Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Io Cresco.. bimbi..prime esperienze.

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    PARTIRE CON I FIGLI, tutti i DOCUMENTI

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    Vi ricordiamo tutti i documenti utili - Se state organizzando un viaggetto in Europa o magari verso gli Stati Uniti, assieme ai vostri bambini, avete controllato che tutti i documenti siano in regola?Di seguito vi aiutiamo a ricordare soprattutto quelli che dovrete portare con voi.La cosa più importante è controllarli almeno due mesi prima, tempo necessario eventualmente per aggiornarli o per validarli di nuovo, in quanto potrebbero volerci due settimane, come più tempo.Passaporto per i minori: Come riportato sul sito della Polizia di Stato, non sarà più possibile per il genitore iscrivere il proprio figlio minore sul proprio passaporto, bensì sarà necessario crearne uno individuale. Il nuovo libretto di passaporto avrà il microchip, ma soltanto al compimento dei 12 anni verranno acquisite impronte digitali e firma digitalizzata. Per richiederlo è necessario l’assenso di entrambe i genitori (coniugati, conviventi, separati o divorziati), questi infatti dovranno firmare presso l’ufficio tutta la documentazione e il pagamento di un bollettino a nome del minore.La validità del passaporto cambierà a seconda dell’età del minore: minore da 0 a 3 anni, validità triennale, minore dai 3 ai 18 anni, validità quinquennale.In caso di viaggio verso gli Stati Uniti con un programma Visa-Waiver Program avrà valore, per un minore, soltanto un passaporto individuale.Carta d’identità: con la legge dello scorso maggio ora tutti possono avere la carta d’identità, anche i neonati fino a 3 anni di età, con validità tre anni e uno successivo dai 3 ai 18, con validità di cinque anni.Anche in questo caso la richiesta fatta all’anagrafe richiede la presenza di ambedue i genitori, con fototessera del bambino e tanta pazienza.Ricordiamo che un minore di 14 anni potrà viaggiare all’estero soltanto accompagnato da un genitore o di chi ne fa le veci, pena la non validità della carta d’identità per l’espatrio.

     
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    Lo svezzamento passo dopo passo

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    1) passaggio

    La mela cruda grattugiata è un classico. Non imboccatelo di forza: lasciate che veda da dove arriva il cucchiaino, che cosa c'è nel piatto; permettetegli anche di toccare il cibo: i bambini devono poter fare amicizia con quello che mangiano.
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    parlare ed imboccare

    Parlare o cantare mentre si imbocca il bambino può aiutare a superare le sue resistenze, ma non esagerate, potrebbero distrarlo troppo dal cibo.
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    La consistenza della pappa

    Per la pappa vera e propria dovete trovate la consistenza giusta, cioè la proporzione tra brodo e altri ingredienti, procedendo per tentativi.
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    No al sale, sì all'olio

    Non aggiungete sale, ma solo un cucchiaino di olio extravergine di oliva. Sale e zucchero sono da evitare per tutto il primo anno di vita.
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    Cucchiaino in plastica o silicone

    Usate cucchiaini di plastica o di silicone morbido, si eviterà il contatto con il freddo e duro metallo.
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    Seduto come?

    Lasciatelo nella posizione che più gli piace: sul seggiolone o in braccio, l'importante è che sia a suo agio.
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    Dal dolce al salato

    Il gusto del latte materno è dolce: passare a una pappa salata può essere traumatico. Provate a stemperare la purea di verdure con il latte (della mamma o di proseguimento, mai vaccino) anziché con il brodo vegetale: giorno dopo giorno, riducete il latte a vantaggio del brodo. Oppure cominciate con la frutta: una mela cotta al posto di patate e carote andrà benissimo.
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    Un'introduzione graduale

    Inserite un nuovo alimento alla volta, aspettando 3-4 giorni prima di introdurne uno nuovo: così sarà facile individuare eventuali reazioni allergiche.
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    Sostituire le poppate

    Il ritmo di sostituzione delle poppate con le pappe è di una al mese, a partire, in genere, dal pranzo.
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    Via libera all'acqua

    La bevanda più adatta, oltre naturalmente al latte, è l'acqua oligominerale naturale, conservata in bottiglie di vetro e senza nessuna aggiunta. L'acqua oligominerale è indicata sull'etichetta o la si riconosce dalla quota di residuo fisso, che non deve essere maggiore di 140 mg per l nei primi mesi e non superare i 500 dopo il quinto-sesto mese di vita.
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    Finocchio, tiglio e camomilla

    Tè, spremute e succhi di frutta sono sconsigliati nei primi mesi, mentre vanno bene gli infusi di finocchio dopo i pasti e di tiglio o camomilla la sera, per conciliare il sonno.
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    Quanto deve mangiare?

    Il bambino si regola da solo, non bisogna forzarlo. Se l'inappetenza è dovuta a una malattia, lo potete capire guardandolo: è pallido e svogliato, manca di vivacità e cresce lentamente. In ogni caso solo un pediatra può fare una diagnosi.
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    Questione di proporzione

    Più che la quantità di cibo è importante la proporzione tra gli ingredienti: la pappa ideale è composta per metà da cereali, un quarto di verdure e un quarto di proteine, più una piccola parte di grassi (il cucchiaino d'olio).
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    La ricetta giusta

    La ricetta vincente è quella di darsi tempo, procedere per gradi e per tentativi, assecondando il più possibile il bambino a partire dalle sue curiosità verso il cibo dei genitori.


     
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    GELOSIA per il FRATELLINO in arrivo

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    Il primogenito è geloso del nuovo arrivato in casa – Sta per arrivare in casa un altro bebè ed è sempre un momento difficile per il primogenito, all’improvviso infatti si troverà a dover dividere l’affetto e le attenzioni dei genitori con un “rivale”.Sicuramente è una situazione normale, ma sarà necessario e utile, affinché non provochi problemi futuri, prepararla e affrontarla subito, anche perché la gelosia e il loro disagio potrebbe manifestarsi in modi differenti, sia già da subito, come anche dopo un po’ di tempo. Vediamo quali.Attacchi di collera: il bambino potrebbe dare in escandescenza, soprattutto i bimbi ancora piccoli che non sanno come liberarsi di questa sofferenza, tenderanno a sfogarla all’esterno.Comportamenti aggressivi: le aggressioni nei confronti del neonato potrebbero manifestarsi in vari modi con schiaffi, insulti fino ai morsi, chiaramente più è piccolo il bambino geloso, più il nuovo arrivato sarà a rischio e spesso potrebbe prendersela anche con la mamma e con il papà.Indifferenza: comportamento classico di un bambino già grandicello che reagisce ignorando totalmente il fratello, quindi non lo guarderà, manterrà le distanze e passerà molto tempo da solo.Apparente maggiore responsabilità: un modo per tenere a freno la gelosia e l’istinto aggressivo sarà quello di seguire un comportamento esemplare, cercando così di recuperare l’amore dei genitori.Prepararlo dunque significherà renderlo partecipe dell’evento, anche durante la gestazione, sfogliando libri insieme e magari riviste che parlano di mamme e dei loro bambini, comprare i primi vestitini, coinvolgerlo senza forzarlo.Bisognerà avvertirlo che la mamma si assenterà per qualche giorno, per il parto, e dargli tutti i chiarimenti di cui necessita, e se i dolori inizieranno di notte sarà bene avvertirlo perché sappia la mattina dopo l motivo per cui la mamma non è presente.Ogni bambino è a sé, ma sarà sempre utile stargli vicino in questo momento delicato, gratificarlo e ritagliando appena possibile del tempo per stare con lui, parlargli spesso tranquillamente potrebbe renderlo felice e libero di esprimere i suoi sentimenti e suscitare i suoi ricordi, una storia passata, magari mostrandogli qualche foto per fargli constatare che anche lui ha goduto delle stesse cure, che ora riceve il fratellino.

     
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    Questione di carattere!

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    Il temperamento dei piccoli
    Il temperamento o indole è un tratto caratteriale che ha ben poco a che fare con l’educazione impartita, ma che invece è innato e spesso genetico, un qualcosa che tutti i bambini si portano dietro fino all’età adulta, senza poterlo effettivamente modificare nel tempo. Fin da piccoli si tendono a manifestare i tratti caratteristici della propria personalità ed è comune tra i genitori ricorrere a semplificazioni per inquadrare meglio il proprio bambino, cercando di comprenderlo meglio. C’è da stare attenti però alle etichette troppo facili, che spesso non descrivono la realtà perché si potrebbe essere in presenza di semplici ‘fasi’ che nulla hanno a che vedere con i tratti generali di un carattere.

    Le impressioni dell’adulto e le etichette errate, al contrario, si potrebbero rivelare profetiche e, a forza di ripetere che il bambino si dimostra agli altri in un determinato modo, quest’ultimo potrebbe davvero diventare tale con il tempo!
    Timido, testardo, competitivo: il carattere dei più piccoli si manifesta fin da subito, è vero, ma non bisogna in alcun modo cercare di comprenderne l’indole o incanalarne le passioni. Il genitore deve rispettare la natura del piccolo valorizzandone i punti di forza e aiutandolo a trasformare gli eventuali ‘punti deboli’ in risorse.

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    Bimbi timidi e introversi
    Davanti ai caratteri più problematici i genitori tendono ad allarmarsi e a notare spesso i tratti limitanti del carattere, piuttosto che a valorizzarne i pregi e a migliorarne le qualità. La timidezza, in primis, è il tratto caratteriale che più preoccupa, perché limitante sotto molti punti di vista. Il timido, poi, ha solitamente delle pretese eccessive nei confronti di se stesso e per questo va spesso rassicurato ed educato a riconoscere i propri limiti senza esagerare.
    Tuttavia i tratti caratteristici di quest’indole sono spesso ignorati e anche se spesso impercettibili, essi comprendono:

    - L’empatia e l’ultrasensibilità che lo rendono particolarmente propenso ad ascoltare e comprendere l’interlocutore.
    - La spiccata capacità di agire in modo più prudente di essere meno soggetto e propenso a manifestazioni del comportamento estreme.

    L’introversione è invece un’altra caratteristica caratteriale che viene spesso confusa con la timidezza ma che presenta caratteristiche totalmente differenti. Se il timido è costretto dalla propria indole a richiudersi in se stesso e ne soffre, l’introverso ne trae, invece, piacere. Il bambino introverso è riflessivo e sicuro delle proprie opinioni al punto da sembrare testardo. Da adulto otterrà un sicuro successo solo se si muoverà negli ambienti che sappiano premiarne il merito.

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    I piccoli più ostinati
    I bambini tenaci e testardi offriranno del buon filo da torcere a mamma e papà, perché sono quelli che difficilmente ubbidiranno. Tuttavia è indubbio che questa caratteristica si rivelerà indubbiamente vantaggiosa da adulti perché li spingerà ad inseguire e raggiungere un obiettivo a tutti i costi. Un bambino ostinato, in definitiva, può rivelarsi ugualmente sensibile ed empatico, rivelando incredibili doti da leader.
    La testardaggine che li contraddistingue, però, non deve in alcun modo generare una mancanza di considerazione per il punto di vista del prossimo. Il genitore dovrà infatti aiutare il piccolo a sviluppare una capacità di autocritica necessaria per convivere bene con il resto del mondo.

    Infine il bambino non competitivo, colui che non gareggia con gli altri non per mancanza di coraggio, ma perché di fatto poco interessato alla gara.
    I genitori dei bambini non dovranno scoraggiarsi, perché quest’attitudine farà di questi bambini ottimi elementi di una futura coppia e colleghi di lavoro estremamente corretti e affabili. Il compito di mamma e papà è, casomai, quello di aiutarlo a vedere chiaramente i propri pregi e difetti, senza pretendere dal piccolo più di quanto abbia voglia di dare, ma spiegargli, allo stesso tempo, che un minimo confronto con il mondo esterno è comunque sempre necessario.

     
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    I capricci dei bambini
    A due anni

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    I capricci si verificano di solito intorno ai due anni, età in cui in media uno su cinque li fa almeno due volte al giorno; non si può invece definirli tali prima dei 5-6 mesi d'età. Il Dottor Leo Venturelli, Pediatra SIPPS, dà alcuni consigli ai genitori per evitare comportamenti scorretti e potenzialmente dannosi nei confronti dei propri figli. Prima di tutto non bisogna mai assecondare il piccolo e cedere a tutte le sue pretese. Un esempio tipico è quello delle mamme che hanno ripreso da poco il lavoro o dei papà che sentendosi in colpa per l'assenza, tendono a concedere tutto al piccolo pur di conquistare il suo affetto.

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    Contrariamente a quello che si pensa invece, tenere in braccio un bimbo, non è un comportamento che induce al vizio.
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    Se si è troppo permissivi, cosa succede?

    Se non si interviene, il bambino viziato avrà dei problemi, specialmente nell'età scolastica: sarà poco accettato dagli altri coetanei, perché troppo egocentrico e arrogante, sarà mal sopportato dagli insegnanti perché insistente e poco docile, con conseguenze sul rendimento scolastico e sulla socialità.
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    Crescendo, il bambino viziato diventerà un adulto infelice e poco motivato, incapace di affrontare i problemi e in casi estremi, può rischiare di essere succube della droga.
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    Quali sono le regole da seguire?

    Fate in modo che vostro figlio segua alcune piccole e semplici regole, non più di una ventina, che vanno impostate fin da piccoli: per esempio, stare nel seggiolino in auto, non picchiare gli altri bambini, andare a dormire e alzarsi dal letto all'ora giusta. Su queste regole siate intransigenti, non c'è motivo di discuterle.
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    Cosa fare se il bambino piange?

    Aspettatevi che il bimbo pianga, ma provate a distinguere tra necessità e desideri. Il bambino piange per necessità se ha dolore, fame, paura, sonno o se è sporco; se piange perché desidera qualcosa potete decidere di accontentarlo oppure no; se piange per capricci la cosa migliore è ignorarlo, senza assumere atteggiamenti aggressivi o denigratori nei suoi confronti.
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    Cosa fare se il bambino sbatte le porte, grida o si butta terra?

    I bambini fanno i capricci per ottenere l'attenzione, per farvi cedere, per riuscire a fare quello che vogliono. Non bisogna mai cedere ai loro capricci, semmai coccolateli per aiutarli a superare la frustrazione per i vostri no.
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    Come spiegargli i no?

    Non bisogna pretendere un rapporto paritario col proprio bambino finchè non è diventato adulto. All'età di due anni, parlare di regole è prematuro, si può iniziare a 4-5 anni a spiegare cosa è la disciplina. Verso il 14-16 si può iniziare a stabilire insieme a lui norme e punizioni.
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    Giocare da soli
    È importante insegnare a vostro figlio a giocare da solo, infatti già a un anno di vita può stare senza di voi anche 15-20 minuti; e ad aspettare, perché il bambino deve gradualmente imparare a non avere immediata gratificazione per quello che chiede, come succede nel mondo degli adulti. Non sentitevi in colpa se aspetta mentre cucinate, parlate al telefono, l'attesa infatti aiuta a rafforzare la crescita. Infine, evitate di stare continuamente con lui, rinunciando ai vostri spazi: il bambino deve imparare ad avere fiducia in voi anche senza avervi sempre vicini.




     
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    Ira ed emozioni: i nostri bimbi sono dei fiumi in piena, noi genitori i loro argini!

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    Sono i bimbi di “nuova generazione” che sono più aggressivi o noi genitori moderni che non sappiamo gestirli? Noi da piccoli eravamo più tranquilli o erano i nostri genitori ad avere un polso più duro?
    Ditemi la verità: quante volte vi siete posti queste domande?

    Io, seppure abbia letto tanto in merito, sto ancora cercando una risposta che mi vada bene! Quelle che ho trovato finora puntano sempre il dito “contro” di me, mentre io cerco di scaricare le colpe sul fato, sul Dna, sulle condizioni atmosferiche che stanno cambiando, sul segno zodiacale, insomma su qualsiasi altra cosa che non sia io!
    Ovviamente scherzo! Ma la verità è che faccio talmente tanta fatica a stare dietro a tutti e a tutto, spesso trascuro me stessa e tutte le mie passioni, che sentirmi “colpevolizzata” anche per i capricci dei bambini proprio no, non mi va!
    Eppure spesso mi sento dire: “Eh! sei tu che li hai abituati così! Tu sei stata troppo “morbida”, tu così, tu cosa!…”

    Ma perchè bimbi cominciano a fare i “prepotenti” già da piccolissimi?
    Ancora non sanno parlare e già si impuntano, mettendo in scena un repertorio niente male di atti isterici e soprattutto mettendo a dura prova la nostra pazienza!

    Parlo del mio caso, Luca adesso ha 18 mesi e quando vuole qualcosa con determinazione urla, piange, si dispera rischiando anche di farsi del male fisicamente perché va a sbattere contro mobili, giochi, eccetera!
    Avrà frequentato dei corsi di recitazione a mia insaputa? La preparazione, devo ammettere, è eccellente, potrebbe fare concorrenza a Robert De Niro!
    Lo so che questo argomento lo abbiamo già affrontato in altre occasioni, ma è un problema così comune a tutti noi che riprenderlo e approfondirlo, penso non ci faccia male.
    E ad aiutarci con i suoi preziosi consigli è ancora una volta la nostra Psicologa amica Francesca Santarelli.
    In fondo… repetita juvant.

    Ecco cosa ci dice questa volta la nostra dottoressa:

    “È molto frequente e del tutto normale che i bambini piccoli esprimano questi scatti di aggressività e ira, comportamenti che di solito durano fino a 3/4 anni circa, ma capisco anche la perplessità che sempre generano nei genitori, che il più delle volte si spaventano e non sanno cosa fare.
    Partiamo dal presupposto che i bambini sono un fiume in piena di pulsioni, istinti, emozioni che non conoscono filtri o censure, ma che hanno bisogno di scorrere liberamente, senza freni e questo lo possono fare sotto forma di pianto, capriccio, aggressività, iperattività, ecc…
    Dall’altra parte però, noi sappiamo bene che se i corsi d’acqua in piena non avessero delle dighe o degli argini ben strutturati, causerebbero dei bei danni a lungo andare…
    Questo riusciamo ben a capirlo nella metafora del fiume, ma lo abbiamo poco presente quando parliamo dell’universo emotivo del nostro bimbo! Ebbene si, anche lui ha bisogno di dighe e argini, e di quello che noi terapeuti chiamiamo “contenimento” e “accoglienza”!
    Questo vuol dire che non dobbiamo spaventarci di quello che nostro figlio manifesta “in piena”, ma dobbiamo frenarlo, questo si!
    Accogliere e bloccare quel fiume in piena come se fossimo noi quegli argini e quelle dighe!

    Va bene che i bimbi urlino (nei limiti del possibile!), ma quando arrivano alle mani, bloccateli, con fermezza, decisione, guardandoli negli occhi e ditegli un bel NO! Ma di quelli chiari, di quelli che non possono essere fraintesi!
    Non ridete, scherzate o sminuite quello che fanno, ma fate capire loro che NON si fa e basta!
    Quindi anche il vostro tono di voce, lo sguardo, i gesti e la postura devono assumere quel significato.
    Ma la cosa più importante è che non cediate ai loro ricatti, musi o pianti se non ottengono ciò che vogliono.

    Forse in fondo, vi stanno mettendo proprio alla prova e (inconsapevolmente) chiedono che quelle pulsioni vengano bloccate. I bambini sperimentano, loro vogliono capire fin dove possono spingersi, cosa possono permettersi.

    Chiedetevi per questo, quanto finora voi stessi gli avete concesso.

    Come in tutti gli altri casi inoltre, ricordo che noi adulti a volte, senza accorgercene, ci lamentiamo di aspetti e comportamenti che vediamo nei nostri bimbi, solo perché in fondo, rispecchiano qualcosa di noi…
    Riflettiamo sempre tutti! Questa è la regola del buon esempio!
    Alla prossima…”

    Se volete contattare direttamente la dottoressa Francesca Santarelli, questo è il sito Internet del suo studio: .studiosantarellidecarolis.com

     
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    A 5 anni legge e scrive, genietto o normale

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    Già legge e scrive a 5 anni – Sentire vostro figlio mentre sillaba correttamente e vederlo tenere la penna di sicuro fa un certo effetto, soprattutto quando il piccolo va ancora alla materna.Il presidente dell’Associazione italiana per lo sviluppo del talento e della plusdotazione, Anna Maria Ronconi ci spiega “questo non vuol dire che sia iperdotato, secondo autorevoli studi americani, a 5 anni, la mente dei bambini è già pronta ad apprendere queste cose”.Le cose più importanti sono lasciarlo sperimentare, leggere non è un’abilità così complessa e senza pensare di avere un genietto in famiglia, se il piccolo è attratto dalle parole scritte è bene lasciarlo provare spontaneamente a decodificarle.Puntare sul gioco utilizzando la penna che richiede una maturità neurofisiologica, che sotto i 5 anni è molto rara, e provare a fargli copiare i simboli dell’alfabeto, sempre però facendolo rimanere un gioco.Infine sarà importante non forzarlo e quando mostra un po’ di interesse verso le lettere dobbiamo evitare di spingerlo ad esercitarci, in futuro potrebbe risultare controproducente, potrebbe bloccarsi e soffrire di disgrafia.

     
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    MAMMA come gli si può dire che è adottato

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    Come iniziare a dirgli che è adottato – Tema estremamente delicato quello dell’adozione tanto che gli vengono dedicati libri, convegni e tavole rotonde.Ma il momento prima o poi arriva e per suggerire a papà e mamma il modo giusto di svelare la sua storia a un bambino adottato abbiamo raccolto i suggerimenti di Shanti Ghelardoni, adottata dall’India all’età di 17 mesi e ora insegnante di italiano per stranieri.Shanti è anche autrice del libro I ventidue canti di Doyel, che raccoglie storie di altrettanti ragazzi stranieri adottati in Italia.Sicuramente parlarne subito è una buona cosa, utilizzando le parole giuste e adeguate all’età del bambino, in modo naturale e positivo, raccontandogli anche la storia del suo Paese d’origine, ma attenzione a non ferirlo nel momento in cui inizierà a farvi la fatidica domanda.“Ma mia mamma non mi ha voluto?” la risposta più naturale sarà quella in cui gli fate presente che la sua famiglia aveva tanti problemi e che, per offrirgli un futuro migliore, si è rivolta ad un istituto, in questo modo un’altra mamma e un altro papà avrebbero potuto accoglierlo.Il bambino deve comprendere l’adozione come un atto di grande affetto nei suoi confronti e se si dovesse interrogare sul suo colore della pelle, allora ditegli che esistono tante famiglie differenti, ma la cosa che accomuna tutte le persone è l’affetto.

     
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    MAMMA: ‘Tu non capisci niente!’

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    Il momento del ‘Tu non capisci niente’

    – Arriva per tutte le mamme il momento in cui tuo figlio, di circa dieci anni, reagisce e esordisce con un “Mamma, non capisci niente” tutte le volte che gli proibirai qualcosa o in un momento di contrasto.Si tratta di un periodo passeggero, ma che comunque va affrontato con tutta calma, in quanto a questa età il bambino ha bisogno di sentirsi grande e avere le proprie idee, anche se allo stesso tempo bisognerà spiegargli con fermezza che, per affermare il suo punto di vista, non serve mancare di rispetto.Permettergli di calpestare il ruolo autorevole di un genitore, significa non riuscire più a stabilire un limite e quindi il prossimo passo sarà quello di chiedergli perché lui la pensa così e fare in modo di instaurare un dialogo, ingrediente fondamentale nel rapporto tra adulti e figli.Sicuramente reagire alzando la voce è un errore e si verrebbe a creare un muro, peggiorando la situazione, come anche rispondergli sgarbatamente, bisogna infatti ricordarsi che nostro figli non è un adulto villano e non è un nostro pari.

     
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    La pipì a letto potrebbe essere un problema genetico

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    Fare la pipì a letto (enuresi notturna) è un problema abbastanza diffuso tra i bambini, che può avere molteplici cause, spesso di natura prettamente psicologica, che generalmente getta nel panico le mamme e i papà. Vedere i propri figli già grandicelli che ancora bagnano il letto durante la notte, nonostante il tempo del pannolino sia trascorso da parecchi anni e il piccolo sia già autonomo per quanto riguarda le sue funzioni fisiologiche, sicuramente è spia di qualche piccolo disturbo, ma spesso transitorio e facilmente superabile. A patto di non commettere l’errore di sottovalutarlo, facendo finto a che non esista, o, peggio che mai, di colpevolizzare il bambino. Vediamo, intanto da cosa può essere originata l’enuresi notturna.

    Bambini e pipì a letto: le cause

    A fornirci qualche indicazione a proposito delle cause possibili del disturbo dell’enuresi notturna tra bambini e adolescenti (si stima che ne soffra circa il 6% dei maschietti e il 2,5% delle femminucce) è la pediatra Darcie Kiddoo, che ha di recente coordinato uno studio con i suoi collaboratori dell’Università di Alberta (Canada). “le cause che contribuiscono all’enuresi possono essere eccessiva produzione di urina durante la notte, vescica iperattiva e incapacità di svegliarsi in caso di bisogno. Esiste anche una componente genetica: un bambino ha più probabilità di orinare a letto se lo facevano anche i genitori”. Quindi anche l’ereditarietà ha il suo peso, ma a volte l’enuresi notturna può essere spia di un qualche disturbo, e in questo caso un semplice esame delle urine potrebbe portarlo alla luce. Un altro pediatra canadese, il prof. Mark Feldman sdrammatizza il problema della pipì a letto, che nella maggior parte dei casi sarebbe solo una fase della crescita destinata a venir superata con l’età. “Non si tratta di un vero e proprio problema – spiega lo specialista – visto che il 10-15% dei bambini di cinque anni e il 6-8% dei piccoli di otto bagna regolarmente le lenzuola, senza che ciò nasconda cause psicologiche o mediche. È il sonno profondo che porta il piccolo a non controllare lo stimolo. Ciò non deve diventare un motivo di preoccupazione e non necessita di trattamenti farmacologici, a meno che – dice l’esperto – il bimbo continui a fare pipì a letto oltre gli otto-dieci anni, per almeno due volte a settimana”. In questo caso ci potrebbero essere a monte dei problemi di natura neurologica, per cui i genitori dovrebbero valutare l’idea di sottoporre il piccolo a degli approfondimenti specialistici. In ogni modo, anche vi fosse un problema di natura psicologica, la cosa può comunque essere superata. Vediamo, a tal proposito, qualche suggerimento per aiutare il bimbo a vivere questa fase senza drammi e a superarla.
    Bambini e pipì a letto: le regole di comportamento
    Ecco un piccolo decalogo per genitori sui comportamenti pratici da tenere quando il bimbo di casa soffre di enuresi notturna:
    Sistemate il piccolo in una stanza che sia quanto più vicina possibile al bagno, e portatelo a considerare un vero e proprio traguardo da raggiungere il riuscire ad alzarsi la notte quando senta lo stimolo di fare la pipì
    Riducete le quantità di liquidi e bevande (incluso il latte prima di andare a dormire) durante le ore serali, ma specialmente quelle a base di caffeina (come le varie cole, ad esempio), per evitargli troppi stimoli durante il sonno
    Accompagnateli in bagno poco prima della nanna
    Se al mattino trovate le lenzuola del suo lettino umide, senza drammi ma in modo giocoso coinvolgetelo nel cambio della biancheria
    E’ un po’ faticoso per le mamme e per i papà, ma un vecchio e sempre valido sistema è quello di svegliare il piccolo durante la notte per accompagnarlo al bagno, ma questa soluzione deve essere unita a un piccolo rinforzo del bimbo. Premiarlo ogni qualvolta riesca a non bagnare il letto, anche quando ciò sia conseguente al risveglio notturno da voi sollecitato, sarà certamente un buon incentivo
    Infine, mai nascondere, colpevolizzare, drammatizzare, punire. Anche il bambino vorrebbe non avere questo problema, perciò è bene farlo sentire comunque “spalleggiato”, sostenuto e gratificato per ogni piccolo passo in avanti

     
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    Ha paura degli estranei

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    Fino a pochi giorni fa, il piccolo sorrideva a chiunque gli si avvicinasse, poi all'improvviso ha cominciato a piangere disperato di fronte a ogni volto nuovo. Se un estraneo prova a prenderlo in braccio, grida e cerca la mamma.

    Non c'è nulla di cui preoccuparsi: si tratta di un passaggio fondamentale nella crescita del bambino. Viene definita la "crisi dell'ottavo mese" ed è un'eredità dell'evoluzione della specie: tutto quello che è sconosciuto potrebbe dimostrarsi pericoloso e, come tale, va evitato, cercando protezione e sicurezza. Per un bimbo queste due parole significano soprattutto l'abbraccio della mamma.

    La paura dell'ignoto

    "Verso l'ottavo mese, il bambino ha consolidato le sue capacità di memoria e sa distinguere ciò che conosce da ciò che è nuovo. Persone e oggetti sconosciuti sono visti come potenzialmente pericolosi, perché il piccolo non sa ancora se dispone degli strumenti giusti per affrontarli", spiega Rosalinda Cassibba, professore ordinario di Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione presso l'Università di Bari. Così, quando il bambino vede un volto nuovo, ne ha paura e cerca conforto nel genitore.

    Esistono diversi modi di esprimere il timore: pianti, urla, nascondersi dietro i genitori, girare il viso dall'altra parte o, semplicemente, incupirsi. Le reazioni variano da bimbo a bimbo e dipendono molto dal temperamento: ci sono piccoli che amano le novità e altri che le temono. Di conseguenza, alcuni bambini non sembrano spaventarsi più di tanto di fronte a visi sconosciuti, mentre altri piangono disperati.

    Come gestire la crisi

    "Il bambino non va mai sforzato: non lo si può obbligare, se non vuole, a farsi abbracciare da un parente o da un amico. Al contrario, i genitori devono tranquillizzarlo, coccolarlo e dirgli con calma e con un sorriso chi è quella persona". Mamma e papà non devono sentirsi a disagio nei confronti dell'ospite che si vede rifiutato dal piccolo: basterà spiegare che è una reazione del tutto normale, che testimonia lo sviluppo intellettivo del piccolo. "In genere, il bimbo cambierà atteggiamento spontaneamente dopo qualche tempo: se vede che l'estraneo sorride e che la mamma con lui è serena e non spaventata, anche il piccolo capirà che non c'è niente da temere", rassicura la psicologa.



    Articolo di Monica Gabrielli

     
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    Aiutalo a rinunciare al ciuccio

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    Si tratta dello strumento 'consolatorio' per eccellenza. Ma se continua a essere utilizzato quando il bambino è più grandicello, dopo i 3 anni di vita, il ciuccio potrebbe provocare deformazioni al palato o all'arcata dentaria.

    Toglierlo quando non è "pronto", tuttavia, rischia di essere controproducente: il piccolo potrebbe sostituirlo con il dito, un'abitudine ancora più difficile da abbandonare. Come regolarsi?

    Le "strategie" per facilitare l'addio

    • "Il 'trucco' potrebbe essere quello di limitare a poco a poco le situazioni in cui il bambino ne fa uso", suggerisce Rosalinda Cassibba, docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Bari. "Per esempio, lo si potrebbe tirar fuori soltanto alla sera, insieme al pigiamino, al momento di andare a nanna. Durante la giornata, del resto, è più facile distrarre il piccolo con altre attività che non gliene facciano sentire troppo la mancanza, come i pastelli colorati, una fiaba o un gioco.

    • E per l'addio definitivo? "Le modalità possono essere diverse", dice l'esperta. "Si può decidere di metterlo in una scatolina 'per ricordo', magari proprio il giorno del compleanno a sottolineare l'importanza di essere diventato grande, oppure 'regalarlo' all'orsacchiotto preferito o, ancora, creare un piccolo rito in cui sia il bambino stesso a buttarlo via".

    • Ciò che conta è che anche la mamma si senta convinta, e che non sia lei la prima a tentennare. "Se si toglie il ciuccio al bimbo e dopo un po' glielo si ridà per non sentirlo protestare, il piccolo farà molta più fatica", sottolinea la psicologa. "Perciò, è bene tenere sempre presente l'obiettivo che si vuole raggiungere, in questo come negli altri passaggi di crescita: non si tratta, semplicemente, di 'far fare' al bambino qualcosa per noi, o di ottenere che ci obbedisca, quanto piuttosto aiutarlo a fare qualcosa per sé, a compiere un passo importante per la sua autonomia".

    Ricorda che...

    • Per il bimbo ogni cambiamento è una potenziale fonte di disagio, che gli impone di rinunciare ad abitudini acquisite, da cui traeva sicurezza e tranquillità, per trovare nuove strategie di adattamento: è importante, quindi, che ogni 'passaggio' gli sia proposto nel pieno rispetto dei suoi tempi.

    • Non far coincidere l'abbandono del ciuccio con un'altra svolta importante nella sua vita (per esempio, la nascita di un fratellino o l'inizio dell'asilo).

    • Evita le 'maniere forti', come buttargli via il ciuccio a sua insaputa. Bisogna tenere presente che lo scopo non è 'insegnargli a ubbidire', ma accompagnarlo, il più serenamente possibile, verso l'autonomia.

    • Non dimenticare di lodarlo e di complimentarti con lui per i suoi successi, anche davanti agli altri familiari.

    • Se si decide che "è l'ora di...", non bisogna tornare sui propri passi ai primi capricci del piccolo. Solo così si potranno trasmettergli la sicurezza e la fiducia necessarie per affrontare il cambiamento.

     
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    Le prime separazioni

    MTN032

    Crescere significa anche affrontare varie esperienze di allontanamento e separazione da persone o atmosfere che il piccolo ama e che gli danno sicurezza. Accompagnare un bambino nella crescita significa anche vincere i propri timori di perderlo man mano che guadagna autonomia.


    Un cambiamento netto avviene verso gli 8 mesi, quando il bebè non è più un lattante ma non è ancora un bambino fisicamente autosufficiente. Attratto da ciò che è nuovo, ogni suo sforzo è volto a consentirgli di muoversi, esplorare, ma, al tempo stesso, questa consapevolezza di sé come individuo lo intimorisce, e i genitori hanno spesso la sensazione che il loro bimbo regredisca, torni a essere più piccino: è “l’angoscia dell’ottavo mese”, una fase transitoria in cui emerge la paura del distacco.
    Verso l’anno di età comincia a sviluppare un modo di ragionare più simbolico, raggiungendo la consapevolezza che la mamma esiste anche quando non è visibile. E per aiutarsi al momento del distacco, il piccolo si affida a un sostituto dell’immagine materna (un pupazzo, uno straccetto) per poter, in qualche modo, portare con sé la persona amata: è il famoso “oggetto transizionale”.
    Da questo momento in poi, il suo cammino verso l’autonomia procederà in modo più lineare.

    Il gioco è sempre una delle forme migliori per aiutare un bimbo a crescere.
    Per esempio, il gioco del cucù (in cui l’adulto si copre e si scopre il volto con le mani) simboleggia la presenza-assenza della mamma: accorgendosi che la mamma, anche se temporaneamente “invisibile”, ricompare sempre, il bimbo impara a superare l’ansia di essere abbandonato.
    È bene attendere che il piccolo abbia guadagnato maggiore fiducia in se stesso e negli altri prima di affrontare una separazione di qualche giorno. Anche nella scelta di mandarlo al nido occorre tener conto dello stadio di autonomia che ha raggiunto, evitando di passare repentinamente dal rapporto esclusivo con i genitori ad un ambiente ignoto.
    Spesso, comunque, i bambini reagiscono male quando vengono lasciati soli per un po’ di tempo: intorno a 1-2 anni, un bambino si sente davvero abbandonato, prova dolore e durante l’assenza cova un rancore che non gli permette un’accoglienza allegra. Diamogli modo di stemperare la rabbia, mostrando anche di comprendere i suoi sentimenti e spiegandogli che, se siamo stati via, ci sono motivazioni valide.
    Attorno ai 4-5 anni il bambino è abbastanza maturo da affrontare una situazione di distacco. Così, se il piccolo è in vacanza con i nonni e fa i capricci perché vuole tornare a casa, riflettiamo se è davvero il caso di correre a riprenderlo. Permettiamogli di superare con le sue forze il dispiacere del distacco da mamma e papà. Inoltre, è importante dare al bambino la sensazione che ci si fida delle persone che si occupano di lui, altrimenti sarà il primo a provare un senso di insicurezza.

     
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    ascoltare musica attivamente rende i bambini più felici e socievoli

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    L’ascolto attivo di musica ha sullo sviluppo psichico del bambino effetti ancora più positivi che il semplice ascoltarla. Infatti, far partecipare bambini di meno di un anno di età a una sorta di lezione di musica invitandoli a battere il tempo di una ninna nanna o una filastrocca su uno strumento a percussione e a canticchiarci su li rende più felici e socievoli.
    Questo è quanto merge da uno studio condotto da Laurel Trainer, direttrice del McMaster Institute for Music and Mind in Canada ed esperta di rapporti tra musica e sviluppo mentale. I ricercatori canadesi hanno osservato per un periodo di sei mesi un gruppo di bambini che insieme ai loro genitori prendevano parte a sessioni di ascolto attivo di musica ed hanno confrontato i progressi nel loro sviluppo comportamentale con quelli di un altro gruppo di bambini che aveva giocato in una stanza con sottofondo musicale.
    I primi mostravano una spiccata preferenza per melodie più armoniche ed erano molto più fiduciosi e positivi nei confronti di chi li circondava. Sorridevano di più, erano più sereni e meno diffidenti verso cose e persone a loro sconosciute. Inoltre si mostravano maggiormente ricettivi riguardo gli stimoli ambientali.
    In altre parole, se ascoltare musica migliorerebbe memoria e capacità cognitiva, la stessa Trainer ha condotto nel 2006 uno studio che andava in questa direzione, fare musica rende la mente più facilmente adattabile ai cambiamenti e questo è valido sin da prima che il bambino inizi a parlare a camminare.

     
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    LE PRIME REGOLE
    La sgridata in positivo


    MTN030

    Dobbiamo proprio sgridarlo: questa volta se lo merita. Ma quali sono le regole da seguire perché la nostra sgridata sia efficace, serva davvero a fargli capire che ha sbagliato e perché?

    Ecco i consigli giusti.


    È breve. Non più di un minuto. È stato scientificamente provato che la capacità di attenzione di un bambino al di sotto dei sei anni è molto breve. «Dopo un po’ il bambino “spegne l’audio” e diventa impermeabile a qualsiasi messaggio», sostiene Nelson.
    È immediata. Va fatta appena il fatto è accaduto. I bambini vivono in un eterno presente, non sono capaci di proiettarsi nel futuro o ricordare cose avvenute anche solo qualche ora prima.
    È limitata al singolo episodio. Non voglio che tu infanghi il parquet. Evitiamo di aggiungere una sfilza di altre rimostranze: … e non sporcare il muro con la marmellata… non fare la pipì fuori dal water… non tirare la coda al gatto e non mangiare i maccheroni con le mani… sei un vero porcellino! Sommerso dalla valanga di parole farà un pot-pourri di tutto quello che gli abbiamo detto e si domanderà che cosa c’entri la marmellata con il gatto e con i maccheroni.
    Mostra le conseguenze dirette della sua azione. Se entri in corridoio con le scarpe sporche, io devo pulire di nuovo tutto. Perdo un mucchio di tempo e mi stanco molto.
    Spiega ciò che suscita in noi. Non sopporto il fatto che ti dico una cosa e tu fai finta di niente, non so cosa farei! E allora mi arrabbio e ti sgrido, poi mi dispiace, perché ti voglio bene.
    Ribadisce la regola infranta. Quando torni dal giardino, prima di rientrare in casa, pulisciti le suole delle scarpe sullo zerbino. Può sembrare superfluo aggiungere i dettagli delle suole e dello zerbino ma, per un bambino, “pulire” le scarpe potrebbe voler dire “lucidarle”, non gli passa nemmeno per la testa che anche le suole, in alcune situazioni, vadano pulite.
    Rassicura del nostro amore nei suoi confronti. Alla fine, abbracciamolo, diamogli un grande bacio e confermiamo la nostra fiducia nei suoi confronti: Tu sei meraviglioso e io ti amo tantissimo! Deve capire che anche se disapproviamo il suo comportamento, il nostro amore nei suoi confronti rimane inalterato. Anche il bambino più pestifero ha delle buone qualità: sono queste che dobbiamo valorizzare se non vogliamo che, concentrando le nostre attenzioni unicamente sui i suoi aspetti negativi, finisca con il pensare che non ha alcuna possibilità di cambiare.
    Non è mai fatta di fronte agli altri. Se dobbiamo rimproverarlo, non facciamolo mai di fronte agli altri, siano essi i suoi compagni o degli adulti. Nel bambino il senso del rispetto di sé è molto elevato, ci sarà grato per avergli risparmiato un’umiliazione. È questo il motivo per cui, quando viene rimproverato davanti a estranei, nega spudoratamente nel tentativo disperato di evitare brutte figure. Se dobbiamo fargli un appunto, prendiamolo da parte: per lui sarà molto più facile accettare le nostre osservazioni. Qualora non sia possibile, è comunque consigliabile rimandare il rimprovero, nonostante il rischio che poi si dimentichi di quanto è accaduto.

     
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77 replies since 2/3/2011, 15:27   10539 views
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