecchino scelto, altrimenti sarà costretto a cedere il turno al giocatore successivo. I bastoncini vanno raccolti con le mani, ma è anche possibile aiutarsi con uno o più Shanghai per prendere quelli sul tavolo, facendoli rotolare o saltare in aria. Il gioco finisce quando tutti gli Shanghai sono stati raccolti dal tavolo. E a quel punto, dato che ogni bastoncino a seconda del colore o del segno che lo caratterizza corrisponde a un numero diverso di punti, si conta chi ha accumulato più punti e quello è il vincitore. Bisogna, quindi, fare molta attenzione e occorre concentrazione e mano ferma, precisione. Insomma, è molto carino come gioco. Lo conosce?».
    Lo sguardo della ragazza non fece ipotizzare che la risposta fosse un «sì». Infatti, imbarazzata, cominciò ad arrotolarsi tra le mani i lunghi capelli che aveva intrappolati in una coda, si mise un dito in bocca con l'intento subito scartato di mangiarsi un'unghia, dondolò un po' sulle gambe a destra e a sinistra, e poi cominciò ad arrampicarsi sugli specchi per offrire alternativi giochi-del-futuro a quella strana cliente che “proprio a lei era toccata”.
    «Beh, questo gioco no, non ce l'abbiamo» disse poi per togliersi finalmente d'impiccio. «Però guardi che, per quel che mi dice, è molto simile all'Allegro Chirurgo o a Jenga o a...». «No, ma sì, ma sicuro. Jenga sì, infatti è carino, ma il fatto è che io proprio cercavo Shanghai» proruppe Alice. «Non fa niente, allora. Tornerò senz'altro per Jenga, se proprio non trovo quel che cerco».
    E, tra un «grazie mille», tre o quattro «arrivederci» e un maldestro tentativo di abbassarsi per uscire dalla porticina dei bambini, Alice riuscì a sgattaiolare via dalla porta grande, quella degli adulti, e a ritrovarsi di nuovo in strada, sotto l'acqua, un po' scornata ma disposta a non demordere.
    La seconda tappa fu un altro negozio di giocattoli che trovò sul suo cammino. E poi un terzo e un quarto, un quinto e un sesto. Nulla. Di Shanghai nemmeno l'ombra.
    Sempre più spazientita, all'ultima commessa aveva gridato: «Ma se ci giocavo io quando ero piccola! Possibile davvero che sia sparito? È un gioco tra i più semplici. Sono solo pali, stecchini, stuzzicadenti un po' cresciuti e colorati!».
    La ragazza l'aveva allora guardata con disprezzo, dal basso in alto, squadrando la sua forma goffa sotto l'impermiabile e il cappuccio e gli stivaloni. Nella sua espressione c'era tutto il disprezzo per un relitto d'altri tempi che cercava effigie della sua era. «Patetica», sicuramente aveva pensato. E poi le aveva detto: «Se è cosi facile perché non li costruisce Lei, gli stecchini? E comunque, non le è venuto in mente che, magari, proprio perché è della sua epoca, ormai non lo si venda più, 'sto gioco? I tempi cambiano, signora. Ci si deve aggiornare, tenere al passo con i progressi dell'economia. Oggi giorno i bambini vogliono stupirsi, vogliono giocattoli curati nei dettagli, vogliono pulsanti, tasti, lucine, tec no lo gi a! Mica si accontentano di stare seduti a un tavolino a “non-far muovere” i paletti! Ma figuriamoci! Non mi faccia ridere. Compri una bella consolle, a suo figlio: la Wii. Vedrà che divertimento! Potrà addirittura giocare anche lei con... Come si chiama il bambino? Ecco, con Sergio, appunto. Che c'è di meglio di una bella giornata tutti insieme in famiglia?».
    A quella tirata, Alice aveva sgranato due considerevoli palle-d'occhi, aveva cercato di ripetere tra sé e sé quella strana parola che suonava come il verso di un maiale scuoiato, e poi aveva saputo rispondere solo con un titubante: «Ma, io, veramente, anche a Shanghai ci giocherei con il mio bimbo, non si creda».
    Poi, ammutolitasi, se ne era andata dal negozio in fretta e furia, sbattendo la porta e precipitandosi in strada senza nemmeno aprire l'ombrello.
    Ora se ne stava immobile, tutta bagnata, con le mani penzoloni lungo i fianchi e il collo curvo come dopo una scornata.
    In preda allo sconforto, le venne solo voglia di cercare aiuto. Ci sarà pur stato qualcuno che la capiva! Voleva solo quel benedetto gioco, dopotutto. Nient'altro. E stava diventando una questione di principio, una sfida, un obiettivo, e sempre più importante, fra l'altro: fondamentale, ormai!
    Una signora impellicciata le passò accanto e le urtò il gomito. «Scusi» le venne fatto di dire, anche se non era stata lei a importunare la donna, e, semmai, era avvenuto il contrario. «Di nulla, ma faccia attenzione!» rispose di getto la signora. Alice non aveva voglia di discutere, però... sì che... già che c'era, un favorino quella signora glielo avrebbe potuto fare. La guardò in faccia e, per sovrastare con la sua voce il rumore della pioggia che cadeva sulle lamiere di una tettoia, le gridò: «Scusi. Posso farle una domanda?». «Sì? Dice a me? Mi dica. Che vuole sapere?» rispose la donna alquanto spazientita per quell'interruzione del suo percorso, e con quel tempaccio! «Sa mica dove posso trovare un gioco un po' antico, forse un po' strano, molto semplice...». «Alla Rinascente» la interruppe svelta la signora, che non aveva nessuna voglia né di perdere il suo tempo con lei, né di starla ad ascoltare. «Se non lo trova a LaRinascente, vuol dire che non esiste. E che, comunque, se anche esistesse, Lei non lo vuole».
    Alice la guardò di stucco. Le balbettò un «grazie» titubante e la vide sculettare via con i suoi tacchi alti e il suo pelliccione.
    Sarebbe andata a LaRinascente, allora...
    Il centro commerciale era a due passi e accolse Alice con un effluvio di colori, di luci stratosferiche e di canti-a-tutto-volume di Natale. Il via vai, i suoni e gli sfolgorii erano angoscianti e la stordivano. Comunque, scala mobile su, scala mobile giù, e altrettanti giri in ogni piano per riuscire ad imboccare l'ingresso della scala mobile stessa, alla fine, in qualche maniera riuscì a raggiungere il reparto specifico del piano “Giocattoli”, in cui le avevano indicato per ben quattro volte che avrebbe potuto trovare quel che cercava. «Qui ci deve essere, per forza, per Dio!» pensò entrando. «Deve aver ragione senz'altro la signora impellicciata» si disse guardandosi estasiata intorno come se si trovasse nel Paese dei Balocchi! «Scusi, per favore, mi scusi». Niente, la commessa pareva intenta a svuotare uno scatolone e non la degnò nemmeno di uno sguardo. Anzi, la sua schiena sembrava dirle: «lasciami stare, lasciami stare! Perché proprio me, chiami? Ma non ce n'è un'altra libera? Non ti puoi servire da sola?».
    Alice colse la supplica e si mise a rovistare da sola tra gli scaffali. C'erano giochi di ogni forma e colore, alcuni tanto complicati da non lasciar nemmeno capire dalla figura della scatola in che cosa minimamente consistessero. Rimase lì per almeno venti minuti, intenta a cercare e ricercare, spulciare ed esplorare. Si entusiasmò, si elettrizzò, si fece prendere dalla frenesia. Poi si scoraggiò, si demoralizzò, si sgomentò e, alla fine, si abbatté sconfortata e chiese supplicante di nuovo aiuto ad un commesso incravattato che passava di lì frettoloso. «Scusa» lo braccò con un “tu” improvvisato da supplica diretta e schietta «Non riesco a trovare un gioco. Me lo potresti cercare?». « Certo, mi dica. Che gioco cerca, signora?».
    E qui Alice ripropinò la sua accurata descrizione. Siccome poi, il ragazzo pareva anche interessato, aggiunse pure qualche ulteriore spiegazione storica e di costume: «Può essere anche chiamato Mikado, o Gioco dei bastoncini, o Vecchio giunco cinese, a seconda delle tradizioni. Forse ha avuto origine in Cina, negli anni 70. Ma già nel 1500, in Francia, si faceva un gioco simile, chiamato “Jonchets”. Io, però, vorrei la versione con i bastoncini di plastica e totalmente colorati perché è parecchio più accessibile ai bambini».
    Il commesso stette ad ascoltare tutta la spiegazione senza muovere un sopracciglio e con la bocca semi aperta. Poi, però, proferì lugubre: «Mi dispiace, signora, sono proprio spiacente, ma temo che questo gioco non esista».
    «Non esista?!» gridò paonazza Alice, in preda a un'ondata fulminea di sangue-al-cervello. «Per esistere esiste, glielo dico io, perché c'ho giocato da piccina a giornate sane!» e continuava a urlare, in un raptus d'ira incontrollato, la vena del collo che le pulsava pericolosamente quasi sul punto di scoppiare. «Altro discorso è che non ce l'abbiate, voi de LaRinascente. E allora me lo dite e io me ne faccio una ragione! Ma non mi dica che non esiste perché non è proprio vero!».
    Il ragazzo rimaneva impassibile guardandola negli occhi senza proferire parola.
    ...«O no?» una nuvola di dubbio passò sul volto di Alice.
    Il commesso, immutabile, non mosse ciglio.
    «Il fatto è che io sono proprio convinta che esista, sa? Davvero! Mi pare proprio di averci giocato tanto da bambina!» gli occhi di Alice imploravano una conferma.
    «Si calmi, signora, non si alteri così» proruppe allora il giovanotto appoggiandole una mano sulla spalla. «Che esista o meno, questo gioco che lei vuole io mi sento sinceramente di sconsigliarglielo, sa? In fin dei conti sono paletti, quelli che lei cerca. E non mi dica che si tratta di un'attività educativa o interessante, giocare coi paletti! Mi sbaglio? Non soddisfa nemmeno quella che è l'esigenza vera di ogni bambino: sentirsi accettato, essere il leader della classe, ricevere le visite dei suoi amichetti perché è l'unico a possedere qualcosa di davvero esclusivo. Dico bene o ho ragione? E che dire poi del pericolo che uno stecchino finito in un posto sbagliato possa rappresentare per un fanciullo piccolo come il suo! La salute prima di tutto, signora. La salute! E, subito dopo, il diritto dell'infanzia all'evasione, all'insersione sociale, ad una vita piena, appagata, felice! O no? Signora... Come la posso chiamare?». «Alice» rispose lei «mi chiamo Alice». «Ecco, appunto, lei mi capisce, vedo, Alice. E poi lo sa che c'è?» continuò il ragazzo con fare pacato «la questione è che qui siamo a LaRinascente, e quello che ne LaRinascente non c'è, lei lo sa bene, o non esiste o, se anche esistesse, lei non lo vuole...».
    Alice rimase immobile a guardare gli occhi neri del commesso, che in quel momento la fissavano in modo ipnotico. Ascoltò il suono flemmatico di quella voce d'oltre-mondo che la accarezzava e poi si ritrovò a dire come un automa: «Forse ha ragione. È un gioco troppo stupido e troppo vecchio». Poi continuò, lo sguardo fisso su quegli occhi neri: «Non piacerebbe ai bambini di oggi, e nemmeno a Sergio, a pensarci bene». Quindi concluse senza minimamente cambiare di tono: «A scuola lo prenderebbero tutti in giro se raccontasse che questo è stato il suo regalo di Natale». «Ha mica per caso un giocattolo che si chiama come il verso di un maiale?». Dalla bocca le uscirono queste parole.

     
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    Giochi Della Nostra Infanzia

    Lo scarica barile


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    Si formavano due quadre con un uguale numero di concorrenti. I componenti di una delle due squadre si disponevano tutti con la schiena curvata e con la testa sotto l'ascella del disegno-scarica-barilecompagno che li precedeva, tranne il primo della fila che, in posizione eretta, appoggiato a un palo, a un albero, o a un muro, funzionava da sostegno per i compagni stessi. La squadra così disposta formava una base di appoggio per gli avversari. Questi uno alla volta, dopo una buona rincorsa e con un balzo in avanti, dovevano cercare di sistemarsi tutti sulle spalle dei malcapitati avversari. Quando i giocatori erano ben sistemati dovevano esistere nella posizione per un periodo di tempo determinato, se qualcuno dei giocatori che si trovava sopra le spalle degli avversari perdeva l’equilibrio e cadeva, i ruoli venivano invertiti. Naturalmente le persone piegate cercavano in tutti i modi di fare scivolare quelle che stavano loro addosso.

     
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    Giochi Della Nostra Infanzia

    Il Going


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    Il Going consisteva in due corde lunghe 6/8 metri con una maniglia su ogni estremità, all’interno delle quali scorreva una palla ovale di plastica. Si giocava in due, ognuno impugnava una maniglia per mano e, aprendo velocemente le braccia, sparava la palla all’avversario, il quale doveva a sua volta aprire le braccia prima che la palla toccasse le sue maniglie per rispedirla verso di noi.

    Era un gioco molto fisico e tipicamente estivo che ha contribuito all’ampliamento del torace di numerosi bambini.
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    Dopo il successo della versione normale – tipicamente di colore verde splendente – ne usci una versione ‘in miniatura’ adatta all’uso invernale in interni che veniva giocata da una persona sola utilizzando indice e medio di ogni man per tenere le maniglie; da una versione ‘Junior’ per i bambini e da una strana versione che al posto della palla ovale aveva un aereo.



    Il pallone Pon-Pon

    PonPon

    Era un pallone dal volume esorbitante in gomma spessissima e dotato di maniglione, prodotto, recitava la pubblicità, nelle versioni mini, midi, maxi (per i più grandicelli) e Deluxe (per gli esigenti). Anno 1972, produzione Ledragomma di Osoppo (UD).

    Si utilizzava, nel caso qualcuno non lo sapesse, sedendocisi sopra e saltellando qua e là come un canguro.

    I colori base erano il verde, l’arancione, il rosso e il giallo. Alcune palle erano dipinte con una grossa faccia e la manigliona d’attacco era veramente comoda.

    Molto divertente. La mia esplose un pomeriggio, sul terrazzino del male, quando dopo un crescere di rimbalzi piombai feroce su un vaso di vetro che si ruppe e, per ripicca, mi bucò la palla.

     
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    Il gioco col il fucile ad elastico


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    Come si giocava quando vi era solo la fantasia

    Tutto quello che ci serviva erano dei pezzi di legno con degli elastici recuperati dalle pistole-spara-qualcosavecchie camere d’aria delle biciclette di famiglia o recuperate attraverso gli amici, e delle mollette che si usano per stendere la biancheria. Con un seghetto e una raspa (una speciale lima che si usa per lavorare il legno) trasformavamo i pezzi di legno, in pistole e fucili, e bloccavamo le mollette della biancheria all’inizio DELL’ARMA poi univamo un certo numero di elastici che bloccavamo con la molletta e tendevamo fino a raggiungere la fine del legno trasformato in una pistola o un fucile. Facendo pressione sulla molletta questa si apriva e faceva partire gli elastici, che noi nella nostra fantasia li vedavamo come dei proiettili. Questo e molto altro si costruiva quando si disponeva solo della fantasia, e quando il giocattolo era nostro, lo si amava e lo si difendeva da tutto e da tutti.

    Pistola1

     
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    Soldatini in plastica cowboy anni 60-70

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    Vi ricordate di quei soldatini che collezionavamo con cura?...

    a me..quando si trattava di giocare....mi capitava sempre quello sdraiato a terra....che fatica riuscire a sparare ai nemici...

    poi ricordo anche quello con lo scudo...4qxek2briusciva a schivare tutti i colpi dell'avversario..

    ruskies

    Nel mercato italiano i soldatini 1/72 furono introdotti e diffusi dalla Atlantic a partire dal 1971, quando fu immessa sul mercato la serie "Soldati d'Italia".
    Il successo degli 1/72 deriva da quello dei soldatini in scala 1/32 (la “scala grande”) che esisteva negli anni 60-70 e primi anni ottanta. A partire dagli anni 80 il mercato di questo tipo di giochi ha avuto un tracollo, per via dell’avvento di altri passatempi come i videogiochi e per la diseducatività attribuita ai giochi di tipo militare. Negli anni '80 la Atlantic passò la mano ad un'altra casa italiana, la Esci, che produsse dei soggetti che tuttora vengono ristampati dalla Italeri. La contrazione delle vendite determinò la scomparsa di questi prodotti dai negozi di giocattoli, divenuti unico appannaggio dei negozi di modellismo; molte case di produzione come l’Atlantic e la Esci fallirono.
    Alle fine degli anni ’90 il mercato dei soldatini visse un periodo di ripresa; il mercato odierno registra uscite di nuovi prodotti con un ritmo abbastanza sostenuto. Questa ripresa è attribuita a diversi fattori come il ritorno del genere storico e militare nella programmazione televisiva e cinematografica, le continue proposte editoriali di prodotti distribuiti a fascicoli nelle edicole, il rinnovato interesse per i wargame.
    Alcuni dei prodotti della Atlantic sono ad oggi ristampati da aziende modellistiche come la Waterloo 1815 e la Nexus Editrice: quest’ultima può vantare ad oggi più di 200.000 scatole vendute nel mondo di ristampe Atlantic.
    La produzione copre ormai quasi tutte le epoche storiche anche se quelle di maggior successo sono relative a Repubblica e Impero Romano, Epopea Napoleonica e Seconda guerra mondiale.

     
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    Era un Paese molto più semplice e povero.
    Facevamo il morbillo e il servizio militare.
    Giocavamo per strada e avevamo sempre le ginocchia sbucciate.
    La marcia più alta era la quarta.
    C’erano le diapositive, Sandokan e i gettoni del telefono.
    Però il futuro non era un problema, ma un’opportunità.
    (Aldo Cazzullo)

     
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62 replies since 18/1/2011, 14:31   44524 views
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