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il bimbo e la nascita...

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  1. Lussy60
     
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    Le fasi del parto, tappe del viaggio verso la luce


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    Sono stati nove mesi di tranquillità, per il bambino: il tepore del liquido amniotico, l’oscurità quasi assoluta, il battito del cuore materno. Ma tutto questo sta per cambiare, perché è arrivato il momento di nascere.

    Via libera al travaglio


    Il bambino lo sa ed è pronto per affrontare la prova, per condividere con la mamma l’impegno del parto. È lui a prendere le decisioni importanti. Qualche giorno prima del travaglio le sue ghiandole surrenali hanno iniziato a secernere deidroepiandrosterone solfato, un ormone che stimola la placenta a fabbricare gli estrogeni necessari alla formazione del latte. E la sua ipofisi collabora con quella materna alla produzione di ossitocina, un altro ormone che favorirà le contrazioni uterine. Inoltre, da un paio di settimane il bebè si è capovolto, rannicchiandosi nella posizione giusta per aprirsi la strada verso la luce. A 7-8 ore dal lieto evento (qualcuna di più se la donna è al primo figlio), la sua testa preme sul collo dell’utero.
    È il segnale che dà il via alle contrazioni del travaglio: ogni 15-20 minuti per le prime due ore, poi sempre più ravvicinate, fino a susseguirsi ogni 4 o 5 minuti. A ogni contrazione, della durata di circa 45 secondi, la muscolatura dell’utero comprime la sacca amniotica e trasmette una maggiore pressione al corpo.
    Il bambino non sta soffrendo, ma il suo organismo è sottoposto a un piccolo stress al quale non è abituato. Lo schiacciamento diminuisce anche il flusso all’interno del cordone ombelicale e abbassa l’ossigenazione fetale del 10% circa. Questo determina un aumento della pressione sanguigna e anche della frequenza cardiaca, che accelera di circa 5 battiti (partendo da una media di 140 al minuto) per poi normalizzarsi durante le pause tra una doglia e l’altra.

    Sospeso fra due ambienti


    Le contrazioni del travaglio hanno anche l’effetto di spingere la testina contro il collo dell’utero, facendolo dilatare e dando al bambino un senso di schiacciamento, una specie di “cerchio alla testa”.
    Le spinte provocano la lacerazione del sacco nella zona sollecitata dalla sommità del cranio e si ha una prima fuoriuscita di liquido amniotico. Ora il piccolo si trova fra due ambienti diversi: da una parte il corpo, ancora compresso dall’utero, dall’altra la testa affacciata al canale del parto (il tratto cervice-vagina) e soggetta alla pressione atmosferica. Questa, essendo inferiore, provoca un risucchio, i liquidi interni affluiscono e si accumulano sotto la cute. Se il travaglio dura più del previsto, in genere si forma un edema sulla sommità del capo, una specie di bernoccolo che, dopo il parto, sparisce da solo.
    Adesso la dilatazione è completa e il momento di venire al mondo si avvicina. In alcuni casi, il piccolo deve sopportare un’altra sollecitazione: se, durante il travaglio, il battito cardiaco veniva misurato attraverso il ventre materno, ora l’ostetrica applica un elettrodo (un sottile filo metallico) sulla testina.

    Un vigoroso massaggio


    Questa è la fase di maggiore impegno, sia per la mamma sia per il bambino, che con la testa comincia a percorrere lentamente il canale del parto: per coprire una distanza di soli 10-12 cm impiegherà infatti circa tre quarti d’ora. Tenendo il capo reclinato sul petto, il bebè non è ancora in grado di vedere la luce. D’altra parte, non avrebbe nemmeno il tempo di farci caso, perché a questo punto lo sforzo e la concentrazione sono al culmine. Il canale è largo esattamente quanto la circonferenza delle testa (circa 30 cm) e le morbide pareti premono con decisione sul piccolo: alle contrazioni dell’utero si sono aggiunte le spinte da parte della madre. La sensazione, per lui, è quella di un vigoroso massaggio.
    Ora il suo organismo sta affrontando una prova faticosa. È come se un adulto continuasse a correre i 100 metri a tutta velocità per un’ora, facendo solo brevi pause per riprendere fiato. Lo sforzo, cui si aggiunge un’ossigenazione ridotta a causa dello schiacciamento del cordone, è superiore a quello affrontato nella prima fase del travaglio, tanto che adesso la reazione del suo corpo è opposta: a ogni spinta non corrisponde più l’aumento di qualche battito, bensì una forte diminuzione (da 140 fino a 90). Tutto ciò è normale perché il piccolo sta spendendo parecchie energie, ma niente paura: è attrezzato per farlo.

    Ora arriva la testina


    Ed ecco che l’impegno è stato ricompensato. La testa è uscita completamente e c’è lo stupore della luce improvvisa (anche se le ostetriche che praticano il parto “dolce” a questo punto abbassano l’illuminazione). In genere, basta un’ulteriore spinta per far seguire anche le spalle e quindi l’intero corpo.
    Tra un passaggio e l’altro è possibile che il faccino perda il colore roseo, diventando leggermente cianotico. È un fenomeno normale: si verifica infatti una stagnazione sanguigna dovuta al fatto che il corpo, ancora compresso nel canale, fa affluire il sangue arterioso alla testa, ma fatica a ricevere quello venoso di ritorno. Con la nascita tutto tornerà alla normalità.

    Un respiro di sollievo


    Quando il bimbo esce dal pancione, il senso di compressione scompare e i polmoni si possono espandere.
    Le vie aeree sono però piene di liquido e c’è un momento di “apnea fisiologica” in attesa del primo respiro. L’ostetrica ne approfitta per liberarle aspirando con una cannula. Il piccolo, a sua volta, recupera le energie a tempo di record. Infine l’aria affluisce nel corpo, seguita da un pianto liberatorio. Che cosa significa questo primo strillo? Sollievo per avere superato l’ostacolo? Fastidio per il gas sconosciuto che irrita i polmoni? Disagio per il freddo sulla pelle? Forse tutte queste cose insieme. Ma è un disorientamento di breve durata, perché il bebè verrà subito adagiato sul ventre materno, dove ritroverà il tepore, il profumo e il ritmo del cuore con cui ha vissuto per tanti mesi.

     
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