Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

FRANCESCO GUCCINI..

BIOGRAFIA, DISCOGRAFIA, NEWS, FOTO, ETC...

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    FRANCESCO GUCCINI..


    BIOGRAFIA

    Francesco Guccini nasce a Modena il 14 giugno del 1940. Comincia a suonare giovanissimo [IMG]guccini%206[/IMG]prima servendosi di un'armonica e in seguito passando alla chitarra, strumento che non ha più abbandonato. Gli esordi come artista lo vedono dunque chitarrista e cantante in un gruppo del quale fanno parte separatamente anche Pier Farri (poi arrangiatore di molti suoi pezzi) e Victor Sogliani. Si chiamano "Hurricanes" e suonano nelle sale da ballo e nei teatri parrocchiali. Cambieranno in breve il nome in "Snakers" e quindi in "Gatti". Tutto accadeva tra il 1957 e il 1960. I pezzi del repertorio di questa band padana spaziavano in particolare in particolare fra i classici del rock, ma già Guccini proponeva al pubblico le sue prime "cose". Una parte dei "Gatti" confluirà poi nell'"Equipe 84" e seguirà quindi la propria strada. Intanto Francesco studiava e faceva il cronista per la "Gazzetta di Modena". La prima canzone che passerà alla storia è del 1961, il titolo è L'Antisociale, brano di rottura con una coltura sentita vecchia e abusata. Rottura che il cantautore modenese di nascita, bolognese d'adozione e pavanese di pelle, porterà avanti per tutti gli anni '60 e '70.
    Cominciava in quel tempo anche l'impegno politico di tanta parte dei giovani del Paese e Guccini firmò un testo che sconvolse i canoni della canzone classica, Auschwitz, portato in vetta alle classifiche dall'Equipe. Dall'altra parte del mondo Bob Dylan lanciava messaggi chiari e inequivocabili. Sotto la spinta dylaniana Francesco partorì Noi non ci saremo, Noi, Dio è morto, Per fare un uomo lanciate dal complesso dei Nomadi sorto nel 1963 per mano di Beppe Carletti e di Augusto Daolio. Risaputa è la collera che scatenarono Dio è morto e Per fare un uomo nei benpensanti di ogni specie. Canzoni che parlavano apertamente di corruzione e meschinità, di falsi miti e di falsi dei. La RAI le censurò entrambe, ma il pubblico reagì facendone una bandiera del nuovo modo di pensare che trovava in certe fasce della popolazione sempre più adepti.Il primo album Folk Beat N°1 esce nel 1967. Già evidenti sono alcune delle tematiche che accompagneranno tutta la sua produzione: l'esistenzialismo, la polemica contro le ingiustizie perpetrate in nome di un falso ideale.

    guccini_03Diventato subito un elemento di spicco nel panorama musicale italiano, Guccini incontra i favori soprattutto delle frange giovanili più coscienti e arrabbiate. La sua popolarità cresce a vista d'occhio e la sua consacrazione a cantore del malessere di una generazione avviene durante il suo primo concerto tenuto alla Cittadella di Assisi il 30 dicembre '68.Qualche mese più tardi esce il secondo album Due anni dopo nel quale fanno la loro comparsa temi quali la quotidianità, lo scorrere inesorabile del tempo la rabbia per la propria impotenza a cambiare le cose e l'amore, visto come specchio di se stessi e delle proprie fragilità
    Fragilità che nel terzo lavoro diventano ricerca di un'identità e di un luogo ideale dove sia possibile costruire un mondo diverso: L'isola non trovata, un omaggio a Gozzano (Asia) e a Salinger (La Collina) ma anche ai propri timori e ai propri sogni irrealizzabili (Un altro giorno è andato). Un pezzo quasi autonomo è Il frate, il primo di una serie di bozzetti che Francesco snocciolerà durante la sua lunga strada d'autore. Gran parte di queste tematiche si risolvono nel disco successivo, Radici. La ricerca delle radici, la scoperta dell'appartenenza alla terra e il rifiuto della cultura piccolo borghese (Piccola città), l'adesione per amicizia al sogno anarchico (La Locomotiva), l'amore ripensato attraverso la catarsi della memoria (Incontro) e la fantasia eretta a sistema come baluardo contro l'inutile follia degli uomini (Il vecchio e il bambino), fanno di questo disco un capolavoro dove la pacatezza della narrazione si fonde mirabilmente con la forza d'urto della parola.Nel 1973 con Opera buffa la produzione gucciniana si affaccia sul mondo dell'ironia sottile e dell'umorismo semplice che scaturisce dagli avvenimenti più banali. Un disco che vede Francesco impegnato nel ruolo del "cantore di situazioni" con un piacere grande per la narrazione semi-seria guccini_05che ricorda nei toni l'antica commedia dell'arte.
    Intanto, man mano, la sua storia di uomo e di autore va dipanandosi tra Bologna e Pàvana (il paese dell'incanto, del sogno, della famiglia, la terra, il sapore delle cose imparate da bambini), viene crescendo e intensificandosi quel rapporto particolare di Guccini con il suo pubblico che rende ogni concerto un'opera a sè, un incontro con migliaia di amici, un motivo per parlarsi, fare i conti, commentare i fatti del giorno. L'erre arrotata, la chitarra, la voglia di suonare per il proprio pubblico, ma anche di parlargli, inventare un metro di comunicazione che di volta in volta spazia dall'aneddoto alla riflessione seria, dalla battuta al commento sarcastico... fanno di questi concerti una specie di meeting al quale non si può mancare.



    DISCOGRAFIA


    Folk beat n. 1 (1967)
    1. Noi non ci saremo - 5:15
    2. In morte di S.F. - 3:41
    3. Venerdì santo - 4:19
    4. L’atomica cinese - 2:37
    5. Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) - 4:40
    6. Talkin’ Milano - 5:30
    7. Statale 17 - 3:12
    8. Il 3 dicembre del ‘39 - 3:44
    9. La ballata degli annegati - 2:28
    10. Il sociale e l’antisociale - 5:33
    Due anni dopo (1970)
    1. Lui e lei (testo)
    2. Primavera di Praga - 3:38
    3. Giorno d’estate - 3:47
    4. Il compleanno - 3:31
    5. L’albero ed io - 2:54
    6. Due anni dopo - 3:43
    7. La verità - 3:21
    8. Per quando è tardi - 3:31
    9. Vedi cara - 4:58
    10. Ophelia - 2:26
    11. L’ubriaco - 2:33
    12. Al trist - 3:41
    L’isola non trovata (1970)
    1. L’isola non trovata - 2:43
    2. L’orizzonte di K.D. - 3:00
    3. La collina - 3:40
    4. Il frate - 5:00
    5. Un altro giorno è andato (testo)
    6. Canzone di notte - 5:04
    7. Il tema - 4:19
    8. L’uomo - 5:23
    9. Asia - 5:12
    10. L’isola non trovata - 0:54
    Radici (1972)
    1. Radici - 7:12
    2. La locomotiva (testo)
    3. Piccola città - 4:38
    4. Incontro - 3:37
    5. Canzone dei dodici mesi - 7:03
    6. Canzone della bambina portoghese (testo)
    7. Il vecchio e il bambino - 4:19
    Stanze di vita quotidiana (1974)
    1. Canzone delle osterie di fuori porta - 7:08
    2. Canzone della triste rinuncia - 7:20
    3. Canzone della vita quotidiana - 6:07
    4. Canzone per Piero - 6:22
    5. Canzone delle ragazze che se ne vanno - 4:50
    6. Canzone delle situazioni differenti - 9:03
    Via Paolo Fabbri 43 (1976)
    1. Piccola storia ignobile (testo)
    2. Canzone di notte n. 2 - 4:59
    3. L’avvelenata (testo)
    4. Via Paolo Fabbri 43 (testo)
    5. Canzone quasi d’amore - 4:13
    6. Il pensionato - 4:26
    Amerigo (1978)
    1. Amerigo - 7:03
    2. Libera nos Domine - 4:36
    3. 100, Pennsylvania Ave. - 6:35
    4. Eskimo (testo)
    5. Le cinque anatre - 3:46
    6. Mondo nuovo - 5:12
    Metropolis (1981)
    1. Bisanzio - 5:14
    2. Venezia - 4:06
    3. Antenòr - 5:19
    4. Bologna - 4:41
    5. Lager - 3:46
    6. Black-out - 3:56
    7. Milano (Poveri bimbi di) - 4:53
    Guccini (1983)
    1. Autogrill (testo)
    2. Argentina (testo)
    3. Gulliver - 4:50
    4. Shomèr ma mi-llailah? - 5:35
    5. Inutile - 5:14
    6. Gli amici - 4:43
    Signora Bovary (1987)
    1. Scirocco (testo)
    2. Signora Bovary - 4:36
    3. Van Loon - 5:44
    4. Culodritto (testo)
    5. Keaton - 10:12
    6. Le piogge d’aprile - 3:51
    7. Canzone di notte N°3 - 5:20
    Quello che non… (1990)
    1. Quello che non… - 4:29
    2. Canzone delle domande consuete - 3:32
    3. Canzone per Anna - 7:16
    4. Ballando con una sconosciuta - 6:36
    5. Le ragazze della notte - 5:14
    6. Tango per due - 5:28
    7. Cencio - 7:20
    8. Æmilia - 4:30
    Parnassius Guccinii (1993)
    1. Canzone per Silvia (testo)
    2. Acque (testo)
    3. Samantha (testo)
    4. Farewell (testo)
    5. Nostra Signora dell’Ipocrisia (testo)
    6. Dovevo fare del cinema - 4:28
    7. Non bisognerebbe - 3:52
    8. Luna fortuna - 3:51
    9. Parole - 6:12
    D’amore di morte e di altre sciocchezze (1996)
    1. Lettera - 4:22
    2. Vorrei (testo)
    3. Quattro stracci - 4:10
    4. Stelle - 5:42
    5. Canzone delle colombe e del fiore (testo)
    6. Il caduto - 5:36
    7. Cirano - 6:40 (testo: Beppe Dati, Francesco Guccini; musica: Giancarlo Bigazzi)
    8. Il matto - 2:58
    9. I fichi - 9:55
    Stagioni (2000)
    1. Addio (Intro) - 0:53
    2. Stagioni - 6:08
    3. Autunno - 4:55
    4. E un giorno… - 5:25
    5. Ho ancora la forza - 3:24
    6. Inverno ‘60 - 5:17
    7. Don Chisciotte (testo)
    8. Primavera ‘59 - 5:59
    9. Addio - 4:10
    Ritratti (2004)
    1. Odysseus - 4:29
    2. Una canzone - 4:39
    3. Canzone per il Che - 5:14
    4. Piazza Alimonda (testo)
    5. Vite - 5:38
    6. Cristoforo Colombo - 5:50
    7. Certo non sai - 4:28
    8. La żiatta (La tieta) - 5:48
    9. La tua libertà - 4:37
    Live albums.
    Opera buffa (1973)
    1. Il bello - 2:19
    2. Di mamme ce n’è una sola - 4:27
    3. La Genesi - 6:58
    4. Fantoni Cesira - 3:32
    5. Talkin’ sul sesso - 6:22
    6. La fiera di San Lazzaro - 5:39
    Album concerto (1979)
    1. Canzone per un’amica - 4:13
    2. Atomica - 3:04
    3. Noi non ci saremo - 3:27
    4. Per fare un uomo - 2:26
    5. Primavera di Praga - 4:25
    6. Dio è morto - 2:32
    7. Canzone del bambino nel vento (Auschwitz) - 5:32
    8. Noi - 3:50
    9. Statale 17 - 5:58
    Fra la via Emilia e il West (1984)
    Disco 1
    1. Canzone per un’amica - 4:43
    2. Autogrill (testo)
    3. Il vecchio e il bambino - 3:48
    4. Il pensionato - 4:39
    5. L’isola non trovata - 3:09
    6. Asia - 4:50
    7. Canzone della bambina portoghese - 5:32
    8. Canzone delle osterie di fuori porta - 5:57
    9. Il frate - 4:43
    Disco 2
    1. Piccola città - 5:43
    2. Venezia - 4:26
    3. Bologna - 4:56
    4. Eskimo - 7:50
    5. Incontro - 3:26
    6. Vedi cara - 4:14
    7. Un altro giorno è andato - 4:00
    8. Canzone quasi d’amore - 3:58
    9. La locomotiva - 7:53
    …quasi come Dumas… (1988)
    1. Due anni dopo - 6:15
    2. Auschwitz - 5:26
    3. Ti ricordi quei giorni - 4:08
    4. L’ubriaco - 4:02
    5. Giorno d’estate - 3:49
    6. Primavera di Praga - 4:52
    7. L’albero e io - 5:20
    8. Per quando è tardi - 4:43
    9. Dio è morto - 3:25
    10. Al trést - 5:43
    Guccini Live Collection (1998)
    CD1
    1. Canzone per un’amica - 4.12
    2. Canzone per Silvia - 5.07
    3. Quello che non - 4.02
    4. Il vecchio e il bambino - 3.42
    5. Quattro stracci - 4.16
    6. Cirano - 6.22
    7. Venezia - 4.12
    8. Bologna - 4.53
    9. Canzone quasi d’amore - 3.41
    10. Via Paolo Fabbri 43 - 9.13
    11. Autogrill - 4.28
    12. L’isola non trovata - 2.46
    13. Asia - 4.41
    14. Un altro giorno è andato - 3.53
    CD2
    1. Eskimo - 7.36
    2. Auschwitz - 5.20
    3. Canzone delle osterie di fuori porta - 5.45
    4. Farewell - 5.29
    5. Incontro - 3.12
    6. Due anni dopo - 4.59
    7. Primavera di Praga - 4.51
    8. Scirocco - 5.21
    9. L’avvelenata - 4.41
    10. Dio è morto - 2.52
    11. La locomotiva - 7.52
    12. Statale 17 - 3.17
    13. Noi non ci saremo - 3.25
    Francesco Guccini Live @ RTSI (2001)
    1. Canzone per un’amica
    2. Canzone del bambino nel vento
    3. Dio è morto
    4. Venezia
    5. Il vecchio e il bambino
    6. Canzone dei 12 mesi
    7. Bisanzio
    8. Bologna
    9. Canzone di notte n. 2
    10. Un altro giorno è andato
    11. La locomotiva
    Anfiteatro Live (2005)
    CD 1
    1. Canzone per un’amica
    2. Una canzone
    3. Odysseus
    4. Cristoforo Colombo
    5. Farewell
    6. Scirocco
    7. La żiatta
    8. Autogrill
    9. Certo non sai
    CD 2
    1. Shomèr, ma mi-llailah?
    2. Il vecchio e il bambino
    3. Cirano
    4. Auschwitz
    5. Canzone per il Che
    6. Piazza Alimonda
    7. Dio è morto
    8. La locomotiva




    Edited by Lussy60 - 29/11/2011, 20:31
     
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    I 70 anni di Francesco Guccini: auguri al cantastorie italiano - lunedì 14 giugno 2010
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    Nasceva nel 1940, il 14 giugno di 70 anni fa: Francesco Guccini, uno dei più grandi (e riconosciuti come tali) cantautori italiani raggiunge oggi un traguardo di vita importante.

    Lo omaggiamo con questa speciale gallery fotografica, per raccontare un personaggio che ha dalla sua un vero e proprio culto di fan. Meritato.

    L’infanzia segnata dalla guerra e dal periodo post-bellico, l’adolescenza a Modena, le prime esperienze lavorative, gli interessi politici: tutto è diventato materiale artistico per questo “poeta moderno” che ha raccontato, nei suoi oltre quarant’anni di carriera, sentimenti popolari e vite comuni con un lirismo entrato nel cuore di molti.
     
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    Ma s' io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, le attuali conclusioni
    credete che per questi quattro soldi, questa gloria da stronzi, avrei scritto canzoni;
    va beh, lo ammetto che mi son sbagliato e accetto il "crucifige" e così sia,
    chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato...

    Mio padre in fondo aveva anche ragione a dir che la pensione è davvero importante,
    mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più d' un cantante:
    giovane e ingenuo io ho perso la testa, sian stati i libri o il mio provincialismo,
    e un cazzo in culo e accuse d' arrivismo, dubbi di qualunquismo, son quello che mi resta...

    Voi critici, voi personaggi austeri, militanti severi, chiedo scusa a vossìa,
    però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia;
    io canto quando posso, come posso, quando ne ho voglia senza applausi o fischi:
    vendere o no non passa fra i miei rischi, non comprate i miei dischi e sputatemi addosso...

    Secondo voi ma a me cosa mi frega di assumermi la bega di star quassù a cantare,
    godo molto di più nell' ubriacarmi oppure a masturbarmi o, al limite, a scopare...
    se son d' umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie:
    di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie o mantenermi vivo...

    Io tutto, io niente, io stronzo, io ubriacone, io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista,
    io ricco, io senza soldi, io radicale, io diverso ed io uguale, negro, ebreo, comunista!
    Io frocio, io perchè canto so imbarcare, io falso, io vero, io genio, io cretino,
    io solo qui alle quattro del mattino, l'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare!

    Secondo voi ma chi me lo fa fare di stare ad ascoltare chiunque ha un tiramento?
    Ovvio, il medico dice "sei depresso", nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento.
    Ed io che ho sempre detto che era un gioco sapere usare o no ad un certo metro:
    compagni il gioco si fa peso e tetro, comprate il mio didietro, io lo vendo per poco!

    Colleghi cantautori, eletta schiera, che si vende alla sera per un po' di milioni,
    voi che siete capaci fate bene a aver le tasche piene e non solo i coglioni...
    Che cosa posso dirvi? Andate e fate, tanto ci sarà sempre, lo sapete,
    un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate!

    Ma s' io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, forse farei lo stesso,
    mi piace far canzoni e bere vino, mi piace far casino, poi sono nato fesso
    e quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare:
    ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto!



    Edited by Lussy60 - 29/11/2011, 20:33
     
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    Francesco Guccini
    Ritratto di un cantastorie
    di Emmanuele Margiotta

    Songwriter schietto e graffiante, autore di testi dall'indiscusso valore letterario che gli sono anche valsi il Premio Montale, Francesco Guccini è uno dei capisaldi della canzone d'autore "made in Italy". Il suo canzoniere ha mantenuto una ferrea coerenza "antagonista" lungo quarant'anni di storia italiana, spaziando da riflessioni autobiografiche a invettive politiche. Un mondo di versi e di suoni, in cui, tra un bicchiere di vino e un eskimo logoro ci si ritrova a viaggiare tra la via Emilia e il West...
     
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    FRANCESCO GUCCINI.
    Canzoni di poesia quotidiana
     
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    Io, giullare da niente, ma indignato,
    anch'io qui canto con parola sfinita,
    con un ruggito che diventa belato,
    ma a te dedico queste parole da poco
    che sottendono solo un vizio antico
    sperando però che tu non le prenda come un gioco,
    tu, ipocrita uditore, mio simile...
    mio amico... »
    (Francesco Guccini)
    francesco_guccini

    Francesco Guccini

    Francesco Guccini (Modena, 14 giugno 1940) è un artista italiano, fra i più importanti e noti cantautor. Il suo debutto ufficiale risale al 1967 con l'LP Folk beat n. 1 (ma già nel 1960 aveva scritto L'antisociale); in una carriera ultraquarantennale ha pubblicato oltre venti album di canzoni. È anche scrittore e sporadicamente attore, autore di colonne sonore e di fumetti. Si occupa inoltre di lessicologia, lessicografia, glottologia, etimologia, dialettologia, traduzione, teatro ed è autore di canzoni per altri interpreti.

    Guccini viene ritenuto, insieme a Fabrizio De André, uno degli esponenti di spicco della scuola dei cantautori italiani in quanto racchiude in se stesso le principali peculiarità presenti in questo movimento. I testi dei suoi brani vengono spesso assimilati a componimenti poetici, denotando una familiarità con l'uso del verso tale da costituire materia di insegnamento nelle scuole come esempio di poeta contemporaneo. Oltre all'apprezzamento della critica, Guccini riscontra un vasto seguito popolare, venendo considerato da alcuni il cantautore "simbolo", a cavallo di tre generazioni.

    Fino alla metà degli anni ottanta ha insegnato lingua italiana al Dickinson College, scuola off-campus, a Bologna, dell'Università della Pennsylvania. Ha anche lavorato come docente presso la sede bolognese della Johns Hopkins University (Washington, DC, USA).

    Guccini suona la chitarra acustica, e la maggior parte delle musiche da lui composte ha come base questo strumento.


    Biografia critica

    L'infanzia (1940-1950)

    « Cresciuto tra i saggi ignoranti di montagna,
    che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia... »
    (da Addio, Stagioni, 2000)

    Il cantautore nacque da Ester Prandi e Ferruccio Guccini, una famiglia di origini contadine, al n. 22 di via Domenico Cucchiari, il 14 giugno 1940 a Modena. L'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale, avvenuta appena quattro giorni prima, chiamò suo padre alle armi e costrinse il neonato ad andare a vivere con la madre presso i nonni paterni, a Pàvana, sull'Appennino tosco-emiliano. Gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza trascorsi sulle montagne dell'Appennino ritorneranno più volte nelle sue opere: proprio a questo paese dedicò il primo romanzo Cròniche Epafániche; molte delle sue canzoni, inoltre, hanno attinto da questa ambientazione montanara della quale ha più volte dichiarato di andare molto fiero. Quel forte senso di appartenenza ai luoghi di nascita, che descriverà nel brano Radici, quindi, avrebbe segnato fortemente la sua poetica, tornando spesso nei suoi "ritratti" di vita, come ad esempio Amerigo, che narra la storia di povertà ed emarginazione di un prozio emigrante, vista con gli occhi e la fantasia di Guccini bambino.

    Pàvana divenne tuttavia nelle sue stesse parole «il ricordo di un momento forse mai vissuto» quando, alla fine della guerra, tornò nei luoghi nativi lasciati anni addietro. Nel 1945 Guccini tornò dunque con la famiglia a Modena, dove il padre riprese il suo impiego alle Poste.


    L'adolescenza (1950-1959)

    « Piccola città, io ti conosco: nebbia e fumo, non so darvi
    il profumo del ricordo che cambia in meglio... »
    (da Piccola città Radici, 1972)

    A Modena, descritta con una certa amarezza nella canzone Piccola città, Guccini trascorse la sua adolescenza che avrebbe poi raccontato in Vacca d'un cane, suo secondo romanzo. Dopo la scuola dell'obbligo, frequentò l'istituto magistrale nella stessa scuola del tenore Luciano Pavarotti, diplomandosi nel 1958. È un periodo questo che non viene ricordato felicemente: la "fuga" da Pàvana lo mise di fronte alla realtà Modenese, contro la quale si mosse anche nei suoi testi.La sua prima esperienza lavorativa fu di istruttore in un collegio a Pesaro, che terminò con un esito fallimentare, venendo licenziato dopo breve tempo. Di altro spessore fu invece la sua esperienza alla Gazzetta di Modena: per due anni ricoprì il ruolo di cronista, un'occupazione a sua detta «massacrante, dodici ore di lavoro al giorno per ventimila lire al mese». In redazione ebbe diverse mansioni, prestando particolare attenzione ad articoli di cronaca giudiziaria. Furono questi anni intensi per la sua formazione culturale e musicale: nacquero in questo contesto le storie delle sue canzoni che guardano alla società e al quotidiano, ad un senso di impotenza verso il destino e alle sue continue domande senza risposta, racconti e dubbi per i quali si definì in un verso di Samantha un «burattinaio di parole».


    Altri riferimenti di Modena si possono trovare in Cencio (Quello che non, 1990), ove Guccini ricorda con toni nostalgici un amico affetto da nanismo.

    Il successo (1972-1980)


    Il vero salto artistico e qualitativo si ebbe nel 1972 con Radici, che contiene alcune delle sue canzoni più conosciute, innanzitutto La locomotiva, canzone tratta da una vicenda reale<iframe width="420" height="315" in cui Guccini affronta il tema dell'uguaglianza, della giustizia sociale e della libertà. Il filo conduttore dell'album, come suggerisce il titolo, è l'eterna ricerca delle proprie radici, testimoni della continuità della vita. La critica lo definì «un Guccini contemplativo e onirico»: canzoni come Incontro, Piccola Città, Il vecchio e il bambino, La Canzone della bambina portoghese e Canzone dei dodici mesi sono i brani di maggior rilievo di un lavoro che viene ritenuto tra le sue vette artistiche.

    Nel 1973 fu la volta di Opera buffa, disco registrato all'Osteria delle dame di Bologna e al Folkstudio di Roma, goliardico e spensierato, che mette in luce le sue qualità di cabarettista, ironico e teatrale, colto e canzonatorio.
    L'idea di incidere canzoni dal vivo di questo genere in realtà non fu mai accettata di buon grado da Guccini, il quale ebbe perplessità sulla pubblicazione di questo disco e sul brano I Fichi, contenuto nell'album D'amore di morte e di altre sciocchezze. Nonostante ciò il disco live (con sovraincisioni realizzate in studio) è una testimonianza indicativa del modo in cui Guccini ha sempre affrontato i concerti nel corso della sua carriera. Il suo tipico modo di fare cabaret si rinnova sempre nei suoi spettacoli, che diventano delle vere e proprie esibizioni teatrali in cui il protagonista dialoga e si confronta con il pubblico di tutte le età. Questa sua vena cabarettistica è resa evidente in numerose canzoni, come L'avvelenata, Addio, Cirano, Il sociale e l'antisociale etc..

    Seguì l'anno successivo Stanze di vita quotidiana, un album controverso, che riscontrò pareri contrastanti di pubblico e critica.
    Il critico letterario Paolo Jachia affermò: «Stanze è l'album meno capito di Guccini, forse addirittura troppo raffinato ed esistenziale». Il disco, composto da sei lunghi brani malinconici e struggenti, rispecchiò il periodo di crisi profonda che Guccini stava vivendo, aggravata dai continui dissidi con il produttore Pier Farri e ricevette delle critiche impietose: si ricorda soprattutto una dura catilinaria del critico Riccardo Bertoncelli, che senza mezzi termini bollò il cantautore come «un artista finito, a cui non resta più nulla da dire». Guccini gli rispose in rima qualche anno dopo. Solo a distanza di molti anni fu riconosciuto il valore artistico di questo disco. A testimonianza, il testo di Canzone per Piero fu inserita tra le fonti della prima prova dell'esame di Stato del 2004. Il "tema del saggio" era l'amicizia e Francesco Guccini, a tal proposito, si disse fiero di figurare in mezzo a Dante e Raffaello. Parlando del testo della canzone, si evidenzia come la sua fonte (conscia o inconscia) sia il dialogo di Plotino e Porfirio contenuto delle Operette morali di Giacomo Leopardi. Nel resto del disco lasciarono il segno i vocaboli leopardiani, i temi della quotidianità, le decrepite maschere borghesi che fanno da specchio alla società ritratta con crudezza.

    Il successo commerciale di Guccini arrivò nel 1976. È l'anno di Via Paolo Fabbri 43, album che sarebbe poi risultato tra i cinque più venduti dell'anno. La voce si fece più matura, decisa e sicura di sé e la struttura musicale dell'LP più complessa dei precedenti, con arrangiamenti che strizzavano l'occhio al jazz. Come risposta alle critiche indirizzate a Stanze di vita quotidiana scrisse L'avvelenata, un brano che evidenzia un Guccini rabbioso e deciso a rispondere "vivacemente" a chi lo aveva aspramente criticato.

    Altra canzone rappresentativa fu quella che diede il titolo al disco. Via Paolo Fabbri 43 è un'astratta descrizione della vita di Guccini nella sua residenza di Bologna, con gli abituali riferimenti ad artisti a lui cari, come Borges e Barthes e una citazione delle "tre eroine della canzone italiana", Alice, Marinella e la «piccola infelice Lilly», una frecciatina amichevole rivolta a De André e una più pesante rivolta De Gregori, e Venditti; questa, assieme a sua detta a L'avvelenata e Il pensionato è una delle canzoni a cui Guccini è più legato. Non mancano nel disco momenti di lirismo: Canzone quasi d'Amore dalla poetica esistenzialenè ritenuta da molti un esempio delle vette raggiungibili dal "Guccini poeta". Il suo tratto da cantastorie sarebbe tornato anche ne Il pensionato, ballata che narra di un suo anziano vicino, ma che sarebbe sfociata tra i versi in un excursus sulla triste situazione degli anziani nella società moderna. L'album successivo, pubblicato due anni dopo, fu Amerigo (1978), la cui canzone più famosa è certamente Eskimo, «canzone dedicata ad un non più amore, storia di una sconfitta o di una maturazione forse mai raggiunta, il cui tono complessivo oscilla tra nostalgia e autoironia». Tuttavia, Guccini stesso intravide il momento più riuscito proprio nel brano che dà il titolo al disco: una ballata dedicata ad uno zio emigrante a lui caro.

    Il 6 ottobre 1977 la rivista settimanale Grand Hotel gli dedicò una copertina dal titolo: Il padre che tutti i giovanissimi avrebbero voluto avere; in realtà l'iniziativa avvenne a sua insaputa, come raccontò il vicedirettore del settimanale: «Guccini non sapeva della copertina; l'intervista è stata fatta da un collaboratore che non gli aveva detto che sarebbe finita sul nostro settimanale, ma non penso che per questo Guccini sia andato in bestia»;

    Guccini non fu entusiasta dell'iniziativa, e dichiarò: «Non capisco come gli sia venuto in mente, quel titolo, io scrivo canzoni per un pubblico di trentenni, non capisco come un pubblico di sedicenni appena usciti dal liceo possa trovare delle affinità con le cose che dico». Sempre a questo proposito, si ricorda un episodio divertente: durante un concerto tenuto qualche giorno dopo la pubblicazione dell'articolo, alcuni spettatori delusi iniziarono a schernirlo per essere finito su una rivista femminile, ma Guccini non si scompose e ribatté: «Questo è niente, vedrete quando scriveranno "Liz Taylor grida a Guccini: rendimi il mio figlio segreto"!»

    Nel frattempo, nello stesso anno, si separò dalla moglie Roberta (scrivendo sulla vicenda la canzone Eskimo) e iniziò una convivenza con Angela, con cui, nel 1978, ebbe una bambina, Teresa (a cui anni dopo avrebbe dedicato le canzoni Culodritto, ed E un giorno...). Guccini salutò gli anni settanta con Album concerto, registrato da vivo con i Nomadi. La particolarità di questa raccolta fu l'interpretazione a due voci con Augusto Daolio e la presenza nel disco di canzoni da lui scritte ma mai incise in precedenza: Noi, Per fare un uomo e soprattutto Dio è morto.


    Il secondo periodo (1981-1989)

    « Guccini è un cantautore di vaste pianure »
    (Umberto Eco)



    Il secondo periodo della carriera di Guccini si distinse integralmente dalla sua precedente produzione. I suoi toni si fecero più artistici, i temi più ricercati e vasti; divenne più intimista, più introspettivo, più fine e ambizioso. La sua prosa si fece più pensata, il piano interpretativo più astratto, senza che per questo si distaccasse dalle problematiche dell'uomo: cercava di affrontare gli stessi temi ma da punti di vista diversi. Guccini aprì gli anni ottanta con Metropolis, che testimoniava il deciso cambio di tematiche, e che – nonostante, al pari di Stanze di vita quotidiana, sia l'album a cui è meno legato –, spicca da vari punti di vista. Il filo conduttore della raccolta è la descrizione di alcune città dal preciso valore simbolico: Bisanzio, Venezia, Bologna e Milano.



    Metropolis




    La storia delle città e, soprattutto, il disagio della vita nella polis e la dispersione della civiltà urbanizzata si intrecciano in un gioco di vicende storiche e di rimandi dal significato simbolico. Gli arrangiamenti si fecero più corposi, ormai distanti dagli stereotipi folk; compaiono infatti incroci di sax e chitarra, basso e batteria, zufoli, clarinetti, flauti. Torna il tema del viaggio o meglio ciò che egli definisce «l'impossibilità e l'inutilità di viaggiare». Per la prima volta (ad anni di distanza dall'ultima collaborazione esterna) Guccini scrisse una canzone a quattro mani con Giampiero Alloisio (riprendendo Venezia, scritta da Biggi e Alloisio e già incisa dall'Assemblea musicale teatrale, con alcune piccole modifiche al testo). Spicca, fra i brani del disco, Bisanzio, composizione che Jachia definì «commovente e sognante», la cui epicità, continua, «complessivamente ribadisce la ricerca gucciniana di una verità ulteriore non percepibile in un pensiero dogmatico e arrogante».

    Bisanzio venne rappresentata da Guccini come un incantevole ma angosciante e viadotto geopolitico e temporale al limite tra due continenti e due ere, con toni talvolta apocalittici. Il protagonista stesso, tale Filemazio (in cui molti scorgono lo stesso Guccini), percepisce la decadenza della sua civiltà, in un parallelo con quella occidentale, e l'avvicinarsi della fine. Nonostante la sua cultura, egli non sa più leggere il futuro, trovandosi di fronte all'impossibilità di capire e si lascia trascinare dallo scorrere nichilistico degli eventi. La canzone è ambientata all'epoca dell'imperatore Giustiniano I (483-565), con molti riferimenti storici a quel periodo, che Guccini stesso ha spiegato più volte. Altri brani degni di nota nel disco furono la poetica Venezia e Bologna, colta ballata dedicata ad «un amore passato», quella «Parigi minore, volgare e matrona».

    « ... di tutte le sue vite vagabondate al sole
    restavan vuoti gusci di parole ... »
    (da Gulliver, Guccini, 1983)


    Anche il successivo disco (Guccini) trattò le stesse tematiche del precedente, soprattutto il tema del viaggio e del disagio metropolitano rappresentati in Gulliver e in Argentina. Un brano «classico» di Guccini divenne Autogrill, canzone metafisica che narra di un amore solo sfiorato. Ricercata e particolare risultò essere Shomèr ma mi llailah? tratta dalla Bibbia (Isaia 21, 11), una delle tipiche riflessioni esistenziali di Guccini, sull'impossibilità dell'uomo di avere delle risposte, ma sulla necessità e l'esigenza di farsi infinite domande, per non far esaurire «quella ricerca esistenziale che ci rende umani». Il tour che seguì questo disco fu il primo in cui si esibì con un gruppo: fino ad allora, o suonava da solo o si faceva accompagnare da uno o due chitarristi (all'inizio dalla Koopermann, poi da Biondini e infine da Villotti e Biondini).

    Seguì, nel 1984, l'album Fra la via Emilia e il West. Molti dei suoi successi sono qui presentati dal vivo, principalmente da un concerto in piazza Maggiore a Bologna dove Guccini era accompagnato, oltre che dalla band, da ospiti illustri come Giorgio Gaber, Paolo Conte, I Nomadi, Roberto Vecchioni e l'Equipe 84, riformatasi per l'occasione.

    Il 1987 fu l'anno di Signora Bovary, un album di stampo intimista, dove le varie canzoni sono dei ritratti di personaggi della vita di Guccini. Van Loon è suo padre, Culodritto è la giovane figlia Teresa (nata nel 1978), Signora Bovary è lui stesso. La canzone Keaton era stata scritta dall'amico cantautore Claudio Lolli, con delle modifiche di Guccini, che la firmò come coautore. Il disco segnò un importante cambio di rotta, soprattutto per quel che riguarda la composizione musicale. È un lavoro elegante fin dalla copertina, su cui è raffigurato un velluto rosso; le musiche si fanno più raffinate, le melodie più complesse e gli arrangiamenti vengono curati con grande attenzione.[46] Colpisce su tutte Scirocco, canzone, tra l'altro, che ha ricevuto vari riconoscimenti; racconta un episodio della vita di Adriano Spatola, detto Baudelaire (poeta amico di Guccini, che lo aveva già citato in Bologna), e della sua separazione da Giulia Niccolai.



    Edited by Lussy60 - 29/11/2011, 20:39
     
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    Due Anni Dopo


    Visioni e frasi spezzettate si affacciano di nuovo alla mia mente,
    l'inverno e il freddo le han portate, o son cattivi sogni solamente.

    Mattino verrà e ti porterà
    le silouhettes consuete di parvenze;
    poi ti sveglierai e ricercherai
    di desideri fragili esistenze...

    Lo specchio vede un viso noto, ma hai sempre quella solita paura
    che un giorno ti rifletta il vuoto oppure che svanisca la figura.

    E ancora non sai se vero tu sei
    o immagine da specchi raddoppiata;
    nei giorni che avrai però cercherai
    l'immagine dai sogni seminata...

    L'inverno ha steso le sue mani e nelle strade sfugge ciò che sento.
    Son trine bianche e neri rami che cambiano contorno ogni momento.

    E ancora non sai come potrai
    trovare lungo i muri un' esperienza;
    sapere vorrai, ma ti troverai
    due anni dopo al punto di partenza...

    E senti ancora quelle voci di mezzi amori e mezze vite accanto;
    non sai però se sono vere o sono dentro all' anima soltanto;

    nei sogni che hai, sai che canterai
    di fiori che galleggiano sull'acqua.
    Nei giorni che avrai ti ritroverai
    due anni dopo sempre quella faccia...

    La la la la...



    Folk beat n.1 è il titolo del primo album del cantautore italiano Francesco Guccini, pubblicato nel marzo 1967.

    Il 33 giri figura peraltro con il solo nome di "Francesco" nella discografia ufficiale dell'artista, come tutte le sue prime incisioni.


    Il disco

    Insieme a Guccini (che si accompagna con la chitarra ritmica), suonano Antonio Roveri (alla chitarra solista) e Alan Cooper (armonica e chitarra ritmica). L'album - registrato allo studio Basilica di Milano nell'estate del 1966 - fu prodotto da Odoardo "Dodo" Veroli; la fotografia di copertina è di Guido De Maria.

    Le canzoni già edite

    Il disco contiene tre canzoni già note che Guccini aveva scritto in precedenza per l'Equipe 84 (Auschwitz e L'antisociale) e i Nomadi (Noi non ci saremo), più alcune canzoni inedite. Guccini infatti, aveva fatto parte, tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta di una serie di gruppi da uno dei quali, i Gatti, nacque poi l'Equipe 84, formazione dalla quale il futuro cantante-poeta-scrittore, originario di Modena ma cresciuto a Pavana (sull'appennino tosco-emiliano), rimase escluso perché in quel periodo appunto in servizio di leva.
    Una volta congedato, Guccini preferì dedicarsi agli studi universitari pur scrivendo, per diletto, canzoni che piacquero all'Equipe 84 che volle interpretarle (Auschwitz, L'antisociale, È dall'amore che nasce l'uomo e Per un attimo di tempo), e ai Nomadi (Noi non ci saremo).
    Non essendo Guccini ancora iscritto alla SIAE, quei pezzi furono così depositati da altri autori: Maurizio Vandelli da solo per È dall'amore che nasce l'uomo e Per un attimo di tempo, ed in coppia con il maestro Iller Pattacini (che si firmava Lunero), per Auschwitz, e al maestro Francesco Anselmo, che arrangiava i dischi per la Vedette, e Pantros (pseudonimo di Armando Sciascia discografico dell'Equipe 84) per L'antisociale.
    Il successo che queste canzoni ebbero portò la casa editrice La voce del Padrone a proporgli di firmare un contratto per scrivere canzoni ricevendo uno stipendio mensile: la prima firmata completamente da Guccini sarà, sempre nel 1967, Dio è morto.

    Inediti e fortuna

    A parte le citate Auschwitz e L'antisociale, tutte le altre canzoni di Folk beat furono invece firmate da Tony Verona per i testi e dal maestro Mansueto Deponti (che usava lo pseudonimo di Pontiack) per le musiche, pur essendo tutte scritte da Guccini.
    Le vendite del disco furono abbastanza inconsistenti (circa 500 copie, all'epoca, che sono ovviamente cresciute di numero negli anni seguenti, con il crescere della popolarità di Guccini) ed il riscontro commerciale molto scarso (praticamente nullo, affermò Guccini.
    In ogni caso l'uscita di Folk beat gli procurò la sua prima apparizione televisiva: Caterina Caselli il 1 maggio 1967, poco dopo l'uscita del disco, lo invitò al programma televisivo Diamoci del tu, presentato insieme a Giorgio Gaber: in quest'occasione, che rappresentò il suo debutto televisivo, cantò Auschwitz; nella stessa puntata, tra l'altro, fu ospite un altro giovane cantautore ancora sconosciuto, Franco Battiato.
    La cantante di Sassuolo presentò "Un giovane nuovo cantante che viene dalla mia regione, l'Emilia: Francesco", dopodiché un giovane e sbarbato Guccini venne intervistato dalla Caselli (dicendo, tra le altre cose, di essere l'autore di Auschwitz e Noi non ci saremo), e infine cantò.

    Il disco, pubblicato su etichetta La voce del padrone (numero di catalogo: psq 027) fu ristampato nel 1970 dalla Columbia (numero di catalogo: 3C064-17326)


    LATO A

    1. Noi non ci saremo - 5:15
    2. In morte di S.F. - 3:41
    3. Venerdì santo - 4:19
    4. L'atomica cinese - 2:37
    5. Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) - 4:40

    LATO B

    1. Talkin' Milano - 5:30
    2. Statale 17 - 3:12
    3. Il 3 dicembre del '39 - 3:44
    4. La ballata degli annegati - 2:28
    5. Il sociale e l'antisociale - 5:33

    Brani



    Noi non ci saremo

    Brano molto conosciuto, per essere stato l'anno precedente un grosso successo dei Nomadi; la versione di Guccini, acustica, ha il testo completo (i Nomadi avevano accorciato la canzone tagliando alcune strofe per consentirne l'incisione su 45 giri) e racconta la rinascita della vita sulla terra dopo un'esplosione nucleare.
    La canzone è stata incisa nel 1995 dai C.S.I. in un album tributo ad Augusto Daolio, Tributo ad Augusto, ed in seguito è stata inserita nella loro raccolta Noi non ci saremo Vol. 1.

    In morte di S.F.

    Così racconta Franco Ceccarelli dell'Equipe 84: "Eravamo al Festival Nazionale dell'Unità a Ferrara. Pochi minuti prima di salire sul palco qualcuno ci viene a dire che Silvana, una della compagnia del bar Grande Italia, era morta in un incidente stradale. Davanti a noi c'erano cinquantamila persone che aspettavano, e non sapevano che Silvana era una nostra amica e che se n'era andata". Alla morte di Silvana Fontana Francesco Guccini dedicherà uno dei suoi pezzi più noti delle origini, In morte di S.F..
    In morte di S.F. fu poi ridepositata dopo l'iscrizione di Guccini alla Siae con il testo a suo nome (la musica rimase invece intestata a Deponti) con lievi modifiche e soprattutto con il titolo cambiato (per consentirne il rideposito) in Canzone per un'amica; incisa nel 1968 dai Nomadi; anche Guccini, nelle incisioni dal vivo, userà sempre questo titolo.
    Silvana viene descritta come una ragazza allegra che affronta un viaggio in autostrada col suo fidanzato accanto in una giornata d’estate. Viene messo in evidenza il dramma di come una giornata di vacanza possa tramutarsi in una giornata di morte. Guccini si domanda cosa abbia provato quando la macchina è uscita di lato e sopra un’altra è finita, quando la vita le è fuggita via. Ma non vuole soffermarsi troppo sulla disgrazia e vuole lasciare una speranza: sperare che Silvana possa, magari da lassù, ancora ascoltare le sue canzoni e sorridere, come ha sempre fatto prima.

    Venerdì santo

    È l'unica canzone d'amore presente nel disco; l'autore traccia un parallelo tra la sua storia d'amore e la morte di Cristo che viene celebrata nel periodo primaverile. Si può avere ragione di credere che il cantante descriva uno dei suoi primi amori, dato che ne parla anche nel suo libro "Cittanòva Blues".

    L'atomica cinese

    In "L'atomica cinese" viene narrata l’esplosione di una bomba nucleare che si alza precisamente in Mongolia occidentale creando una nuvola spettrale che oltrepassa i campi della Cina, il fiume Giallo, la Muraglia e va coprendo tutto e tutti: copre un continente, corre verso il mare, oscura il cielo e prosegue senza limiti, i gabbiani precipitano in acqua, i pesci sono “cadaveri d’argento” nelle reti dei pescatori, le onde sembrano fermarsi, si sente solo il silenzio di un cielo che non è mai stato così livido. Poi a un certo punto le nuvole si rompono e la pioggia lenta cade, sopra le case e le strade, sugli alberi che muoiono, sulle mandrie che la bevono, sui campi che si seccano, e sui cuccioli degli uomini: è una pioggia velenosa che uccide lentamente, sicuramente “una pioggia senza arcobaleno”.

    Auschwitz (Canzone del bambino nel vento)

    Canzone già conosciuta nella versione dell'Equipe 84 (cantata una strofa a testa da Vandelli e da Sogliani), pubblicata nel 1966 come lato B di Bang bang e poi inserita nello stesso anno nell'album Io ho in mente te.

    Talkin' Milano

    Talkin' blues improvvisato, cantato, in italiano ed inglese, una strofa a testa da Guccini e da Alan Cooper. Il titolo (e in parte il testo) contengono un chiaro riferimento al Talkin' New York di Bob Dylan.

    Statale 17

    Classico blues, il cui titolo ricalca la dylaniana Highway 61 Revisited. Il protagonista della canzone sta facendo l'autostop sulla Strada Statale 17 dell'Appennino Abruzzese e Appulo Sannitico per cercare di raggiungere qualcuno (probabilmente l'amata), ma non riesce ad ottenere passaggi e cammina col dubbio che lei ormai non lo aspetti più. Si mette in particolare evidenza come caldo terribile della giornata metta a dura prova il protagonista al quale addirittura si bruciano i tacchi delle scarpe sull’asfalto. Nella versione incisa in Album concerto Guccini, prima di cantare, fa notare come discorsi espressi in lingua americana abbiano più spessore e forza d’attrazione sul pubblico rispetto a discorsi di uguali contenuti ma espressi in italiano; porta il seguente esempio: “Quella sera partimmo John, Dean ed io sulla vecchia Pontiac del ’55 del padre di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson.” ; “Quella sera partimmo sulla vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant'Anna Pelago”. Guccini osserva come il discorso non suoni allo stesso modo e come ironicamente gli americani “ci fregano con la loro lingua”.

    Il 3 dicembre del '39

    Valzer di amaro umorismo; racconta la storia di un voltagabbana opportunista che con eccezionale tempismo riesce a trarre vantaggio da qualunque rivolgimento politico ("Io chiesa, nobili e terzo stato / sempre ho fregato solo per me"). Anche la madre è una sua degna compare. Al di là del contenuto immediato e letterale, la canzone contiene un'esplicita critica alla politica italiana durante l'ultima guerra mondiale e nel dopoguerra, politica ispirata al Bisogna che tutto cambi perché tutto resti com'è (Giuseppe Tomasi di Lampedusa).

    La ballata degli annegati

    Canzone influenzata dai cantautori francesi, ma che li eguaglia o addirittura supera in tristezza e malinconia; il fiume racconta le storie delle persone che, per un motivo o per l'altro, sono morte tra le sue acque.

    Il sociale e l'antisociale

    Si tratta, in realtà, di due canzoni diverse, anche se unite in un'unica traccia; come ricordato, L'antisociale era già nota nella versione dell'Equipe 84 (lato B di Un giorno tu mi cercherai, cantata da Victor Sogliani), mentre Il sociale era inedita. Nel libro Francesco Guccini, Parole e Canzoni, edito da Einaudi, è lo stesso cantante che racconta come durante il servizio militare uno dei suoi superiori gli fece cantare al comando di distretto di Gorizia L'antisociale, un brano composto nel 1960 che lui apprezzava molto. Facile immaginare come il brano, a causa dei suoi contenuti, fu accolto e il gelo che cadde nella sala: "Tutti, educatamente, prestarono attenzione" - scrive Guccini. L'ufficiale "mi presentò in modo altisonante... La canzone fu accolta da un silenzio glaciale. Alla fine del brano non si sentiva nemmeno respirare. Avrei voluto morire". Da notare che spesso Guccini ha interpretato la canzone dal vivo con il testo originale (la versione su disco aveva subito alcune censure): questa versione è reperibile su alcuni bootleg.







    in morte s.f.



    venerdi' santo





    statale 17





    il sociale e l'antisociale

    Sono un tipo antisociale, non m'importa mai di niente,
    non m'importa dei giudizi della gente.
    Odio in modo naturale ogni ipocrisia morale,
    odio guerre ed armamenti in generale.
    Odio il gusto del retorico, il miracolo economico
    il valore permanente e duraturo,
    radio a premi, caroselli, T.V., cine, radio, rallies,
    frigo ed auto non c'è "Ford nel mio futuro"!

    E voi bimbe sognatrici della vita delle attrici,
    attenzione da me state alla lontana:
    non mi piace esser per bene, far la faccia che conviene
    poi alla fine sono sempre senza grana...

    Odio la vita moderna fatta a scandali e cambiali,
    i rumori, gli impegnati intellettuali.
    odio i fusti carrozzati dalle spider incantati
    coi vestiti e le camicie tutte uguali
    che non sanno che parlare di automobili e di moda,
    di avventure estive fatte ai monti e al mare,
    Vuoti e pieni di sussiego se il vestito non fa un piego,
    mentre io mi metto quello che mi pare...
    Sono senza patrimonio, sono contro il matrimonio,
    non ho quello che si dice un posto al sole;
    non mi piaccion le gran dame, preferisco le mondane
    perchè ad essere sincere son le sole...

    Non mi piaccion l'avvocato, il borghese, l'arrivato,
    odio il bravo e onesto padre di famiglia
    quasi sempre preoccupato di vedermi sistemato
    se mi metto a far l'amore con sua figlia...

    Sono un tipo antisociale, non ho voglia di far niente,
    sulle scatole mi sta tutta la gente.
    In un'isola deserta voglio andare ad abitare
    e nessuno mi potrà più disturbare
    e nessuno mi potrà più disturbare
    e nessuno mi potrà più disturbare...

    Non amo viver con tutta la gente, mi piace solo la gente "bene":
    come si dice comunemente "bene si nasce non si diviene"...
    c'è chi nasce per le scienze o per le arti: io sono nato solamente per i party la lalalala...lalalala

    Amo oltremodo parlare male, fare il maiale con le ragazze,
    la Pasqua vado in confessionale e tutte quante per me vanno pazze
    perchè fra i "bene" poi non conta l'astinenza, basta ci sia soltanto l'apparenza la lalalala...lalalala

    Quindi non curo la mia intelligenza, la gente bene con questo non lega,
    ma alle canaste di beneficenza so sempre tutto sull'ultimo"Strega":
    l'intelligenza c'è sol coi milioni e ammiro i film di Monica e Antonioni la lalalala...lalalala

    Sono elegante ed è inutile dire che le mie vesti son sempre curate
    perchè senz'altro è importante vestire, perchè è la tonaca che fa il frate...
    In fondo poi due cose hanno importanza e sono il conto in banca e l'eleganza la lalalala...lalalala

    Andiamo matti per cocktail e feste, amo oltremodo le donne mondane:
    non fraintendete non parlo di "quelle", star con la gente più in basso sta male...
    non ho rapporti con i proletari... soltanto a tarda notte lungo i viali la lalalala...lalalala...lalalala

    Ma non trascuro la scienza umanista e si può dire che sono impegnato,
    anzi alle volte sono comunista, ma non mi sono sempre interessato:
    la lotta delle classi sol mi va per far bella figura in società la lalalala..lalalala...

    Non si può dire che sia clericale, come Boccaccio amo rider dei frati,
    ma ossequio sempre lo zio cardinale e vado a messa nei dì comandati.
    Il mio credo vi dico brevemente: pensare a ciò che può dire la gente la lalalala...lalalala...lalalala

    La gente "bene" è la mia vera patria, la gente "bene" è il mio unico Dio,
    l'unica cosa che ho sempre sognata, la sola cosa che voglio io...
    è solo essere un bene sempre ed ora e tutto il resto vada alla malora la lalalala...lalalala
    la lalalala...lalalala...



    ....sono passati gli anni ..ma non è cambiato niente..
     
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    Vorrei conoscer l' odore del tuo paese,
    camminare di casa nel tuo giardino,
    respirare nell' aria sale e maggese,
    gli aromi della tua salvia e del rosmarino.
    Vorrei che tutti gli anziani mi salutassero
    parlando con me del tempo e dei giorni andati,
    vorrei che gli amici tuoi tutti mi parlassero,
    come se amici fossimo sempre stati.
    Vorrei incontrare le pietre, le strade, gli usci
    e i ciuffi di parietaria attaccati ai muri,
    le strisce delle lumache nei loro gusci,
    capire tutti gli sguardi dietro agli scuri

    e lo vorrei
    perchè non sono quando non ci sei
    e resto solo coi pensieri miei ed io...

    Vorrei con te da solo sempre viaggiare,
    scoprire quello che intorno c'è da scoprire
    per raccontarti e poi farmi raccontare
    il senso d' un rabbuiarsi e del tuo gioire;
    vorrei tornare nei posti dove son stato,
    spiegarti di quanto tutto sia poi diverso
    e per farmi da te spiegare cos'è cambiato
    e quale sapore nuovo abbia l' universo.
    Vedere di nuovo Istanbul o Barcellona
    o il mare di una remota spiaggia cubana
    o un greppe dell' Appennino dove risuona
    fra gli alberi un' usata e semplice tramontana

    e lo vorrei
    perchè non sono quando non ci sei
    e resto solo coi pensieri miei ed io...

    Vorrei restare per sempre in un posto solo
    per ascoltare il suono del tuo parlare
    e guardare stupito il lancio, la grazia, il volo
    impliciti dentro al semplice tuo camminare
    e restare in silenzio al suono della tua voce
    o parlare, parlare, parlare, parlarmi addosso
    dimenticando il tempo troppo veloce
    o nascondere in due sciocchezze che son commosso.
    Vorrei cantare il canto delle tue mani,
    giocare con te un eterno gioco proibito
    che l' oggi restasse oggi senza domani
    o domani potesse tendere all' infinito

    e lo vorrei
    perchè non sono quando non ci sei
    e resto solo coi pensieri miei ed io...
     
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    Lunga e diritta correva la strada, l'auto veloce correva
    la dolce estate era già cominciata vicino lui sorrideva, vicino lui sorrideva...

    Forte la mano teneva il volante, forte il motore cantava,
    non lo sapevi che c'era la morte quel giorno che ti aspettava, quel giorno che ti aspettava...

    Non lo sapevi che c'era la morte, quando si è giovani è strano
    poter pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per mano, venga e ci prenda per mano...

    Non lo sapevi, ma cosa hai sentito quando la strada è impazzita,
    quando la macchina è uscita di lato e sopra un'altra è finita, e sopra un'altra è finita...

    Non lo sapevi, ma cosa hai pensato quando lo schianto ti ha uccisa,
    quando anche il cielo di sopra è crollato, quando la vita è fuggita, quando la vita è fuggita...

    Dopo il silenzio soltanto è regnato tra le lamiere contorte:
    sull'autostrada cercavi la vita, ma ti ha incontrato la morte, ma ti ha incontrato la morte...

    Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare, soffrire,
    spendere tutti i tuoi giorni passati se così presto hai dovuto partire, se presto hai dovuto partire...

    Voglio però ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi,
    voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi e che come allora sorridi...
     
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    Folk beat n.1 è il titolo del primo album del cantautore italiano Francesco Guccini, pubblicato nel marzo 1967.

    Il 33 giri figura peraltro con il solo nome di "Francesco" nella discografia ufficiale dell'artista, come tutte le sue prime incisioni.


    Il disco

    Insieme a Guccini (che si accompagna con la chitarra ritmica), suonano Antonio Roveri (alla chitarra solista) e Alan Cooper (armonica e chitarra ritmica). L'album - registrato allo studio Basilica di Milano nell'estate del 1966 - fu prodotto da Odoardo "Dodo" Veroli; la fotografia di copertina è di Guido De Maria.

    Le canzoni già edite

    Il disco contiene tre canzoni già note che Guccini aveva scritto in precedenza per l'Equipe 84 (Auschwitz e L'antisociale) e i Nomadi (Noi non ci saremo), più alcune canzoni inedite. Guccini infatti, aveva fatto parte, tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta di una serie di gruppi da uno dei quali, i Gatti, nacque poi l'Equipe 84, formazione dalla quale il futuro cantante-poeta-scrittore, originario di Modena ma cresciuto a Pavana (sull'appennino tosco-emiliano), rimase escluso perché in quel periodo appunto in servizio di leva.
    Una volta congedato, Guccini preferì dedicarsi agli studi universitari pur scrivendo, per diletto, canzoni che piacquero all'Equipe 84 che volle interpretarle (Auschwitz, L'antisociale, È dall'amore che nasce l'uomo e Per un attimo di tempo), e ai Nomadi (Noi non ci saremo).
    Non essendo Guccini ancora iscritto alla SIAE, quei pezzi furono così depositati da altri autori: Maurizio Vandelli da solo per È dall'amore che nasce l'uomo e Per un attimo di tempo, ed in coppia con il maestro Iller Pattacini (che si firmava Lunero), per Auschwitz, e al maestro Francesco Anselmo, che arrangiava i dischi per la Vedette, e Pantros (pseudonimo di Armando Sciascia discografico dell'Equipe 84) per L'antisociale.
    Il successo che queste canzoni ebbero portò la casa editrice La voce del Padrone a proporgli di firmare un contratto per scrivere canzoni ricevendo uno stipendio mensile: la prima firmata completamente da Guccini sarà, sempre nel 1967, Dio è morto.

    Inediti e fortuna

    A parte le citate Auschwitz e L'antisociale, tutte le altre canzoni di Folk beat furono invece firmate da Tony Verona per i testi e dal maestro Mansueto Deponti (che usava lo pseudonimo di Pontiack) per le musiche, pur essendo tutte scritte da Guccini.
    Le vendite del disco furono abbastanza inconsistenti (circa 500 copie, all'epoca, che sono ovviamente cresciute di numero negli anni seguenti, con il crescere della popolarità di Guccini) ed il riscontro commerciale molto scarso (praticamente nullo, affermò Guccini.
    In ogni caso l'uscita di Folk beat gli procurò la sua prima apparizione televisiva: Caterina Caselli il 1 maggio 1967, poco dopo l'uscita del disco, lo invitò al programma televisivo Diamoci del tu, presentato insieme a Giorgio Gaber: in quest'occasione, che rappresentò il suo debutto televisivo, cantò Auschwitz; nella stessa puntata, tra l'altro, fu ospite un altro giovane cantautore ancora sconosciuto, Franco Battiato.
    La cantante di Sassuolo presentò "Un giovane nuovo cantante che viene dalla mia regione, l'Emilia: Francesco", dopodiché un giovane e sbarbato Guccini venne intervistato dalla Caselli (dicendo, tra le altre cose, di essere l'autore di Auschwitz e Noi non ci saremo), e infine cantò.

    Il disco, pubblicato su etichetta La voce del padrone (numero di catalogo: psq 027) fu ristampato nel 1970 dalla Columbia (numero di catalogo: 3C064-17326)


    LATO A

    1. Noi non ci saremo - 5:15
    2. In morte di S.F. - 3:41
    3. Venerdì santo - 4:19
    4. L'atomica cinese - 2:37
    5. Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) - 4:40

    LATO B

    1. Talkin' Milano - 5:30
    2. Statale 17 - 3:12
    3. Il 3 dicembre del '39 - 3:44
    4. La ballata degli annegati - 2:28
    5. Il sociale e l'antisociale - 5:33

    Brani



    Noi non ci saremo

    Brano molto conosciuto, per essere stato l'anno precedente un grosso successo dei Nomadi; la versione di Guccini, acustica, ha il testo completo (i Nomadi avevano accorciato la canzone tagliando alcune strofe per consentirne l'incisione su 45 giri) e racconta la rinascita della vita sulla terra dopo un'esplosione nucleare.
    La canzone è stata incisa nel 1995 dai C.S.I. in un album tributo ad Augusto Daolio, Tributo ad Augusto, ed in seguito è stata inserita nella loro raccolta Noi non ci saremo Vol. 1.

    In morte di S.F.

    Così racconta Franco Ceccarelli dell'Equipe 84: "Eravamo al Festival Nazionale dell'Unità a Ferrara. Pochi minuti prima di salire sul palco qualcuno ci viene a dire che Silvana, una della compagnia del bar Grande Italia, era morta in un incidente stradale. Davanti a noi c'erano cinquantamila persone che aspettavano, e non sapevano che Silvana era una nostra amica e che se n'era andata". Alla morte di Silvana Fontana Francesco Guccini dedicherà uno dei suoi pezzi più noti delle origini, In morte di S.F..
    In morte di S.F. fu poi ridepositata dopo l'iscrizione di Guccini alla Siae con il testo a suo nome (la musica rimase invece intestata a Deponti) con lievi modifiche e soprattutto con il titolo cambiato (per consentirne il rideposito) in Canzone per un'amica; incisa nel 1968 dai Nomadi; anche Guccini, nelle incisioni dal vivo, userà sempre questo titolo.
    Silvana viene descritta come una ragazza allegra che affronta un viaggio in autostrada col suo fidanzato accanto in una giornata d’estate. Viene messo in evidenza il dramma di come una giornata di vacanza possa tramutarsi in una giornata di morte. Guccini si domanda cosa abbia provato quando la macchina è uscita di lato e sopra un’altra è finita, quando la vita le è fuggita via. Ma non vuole soffermarsi troppo sulla disgrazia e vuole lasciare una speranza: sperare che Silvana possa, magari da lassù, ancora ascoltare le sue canzoni e sorridere, come ha sempre fatto prima.

    Venerdì santo

    È l'unica canzone d'amore presente nel disco; l'autore traccia un parallelo tra la sua storia d'amore e la morte di Cristo che viene celebrata nel periodo primaverile. Si può avere ragione di credere che il cantante descriva uno dei suoi primi amori, dato che ne parla anche nel suo libro "Cittanòva Blues".

    L'atomica cinese

    In "L'atomica cinese" viene narrata l’esplosione di una bomba nucleare che si alza precisamente in Mongolia occidentale creando una nuvola spettrale che oltrepassa i campi della Cina, il fiume Giallo, la Muraglia e va coprendo tutto e tutti: copre un continente, corre verso il mare, oscura il cielo e prosegue senza limiti, i gabbiani precipitano in acqua, i pesci sono “cadaveri d’argento” nelle reti dei pescatori, le onde sembrano fermarsi, si sente solo il silenzio di un cielo che non è mai stato così livido. Poi a un certo punto le nuvole si rompono e la pioggia lenta cade, sopra le case e le strade, sugli alberi che muoiono, sulle mandrie che la bevono, sui campi che si seccano, e sui cuccioli degli uomini: è una pioggia velenosa che uccide lentamente, sicuramente “una pioggia senza arcobaleno”.

    Auschwitz (Canzone del bambino nel vento)

    Canzone già conosciuta nella versione dell'Equipe 84 (cantata una strofa a testa da Vandelli e da Sogliani), pubblicata nel 1966 come lato B di Bang bang e poi inserita nello stesso anno nell'album Io ho in mente te.

    Talkin' Milano

    Talkin' blues improvvisato, cantato, in italiano ed inglese, una strofa a testa da Guccini e da Alan Cooper. Il titolo (e in parte il testo) contengono un chiaro riferimento al Talkin' New York di Bob Dylan.

    Statale 17

    Classico blues, il cui titolo ricalca la dylaniana Highway 61 Revisited. Il protagonista della canzone sta facendo l'autostop sulla Strada Statale 17 dell'Appennino Abruzzese e Appulo Sannitico per cercare di raggiungere qualcuno (probabilmente l'amata), ma non riesce ad ottenere passaggi e cammina col dubbio che lei ormai non lo aspetti più. Si mette in particolare evidenza come caldo terribile della giornata metta a dura prova il protagonista al quale addirittura si bruciano i tacchi delle scarpe sull’asfalto. Nella versione incisa in Album concerto Guccini, prima di cantare, fa notare come discorsi espressi in lingua americana abbiano più spessore e forza d’attrazione sul pubblico rispetto a discorsi di uguali contenuti ma espressi in italiano; porta il seguente esempio: “Quella sera partimmo John, Dean ed io sulla vecchia Pontiac del ’55 del padre di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson.” ; “Quella sera partimmo sulla vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant'Anna Pelago”. Guccini osserva come il discorso non suoni allo stesso modo e come ironicamente gli americani “ci fregano con la loro lingua”.

    Il 3 dicembre del '39

    Valzer di amaro umorismo; racconta la storia di un voltagabbana opportunista che con eccezionale tempismo riesce a trarre vantaggio da qualunque rivolgimento politico ("Io chiesa, nobili e terzo stato / sempre ho fregato solo per me"). Anche la madre è una sua degna compare. Al di là del contenuto immediato e letterale, la canzone contiene un'esplicita critica alla politica italiana durante l'ultima guerra mondiale e nel dopoguerra, politica ispirata al Bisogna che tutto cambi perché tutto resti com'è (Giuseppe Tomasi di Lampedusa).

    La ballata degli annegati

    Canzone influenzata dai cantautori francesi, ma che li eguaglia o addirittura supera in tristezza e malinconia; il fiume racconta le storie delle persone che, per un motivo o per l'altro, sono morte tra le sue acque.

    Il sociale e l'antisociale

    Si tratta, in realtà, di due canzoni diverse, anche se unite in un'unica traccia; come ricordato, L'antisociale era già nota nella versione dell'Equipe 84 (lato B di Un giorno tu mi cercherai, cantata da Victor Sogliani), mentre Il sociale era inedita. Nel libro Francesco Guccini, Parole e Canzoni, edito da Einaudi, è lo stesso cantante che racconta come durante il servizio militare uno dei suoi superiori gli fece cantare al comando di distretto di Gorizia L'antisociale, un brano composto nel 1960 che lui apprezzava molto. Facile immaginare come il brano, a causa dei suoi contenuti, fu accolto e il gelo che cadde nella sala: "Tutti, educatamente, prestarono attenzione" - scrive Guccini. L'ufficiale "mi presentò in modo altisonante... La canzone fu accolta da un silenzio glaciale. Alla fine del brano non si sentiva nemmeno respirare. Avrei voluto morire". Da notare che spesso Guccini ha interpretato la canzone dal vivo con il testo originale (la versione su disco aveva subito alcune censure): questa versione è reperibile su alcuni bootleg.


    statale 17





    il sociale e l'antisociale

    Sono un tipo antisociale, non m'importa mai di niente,
    non m'importa dei giudizi della gente.
    Odio in modo naturale ogni ipocrisia morale,
    odio guerre ed armamenti in generale.
    Odio il gusto del retorico, il miracolo economico
    il valore permanente e duraturo,
    radio a premi, caroselli, T.V., cine, radio, rallies,
    frigo ed auto non c'è "Ford nel mio futuro"!

    E voi bimbe sognatrici della vita delle attrici,
    attenzione da me state alla lontana:
    non mi piace esser per bene, far la faccia che conviene
    poi alla fine sono sempre senza grana...

    Odio la vita moderna fatta a scandali e cambiali,
    i rumori, gli impegnati intellettuali.
    odio i fusti carrozzati dalle spider incantati
    coi vestiti e le camicie tutte uguali
    che non sanno che parlare di automobili e di moda,
    di avventure estive fatte ai monti e al mare,
    Vuoti e pieni di sussiego se il vestito non fa un piego,
    mentre io mi metto quello che mi pare...
    Sono senza patrimonio, sono contro il matrimonio,
    non ho quello che si dice un posto al sole;
    non mi piaccion le gran dame, preferisco le mondane
    perchè ad essere sincere son le sole...

    Non mi piaccion l'avvocato, il borghese, l'arrivato,
    odio il bravo e onesto padre di famiglia
    quasi sempre preoccupato di vedermi sistemato
    se mi metto a far l'amore con sua figlia...

    Sono un tipo antisociale, non ho voglia di far niente,
    sulle scatole mi sta tutta la gente.
    In un'isola deserta voglio andare ad abitare
    e nessuno mi potrà più disturbare
    e nessuno mi potrà più disturbare
    e nessuno mi potrà più disturbare...

    Non amo viver con tutta la gente, mi piace solo la gente "bene":
    come si dice comunemente "bene si nasce non si diviene"...
    c'è chi nasce per le scienze o per le arti: io sono nato solamente per i party la lalalala...lalalala

    Amo oltremodo parlare male, fare il maiale con le ragazze,
    la Pasqua vado in confessionale e tutte quante per me vanno pazze
    perchè fra i "bene" poi non conta l'astinenza, basta ci sia soltanto l'apparenza la lalalala...lalalala

    Quindi non curo la mia intelligenza, la gente bene con questo non lega,
    ma alle canaste di beneficenza so sempre tutto sull'ultimo"Strega":
    l'intelligenza c'è sol coi milioni e ammiro i film di Monica e Antonioni la lalalala...lalalala

    Sono elegante ed è inutile dire che le mie vesti son sempre curate
    perchè senz'altro è importante vestire, perchè è la tonaca che fa il frate...
    In fondo poi due cose hanno importanza e sono il conto in banca e l'eleganza la lalalala...lalalala

    Andiamo matti per cocktail e feste, amo oltremodo le donne mondane:
    non fraintendete non parlo di "quelle", star con la gente più in basso sta male...
    non ho rapporti con i proletari... soltanto a tarda notte lungo i viali la lalalala...lalalala...lalalala

    Ma non trascuro la scienza umanista e si può dire che sono impegnato,
    anzi alle volte sono comunista, ma non mi sono sempre interessato:
    la lotta delle classi sol mi va per far bella figura in società la lalalala..lalalala...

    Non si può dire che sia clericale, come Boccaccio amo rider dei frati,
    ma ossequio sempre lo zio cardinale e vado a messa nei dì comandati.
    Il mio credo vi dico brevemente: pensare a ciò che può dire la gente la lalalala...lalalala...lalalala

    La gente "bene" è la mia vera patria, la gente "bene" è il mio unico Dio,
    l'unica cosa che ho sempre sognata, la sola cosa che voglio io...
    è solo essere un bene sempre ed ora e tutto il resto vada alla malora la lalalala...lalalala
    la lalalala...lalalala...



    ....sono passati gli anni ..ma non è cambiato niente..

    Edited by Lussy60 - 29/11/2011, 20:40
     
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    Negazioni, amori e dubbi (1990-1999)

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    Quello che non... (1990) è un album all'insegna della continuità poetica con il precedente,nel quale Guccini interpreta una raccolta di canzoni tra cui spiccano Quello che non e La canzone delle domande consuete, il cui valore poetico e letterario fu ulteriormente confermato dal premio di "miglior canzone dell'anno" dal Club Tenco.

    Tre anni dopo (1993) fu la volta di Parnassius Guccinii (dal nome dell'omonima farfalla dedicata al cantante emiliano) dove spicca Samantha, storia di un amore non realizzato a causa delle convenzioni sociali, e Farewell, ballata dal sapore dylaniano: in quest'ultimo brano vi è un omaggio e una citazione diretta della canzone Farewell Angelina di Bob Dylan, della quale viene riportato un verso (The triangle tingles, and the trumpet play slow) e l'introduzione strumentale iniziale; il titolo a sua volta ricorda la stessa ed è un riferimento alla sua compagna Angela, raccontando la fine del loro amore. Come afferma Jachia, «lo sforzo gigantesco, poetico e culturale, di Guccini è stato quello di aprire la più alta tradizione della poesia italiana alla ballata di derivazione dylaniana». Della raccolta facevano parte anche Canzone per Silvia, scritta per Silvia Baraldini, e Acque, seconda canzone su commissione di Guccini (dopo Nené del 1977), richiesta da Tiziano Sclavi e inserita nel film Nero.

    Tre anni dopo (1996) fu il turno di D'amore di morte e di altre sciocchezze, altro successo di vendite. Intensi e lirici sono i versi di Lettera dedicata a due amici scomparsi: Bonvi e Victor Sogliani.Tra le canzoni di maggior successo del disco spicca Cirano (scritta da Giancarlo Bigazzi per la musica e da Beppe Dati per il testo, che viene comunque cofirmato da Guccini a causa di modifiche operate), liberamente ispirata alla nota opera teatrale, una canzone che lo stesso Guccini definisce di «serietà giullaresca».Tra le altre si ricordano la goliardica I Fichi (in realtà già presentata in televisione vent'anni prima, nella trasmissione Onda libera su Rai 2, condotta da Roberto Benigni); Vorrei, dedicata alla nuova compagna Raffaella Zuccari; Quattro stracci, che narra dell'amore finito per Angela, ma in maniera molto più dura rispetto a Farewell del disco precedente; Stelle, sul senso d'impotenza e di piccolezza dell'uomo di fronte alle meraviglie del cielo notturno.

    Nel 1998 la sua casa discografica, la EMI Italiana, per celebrare il suo trentennale, pubblicò una serie di dischi dal vivo dei suoi artisti più rappresentativi, fra cui Guccini live collection. Il cantautore diede il benestare alla pubblicazione ma non fu coinvolto nel progetto e si lamentò molto per un vistoso errore grammaticale sulla copertina.

    Personaggi e racconti (2000-2010)

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    Guccini possiede una voce fonda e baritonale con un percepibile rotacismo (la "erre arrotata").

    Il cantautore inaugurò il XXI secolo con Stagioni, album che ha come tematiche i diversi cicli temporali che attraversano lo scorrere degli anni.Tra i brani Autunno, Ho ancora la forza (scritta con Ligabue), Don Chisciotte (in cui Guccini duetta con il suo chitarrista impersonando il celebre personaggio di Miguel Cervantes) e Addio, da molti definita una nuova Avvelenata, ma con echi di maturità e dell'universalità del messaggio.Anche Stagioni e il rispettivo tour ebbero un ottimo successo; in parte inattesa fu soprattutto la grande affluenza di un pubblico molto giovane, che consacrò Guccini come un "artista di riferimento" di tre generazioni.Si ricordano soprattutto le parole di Cerami che si diceva «stupito, quasi incredulo, e soprattutto felicissimo di vedere migliaia di ragazzini ai suoi concerti.» Il disco uscì anche su vinile, in un'edizione speciale a tiratura limitata.

    Alcuni brani del disco successivo, Ritratti (2004), sono caratterizzati da dialoghi immaginari con personaggi storici come Ulisse, Cristoforo Colombo, Che Guevara; Odysseus, che apre il disco, ha un testo ritenuto da alcuni tra i migliori della sua carriera,con versi profondi che richiamano la sensazione del viaggio e numerose citazioni.

    L'album prosegue, passando da Una canzone, fino a un brano dedicato a Carlo Giuliani, il ragazzo deceduto nel 2001 negli scontri del G8 di Genova. L'inedito inserito nel disco (La tua Libertà, 1971) rievoca le atmosfere de L'isola non trovata, mentre il brano Vite, ballata esistenziale tipicamente gucciniana, era da lui già stata composta per poi essere incisa da Adriano Celentano con alcuni tagli atti a ridurne la lunghezza. Ritratti ha fatto rilevare, oltre all'apprezzamento della critica musicale, anche un buon successo di vendite: il CD nel giorno di lancio, balzò subito per due settimane al primo posto della classifica FIMI, rimanendovi in totale diciotto settimane.Nel 2005 uscì il disco dal vivo Anfiteatro Live, registrato l'anno precedente nell'anfiteatro di Cagliari. Il doppio CD è accompagnato anche da un DVD che ripropone integralmente il medesimo concerto.Le vendite furono ottime: il DVD restò nella classifica ufficiale FIMI per ventidue settimane, al primo posto per un mese.
    .

    Il 2006 fu un anno dove si parlò molto di Guccini, e non solo per la sua attività artistica: ricevette infatti un voto in occasione dell'elezione del Presidente della Repubblica Italiana. Fu pubblicata la raccolta tripla celebrativa dei suoi 40 anni di carriera, rappresentata da 47 canzoni presenti nella sua The Platinum Collection.Il 3 aprile dello stesso anno, Guccini, pubblicò per la EMI France Nella Giungla, un brano singolo che tratta del rapimento di Ingrid Betancourt, traduzione di una canzone scritta da Renaud Sechan nel 2005, con musiche di Jan Pierre Bucolo. Sempre nel 2006 presentò la Compagnia Teatrale Pavanese impegnata nella Aulularia di Plauto, da lui tradotta dal latino nel dialetto del suo paese.

    Il 30 marzo 2007 ricevette a Catanzaro il "Riccio d'Argento" della rassegna Fatti di musica diretta dal promoter musicale Ruggero Pegna, riservato ai più grandi autori italiani; in ottobre uscì invece in libreria la biografia ufficiale di Guccini, "Portavo allora un Eskimo innocente" di Massimo Cotto (Giunti Editore). Nel tour dello stesso anno Guccini presentò una nuova canzone sulla resistenza (Su in collina), che verrà presumibilmente inserita nel prossimo album, attualmente in lavorazione.

    Parlando di questo disco futuro, Guccini, ha rivelato poi anche di aver già scritto una canzone dedicata a Pàvana (Canzone di Notte n. 4) oltre che Il testamento di un pagliaccio che narra del testamento di un Clown giunto alla sua fine, inserita in scaletta nel tour 2008/2009, ed eseguita per la prima volta in assoluto nella prima tappa del tour stesso il 20 giugno a Porretta Terme.

    Con un articolo del 21 aprile 2008, sul giornale La Stampa si diceva che l'autore aveva smesso di fumare e aveva iniziato ad ingrassare a causa dell'astinenza, perdendo, inoltre, l'ispirazione.Guccini, tuttavia, ha smentito la notizia alla trasmissione Che tempo che fa condotta da Fabio Fazio il 18 maggio 2008.

    In un'intervista del 20 gennaio 2010 Guccini ha sostenuto che il nuovo album è ancora in fase di lavorazione, aggiungendo che la data di pubblicazione non è assolutamente decisa ma che difficilmente sarebbe uscito nel corso dell'anno; nella stessa occasione ha affermato che nel corso dei concerti non verranno più cantati inediti contenuti nel nuovo lavoro (ad oggi sono conosciuti Il testamento di un pagliaccio e Su in collina).


    image

    Nel marzo del 2010 la Mondadori pubblica Non so che viso avesse, un'autobiografia di Guccini che contiene, nella seconda parte del volume, un saggio critico curato dal professore Alberto Bertoni.

    All'interno dell'album Arrivederci, mostro! di Luciano Ligabue è contenuto il brano "Caro il mio Francesco", una dedica del cantautore di Correggio al suo collega, nonché amico, Francesco Guccini. Nel testo traspaiono evidenti critiche nei confronti di una parte dell'ambiente musicale, colpevole di snobismo ed incoerenza.

    La poetica.

    La poetica di Guccini, apprezzata al giorno d'oggi da più voci e da celebri autori letterari, è estesa in una vastissima carriera musicale, entro la quale si possono individuare però delle caratteristiche comuni. Guccini è solito utilizzare diversi registri linguistici, da quello aulico a quello popolare; nei suoi testi si possono trovare citazioni di grandi autori, viene toccata un'enorme quantità di temi per giungere a delle conclusioni morali.
    Leggendo tra i suoi testi è possibile tracciare le basi del suo pensiero: l'uso di differenti piani di lettura, il suo esistenzialismo, il tono metafisico, i suoi ritratti di personaggi ed eventi.
    « Quella di Guccini è la voce di quello che un tempo si diceva il "movimento". Oggi, semplicemente una voce di gioventù. E cioè di granitica coerenza con il proprio linguaggio e pensiero. Nella sua opera c'è un discorso interminabile: sull'ironia, sull'amicizia, sulla solidarietà. »


    Guccini e la politica

    Nonostante la sua risaputa vicinanza alla sinistra italiana, questa politicizzazione ha avuto spesso effetti di strumentalizzazione.Se è vero infatti che alcune sue composizioni sono socialmente impegnate, è altrettanto vero che la gran parte dei suoi successi derivano dall'elevato valore artistico e letterario che i suoi brani dimostrano.

    Tuttavia un personaggio come Guccini non è inscrivibile in un determinato quadro politico istituzionale; lui infatti (come l'amico Fabrizio De André) si definisce anarchico, ma anche socialista di matrice liberale e sostiene di aver votato, in origine, per il Psi, prima dell'avvento di Craxi, poi per il Pds e i Ds.

    In realtà ha spesso espresso le sue posizioni, rivolte verso l'area moderata del centrosinistra; ad esempio, ecco quello che ha dichiarato in un'intervista: «Ripeterebbe ancora quel «resistere, resistere, resistere» rivolto mesi fa a Prodi?«Certo: piuttosto che niente è meglio il piuttosto. Non esistono alternative, se non peggiori». Come vede il Partito democratico? «Lo vedrei bene, se mai si facesse. Comunque, voto Ds». Ha mai votato Pci? «No, prima di Craxi votavo Psi. Non sono mai stato estremista, anche adesso non amo la sinistra radicale, quella che mette i bastoni tra le ruote al premier».

    Nei testi delle canzoni, infine, la presa di posizione politica è emersa in pochi casi: a parte La locomotiva, che è in realtà un racconto storico, possiamo ricordare Primavera di Praga del 1969, che è una critica dell'occupazione militare sovietica in Cecoslovacchia dell'anno precedente, Piccola storia ignobile del 1976, canzone a favore della legge sull'aborto e Nostra signora dell'ipocrisia del 1993.

    Lo stesso Guccini esprimerà, nella celebre L'avvelenata, il suo pensiero sui rapporti tra le canzoni e la politica:« Però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia »



    Guccini e i libri

    « Non sono libri facili, i romanzi di Guccini, anche se, naturalmente, essendo libri profondamente legati al suo modo di raccontare, al suo mondo poetico, anche di primo acchito sono pur sempre libri appassionanti non solo perché imprevedibili nelle soluzioni linguistiche e stilistiche, ma più ancora perché questi romanzi sono profondamente legati tematicamente al nostro passato prossimo di ex contadini e miserabili neo-urbani, legati dunque al tempo antico, e in qualche modo fiabesco, dei nostri genitori e più ancora dei nostri nonni... »


    Nella sua attività quasi ventennale di scrittore ha pubblicato diversi libri; ha collaborato alla stesura, assieme ad altri autori, di scritti di saggistica e narrativa, interessandosi a svariate tematiche, fra cui quelle relative ai diritti civili (occupandosi del caso di Silvia Baraldini) e all'arte del fumetto. Guccini si è prestato con buoni riscontri alla scrittura in tutte le sue forme, con excursus nel genere Noir (con Loriano Macchiavelli ha creato il personaggio del maresciallo Benedetto Santovito), oltre a una trilogia di scritti autobiografici, ove spiccano le sue capacità di etimologo, glottologo e lessicografo.

    Cròniche Epafàniche, pubblicato da Feltrinelli nel 1989, è il primo romanzo di Guccini e una delle sue opere di maggior successo.Pur non presentandosi come biografia dell'autore, il libro diventa autobiografico, trattando infatti vicende passate di Pàvana, il paese "simbolo" dell'infanzia del cantautore modenese. Guccini cerca nel testo di mitizzare ogni suo ricordo, di rendere unico e avvincente ogni racconto tramandatogli dagli anziani dei monti sull'Appennino tosco-emiliano,e i risultati della sua "accuratezza filologica" vengono apprezzati dalla critica.

    Sono stati dei best seller anche i suoi due romanzi successivi, Vacca d'un cane e Cittanova blues, entrambi riguardanti i diversi periodi della sua esistenza.

    Se infatti Cròniche Epafàniche racconta l'infanzia e il periodo fanciullesco nella "sua" Pàvana, Vacca d'un cane narra del periodo successivo, quello in cui un Guccini adolescente ormai stabilmente a Modena (città da lui mai veramente amata) scopre di non essere "uno tra tanti", ma contemporaneamente diventò cosciente di come la provincialità della sua città natale massacrata dalla guerra, sarebbe stata un ostacolo per la sua crescita intellettuale. Infatti si trasferì presto a Bologna, che rappresentò la scoperta del mondo, il sogno americano.Ed è quest'ultimo capitolo che è narrato nelle vicende di Cittanòva Blues, che va a chiudere la trilogia autobiografica.

    Nel 1998 Guccini pubblica il Dizionario del dialetto di Pàvana, la città della sua infanzia, nel quale si può notare tutta la sua capacità di dialettologo e traduttore.

    Diverse altre opere sono successivamente venute alla luce in collaborazione con Macchiavelli: Macaroni, Un disco dei Platters, Lo spirito e altri briganti, Tango e gli altri. I gialli scritti con lui a quattro mani narrano principalmente delle storie del maresciallo Santovito, diventato un personaggio di punta del giallo italiano, e acquistano dall'affermato giallista i toni classici di questo tipo di opera. L'influenza di Guccini si nota invece per quanto riguarda la forma della narrazione, la capacità di creare una raffinata costruzione nell'ambientazione storica, le peculiarità linguistiche che ne hanno decretato il successo anche nel mondo della narrativa.

    Guccini e il fumetto

    Guccini è sempre stato un amante dei fumetti, come testimoniato anche da alcuni testi di canzoni,oltre che autore e sceneggiatore di diversi libri a fumetti come Vita e morte del brigante Bobini detto «Gnicche» disegnato da Francesco Rubino, edito dalla Lato Side, Lo sconosciuto, con le illustrazioni di Magnus, e sceneggiatore di Storie dello spazio profondo, disegnate dall'amico Bonvi, pubblicate a partire dal 1969 sulla rivista Psyco e in seguito ristampate dalla Mondadori e da altri editori.

    La vicenda raccontata nel libro creato con Rubino è quella vera di un brigante vissuto nella seconda metà dell'Ottocento nelle campagne nei dintorni di Arezzo e nel Casentino; Gnicche (questo nomignolo è anche entrato in un proverbio di quella zona, «Sei peggio di Gnicche»). La particolarità è che Guccini ha l'occasione di comporre alcune ottave in rima che nel fumetto vengono recitate da un contadino cantastorie, Giovanni Fantoni, per raccontare le vicende del brigante; frequenti le parole dialettali. Dal punto di vista del disegno, Rubino si ispira a fumettisti come Gianni De Luca (ritenuto da alcuni uno dei grandi innovatori del fumetto italiano), e in qualche vignetta ha anche modo di disegnare un cantastorie molto simile a Guccini. Il volume fu pubblicato nel dicembre del 1980 dalle edizioni Lato Side, e la copertina fu realizzata da Lele Luzzati; non è stato mai più ristampato.



    Guccini e il cinema i.

    L'attività di Guccini nel cinema, come attore o autore di colonne sonore, iniziò nel 1976 e non è mai stata particolarmente intensa. La sua prima apparizione come attore fu in occasione del film Bologna. Fantasia, ma non troppo, per violino di Gianfranco Mingozzi del 1976. Si trattava di una puntata della serie televisiva Raccontare la città dedicata a Bologna, nella quale interpretava il poeta cantante Giulio Cesare Croce che, nella trama del film, rivive nei secoli le vicende della città, accompagnando questo percorso con canzoni tratte (in parte o integralmente) da testi originali di Croce. Altri interpreti del film furono Claudio Cassinelli e Piera Degli Esposti che interpretavano entrambi personaggi storici della città.

    Come attore ha inoltre partecipato ai film I giorni cantati (1979, regia di Paolo Pietrangeli), la cui colonna sonora contiene la sua canzone Eskimo e Canzone di notte n°2; Musica per vecchi animali (1989, regia di Umberto Angelucci e Stefano Benni, tratto dal romanzo di quest'ultimo Comici spaventati guerrieri); Radiofreccia (1998, esordio registico del cantautore Luciano Ligabue); Ormai è fatta (1999, regia di Enzo Monteleone); Ti amo in tutte le lingue del mondo (2005), Una moglie bellissima (2007) e Io & Marilyn (2009), tutti diretti da Leonardo Pieraccioni. Nella colonna sonora di Nero (1992, regia di Giancarlo Soldi) è contenuta la canzone Acque, mentre come musicista ha scritto la colonna sonora di Nené (1977, regia di Salvatore Samperi).



    Apparizioni in compilation o in dischi di altri interpreti
    Guccini in concerto

    Sono incluse solo le raccolte che ospitano canzoni inedite sugli LP e CD ufficiali


    * 1975 - Grande Italia: compilation pubblicata dalla EMI con artisti modenesi, fra cui il fratello Piero; Guccini canta Le belle domeniche, una sua canzone d'amore e noia scritta una decina di anni prima ma pubblicata solo nel 2006 nella sua The Platinum Collection (in versione remixata).

    * 1979 - 1979 Il concerto - Omaggio a Demetrio Stratos: disco con la registrazione del concerto in ricordo di Demetrio Stratos pubblicato dalla Cramps, Guccini canta In morte di S.F., nota anche come Canzone per un'amica; nella copertina, però, vi è scritto Per un amico.

    * 1988 - Dalla/Morandi: Canta con Lucio Dalla e Gianni Morandi il brano Æmilia, scritto a quattro mani con Dalla. La versione gucciniana di questo brano sarà successivamente inserita su Quello che non....

    * 1991 - Club Tenco: vent'anni di canzoni d'autore: compilation pubblicata dalla Ala Bianca e curata dal club Tenco, raccoglie alcune esibizioni dal vivo durante i 20 anni del Premio Tenco; Guccini canta da solo Luci a san Siro di Roberto Vecchioni, ed insieme al collega milanese Gli amici.

    * 1993 - Il volo di Volodja: compilation pubblicata dalla Ala Bianca e curata dal club Tenco, è un omaggio al cantautore russo Vladimir Vysotskij: molti cantautori italiani interpretano delle sue canzoni in italiano, e Guccini canta Il volo interrotto.

    * 1999 - Roba di Amilcare: compilation pubblicata dalla Ala Bianca e curata dal club Tenco, è un omaggio al fondatore del club Tenco Amilcare Rambaldi: Guccini interpreta Lontano lontano di Luigi Tenco.

    * 2000 - Barones: CD del gruppo folk sardo Tenores di Neoneli; Guccini canta in lingua sarda Naschet su Sardu (nasce il Sardo).

    * 2000 - Ciao Ràgaz - Live in Dialetto: CD del cantautore bolognese e amico di Guccini Andrea Mingardi; Guccini canta in coppia con l'amico una versione riarrangiata di La Fira ed San Làzer, canzone tradizionale bolognese già incisa dal vivo da Guccini nel disco Opera buffa.

    * 2001 - Un panino una birra e poi...: CD di Ornella Vanoni, in cui reinterpreta alcune canzoni italiane degli anni '60, tra cui Dio è morto; Guccini canta il controcanto nel secondo ritornello.

    * 2004 - Sette veli intorno al re: compilation pubblicata dalla Sony Music e curata da Ares Tavolazzi e Michele Fedrigotti, raccoglie ninne nanne per bambini, interpretate da alcuni cantautori come Francesco De Gregori, Fausto Cigliano e Franco Battiato; Guccini interpreta Il bagno.

    * 2005 - Zenit: CD dei Gen Rosso; Guccini canta nella canzone Lavori in corso

    * 2006 - Ti ricordo Amanda: Traduzione di una canzone di Victor Jara eseguita da Guccini nell'Album del Colectivo Panattoni L'America

    * 2008 - Quelle piccole cose: album dei Pan Brumisti in cui Guccini canta interamente la canzone Sulla strada (testo e musica di Sergio Secondiano Sacchi).

    Produzioni

    * 1981 - Luna del grupo folk I Viulan, pubblicato dalla EMI Italiana (3C 054 18503), prodotto da Guccini insieme a Germano Tagliazucchi

    Guccini autore: canzoni scritte per altri interpreti

    In questa sezione sono inserite le canzoni scritte da Guccini per altri artisti; alcune di esse, in seguito, sono state reincise dall'autore

    * 1965: L'antisociale (testo e musica di Francesco Guccini; firmata da Pantros per il testo e da Francesco Anselmo per la musica, perché Guccini non era ancora iscritto alla Siae); interpretata dall'Equipe 84 nell'album Equipe 84

    * 1966: Noi non ci saremo (testo e musica di Francesco Guccini e arrangiamento dei Nomadi; firmata da Pontiak e da Tonino Verona; interpretata dai Nomadi su 45 giri, e successivamente reincisa sull'album Per quando noi non ci saremo del 1967.

    * 1966: Auschwitz (testo e musica di Francesco Guccini; firmata da Maurizio Vandelli per il testo e da Lunero per la musica, perché Guccini non era ancora iscritto alla Siae); interpretata dall'Equipe 84 nell'album Io ho in mente te

    * 1967: È dall'amore che nasce l'uomo (testo e musica di Francesco Guccini; firmata da Maurizio Vandelli perché Guccini non era ancora iscritto alla Siae); interpretata dall'Equipe 84 nell'album Stereoequipe

    * 1967:: Auschwitz (45 giri) Versione Inglese; interpretata dall'Equipe 84.

    * 1967: Le biciclette bianche (testo di Francesco Guccini; musica di Caterina Caselli; firmata da Gino Ingrosso e dal maestro Franco Monaldi perché Guccini e la Caselli non erano iscritti alla Siae); interpretata da Caterina Caselli nell'album Diamoci del tu

    * 1967: Incubo n. 4 (testo di Francesco Guccini; musica di Caterina Caselli; firmata da Gino Ingrosso e dal maestro Franco Monaldi); interpretata da Caterina Caselli nell'album Diamoci del tu

    * 1967: Una storia d'amore (testo e musica di Francesco Guccini; firmata da Daniele Pace e Mario Panzeri per il testo e da Pontiack per la musica; interpretata da Gigliola Cinquetti nell'album La rosa nera e da Caterina Caselli nell'album Diamoci del tu

    * 1967: Per un attimo di tempo (testo e musica di Francesco Guccini; firmata da Maurizio Vandelli perché Guccini non era ancora iscritto alla Siae); interpretata dall'Equipe 84, che la incise nel 1967 ma la pubblicò solo l'anno dopo nell'album Stereoequipe

    * 1967: Dio è morto (testo e musica di Francesco Guccini); interpretata dai Nomadi nell'album Per quando noi non ci saremo e da Caterina Caselli nell'album Diamoci del tu (con delle piccole varianti nel testo): è la prima canzone depositata alla Siae a nome di Francesco Guccini (che nel frattempo aveva superato i due esami come autore di testi e come musicista non trascrittore) sia per il testo che per la musica, è sicuramente una delle sue canzoni più famose eppure non è mai stata incisa in studio dal suo autore ma solamente dal vivo

    * 1967: Credi a me (testo di Francesco Guccini; musica di Georges Chelon); traduzione in italiano della canzone Fallait voir di Chelon, pubblicata su 45 giri dalla Pathé, AQ 1357

    * 1967: Per quando noi non ci saremo (testo di Francesco Guccini; musica di Germano Tagliazucchi e Beppe Carletti); interpretata dai Nomadi nell'album Per quando noi non ci saremo; il testo è recitato non da Augusto Daolio, che era la voce solista del gruppo, ma dal doppiatore milanese Luigi Paoletti, non accreditato sul disco.

    * 1967: Il disgelo (testo e musica di Francesco Guccini); interpretata dai Nomadi nell'album Per quando noi non ci saremo

    * 1967: Noi (testo e musica di Francesco Guccini); interpretata dai Nomadi nell'album Per quando noi non ci saremo

    * 1967: Per fare un uomo (testo e musica di Francesco Guccini); interpretata dai Nomadi nell'album Per quando noi non ci saremo, dai Profeti nell'album Bambina sola e, con piccole varianti nel testo, da Caterina Caselli nell'album Diamoci del tu (tutti i dischi sono usciti nel 1967 a distanza di pochi mesi).

    * 1967: Che farò (cover di Bad Times dei The Roulettes, testo italiano di Francesco Guccini); interpretata dai Memphis su 45 giri (Columbia SCMQ 7049)

    * 1967: Hey Joe (testo italiano di Francesco Guccini; testo e musica tradizionali); interpretata da Martò su 45 giri (La voce del padrone MQ 2094)

    * 1967: Quei coraggiosi delle carrozze senza cavalli (testo e musica di Francesco Guccini); interpretata da Johnny e i Marines su 45 giri e successivamente riproposta nel cd Riky and Beat.

    * 1968: È giorno ancora (testo e musica di Francesco Guccini); interpretata dai Nomadi nell'album I Nomadi

    * 1968: Un figlio dei fiori non pensa al domani (testo di Francesco Guccini; testo e musica originale di Ray Davies); interpretata dai Nomadi nell'album I Nomadi. Come ha raccontato spesso lo stesso Guccini, in realtà il testo in italiano di questa canzone (Death of a clown dei Kinks) non è opera sua, ma del suo amico Franco Tedeschi, nato a Modena nel 1942, professore e traduttore; Tedeschi però non era iscritto alla Siae, per cui Guccini gli fece da prestanome, come avevano fatto De Ponti e Verona nei suoi confronti fino a poco tempo prima

    * 1968: Cima Vallona (testo e musica di Francesco Guccini); incisa da Caterina Caselli nello stesso anno, non fu però pubblicata dalla casa discografica probabilmente per l'argomento affrontato nel testo (cioè la strage di Cima Vallona); solo nel 1998 questa canzone riuscirà ad essere pubblicata nel cd antologico della Caselli Qualcuno mi può giudicare

    * 1968: Mrs. Robinson (testo di Francesco Guccini; testo originale e musica di Paul Simon); interpretata dai Royals; reincisa due anni dopo da Bobby Solo nell'album Bobby folk.

    * 1968: Salomone pirata pacioccone (testo di Francesco Guccini; musica di Franco Godi); interpretata da Le Sorelle; in realtà Guccini, intervistato, non ricorda di aver mai scritto questo testo, che tuttavia è firmato da lui; quindi è probabile che, come nel caso di Un figlio dei fiori non pensa al domani, abbia fatto da prestanome.

    * 1968: Ascoltatemi (testo e musica di Francesco Guccini); interpretata da Sonia su 45 giri (La voce del padrone MQ 2126)

    * 1969: ... e tornò la primavera (testo di Francesco Guccini; musica di Deborah Kooperman); incisa dall'autrice della musica e pubblicata su 45 giri (a nome "Deborah"); due anni dopo viene interpretata da Patty Pravo nell'album Di vero in fondo

    * 1971: Il Bello (45 giri) Lando Buzzanca.

    * 1988: Volevamo (testo di Francesco Guccini; testo originale e musica di Georges Moustaki); interpretata da Georges Moustaki nell'album Volevamo.

    * 1992: Swatch (testo di Francesco Guccini; musica di Gaetano Curreri e Andrea Fornili); interpretata dagli Stadio nell'album Stabiliamo un contatto.

    * 1992: Per la bandiera (testo di Francesco Guccini e Saverio Grandi; musica di Gaetano Curreri e Saverio Grandi); interpretata dagli Stadio nell'album Stabiliamo un contatto.

    * 1992: Campioni, cantata da Antonietta Laterza.

    * 1995: Jimmy (testo di Francesco Guccini; musica di Gaetano Curreri e Andrea Fornili); interpretata dagli Stadio nell'album Di volpi, di vizi e di virtù .

    * 1998: Una casa nuova (testo di Francesco Guccini; musica di Gaetano Curreri); interpretata da Patty Pravo nell'album Notti, guai e libertà; nel 2002 è stata reincisa dagli Stadio nell'album Occhi negli occhi.

    * 2002 : Vite (testo e musica di Francesco Guccini); interpretata da Adriano Celentano nell'album Per sempre; incisa poi dallo stesso Guccini nel 2004 nell'album Ritratti dopo averla testualmente arricchita.

    * 2006: Ti ricordo Amanda (traduzione di una canzone di Victor Jara); interpretata da Francesco Guccini e Colectivo Panattoni nell'album L'America del gruppo Colectivo Panattoni.

    * 2008 : Via dei poeti (testo e musica di Francesco Guccini); interpretata dai Pan Brumisti nell'album Quelle piccole cose.

    Le cover di canzoni di Guccini

    In questa sezione sono state inserite le cover di canzoni di Guccini realizzate da altri artisti dopo l'incisione da parte del suo autore.

    * 1968: Ophelia interpretata dai Nomadi nell'album I Nomadi

    * 1968: Canzone per un'amica interpretata dai Nomadi nell'album I Nomadi

    * 1968: Per quando è tardi interpretata dai Nomadi nell'album I Nomadi

    * 1974: Asia, Il vecchio e il bambino, Piccola città, Canzone della bambina portoghese, L'isola non trovata, La collina cantate dai Nomadi nell'album I Nomadi interpretano Guccini.

    * 1979: L'atomica cinese, Primavera di Praga, Auschwitz, Statale 17 interpretata dai Nomadi in coppia con Guccini in Album concerto.

    * 1989: Incontro, interpretata da Enrico Ruggeri nell'album Contatti.

    * 1990: Il vecchio e il bambino e Canzone per Anna, interpretate da Drupi nell'album Avanti

    * 1995: Dio è morto, interpretata da Luciano Ligabue nell'album Tributo ad Augusto

    * 1995 Il vecchio e il bambino, interpretata da Teresa De Sio nell'album Tributo ad Augusto

    * 1995 La canzone del bambino nel vento (Auschwitz), interpretata dai Gang nell'album Tributo ad Augusto

    * 1995 Atomica cinese, interpretata dai Modena City Ramblers nell'album Tributo ad Augusto

    * 1995 Canzone per un'amica, interpretata da Enrico Ruggeri nell'album Tributo ad Augusto

    * 1995 Noi non ci saremo, interpretata dai CSI nell'album Tributo ad Augusto

    * 1996: La locomotiva, interpretata dai Modena City Ramblers nell'album La grande famiglia

    * 1997: Auschwitz, interpretata da Gian Pieretti nell'album Caro Bob Dylan...

    * 2001: Dio è morto, interpretata da Ornella Vanoni nell'album Un panino una birra e poi...

    * 2005: Auschwitz, interpretata dai Modena City Ramblers, insieme a Guccini nell'album Appunti partigiani

    * 2008: Il vecchio e il bambino, interpretata da Carla Bruni nell'album Comme si de rien n'était

    * 2009: L'avvelenata, interpretata da Luca Carboni nell'album Musiche ribelli





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    Vedremo soltanto una sfera di fuoco,
    più grande del sole, più vasta del mondo;
    nemmeno un grido risuonerà e solo il silenzio come un sudario si stenderà
    fra il cielo e la terra, per mille secoli almeno,
    ma noi non ci saremo, noi non ci saremo.

    Poi per un anno la pioggia cadrà giù dal cielo
    e i fiumi correranno la terra di nuovo
    verso gli oceani scorreranno e ancora le spiagge risuoneranno delle onde
    e in alto nel cielo splenderà l'arcobaleno,
    ma noi non ci saremo, noi non ci saremo.

    E catene di monti coperte di nevi
    saranno confine a foreste di abeti:
    mai mano d' uomo le toccherà, e ancora le spiagge risuoneranno delle onde
    e in alto, lontano, ritornerà il sereno,
    ma noi non ci saremo, noi non ci saremo.

    E il vento d'estate che viene dal mare
    intonerà un canto fra mille rovine,
    fra le macerie delle città, fra case e palazzi che lento il tempo sgretolerà,
    fra macchine e strade risorgerà il mondo nuovo,
    ma noi non ci saremo, noi non ci saremo.

    E dai boschi e dal mare ritorna la vita,
    e ancora la terra sarà popolata;
    fra notti e giorni il sole farà le mille stagioni e ancora il mondo percorrerà
    gli spazi di sempre per mille secoli almeno,
    ma noi non ci saremo, noi non ci saremo,
    ma noi non ci saremo...

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    Vorrei conoscer l' odore del tuo paese,
    camminare di casa nel tuo giardino,
    respirare nell' aria sale e maggese,
    gli aromi della tua salvia e del rosmarino.
    Vorrei che tutti gli anziani mi salutassero
    parlando con me del tempo e dei giorni andati,
    vorrei che gli amici tuoi tutti mi parlassero,
    come se amici fossimo sempre stati.
    Vorrei incontrare le pietre, le strade, gli usci
    e i ciuffi di parietaria attaccati ai muri,
    le strisce delle lumache nei loro gusci,
    capire tutti gli sguardi dietro agli scuri

    e lo vorrei
    perchè non sono quando non ci sei
    e resto solo coi pensieri miei ed io...

    Vorrei con te da solo sempre viaggiare,
    scoprire quello che intorno c'è da scoprire
    per raccontarti e poi farmi raccontare
    il senso d' un rabbuiarsi e del tuo gioire;
    vorrei tornare nei posti dove son stato,
    spiegarti di quanto tutto sia poi diverso
    e per farmi da te spiegare cos'è cambiato
    e quale sapore nuovo abbia l' universo.
    Vedere di nuovo Istanbul o Barcellona
    o il mare di una remota spiaggia cubana
    o un greppe dell' Appennino dove risuona
    fra gli alberi un' usata e semplice tramontana

    e lo vorrei
    perchè non sono quando non ci sei
    e resto solo coi pensieri miei ed io...

    Vorrei restare per sempre in un posto solo
    per ascoltare il suono del tuo parlare
    e guardare stupito il lancio, la grazia, il volo
    impliciti dentro al semplice tuo camminare
    e restare in silenzio al suono della tua voce
    o parlare, parlare, parlare, parlarmi addosso
    dimenticando il tempo troppo veloce
    o nascondere in due sciocchezze che son commosso.
    Vorrei cantare il canto delle tue mani,
    giocare con te un eterno gioco proibito
    che l' oggi restasse oggi senza domani
    o domani potesse tendere all' infinito

    e lo vorrei
    perchè non sono quando non ci sei
    e resto solo coi pensieri miei ed io...

     
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    L'isola non trovata .L'isola non trovata è il terzo album di Francesco Guccini ed è anche l'ultimo inciso sotto il solo nome di battesimo. È stato pubblicato nel dicembre del 1970.






    Il disco

    Tutte le canzoni sono dello stesso Francesco Guccini: alcune di esse sono tra le più popolari dell'autore, che le riprenderà anche in album successivi in versioni dal vivo (L'isola non trovata, Il frate, Un altro giorno è andato); una di queste, Un altro giorno è andato, era già stata pubblicata due anni prima su 45 giri (il lato B era Il bello), in una versione molto diversa musicalmente, con l'accompagnamento del gruppo beat dei Bad Boys e del tastierista dei Nomadi Beppe Carletti, mentre la versione inserita nell'album è acustica, con le due chitarre suonate da Guccini e da Deborah Kooperman.
    Si tratta di un disco molto particolare nel panorama della musica italiana, sia per le sonorità e gli arrangiamenti, sia per le tematiche sottese ai testi, raramente trattate in questo modo in altri album, anche dello stesso autore.
    Le musiche che accompagnano i brani sono in qualche caso dolci e suggestive (come in Asia, o nella canzone che dà il titolo all'album, L'isola non trovata) in altri semplici e ritmate (Il frate, Un altro giorno è andato), alle volte malinconiche e intrise di suggestioni blues (Il tema, L'uomo), con l'utilizzo di moltissimi strumenti diversi (basso elettrico, chitarra, sintetizzatore) ma anche effetti sonori come rumori di animali, effetti ideati per la maggior parte da Vince Tempera, arrangiatore per molti dischi di Guccini, che in questo inizia la sua collaborazione con il cantautore e che suona le tastiere; gli altri musicisti del disco sono Ellade Bandini alla batteria, Ares Tavolazzi al basso (entrambi membri, con Tempera, del complesso The Pleasure Machine), Franco Mussida della Premiata Forneria Marconi alle chitarre, Victor Sogliani dell'Equipe 84 ai cori e la già citata Deborah Kooperman alla chitarra folk.
    Il filo conduttore del disco è il concetto di tempo, come esplicitato ne Il tema: tempo passato dell'infanzia dell'uomo e dell'umanità intera ne La collina (ispirata ad un brano de Il giovane Holden di Jerome David Salinger), che riecheggia i miti dell'età dell'oro perduta "nelle nebbie della storia", ma anche il tempo "sprecato" e consumato da un individuo che ha (forse) gettato via la propria vita (Il frate, un giovane spretato che Guccini aveva conosciuto e a cui dedicò poi questa canzone).
    C'è un'elegia del tempo che se ne va e non risparmia nulla e nessuno (Un altro giorno è andato), una Canzone di notte che genera una serie di amare riflessioni sul destino dell'uomo, la sua coscienza, la realtà e il sogno partendo dalla descrizione di una notte passata a "cantare, maledire e versare il vino pianger, ridere e giocare". C'è con Asia il tentativo di recuperare un tempo mitico e fascinoso, una commistione del passato e del presente del grande continente visto con gli occhi degli antichi esploratori che vi vedevano il luogo della meraviglia e del mistero, mescolando fonti che vanno da Marco Polo (esplicitamente invocato nel testo) ai racconti medievali alle avventure del Prete Gianni.
    L'isola non trovata, che da' il titolo all'album e lo "racchiude" idealmente (la canzone è stata divisa in due parti, una posta all'inizio e una alla fine del volume) allude, in modo non troppo velato, ad un luogo mitico che rappresenta simbolicamente tutto quello a cui l'uomo (durante la sua vita) e l'umanità (nel corso della storia) aspirano e non potranno mai raggiungere: potrebbe essere la pace, la felicità, la verità, il bene, ... Il testo della canzone prende spunto dalla poesia La più bella di Guido Gozzano.


    LATO A
    L'isola non trovata - 2:43
    L'orizzonte di K.D. - 3:00
    La collina - 3:40
    Il frate - 5:00
    Un altro giorno è andato - 4:11
    LATO B
    Canzone di notte - 5:04
    Il tema - 4:19
    L'uomo - 5:23
    Asia - 5:12
    L'isola non trovata - 0:54



    E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito,
    quanto tempo è ormai passato e passerà?
    Le orchestre di motori ne accompagnano i sospiri:
    l' oggi dove è andato l' ieri se ne andrà.
    Se guardi nelle tasche della sera
    ritrovi le ore che conosci già,
    ma il riso dei minuti cambia in pianto ormai
    e il tempo andato non ritroverai...

    Giornate senza senso, come un mare senza vento,
    come perle di collane di tristezza...
    Le porte dell'estate dall' inverno son bagnate:
    fugge un cane come la tua giovinezza.
    Negli angoli di casa cerchi il mondo,
    nei libri e nei poeti cerchi te,
    ma il tuo poeta muore e l' alba non vedrà
    e dove corra il tempo chi lo sa?

    Nel sole dei cortili i tuoi fantasmi giovanili
    corron dietro a delle Silvie beffeggianti,
    si è spenta la fontana, si è ossidata la campana:
    perchè adesso ridi al gioco degli amanti?
    Sei pronto per gettarti sulle strade,
    l' inutile bagaglio hai dentro in te,
    ma temi il sole e l' acqua prima o poi cadrà
    e il tempo andato non ritornerà...

    Professionisti acuti, fra i sorrisi ed i saluti,
    ironizzano i tuoi dubbi sulla vita,
    le madri dei tuoi amori sognan trepide dottori,
    ti rinfacciano una crisi non chiarita:
    la sfera di cristallo si è offuscata
    e l' aquilone tuo non vola più,
    nemmeno il dubbio resta nei pensieri tuoi
    e il tempo passa e fermalo se puoi...

    Se i giorni ti han chiamato tu hai risposto da svogliato,
    il sorriso degli specchi è già finito,
    nei vicoli e sui muri quel buffone che tu eri
    è rimasto solo a pianger divertito.
    Nel seme al vento afferri la fortuna,
    al rosso saggio chiedi i tuoi perchè,
    vorresti alzarti in cielo a urlare chi sei tu,
    ma il tempo passa e non ritorna più...

    E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito,
    quanto tempo è ormai passato e passerà!
    Tu canti nella strada frasi a cui nessuno bada,
    il domani come tutto se ne andrà:
    ti guardi nelle mani e stringi il vuoto,
    se guardi nelle tasche troverai
    gli spiccioli che ieri non avevi, ma
    il tempo andato non ritornerà,
    il tempo andato non ritornerà,
    il tempo andato non ritornerà...


    ...
     
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    Radici (album)

    Radici è il quarto album di Francesco Guccini, che è autore anche di tutti i testi e di tutte le musiche.
    Mirabile prova del talento letterario di Guccini, l'album si caratterizza anche per la cura rivolta alla parte musicale, lontanamente influenzata dalle tendenze progressive tipiche del periodo.


    Il tema dell'album è la ricerca e la riscoperta delle proprie radici, simboleggiata anche dalla copertina del disco dove, sullo sfondo del cortile della vecchia casa, sono raffigurati sul fronte i nonni e i prozii di Guccini (tra i quali Enrico, la cui vicenda verrà raccontata anni dopo in "Amerigo")[1] e sul retro lo stesso Guccini con la prima moglie Roberta, ad indicare la continuità della discendenza familiare.
    La casa di famiglia è lo spunto di partenza della prima canzone del disco, "Radici".
    Accanto a ballate magiche ed accattivanti dalla scabra musicalità (Canzone dei 12 mesi, Piccola città, Il vecchio e il bambino, ma soprattutto La locomotiva) convivono composizioni più articolate, quasi delle piccole suite, come Radici e Canzone della bambina portoghese, che verrà ulteriormente valorizzata da una versione dei Nomadi di due anni successiva, diventando in seguito uno dei cavalli di battaglia dei concerti del gruppo reggiano, e ad arricchire il tutto il suggestivo bozzetto di Incontro, dall'arrangiamento pressoché magistrale.[2]
    Sul piano strettamente poetico i testi riprendono la riflessione sul tempo iniziata nei due dischi precedenti: il passato ("Piccola città", "Incontro"), il presente nel suo fluire ("Canzone dei dodici mesi") e il futuro, in quella che Guccini stesso definisce nelle note di presentazione del disco una "favola", "Il vecchio e il bambino", in cui i protagonisti attraversano una pianura desolata, ambientata in un ipotetico futuro, dopo un disastro nucleare.
    Rivolta al passato è invece Piccola città, sobria ballata dove Guccini rievoca la Modena della sua infanzia - un'altra radice - col tono sapido di un indulgente rimbrotto. E anche se l'intricata combinazione di vissuti sociali e personali desta - e rigenera - antiche ostilità e ribellioni, ad esse sopravvive un combattuto sentimento di identità e di appartenenza.
    Incontro, composta da Guccini in treno, rielabora il fugace reincrocio appena avvenuto con un'amica di vecchia data a lungo smarrita, segnata dalla tragica storia del suo compagno, suicidatosi il giorno di Natale mentre lei festeggiava a casa con la famiglia[3]. Poche canzoni hanno trattato la nostalgia adolescenziale in modo così austero e profondo, ma è soprattutto il tono sommesso con cui l'autore si riosserva il cardine emozionale del brano.
    Vi è poi "La locomotiva", racconto di una vicenda storica che Guccini apprese dal suo vicino di casa: il 20 luglio 1893 alla stazione di Poggio Renatico il ventottenne fuochista bolognese Pietro Rigosi, approfittando dell'assenza del macchinista, sganciò la locomotiva del treno diretto a Bologna dal resto del convoglio e percorse con essa un tratto della linea a velocità vertiginosa, finendo poi con lo schiantarsi contro una vettura in sosta; il Rigosi riuscì a salvarsi (gli fu però amputata la gamba), ed il fatto ebbe grande risonanza sulla stampa nazionale. A quello che a tutti gli effetti figurò come un tentativo di suicidio Guccini allega motivazioni politiche, perfettamente plausibili considerando il clima sociale dell'Italia di fine '800.
    Il vecchio e il bambino può rappresentare una metafora critica verso l'industrializzazione accusata di distruggere a poco a poco la natura e tutto ciò che un tempo era considerato "puro". Guccini, nel libro-intervista Un altro giorno è andato, ha detto che questa può essere una possibile interpretazione ma che non è quella con cui la canzone è stata pensata: l'autore ha scritto il testo immaginandosi l'olocausto di una possibile guerra nucleare; il vecchio (reduce della generazione sopravvissuta al disastro) racconta al bambino di quanto la Terra fosse florida e bella prima che tutto venisse distrutto.
    Il linguaggio non è quasi mai forbito, o lo è studiatamente (Canzone dei dodici mesi e qualche verso de La locomotiva, che oscilla tra riecheggiamenti di stampo carducciano e stralci asciuttamente cronachistici), e ancora latita l'amara autoironia che nei successivi lavori di Guccini fungerà da intercapedine tra il sentimento e l'espressione poetica (Canzone delle osterie di fuori porta, Bologna, Via Paolo Fabbri 43 sono esempi caratteristici di questo filone).


    Radici - 7:12
    La locomotiva - 8:17
    Piccola città - 4:38
    Incontro - 3:37
    Canzone dei dodici mesi - 7:03
    Canzone della bambina portoghese - 5:33
    Il vecchio e il bambino - 4:19




    La casa sul confine della sera
    oscura e silenziosa se ne sta,
    respiri un' aria limpida e leggera
    e senti voci forse di altra età,
    e senti voci forse di altra età...

    La casa sul confine dei ricordi,
    la stessa sempre, come tu la sai
    e tu ricerchi là le tue radici
    se vuoi capire l'anima che hai,
    se vuoi capire l'anima che hai...

    Quanti tempi e quante vite sono scivolate via da te,
    come il fiume che ti passa attorno,
    tu che hai visto nascere e morire gli antenati miei,
    lentamente, giorno dopo giorno
    ed io, l'ultimo, ti chiedo se conosci in me
    qualche segno, qualche traccia di ogni vita
    o se solamente io ricerco in te
    risposta ad ogni cosa non capita,
    risposta ad ogni cosa non capita...

    Ma è inutile cercare le parole,
    la pietra antica non emette suono
    o parla come il mondo e come il sole,
    parole troppo grandi per un uomo,
    parole troppo grandi per un uomo...

    E te li senti dentro quei legami,
    i riti antichi e i miti del passato
    e te li senti dentro come mani,
    ma non comprendi più il significato,
    ma non comprendi più il significato...

    Ma che senso esiste in ciò che è nato dentro ai muri tuoi,
    tutto è morto e nessuno ha mai saputo
    o solamente non ha senso chiedersi,
    io più mi chiedo e meno ho conosciuto.
    Ed io, l'ultimo, ti chiedo se così sarà
    per un altro dopo che vorrà capire
    e se l'altro dopo qui troverà
    il solito silenzio senza fine,
    il solito silenzio senza fine...

    La casa è come un punto di memoria,
    le tue radici danno la saggezza
    e proprio questa è forse la risposta
    e provi un grande senso di dolcezza,
    e provi un grande senso di dolcezza...










    Un vecchio e un bambino si preser per mano
    e andarono insieme incontro alla sera;
    la polvere rossa si alzava lontano
    e il sole brillava di luce non vera...

    L' immensa pianura sembrava arrivare
    fin dove l'occhio di un uomo poteva guardare
    e tutto d' intorno non c'era nessuno:
    solo il tetro contorno di torri di fumo...

    I due camminavano, il giorno cadeva,
    il vecchio parlava e piano piangeva:
    con l' anima assente, con gli occhi bagnati,
    seguiva il ricordo di miti passati...

    I vecchi subiscon le ingiurie degli anni,
    non sanno distinguere il vero dai sogni,
    i vecchi non sanno, nel loro pensiero,
    distinguer nei sogni il falso dal vero...

    E il vecchio diceva, guardando lontano:
    "Immagina questo coperto di grano,
    immagina i frutti e immagina i fiori
    e pensa alle voci e pensa ai colori

    e in questa pianura, fin dove si perde,
    crescevano gli alberi e tutto era verde,
    cadeva la pioggia, segnavano i soli
    il ritmo dell' uomo e delle stagioni..."

    Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
    e gli occhi guardavano cose mai viste
    e poi disse al vecchio con voce sognante:
    "Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!"

    Altri testi su: www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_...bino_42534.html
    Tutto su Francesco Guccini: www.musictory.it/musica/Francesco+Guccini





    Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
    con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
    quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
    ma nella fantasia ho l'immagine sua:
    gli eroi son tutti giovani e belli,
    gli eroi son tutti giovani e belli,
    gli eroi son tutti giovani e belli...

    Conosco invece l'epoca dei fatti, qual' era il suo mestiere:
    i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere,
    i tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti
    sembrava il treno anch' esso un mito di progresso
    lanciato sopra i continenti,
    lanciato sopra i continenti,
    lanciato sopra i continenti...

    E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano
    che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano:
    ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,
    sembrava avesse dentro un potere tremendo,
    la stessa forza della dinamite,
    la stessa forza della dinamite,
    la stessa forza della dinamite..

    Ma un' altra grande forza spiegava allora le sue ali,
    parole che dicevano "gli uomini son tutti uguali"
    e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
    la bomba proletaria e illuminava l' aria
    la fiaccola dell' anarchia,
    la fiaccola dell' anarchia,
    la fiaccola dell' anarchia...

    Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione,
    un treno di lusso, lontana destinazione:
    vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori,
    pensava al magro giorno della sua gente attorno,
    pensava un treno pieno di signori,
    pensava un treno pieno di signori,
    pensava un treno pieno di signori...

    Non so che cosa accadde, perchè prese la decisione,
    forse una rabbia antica, generazioni senza nome
    che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore:
    dimenticò pietà, scordò la sua bontà,
    la bomba sua la macchina a vapore,
    la bomba sua la macchina a vapore,
    la bomba sua la macchina a vapore...

    E sul binario stava la locomotiva,
    la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva,
    sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno
    mordesse la rotaia con muscoli d' acciaio,
    con forza cieca di baleno,
    con forza cieca di baleno,
    con forza cieca di baleno...

    E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo
    pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto.
    Salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura
    e prima di pensare a quel che stava a fare,
    il mostro divorava la pianura,
    il mostro divorava la pianura,
    il mostro divorava la pianura...

    Correva l' altro treno ignaro e quasi senza fretta,
    nessuno immaginava di andare verso la vendetta,
    ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno:
    "notizia di emergenza, agite con urgenza,
    un pazzo si è lanciato contro al treno,
    un pazzo si è lanciato contro al treno,
    un pazzo si è lanciato contro al treno..."

    Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva
    e sibila il vapore e sembra quasi cosa viva
    e sembra dire ai contadini curvi il fischio che si spande in aria:
    "Fratello, non temere, che corro al mio dovere!
    Trionfi la giustizia proletaria!
    Trionfi la giustizia proletaria!
    Trionfi la giustizia proletaria!"

    E intanto corre corre corre sempre più forte
    e corre corre corre corre verso la morte
    e niente ormai può trattenere l' immensa forza distruttrice,
    aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto
    della grande consolatrice,
    della grande consolatrice,
    della grande consolatrice...

    La storia ci racconta come finì la corsa
    la macchina deviata lungo una linea morta...
    con l' ultimo suo grido d' animale la macchina eruttò lapilli e lava,
    esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo:
    lo raccolsero che ancora respirava,
    lo raccolsero che ancora respirava,
    lo raccolsero che ancora respirava...

    Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
    mentre fa correr via la macchina a vapore
    e che ci giunga un giorno ancora la notizia
    di una locomotiva, come una cosa viva,
    lanciata a bomba contro l' ingiustizia,
    lanciata a bomba contro l' ingiustizia,
    lanciata a bomba contro l' ingiustizia!



    Edited by Lussy60 - 9/1/2011, 11:12
     
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    Stanze di vita quotidiana
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    Stanze di vita quotidiana (1974) è il sesto album di Francesco Guccini.


    Il disco

    Intervistato dopo l'uscita di Stagioni (2000) su quale album non avrebbe rifatto, Guccini indicò proprio Stanze di vita quotidiana: «Lo incisi in situazioni psicologiche difficili. Avevo un produttore, Pier Farri, che mi sballottava da Roma a Milano senza il minimo motivo. Fu terribile». E poi aggiunge: «al tempo, Pier era fissato con l'esotismo, le marimbe. Ares Tavolazzi, il bassista, se ne andò quando Pier gli chiese di eseguire "un suono giallo"... cazzo voleva dire?». In realtà lo stesso Guccini ha spesso ripreso molte di queste canzoni nel corso dei tour, segno evidente che, in ogni caso, riconosce la validità dei brani.
    Riccardo Bertoncelli scrisse all'epoca, commentando questo sfortunato album: "Guccini se ne esce fuori con un disco all'anno, ma si vede che ormai non ha più niente da dire"; a questa recensione Guccini rispose scrivendo la canzone L'avvelenata.
    Le canzoni sono tutte di Francesco Guccini e sono state scritte tra il settembre 1972 (Canzone delle osterie di fuori porta) e l'agosto 1973 (Canzone delle situazioni differenti); gli arrangiamenti sono di Ettore De Carolis e Vince Tempera.
    Nella copertina, Marva Jan Marrow è citata con il solo nome (Marva); una curiosità sul percussionista brasiliano Mandrake Som è che il suo vero nome è Ivanir Do Nascimento, ed è il cugino del celebre calciatore Pelé.


    Tracce

    Canzone delle osterie di fuori porta - 7:08
    Canzone della triste rinuncia - 7:20
    Canzone della vita quotidiana - 6:07
    Canzone per Piero - 6:22
    Canzone delle ragazze che se ne vanno - 4:50
    Canzone delle situazioni differenti - 9:03



     
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28 replies since 31/8/2010, 21:33   1580 views
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