Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Ayrton Senna Da Silva

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    Ayrton Senna Da Silva







    Queste pagine sono dedicate al campione brasiliano e alle sue grandi imprese che sono rimaste nella storia dello sport. Ayrton nasceva il 21 marzo 1960, primo giorno di primavera, a San Paolo. Inizia la sua carriera nel mondo dei motori a soli tredici anni sui Go-Kart distinguendosi subito fra tutti. Passerà poi per la Formula Ford inglese per poi approdare in Formula 1 nel 1984 al volante di una obsoleta Toleman. Sfiora la vittoria nell'anno del debutto che arriverà pochi mesi dopo al volante di una Lotus-Renault. Ayrton si fa conoscere a suon di pole e vittorie, fino ad arrivare a vincere il suo primo titolo mondiale nel 1988 con una McLaren-Honda. Meravigliosi i duelli con Prost e Mansell che lo porteranno a riconfermarsi campione iridato nel 1990 e 1991. Una storia di vittorie, pole, grandi duelli, una storia di una grandissima persona prima che pilota. Sempre presente nell'aiutare il prossimo con la fondazione, che tuttora vive ancora grazie al suo nome, che aiuta i tanti bambini sfortunati del suo Brasile. Una storia che si interrompe in un giorno di primavera mentre il mondo stava correndo insieme a lui verso il quarto titolo.. una curva veloce verso sinistra, il piantone che cede, il muretto, l' urto e il campione che se ne va...



    Biografia


    Il Brasile è un paese meraviglioso e terribile al tempo stesso. In nessun altro angolo del mondo è cosi palpabile la differenza tra il ricco e il povero, tra l'indigenza e il lusso, tra la vita e la morte. A volte nascere in una famiglia benestante può rappresentare qualcosa di più della semplice ricchezza materiale. Ayrton Senna da Silva nasce a San Paolo il 21 marzo 1960, da Milton Guirando Theodoro da Silva e Neide Senna. Prima di lui era nata Viviane (madre di Bruno Senna attuale pilota di GP2 e quindi nipote di Ayrton), dopo di lui sarebbe arrivato Leonardo. il padre di Ayrton era un uomo molto in vista, si occupava di componenti per autovetture e possedeva alcune aziende agricole che, nonostante la perenne mancanza di tempo, seguiva personalmente. Fin da piccolo, Ayrton viene educato con grande attenzione: non gli viene fatto mancare nulla, anche se è lui stesso, prendendo buoni voti a scuola e aiutando il padre nell'azienda di famiglia, a meritarsi un trattamento speciale. "E' una regola di vita importante: per avere occorre meritare, e per meritare occorre lavorare", disse qualche anno più tardi Milton. Su queste basi Ayrton cementa con la famiglia un rapporto unico e irrinunciabile. Una condizione di vita che neppure i miliardi guadagnati nelle corse, gli appartamenti a Montecarlo e le ville nei posti più esclusivi gli hanno mai fatto dimenticare. "La mia famiglia è la cosa più importante che possiedo", disse all'indomani del suo primo trionfo mondiale. "Più dei soldi, più della fama, più di tutto. nonostante faccia questo lavoro da molti anni, non mi sono ancora abituato alla lontananza da casa. il mio cuore è sempre a San Paolo, dove ci sono i miei amici, la mia famiglia e le mie cose. I brasiliani sono un popolo molto legato alla propria terra e in questo senso, io sarei il più brasiliano dei brasiliani. E' una condizione dura, ma questa è la vita che ho scelto, con tutti i suoi lati positivi e tutti i sacrifici che richiede. Ayrton non era un bambino come tutti gli altri.



    Gli piacevano le macchine ed era affascinato da come il padre riusciva a domare quei mostri su quattro ruote che ogni tanto rompevano con il loro rumore la quiete domestica. Cosi, ad appena quattro anni, Milton gli costruì il suo primo kart.



    Ayrton non sapeva coniugare i verbi ma imparò presto quali emozioni poteva dare il piccolo motore della sua "macchina". Se fosse riuscito a mettere nello studio lo stesso impegno che dimostrava alla guida di qualsiasi mezzo, forse oggi Ayrton sarebbe stato un celebre studioso brasiliano, un personaggio importante della cultura del suo paese. Invece la scuola veniva sempre dopo i motori. Gli amici a San Paolo hanno ancora oggi impresso nella mente il giorno in cui Ayrton guidò per la prima volta la jeep del padre. Prima, seconda, terza, quarta. Il motore non girava alla perfezione, troppo vecchio e arrugginito, ma Ayrton "sentiva" il mezzo e lo guidava con perizia. Il tutto di fronte all'incredulità di Milton: la sorpresa di un padre che vede il proprio figlio di sette anni guidare come un provetto automobilista. Il legame tra Ayrton e la sua famiglia ha sempre rappresentato per i suoi biografi quell'elemento che non gli consentì di vivere fino in fondo il successo. Soldi, popolarità e vittorie non hanno mai sostituito il Brasile nel cuore di Senna che, nel pieno della sua avventura europea, cercò di vincere la sua nostalgia di casa portando con sè la bella Liliane Vasconcelos Souza.



    Si erano conosciuti da ragazzi e, per tutti e due, la loro era stata la prima storia d'amore importante. Nel 1981, alla vigilia del trasferimento in Inghilterra, si sposarono, ma l'unione tra la bionda e affascinante Liliane e il timido Ayrton fu tumultuosa e travagliata.



    Il matrimonio durò solamente otto mesi, anche perchè, come scrissero i giornali brasiliani, lei aveva troppa paura delle corse per potergli rimanere accanto.



    "Credo che la loro unione sia finita per via delle paure di Liliane", afferma il fotografo Keith Sutton, tra i primi amici europei di Ayrton. "Lui era troppo concentrato sulla sua carriera per poter sopportare il peso di una moglie angosciata dalle corse. La presenza di Liliane era una delle attrattive principali del campionato di Formula Ford. Era la classica brasiliana tutta curve che vestiva in maniera provocante.



    Era bellissima e sempre allegra, ma dopo un pò di tempo Senna capì di aver sbagliato persona e il loro matrimonio fallì" . Quello che è certo è il filo indissolubile che ha sempre legato Senna alla propria famiglia e alla propria terra, un legame assoluto e inscindibile. Il grande campione aveva bisogno della propria gente e del proprio paese, ma anche il Brasile aveva bisogno di Senna, di un campione, per continuare a sperare nel domani. "La mancanza delle persone a cui sono legato e la distanza che mi separa da loro sono le due cose che più hanno caratterizzato la mia carriera. La solitudine è un fatto acquisito, una situazione con cui ho imparato a convivere. Quando si è sempre sotto pressione come lo sono io, si sente il bisogno di tornare ad essere Ayrton Senna e non essere più il campione del mondo. Per me la solitudine è diventata uno stile di vita, uno stato psicologico. E' una scelta che ho fatto , ma non un bene" Dalla madre, Ayrton imparò anche a credere in Dio, a coltivare la propria fede anche in un ambiente difficile come quello delle corse. Era molto legato a mamma Neide, tanto da assumere il suo cognome quando iniziò a correre. "C'erano molti Da Silva nel campionato kart brasiliano, mentre Senna non era un cognome molto diffuso", spiegò qualche anno fa Ayrton, ma forse dietro a quella scelta esisteva qualcosa di molto profondo, di intimo e inviolabile
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    La mia famiglia non mi ha fatto mai mancare nulla, mi hanno dato sempre tanto amore. Senza l'affetto dei miei genitori non avrei trovato la forza, l'equilibrio e la chiarezza di sapere dove volevo arrivare.




    Capitolo 1.

    Un campione sui kart



    "Il kart è la cosa più eccitante che ho mai provato nella mia vita. Quando incontri sulla tua strada un avversario bravo quanto te, allora diventa anche un divertimento unico. Rimpiango i tempi del karting, tanto divertimento e pochi problemi."
    (dicembre 1993)


    A dieci anni Senna era già un abile meccanico e cercava qualsiasi stratagemma "ingegneristico" per fare andare più forte degli altri il suo kart. Il sabato, forse perchè preoccupato di cosa poteva accadere lasciando sfogare Ayrton sulle pericolose strade di San Paolo, Milton accompagnava il figlio al piccolo kartodromo di Parque Anhembi.



    Qui Ayrton corse fino al compimento del tredicesimo anno, primo anno utile per iscriversi alle gare ufficiali.



    La prima fu a Interlagos, per molti anni sede ufficiale del Gran Premio di Formula 1 del Brasile, fino a quando la Federazione Internazionale non si spostò sul circuito di Rio de Janeiro. Ayrton trovò nel giovane connazionale Mauricio Sala un avversario tenace e di grande talento. Ma la voglia di vittoria del giovane Da Silva (suo vero cognome, mentre Senna era il cognome della madre che qualche tempo dopo decise di aggiungere al suo nome) era qualcosa che non conosceva ostacoli. Cosi, per tutta la stagione, il duello tra le due giovani promesse monopolizzò l'attenzione dei molti spettatori che ogni domenica si recavano nei kartodromi più famosi del Brasile.



    La supremazia di Ayrton non mancò di attirare su di lui le critiche di un ambiente appassionato ma povero, che quindi mal digeriva la presenza di un furgone-officina del Team Da Silva nei box dei circuiti. Li si poteva trovare tutto: il pezzo mancante, la chiave giusta, l'olio migliore, le gomme nuove. "Ayrton era straordinariamente bravo e determinato", ricorda Sala, "e i nostri duelli furono qualcosa di assolutamente indimenticabile. Ma il fatto che fosse cosi forte e che dipendesse di un'organizzazione efficiente e,per certi versi, addirittura professionistica, attirò su Ayrton l'antipatia di molta gente. "Io lo rispettavo, ma molti vedevano in lui il classico figlio di papà che aveva sempre il meglio." Al tempo, Ayrton aveva solo quindici anni, ma la sete di vittorie, il riuscire a primeggiare sugli altri piloti, erano diventati per lui un'esigenza fisica. Se perdeva stava male. Se vinceva era contento. Senna abbandonò i piccoli kart nel 1977, quando passò alla categoria 100cc, conquistando nello stesso anno il titolo brasiliano e sudamericano. A tutti gli addetti ai lavori sembrò normale la vittoria del debuttante Ayrton, semplicemente perchè tutti riconoscevano in lui il più forte, il migliore. Era sostenuto dai tifosi e ben visto dai giornalisti, sempre disponibile a rilasciare un'intervista e a concedere, con una punta di nascosto imbarazzo, un autografo ai suoi giovanissimi sostenitori. Forse perchè ormai considerato il migliore, forse perchè bisognoso di nuovi stimoli, Ayrton si imbarcò nel 1978 per l'Europa: una nuova tappa verso la gloria. Il suo primo obiettivo fu il campionato del mondo kart a Le Mans, un nome leggendario a cui sono legate alcune delle più belle pagine del mondo dell'automobilismo.



    In Francia, Ayrton non vinse, finendo addirittura sesto. Un buon piazzamento per un debuttante, una totale delusione per un vincente come lui. Alla sconfitta si aggiunse anche l'isolamento, l'assoluta mancanza di comunicazione con gli altri concorrenti, un pò per colpa dell'inglese zoppicante di Ayrton, un pò per il suo carattere chiuso. Comunque, ancora oggi, gli avversari di allora ricordano quello strano "oggetto misterioso" con grande rispetto, sottolineando come "la cosa che più colpiva di lui era la straordinaria padronanza del mezzo, la scioltezza con cui riusciva a guidare. Se fosse stato più estroverso, forse sarebbe diventato l'idolo anche di noi piloti, perchè la gente, i tifosi, già impazzivano per lui." Nel 1979 Ayrton Senna, ormai considerato dagli addetti ai lavori uno dei migliori piloti di kart del campionato, si presento a Jesolo per l'annuale manifestazione, seconda solo come importanza al Mondiale. Anche in questa occasione non mancò di ribadire la sua assoluta eccezionalità. Mentre la maggior parte degli altri piloti preferì trascorrere lunghe ore sulle assolate spiagge del lido, il brasiliano studiò nei minimi particolari la pista, curando in modo maniacale il proprio kart. Sentiva il "dovere" di essere il migliore in ogni occasione, in prova in gara. A Jesolo, Ayrton si trovò a competere con un avversario oggettivamente più esperto e impaziente di lui, l'inglese Terry Fullerton, vincitore delle ultime quattro Coppe dei Campioni kart. Andò cosi anche quell'anno, complice un incidente di Senna, schizzato sulle protezioni alla seconda curva del circuito e tradito si dalle gomme, ma ancor prima dalla sua irrefrenabile smania di essere primo. L'errore, in quella occasione, fu solo ed esclusivamente di Ayrton. Non cosi pochi mesi dopo ai campionati del mondo a Estoril in Portogallo. Durante le prove, Senna ebbe un grave incidente scontrandosi con un altro concorrente e ribaltandosi più volte. A tradirlo, stavolta, era stata la possibilità di accontentarsi: "L'incidente avvenne in semifinale, quando mi bastava arrivare secondo per aggiudicarmi la migliore posizione in griglia di partenza della finale. Il concorrente che mi precedeva grippò il motore , piantandosi improvvisamente. Non riusciì ad evitare di tamponarlo e cosi finiì la gara lontano dai primi. Ero molto arrabbiato, perchè mi sentivo che quell'incidente mi sarebbe costato il titolo, anche se ero convinto di essere il più forte." E fu cosi. Per la gioia di Fullerton. L'appuntamento con l'inglese volante venne fissato a Nivelles, in Belgio, sede del mondiale 1980. La voglia di dimostrare a tutto l'ambiente che il migliore era lui costò ad Ayrton la prima batteria, conclusa con una mesta uscita di pista. Andò meglio nelle due gare successive, dove il brasiliano raccolse un primo e un terzo posto, ma l'impegno non fu sufficiente a consacrarlo campione del mondo. Fu solo secondo, cosi coma a Estoril. Battuto, ma sempre convinto di essere il più veloce. Il mondiale in Belgio rappresentò una tappa molto importante per Senna, per la prima volta di fronte ad un bivio: continuare a correre nei kart, con un impegno finanziario alla sua portata e rischi ridotti, oppure tentare la scalata alla Formula 1, con tutti gli ostacoli e i dubbi che questa scelta avrebbe comportato. "Formula Ford 1600, poi la 2000, quindi la Formula 3 e infine la Formula 1. Quella era la mia strada, la vita che avevo scelto fin da bambino. I motori erano tutto per me, vivere senza poter provare il brivido del rischio e il sapore della competizione, non aveva senso. C'era solo un problema: chi poteva dare fiducia ad un brasiliano che parlava male l'inglese e amava poco la vita mondana?"[/color]

    Io voglio vincere sempre. L'opinione secondo cui la cosa importante è competere è un assurdità





    Capitolo 2.

    Il grande salto: dai kart alla Formula Ford



    "Ho lasciato il mio paese e la mia famiglia perchè voglio diventare un pilota di Formula 1. Sono in Europa per fare esperienza e per cominciare a far conoscere il mio nome nell'ambiente. Forse qualcuno mi darà la possibilità di realizzare il mio sogno".
    (Londra, marzo 1981)


    Nella primavera del 1981 Ayrton Senna Da Silva era riuscito a fissare un appuntamento a East Anglia, nell'ufficio di Ralph Firmin, responsabile del team Van Diemen, uno dei migliori in circolazione. Quell' incontro rappresentava la grande occasione di Ayrton. Furono sufficienti un'ora nell'ufficio e una cena in un ristorante italiano per far capire a Firmin le intenzioni del suo nuovo brasiliano (la Van Diemen aveva già avuto in squadra Carlos Pace, Roberto Moreno, Chico Serra e Raul Boesel). Ayrton si trasferì presto a Norfolk, in un piccolo appartamento di due stanze dove erano soliti alloggiare i piloti della scuderia. Il programma per la prima stagione comprendeva la sua partecipazione a tre dei maggiori campionati di Formula Ford 1600: il P&O Ferries, il Townsend Thoresen e il RAC (sponsorizzato dal Royal Automobile Club).



    Alla fine però, tutte le corse si svolgevano nei medesimi tracciati, da Brands Hatch a Mallory Park, da Snetterton a Outlon, fino a Thruxton. Il campionato Ford 1600 è quanto di meglio esista per forgiare un pilota che abbia ambizioni di Formula 1. Le vetture sono piccole e molto nervose e il fatto di gareggiare con lo stesso motore sulle stesse piste metteva su un ruolo di sostanziale parità tutti i concorrenti. Al giovane brasiliano venne affidata per impratichirsi una macchina con il telaio dell'anno precedente ed un motore ormai spompo.




    "Non era stata ancora completata la macchina nuova" , ricorda Firmin, "e in tutta sincerità sarebbe stata una pazzia affidare il mezzo più competitivo ad un giovane pilota alla sua prima vera esperienza automobilistica. Ma quello che riuscì a fare Ayrton con quella vecchia macchina lasciò tutti senza fiato.



    Si capiva che possedeva un talento raro, era incredibile come entrasse subito in sintonia con la vettura. A volte però, il cosiddetto 'piede pesante' non è sufficiente per emergere, ma il toccare con mano la professionalità e la smania di perfezionismo di Ayrton mi rassicurò subito. Ero convinto che avremmo vinto molte corse durante la stagione." Per il giorno del suo debutto, Senna studiò la macchina e percorso fin nei minimi particolari. Non voleva che qualcosa potesse rovinare quel fantastico momento. Il primo marzo a Brands Hatch si apriva il campionato P&O, uno degli obiettivi della scuderia Van Diemen.



    La pista si presentò subito molto impegnativa, tanto che Ayrton preferì non rischiare tutto subito, qualificandosi nelle posizioni di mezzo. Alla fine della corsa, dopo una gara caratterizzata da numerosi colpi di scena, la Van Diemen riuscì a piazzare quattro macchine nei primi cinque posti. il quinto classificato era Senna. Al di là del risultato, furono in molti gli addetti ai lavori impressionati dalla voglia di vittoria di quel giovane brasiliano dalla parlata inglese impossibile. Eppure, quella di Brands Hatch rimase l'unica corsa P&O disputata da Senna. Per la gara successiva, programmata sul circuito di Thruxton, Ayrton guidò in maniera impeccabile, agguantando con caparbia uno spettacolo terzo posto. La prima vittoria di Senna giunse il 15 marzo a Brands Hatch, seconda prova del campionato Townsend Thoresen. Quel giorno non ci fu storia e, fin dai primi minuti, il giovane brasiliano misa al sicuro la vittoria. Gli avversari cominciarono a capire che battere Ayrton non sarebbe stato più molto facile. Poi venne il grande giorno di Snetterton. La corsa prese il via sotto un cielo cupo e, per molti giri, Senna conservò a fatica la prima posizione, poi arrivò la pioggia e le cose cambiarono. "La gara era appassionante" ricorda Dennis Ruschen, responsabile della Van Diemen di Formula 2000, "anche se quel brasiliano di cui mi avevano parlato era primo solo per pochi decimi di secondo. Poi iniziò a piovere improvvisamente e, in meno di trenta secondi Senna, staccò tutti di oltre mezzo giro. La differenza l avevano fatta gli altri piloti, che avevano rallentato, tutti tranne lui. Forse si era accorto dell'uragano che gli si era scatenato intorno." Sta di fatto che Rushen, impressionato da quello che aveva appena visto, propose a Senna di correre in Formula 2000, e per sole 10.000 sterline. "Ma quando vedi un pilota correre in quel modo sotto la pioggia, anche 10 sterline diventano sufficienti." Alla fine dell'anno Ayrton aveva vinto dodici gare su venti, piazzandosi cinque volte al secondo posto, una volta al terzo, una al quarto e una volta al quinto. Aveva trionfato nel campionato Townsend Thoresen e nel RAC ma, all'indomani dell'ultima gara di Brands Hatch, comunicò ai giornalisti la sua intenzione di lasciare le corse per tornare in Brasile. Era molto abbattuto per la mancanza di uno sponsor che potesse sostenere il suo passaggio alla Formula Ford 2000, mentre il padre premeva sempre di più per riavere il figlio a casa ad occuparsi dell'azienda di famiglia. Una situazione insostenibile e difficile da gestire. "Decisi di lasciare tutto perchè la delusione era più grande della soddisfazione di aver vinto due campionati al primo colpo", raccontò tempo dopo Senna, "Avevo finito i soldi e nessun sponsor si era fatto avanti, nonostante avessi spedito in Brasile le mie foto e i risultati di ogni gara. La gente era troppo presa dalle vittorie di Piquet in Formula 1 per occuparsi della Formula Ford. E se i giornali non parlavano di me significava che aveva troppa poca pubblicità per aspirare a qualcosa di più". Partecipò al mondiale kart di Parma, piazzandosi solo al quarto posto, quindi snobbò la grande kermesse del festival della Formula Ford a Brands Hatch che ogni anno chiudeva la stagione agonistica consentendo ai piloti una vetrina di grande prestigio. Quello di Ayrton non fu un addio, come molti pensarono, ma un arrivederci. Infatti, all'inizio del 1982, Senna telefonò a Dennis Rushen e si accordò con lui per la stagione di Formula Ford 2000 che stava per cominciare. "La decisione di tornare in Inghilterra venne presa di comune accordo con mio padre", rivelò Senna. "Stipulammo un accordo che prevedeva la resa di tutti i soldi che mi avevano prestato per correre appena fossi stato in grado di farlo. Il lavoro d'ufficio non faceva al mio caso. La mia vita erano le corse, e questo lo comprese anche la mia famiglia." Ayrton arrivò a Londra pochi giorni prima dell'inizio del campionato e non ebbe il tempo di provare la macchina.



    Ma il 7 marzo a Brands Hatch, prima prova del campionato Pacific British, il brasiliano vinse la corsa facendo registrare anche la pole position e il giro più veloce.



    Le cose non cambiarono neppure per le successive gare e ,alla fine dell'anno,dopo aver partecipato a venti prove del Pacific British e a nove dell'Efda (il campionato europeo di Formula 2000), Ayrton aveva collezionato 23 vittorie, 2 secondi posti e 4 ritiri.



    Ormai tutti, nell'ambito automobilistico, parlavano di questo straordinario brasiliano che correva con i soldi del padre . Tra gli estimatori di Senna c'erano anche i dirigenti della scuderia Toleman, una piccola squadra ma pur sempre di Formula 1. Alex Hawkridge, il direttore sportivo della Toleman, era cosi convinto delle eccezionali capacità di Senna che gli propose una sponsorizzazione per correre in Formula 3. Ma lui rifiutò. "Tutta la squadra era convinta che Ayrton possedeva un talento unico", rivela Hawkkridge, "e facemmo di tutto per metterlo sotto contratto. Gli assicurammo tutta l'assistenza tecnica ed economica per una stagione di Formula 3, indispensabile per ottenere la superlicenza utile per correre in Formula 1. Ma lui non ne volle sapere. Credeva nelle proprie possibilità, e una volta ottenuta la superlicenza voleva essere libero di scegliere la squadra migliore. Il suo obiettivo non era semplicemente "correre" in Formula 1, ma vincere"


    È la voglia di vincere che mi spinge ad andare avanti. È questa la mia maggiore motivazione; la voglia di vincere è ciò che mi spinge a gareggiare.







    Capitolo 3.

    A un passo dal paradiso



    "Ho deciso di partecipare al campionato di Formula 3 solo perchè rappresenta l'unico modo per arrivare a correre in Formula 1. Il mio obiettivo non è vincere il campionato, ma cercare di arrivare a gareggiare, prima possibile, con i migliori" (Silverstone, 6 marzo 1983)

    Alla fine del 1982, Ayrton Senna partecipò ad una gara di Formula 3 sul circuito di Thruxton, non valevole per il campionato. Lo aveva convinto Dick Bennetts, team manager della West Surrey Racing. Gli venne affidata la macchina di un pilota argentino, Marsilla, e lui, effettuando solo poche modifiche, stabilì la pole position al sabato e vinse la gara di domencia con il miglior tempo sul giro.



    "Ci accordammo subito", ricorda Bennetts, "visto che in cuor suo sapeva di poter disporre di una macchina vincente ad un prezzo accettabile, coperto da alcune piccole sponsorizzazioni e dai suoi risparmi." In considerazione di quello che aveva dimostrato a Thruxton, i pronostici per la stagione erano tutti per Senna.



    Solo l'inglese Martin Brundle sembrava in grado di ostacolare la marcia verso il titolo di Ayrton. "Avevo sentito parlare molto di lui", dice Brundle, "e personalmente avevo assistito ad alcune delle sue vittorie in Formula Ford. Quello che mi sembrava strano era sentire i giornalisti e tecnici rasseganti alla vittoria di Ayrton. Mi suonava male perchè era un debuttante. Ma forse, dentro di me, anch'io ero convinto che nessuno avrebbe frenato la sua corsa." Dalla prima gara del 6 marzo alla nona del 30 maggio, entrambe corse sul velocissimo tracciato di Silverstone, Ayrton Senna e la sua Ralt-Toyota non diedero scampo agli avversari, facendo un impressionante pieno di vittorie, pole position e giri veloci.



    La prima sconfitta del brasiliano arrivò il 12 giugno, ancora una volta a Silverstone. Un'errata scelta di gomme penalizzò Ayrton a beneficio di Brundle che, cosi, ebbe modo di battere l'acerrimo avversario e far gioire il suo team manager. Eddie Jordan, che non provava molta simpatia nei confronti di Senna: la colpa è da attribuirsi ad un provino dell'anno precedente, completamente gratuito, a cui Ayrton non aveva dato risposta. "Reputavo Senna un grande pilota", confessa Jordan, "ma sotto il profilo umano lasciava molto a desiderare. Era inaffidabile, troppo concentrato sulla vittoria per tenere conto dei rapporti umani con i colleghi e gli addetti ai lavori. Per lui esistevano solo la macchina e la promozione degli sponsor e stampa. Nient'altro. Ormai il duello tra noi(Jordan e il suo pilota Brundle) era diventata una questione personale, una battaglia all'ultimo sangue, incredibile. Feci molta attenzione a tenere sempre alto il morale di Martin, cercando di convincerlo delle sue potenzialità. Ad un certo punto credeva di essere bravo quanto Senna, anche se, in realtà, tutti sapevamo che non era vero. Ma a volte le gare si decidono prima della partenza, lavorando sul pilota." La delusione per la mancata vittoria a Silverstone si fece sentire nelle due successive gare. A Cadwell Park Senna conquistò la pole position, ma un'incauta manovra alla terza curva del circuito lo fece uscire di pista contro il guard-rail. Risultato: macchina distrutta, un commissario di pista in ospedale e la vittoria a Martin Brundle. A Snetterton, tre settimane dopo, Ayrton rimase per tutta la gara tra Brundle e Dave Jones fino a quando, a tre giri dalla fine, tentò il sorpasso impossibile: due ruote in pista e due sulla terra. Si correva vicino a Norfolk, città natale di Brundle e la rivalità (sostenuta a grandi titoli anche dalla stampa specializzata) tra il pilota inglese e il campione brasiliano era ormai diventata una questione nazionale. Brundle vide sbucare Senna alla sua destra ma non gli lasciò strada. I due viaggiarono affiancati per alcune centinaia di metri, fino a quando Ayrton non si trovò con il muso della sua Ralt infilato nelle gomme poste a protezione del muretto. Venne aperta un'inchiesta per accertare le responsabilità dell'incidente, ma gli spettatori presenti non se la sentirono additare il loro campione, così Brundle se la cavò a buon mercato, senza una multa e senza il ritiro della licenza.



    Il vantaggio di Ayrton si stava assottigliando sempre di più. "Ayrton non riusciva a capire che a volte era necessario accontentarsi", cerca di spiegare Bennetts. "Lui non conosceva le mezze misure, voleva solo vincere, non arrivare secondo. I punti avevano per Senna un importanza relativa, perchè solo la vittoria appagava il suo straordinario talento, ma alla fine riuscii a farlo riflettere sul fatto che il campionato si era riaperto. Occorreva accettare anche una sconfitta se voleva diventare campione".



    Due vittorie (entrambe a Silverstone), due secondi posti ( a Donington e a Silverstone) e tre ritiri (due a Outlon e uno a Thruxton) di Senna avevano riaperto il campionato e, prima dell'ultima gara a Thruxton, la classifica vedeva Brundle primo con 113 punti e Senna secondo con 112. Ayrton era deciso a presentarsi al cospetto dei grandi team di Formula 1 con il titolo in tasca, cosa che gli avrebbe garantito un trattamento decisamente migliore. Con rabbia e determinazione conquistò la pole position e, tenendo conto che aveva vinto durante l'anno tre delle quattro gare disputate a Thruxton , la speranza di vincere il campionato stava diventando certezza. Senna schizzò via come un proiettile alla partenza e, nel corso di sei giri conquistò un notevole vantaggio su Brundle e Jones. Merito anche di un piccolo trucco: aveva coperto lo scarico del radiatore dell'olio per far scaldare più velocemente il motore, a tutto vantaggio della velocità. Quando si accorse che la temperatura dell'olio era arrivata a livello di guardia, Ayrton si slacciò la cintura di sicurezza e tentò di liberare lo scarico. Lo fece, però, a poche centinaia di metri dalla chicane più impegnativa del circuito. Una follia, con la forza della disperazione. Bennetts di fronte a quella scena chiuse gli occhi, non voleva vedere il suo pilota buttar via il campionato andando fuori strada. Alla fine, con la forza della disperazione, Senna riuscì a liberare lo scarico e ad impostare in qualche modo la curva, 'ballando' dentro l'abitacolo in amniera fin troppo evidente. Sul podio Ayrton rese omaggio al suo avversario, definendo Brundle il pilota più competitivo che aveva mai incontrato.



    Ma per lui la Formula 3 era già un ricordo, proiettato com'era con la mente alla Formula 1. Ci sarebbe arrivato da campione.


    Credo che ogni pilota sia convinto di essere il migliore e di poter vincere tutto.






    Capitolo 4.

    L'olimpo dei campioni



    La Formula 1 è un ambiente difficile. Il mio primo obiettivo sarà quello di conoscere l'ambiente e la squadra, poi cercherò di concentrarmi sulle corse per vincerne il più possibile. Sono fiducioso"
    (Londra, maggio 1984)


    Durante l'ultimo anno di Formula 2000 e nel corso della stagione di Formula 3, Ayrton Senna, cosi come molti altri giovani piloti, ebbe modo di provare alcune monoposto di Formula 1. Fece una serie di prove con Brabham, McLaren e Williams, ma nè Bernie Ecclestone (team manager della Brabham), nè Ron Dennis (responsabile della scuderia Marlboro McLaren) nè Frank Williams (proprietario della Williams) erano disposti a far esordire il giovane campione brasiliano.







    La loro era stata una proposta di sponsorizzazione per il campionato di Formula 3, in attesa di verificare le effettive qualità del pilota. Alla fien del 1983, con il campionato vinto in volata su Brundle, Ayrton venne convocato da Chris Witty, direttore sportivo della Toleman, per una prova. L'appuntamento venne fissato a Silverstone e, fin dal primo giro, Senna entrò in possesso della macchina. Non l'aveva mai guidata, ma sembrava conoscere ogni sua piccola particolarità. Alla fine dei giri previsti, il miglior tempo fatto segnare da Ayrton era di oltre un secondo inferiore a quello registrato da Derek Warwick (pilota 1983 della Toleman) in occasione del Gran premio d'Inghilterra.



    "Non fu difficile capire che Senna era l'uomo giusto per noi", ricorda Witty. "Appena salì in macchina si trovò a proprio agio e gli furono sufficienti due giri per comprendere i limiti della macchina. Il fatto che non riuscisse a comunicare alla perfezione con i meccanici non fece altro che confermare le nostre sensazioni." Dopo aver valutato tutte le offerte e la situazione specifica - Ted Toleman aveva già avuto un contatto con Martin Brundle che, pur essendo meno forte di Senna era inglese, come la scuderia -, Ayrton firmò per la Toleman. L'unica alternativa valida era la Brabham, ma il veto posto da Nelson Piquet nei confronti di Senna sembrava un ostacolo difficilmente superabile. "La scelta di correre con la Toleman mi sembrava la migliore che potessi prendere", rivelò più tardi il pilota. "Era una squadra giovane, guidata da persone serie. All'inizio non ero molto convinto, volevo avere delle garanzie precise e non nego di aver sperato nell'offerta di qualche squadra importante. MA alla fine compresi che il team era pronto ad impegnarsi per me. Un'occasione da non perdere per muovere i primi passi." Il debutto di Senna in Formula 1 avvenne in occasione del Gran Premio del Brasile, ma l'emozione di correre davanti alla sua gente e la rottura del turbo gli impedirono di concludere la corsa. Ma già in occasione della seconda gara, in Sudafrica, Ayrton conquistò il suo primo punto mondiale, finendo sesto.



    L'episodio più significativo della stagione con la Toleman fu senza dubbio il Gran Premio di Monaco, nella splendida ed esclusiva cornice di Montecarlo. Ayrton si trovò subito a suo agio nello stretto circuito cittadino (in undici anni di Formula 1 Senna ha vinto per ben 6 volte a Montecarlo) e in prova fece segnare un incoraggiante settimo tempo. La gara si svolse sotto un' autentico uragano e, chi ha corso a Montecarlo, sa che il più piccolo errore viene pagato a caro prezzo. Sotto la pioggia le possibilità dio errore del pilota vengono decuplicate e i margini di recupero pressochè azzerati.



    Se al primo giro Ayrton era stato superato da due concorrenti, dodici giri dopo era già risalito fino alla quinta posizione. Superò nell'ordine Arnoux e Lauda. Tra Senna e la sua prima vittoria iridata era dunque rimasto solo Alain Prost,l'idolo di casa, il "Professore" come era stato soprannominato. Ma neppure i calcoli del campione francese riuscirono a fermare uno scatenato Senna.



    Sembrava che per lui la pioggia fosse un aiuto invece che un pericoloso ostacolo. Dal ventesimo al trentunesimo giro, il brasiliano guadagnò su Prost quasi trenta secondi, diciannove dei quali in soli cinque giri. C'erano meno di otto secondi tra il francese e Senna, sarebbero bastati ancora un giro e mezzo considerato il ritmo di Ayrton (nel trentunesimo giro il brasiliano girò quattro secondi e mezzo più veloce di Prost). Ma improvvisamente, Jacky Ickx direttore di gara da qualche anno del Gran Premio di Monaco, decise di interrompere la gara al trentaduesimo giro, proprio nell'istante in cui Senna superava di slancio l'impotente e sorpreso Prost. Purtroppo per il brasiliano la classifica finale venne stilata al giro precedente: 1° Prost - 2° Senna. Alla fine della gara, di fronte ad un evidente scippo, Ayrton si lasciò sfuggire un semplice "Sono molto arrabbiato, anche se ho dimostrato quello che posso valere a parità di macchina", ma alcuni anni più tardi, dimenticata la delusione per quella vittoria sfuggita per un giro disse: "Ero sicuro di quello che facevo, e ormai avevo Prost nel mirino. Non so se una volta superato il francese sarei riuscito a vincere, ma quello che è certo è la straordinaria prova che diedi. A posteriori, quel secondo posto valse più di una vittoria in termini di pubblicità." Alla fine della sua prima stagione di Formula 1, Ayrton Senna raccolse due sesti posti (Sudafrica e Belgio), due terzi (Brands Hatch e Estoril) e un secondo posto (Montecarlo).



    Un bottino sufficiente per convincere la Lotus di Peter Warr ad ingaggiare il "mago della pioggia". I primi contatti tra la scuderia fondata da Colin Chapman e Senna risalivano già a Montreal, in occasione del GP del Canada, ma le voci di mercato si rincorsero fino a quando la Lotus non distribuì a Zandvoort un comunicato stampa nel quale si annunciava la firma di Ayrton per la squadra griffata John Player Special.



    La Toleman ci rimase molto male per quell'episodio, giustamente, si sentiva tradita dal pilota e, per questo appiedò Senna in occasione del GP di Monza. Fu una scelta estrema ma corretta. Ayrton, nella sua rincorsa verso il titolo di campione del mondo, si era comportato male. Ayrton rimase alla Lotus per tre stagioni, potendo disporre di un buon motore (Renault) e di una squadra al suo totale servizio.



    Tra gli episodi più significativi dell'avventura di Senna con la scuderia inglese c'è sicuramente il GP del Portogallo del 1985, dove il brasiliano colse la sua prima pole position in Formula 1. Quello che più conta però è la sua prima vittoria. Domenica 21 aprile pioveva molto, quasi come era capitato un'anno prima a Montecarlo.



    Alla fine furono soltanto dieci i piloti che riuscirono ad uscirne indenni da quell' autentico inferno d'acqua, anzi nove, perchè Senna fece una gara a parte, con se stesso, migliorandosi giro dopo giro. Per lui, il "mago della pioggia", l'acqua sembrava essere l'elemento naturale. "Ho avuto molta paura", dichiarò in sala stampa dopo la vittoria. "La visibilità era minima mentre il rischio di uscire ad ogni curva era molto alto. Ho perfino messo quattro ruote sull'erba prima di rientrare in pista. Credo di essere stato fortunato ma anche bravo. Mi piace correre sotto la pioggia, non per il rischio, ma per la soddisfazione di guidare all'estremo delle possibilità una macchina di FOrmula 1." Ayrton chiuse il campionato 1985 al quarto posto con trentotto punti, in virtù di quattro podi e due vittorie, all'Estoril e a Spa. L'indimenticato e sfortunato Elio De Angelis (scomparso nel 1986 a causa di un incidente con la sua Brabham durante alcune prove private al PAul Ricard) si vide costretto a cambiare squadra, perchè Ayrton impose a Warr di concentrarsi solo su di lui.



    Venne scelto come secondo pilota nel 1986 Johnny Dumfries ma, se da una parte Senna raggiunse il suo obiettivo, dall'altra il grande Circus della Formula 1iniziava ad interrogarsi sulle effettive qualità umane del brasiliano. Come pilota non si discuteva, ma nei rapporti personali Ayrton lasciava molto a desiderare.



    Migliorò con il tempo ma all'epoca era davvero una persona impossibile." forse durante i miei primi anni in Formula 1", confessò tempo dopo "ero più attento alla ricerca del risultato che non a stringere amicizia con gli altri piloti. Eppure, la mia non voleva essere una mancanza di rispetto verso gli altri, solo che per ottenere il massimo dalla macchina era necessario concentrarsi su di essa. Non c'è tempo per nient'altro che quello." E il carattere difficile , da dominatore, di Senna traspare anche dalle parole di Jo Ramirez, per anni responsabile in pista della McLaren, uno dei pochi addetti ai lavori che possono dire di aver conosciuto 'veramente' il pilota. " Se una squadra non si mette a totale servizio di Ayrton rischia di spaccarsi. Lui è capace di regalarti gioie incredibili, di valorizzare al massimo il tuo lavoro, ma pretende il cento per cento da tutti. Ti costringe a lavorare fino a notte fonda pur di risolvere l'ultimo dei problemi, anche se piccolo.



    E' un perfezionista, a volte anche un grande arrogante, ma se lo conosci fino in fondo riesci a superare anche questo lato del suo carattere." Alla fine del 1987, nonostante un onorevole terzo posto nel mondiale e con alle spalle due vittorie e un'infinità di piazzamenti, Ayrton comprese che la strada verso il titolo di campione del mondo non passava per la Lotus.



    Non fu una scelta facile, ma l'unica consentita. "La Lotus ha avuto un ruolo molto importante nella mia crescita professionale", disse alla fine del campionato, "ma è giunto il momento di fare delle scelte importanti. Qui ho molti amici, ma le corse non si vincono con i sentimenti." Ai più questa dichiarazione potrebbe sembrare fin troppo cinica e spietata, ma nel mirino di Ayrton c'era la McLaren, lo squadrone imbattibile che aveva monopolizzato le ultime tre stagioni con l'accoppiata Prost-Lauda.


    Finora ho fatto tante pole position: in confronto a questo dato, i giri veloci che ho segnato in gara sono relativamente pochi. La ragione di ciò è che non sempre ritengo che spingere al massimo per tutto un gran premio sia la scelta giusta: tutto il contrario di ciò che certa gente pensa, cioè che io rischio troppo, continuamente






    Capitolo 5.

    Alla corte del professore



    "Molti dicono che sono un pilota difficile. Un compagno di squadra scomodo. Ma quello che conta è avere rispetto per chi lavora, solo così si può mantenere un buon rapporto umano e professionale. Quando non c'è rispetto allora è finita."
    (Portogallo 1990)


    Ayrton Senna ha indissolubilmente legato il suo nome alla McLaren e al suo proprietario, Ron Dennis. L'ultimo sfortunato passaggio alla Williams non può cancellare una collaborazione durata sei stagioni, che ha consentito al pilota brasiliano di vincere tre titoli mondiali, perdendone uno, storico, solo per una feroce rivalità con Alain Prost, il "Professore" della Formula 1.



    Un abisso, sportivo e umano, ha sempre diviso i due piloti che non hanno esitato a rischiare la loro stessa vita per danneggiarsi l'un l'altro (Suzuka 1989 e 1990).



    Non si trattava di scorrettezza ma di autentico odio. I primi contatti tra Senna e Ron Dennis avvennero alla fine del 1982, quando il tema manager si disse disponibile a sostenere economicamente la stagione di Formula 3 del brasiliano, che però rifiutò l'offerta. Dennis non comprese mai quella scelta. Ad inizio di stagione, giornalisti e addetti ai lavori erano per una volta d'accordo sul pronostico: nessuno sarebbe stato in grado di fermare la marcia di Senna e della sua McLaren. Questo unanime consenso per il brasiliano era avvalorato da una semplice considerazione: l'anno precedente Ayrton era riuscito a conquistare oltre cinquanta punti con una macchina, la Lotus, nettamente inferiore alla concorrenza. La somma era semplice, quindi.



    La sua macchina più competitiva (McLaren) guidata dal pilota più veloce (Senna) non poteva che significare il titolo mondiale. E cosi fu. Ayrton vinse il campionato 1988 trionfando in otto gare e accontentandosi del secondo posto in tre. Un ruolino di marcia che non lasciò speranze a nessuno, neppure a Prost, irritato dall'evidente supremazia del compagno di squadra.



    I due non si aiutarono durante la stagione e, all'interno della McLaren nacquero, di fatto, due squadre. Ognuna con una propria struttura e metodi di lavoro differenti. La prima scintilla in gara tra Senna e Prost si accese in occasione del GP d'Inghilterra sul velocissimo circuito di Silverstone. Quel giorno la pioggia caratterizzò una gara molto pericolosa e, per un istante, i due piloti della McLaren furono sul punto di toccarsi.
    Avvenne verso la fine della gara, quando Prost accusò un problema alla frizione e Senna era lanciato verso la vittoria. La manifesta superiorità del brasiliano sul compagno scatenò la stampa specializzata francese che accusò il "Professore" di non avere il fegato sufficiente per competere con Senna sul bagnato. Prost, idolo di patria, soffrì molto per questa situazione: la rivalità tra i due iniziò a crescere e decollò definitivamente all'Estoril. Fin dai primi giri, la gara era diventata un' affare privato per i due galletti della McLaren che, ad un certo punto, si presentarono affiancati davanti ai box.



    Viaggiavano ad oltre 300 km all'ora, ma tra le due macchine la distanza si misurava in centimetri. Alla fine del rettilineo c'era una curva molto impegnativa e stretta, non si poteva passare in due. I deboli di cuore chiusero gli occhi perchè un eventuale toccata tra i due si sarebbe risolta tragicamente. Alla fine Prost accelerò e riuscì a precedere il compagno, ma l'incidente era stato evitato solo per miracolo. "Se vuole vincere il Mondiale con questi mezzi lo dica subito e vedrò di adeguarmi", disse dopo la gara il francese, visibilmente sconvolto nonostante la vittoria. Ayrton si limitò a dire di essere molto arrabbiato. Il campionato si risolse a Suzuka, alla penultima gara. Se Senna avrebbe vinto si sarebbe laureato campione del mondo, indipendentemente dal piazzamento di Prost. Ayrton passò dei brutti momenti alla partenza per via della frizione, e cosi fu costretto a fare una gara tutta in salita, rincorrendo il Professore. A metà corsa Senna riuscì a superare il rivale, anche se la pioggia da leggera era diventata molto fitta. A sei giri dalla fine, anche il "mago della pioggia" agitò le braccia per chiedere la conclusione della corsa. Era diventato impossibile tenere in strada la macchina. Ma, alla fine, la bandiera a scacchi consegnò a Senna il suo primo titolo mondiale.



    In cuor suo era sicuro che un giorno o l'altro avrebbe raggiunto il suo sogno e durante l'intervista di rito a fine gara scoppiò in un pianto a dirotto. Mentre il Brasile era in festa. "Oggi ho vinto qualcosa di più di una gara di Formula 1 ", disse il campione. "Sono molto contento, ma credo di meritare questo titolo per tutti i sacrifici che ho fatto durante la mia carriera. Ringrazio Dio di avermi dato la forza di arrivare dove ho sempre desiderato." Il Gran Premio del Giappone ha sempre rappresentato qualcosa di particolare nella personalissima sfida tra Prost e Senna. Infatti, i successivi due titoli mondiali si decisero a Suzuka e sempre in maniera spettacolare e traumatica allo stesso tempo. Il campionato 1989 si decise proprio come l'anno precedente sul circuito di proprietà della Honda. Questa volta, però, era Prost in posizione più favorevole. Gli bastava finire davanti a Senna per conquistare il titolo. Le prove videro ancora primeggiare Ayrton, ormai conosciuto come il "signore della pole". Significativa fu la dichiarazione di Prost prima della partenza: "Quest'anno ho alzato il piede molte volte per evitare di toccarmi con lui, ma questa volta non gli lascerò spazio." Al 46° giro, dopo una rincorsa a Prost che sembrava non finire mai, Ayrton cercò di anticipare l'avversario infilandolo in una chicane dove era obiettivamente impossibile superare. Lui tentò lo stesso. Prost non gli diede strada, come aveva promesso, e così i due si toccarono finendo dritti nella corsia di fuga.



    Ayrton proseguì ma venne squalificato per aver saltato la chicane. Prost vinse il mondiale. Ma chi aveva sbagliato dei due? Prost: "Ero in testa dall'inizio della gara e nella chicane ero io a poter impostare al meglio la curva. Lui ha voluto tentare una manovra scorretta e impossibile. Siamo usciti di strada e lui è stato giustamente squalificato. " Senna:"La chicane era l'unico posto dove potevo superare il mio avversario, ma lui non mi ha dato strada e siamo finiti fuori." Ayrton rimase molto male per quell' epilogo quantomeno burrascoso e per un attimo meditò addirittura il ritiro. Tornò in Brasile.




    "Alla fine del 1989 ero intenzionato a lasciare la Formula 1", disse all'inizio del campionato 1990 il brasiliano. "Volevo staccare la spina e allontanarmi dalle corse. Ero disgustato non volevo correre in quel modo. Poi, grazie all'affetto della famiglia, sono riuscito a raggiungere nuovamente il giusto equilibrio e così decisi di continuare. Il problema più grosso fu quello di superare il rancore e la rabbia, sentimenti giustificati in un uomo che sente di aver subito un ingiustizia." Una grossa spinta gli venne data dall'annuncio del passaggio di Prost alla Ferrari. Non avrebbe più dovuto dividere con l'odiato nemico i box. Quello del 1990 fu un campionato strano, caratterizzato da prestazioni altalenanti sia di Senna che di Prost. E così si arrivò a decidere il campionato ancora una volta a Suzuka. La sensazione comune era di una Ferrari decisamente competitiva e di una McLaren leggermente in affanno. con grande grinta e consapevolezza dei propri mezzi, Ayrton ottenne la pole position. Su quella avrebbe potuto impostare la propria gara. Di fianco a lui c'era Prost che non poteva permettersi di farsi battere dal rivale. La prima curva fu decisiva: il francese bruciò il semaforo e superò Senna di potenza. Il brasiliano riuscì però a riguadagnare qualche metro e, alla prima curva, i due si trovarono praticamente affiancati. Prost, a sinistra, allargò leggermente verso l'esterno. Questa minima manovra consentì a Senna di infilare il muso della sua McLaren all'interno della curva: pochi metri dopo ci fu l'inevitabile scontro e l'uscita di strada.




    Questa volta a vincere il Mondiale fu Senna. La Ferrari non presentò reclamo ma definì Senna scorretto e pericoloso. Prost, da parte sua, era moderatamente arrabbiato. Chi invece mostrò grande sdegno fu l'opinione pubblica. I fans della Formula 1 rifiutavano l'idea che, per la seconda volta, un campionato venisse deciso da una gara di autoscontro. "Senna sapeva che era impossibile passare all'interno della curva visto che ero io davanti", commentò Prost. "Ma il suo obiettivo non era superarmi, era buttarmi fuori strada. E' disgustoso quello che ha fatto, un bell' esempio per i giovani. Con lui ho chiuso, è un uomo che non vale niente. Per lui la vittoria è l'unica ragione di vita, è un pazzo pericoloso." Ayrton, contento di aver vinto il suo secondo titolo mondiale, disse semplicemente "che a volte le gare finiscono subito dopo il via e a volte a sei giri dalla fine..." Riferimento più che evidente all'episodio dell' anno precedente.


    Tutti vogliamo vincere e c'è soltanto un posto per la vittoria, soltanto un numero uno


    Capitolo 6.

    L'inizio della leggenda



    "Alla curva veloce del Tamburello ci sono alcuni gradini che fanno sbattere la macchina a terra e accentuano la tendenza ad andare dritti. Spero che si faccia qualcosa al più presto."
    (Imola, 8 marzo 1994)

    Così come era accaduto nel 1988, quando Ayrton passò dalla Lotus alla McLaren campione del mondo, il campionato 1994 aveva assunto per Senna un sapore particolare. Dopo aver vinto senza fatica il mondiale nel 1991, il brasiliano era stato costretto a correre per due anni con una macchina nettamente inferiore alla Williams,




    guidata alla vittoria nel 1992 da Nigel Mansell e nel 1993 da Alain Prost. Ayrton poteva arrivare alla scuderia di Frank Williams già nel 1993, ma il veto contrattuale posto dal Professore francese, tornato alle corse dopo un anno di assenza, gli impedì di poter dimostrare di essere ancora il migliore. Stoicamente, Senna vinse ugualmente quattro gare nel 1993, ma solo grazie al suo straordinario talento.



    La McLaren aveva concluso il suo ciclo vincente, mentre la Williams aveva inaugurato un periodo di autentica egemonia. Cosi, solo all'inizio del 1994, dopo il secondo addio alle corse di Prost, Ayrton ebbe modo di guidare nuovamente la macchina più veloce. Come era già accaduto alla sua prima stagione in Formula 3, nessuno sembrava in grado di fermare la sua corsa verso il quarto titolo mondiale. "Sono contento di poter guidare una Williams", disse alla firma del contratto che lo legava per due stagioni alla scuderia inglese, "ma vorrei precisare che se ora posso disporre della macchina più competitiva del campionato è merito mio. Mi sono guadagnato questa possibilità." Ayrton sognava il record di Fangio, campione del mondo per cinque volte e, probabilmente, sarebbe riuscito ad ottenerlo. Infatti, l'unico in grado di poter competere con lui era il tedesco Michael Schumacher sulla Benetton Ford. Senna aveva finalmente raggiunto una vera pace interiore, grazie anche alla rinnovata fede in DIo e al legame sentimentale con la modella brasiliana Adriane Galisteu.



    Biondissima e bellissima come Liliane, la prima moglie di Ayrton. Senna era ormai diventato un leader tra i piloti: a lui era affidato l'onere di portare avanti le trattative di sicurezza della Formula 1, impegnandosi di persona e mettendo in campo tutto il proprio carisma. "Credo che si possa correre a 300 all'ora limitando il rischio al minimo", disse Senna alla fine del 1993. "Occorre sedersi ad un tavolo insieme ai rappresentanti della Federazione e ai costruttori. Bisogna impegnare uomini e soldi nella ricerca del migliore compromesso tra sicurezza e spettacolarità. Nessuno ci ha ordinato di correre in Formula 1, ma non siamo pagati per morire." Nelle prime due gare del 1994 Senna non era riuscito a concludere la gara, in Brasile per un testa-coda, in Giappone a causa di una collisione con il pilota finlandese Hakkinen.




    In entrambe le occasione a vincere era stato Michael Schumacher. Tra il tedesco e Ayrton c'era molto rispetto, ma in pista l'unica cosa che conta per un pilota è vincere. Per questo, a Imola, Ayrton Senna voleva vincere: per dimostrare di essere sempre il migliore. Le prove del venerdi avevano ristabilito le gerarchie, con il brasiliano nettamente davanti al giovane campione tedesco, nonostante l'apprensione e la preoccupazione generale per l'incidente occorso al connazionale Rubens Barrichello, volato fuori pista ad oltre 270km/h.



    Il sabato, durante la seconda sessione ufficiale di prove, un nuovo incidente che vedeva, per la prima volta dai tempi di Villeneuva (che morì l'8 maggio 1982 a Zolder), la Formula 1 doveva fare i conti con la morte di un pilota. Roland Ratzenberger non riusciva infatti a sopravvivere al terribile impatto con il muro alla curva Villeneuve, essendo uscito di strada a causa della perdita di una delle appendici aerodinamiche che permettono alla macchina di rimanere incollata all'asfalto.




    "I miei timori sono stati confermati", disse Senna dopo aver ispezionato il luogo dell'incidente - cosa che gli procurò un richiamo ufficiale da parte della federazione -. "Qualcosa non va in questa Formula 1, perchè due indcidenti gravissimi come quelli di Barrichello e Ratzenberger dovevano far pensare. Ormai si fa molto per il business e poco per la sicurezza. Occorre rivedere le regole." Senna era rimasto molto turbato dall'incidente di Ratzenberger, tanto che Frank Williams non ebbe nulla da dire di fronte alla decisione del brasiliano di non effettuare le prove del sabato. Qualche giorno dopo, la fidanzata ha rivelato di aver sentito Ayrton al telefono molto abbattuto, preoccupato per la gara. Imola non è un circuito facile e, sopratutto con le attuali monoposto, il minimo errore viene pagato a caro prezzo. Comunque, per quanto non in condizioni psicologiche perfette, Ayrton la domenica si presentò sulla linea di partenza.



    Subito alla partenza un incidente. Come da regolamento ecco l'entrata della safety-car poi, al settimo giro, la tragedia. Alla velocissima curva del Tamburello, immediatamente dopo il rettilineo dell'arrivo, la Williams di Senna perde stabilità e si dirige impazzita verso il muretto.




    L'impatto è violentissimo. L'immagine, di quelle da dimenticare. I soccorsi entrano subito in pista, ma per Ayrton non c'è più niente da fare. Viene dichiarato morto alle 18,40. Il mondo, non solo quello della Formula 1, rimane impotente ed atterrito di fronte alla scomparsa del grande brasiliano. Al rientro della salma in Brasile, milioni di persone accompagnano il feretro di Ayrton dall'aeroporto di Cumbica alla camera ardente preparata a San Paolo.




    Arrivano in continuazione tifosi di tutto il mondo. La scomparsa di Senna è un lutto per tutti. Di chi 'aveva avuto come avversario sulle piste e di chi aveva visto in lui il campionissimo. Anche e sopratutto di quel ragazzo ricoverato in coma all'ospedale di Imola a cui Ayrton aveva registrato una cassetta con la sua voce: "Ciao Massimo, qui Ayrton Senna il pilota di Formula 1 a chi mi sembra tua sia un gran tifoso. Ti posso dire forza, cerca da alzarsi da svegliarsi e venire a guardarci qui a Imola sia le prove che la gara, insomma tutti qui ti aspettano e ti vogliono tutti bene e ti diciamo cerca ti alzarti, forza con la mentalità positiva. E ci speriamo, ciao ti saluto". Quel ragazzo un giorno si sveglierà dal suo lungo sonno, ma ad attenderlo a Imola non ci sarà il suo amico Ayrton. Lui non c'è più.


    Pensi di avere un limite, così provi a toccare questo limite. Accade qualcosa. E immediatamente riesci a correre un po' più forte, grazie al potere della tua mente, alla tua determinazione, al tuo istinto e grazie all'esperienza, puoi volare molto in alto.






    Epilogo



    Tragedia annunciata, cosi è stata definita quasi all'unanimità l'incidente mortale del campione brasiliano. A Imola sono impazzite tre macchine, due hanno strappato la vita a chi le stava guidando tra i prati imolesi, l'ultima,ma prima in ordine cronologico, è stata soltanto un avviso. Col senno del poi è facile intravedere un segno premonitore nell'agghiacciante carambola di Rubens Barrichello. La Jordan del giovane brasiliano si è schiantata venerdi 29 aprile 1994 contro le protezioni della variante bassa poco prima del rettilineo d'arrivo. Solo 24 ore dopo un debuttante, Roland Ratzenberger muore alla curva Villeneuve. La gara e la vita di Ayrton finiscono alle 14:17: è un uscita oltre i 250 km/h, le immagini agghiaccianti. Quando le telecamere si soffermano sulle lamiere contorte della Williams FW16 del brasiliano, la tragedia si materializza in tutto il mondo, nelle case di milioni di persone. Il campo di ripresa dall'elicottero si restringe, Ayrton per un attimo muove la testa, qualcuno tira un sospiro di sollievo. i soccorritori si apprestano a tirare fuori dalla vettura Ayrton, viene disteso al fianco della sua Williams cosi da prestare le prime cure al pilota, che lascia sul luogo dell'incidente un enorme chiazza di sangue che lascia poche speranze. Nemmeno una fioca speranza è salito a bordo dell' elicottero fatto atterrare in pista per portare Ayrton all'ospedale maggiore di Bologna. L'ospedale lentamente si anima, un pellegrinaggio durato tutto un pomeriggio, un fiume di persone. Alle 15:30 la dottoressa Maria Teresa Fiandri, primario del reparto di rianimazione, ufficializza, per chi ancora nutrisse delle speranza, la gravità del quadro clinico. Accertati trauma cranico con insufficienza respiratorie, stato di choc ed emorragie alle vie aeree, ma vengono preannunciati accertamenti radiologici e Tac. La lancetta delle ore compie un giro esatto d'orologio ed ecco il secondo bollettino medico: la situazione precipita. In sessanta interminabili minuti vengono accertati anche fratture multiple alla base cranica, sfondamento frontale, una sofferenza generale di tutto il cervello e uno stato di coma profondo. in due parole: elettroencefalogramma piatto. Ogniqualvolta un medico aggiorna la situazione, i problemi aumentano. Fino al laconico comunicato letto intorno alle or 19:00: "Devo solo dire che gli accertamenti elettroencefalo grafici che abbiamo terminato cinque minuti fa purtroppo confermano quella che era stata la diagnosi clinica di morte celebrale". Un' unica consolazione, se ne è andato come voleva. Forse non se ne è nemmeno accorto. Era terrorizzato dall' idea di rimanere paralizzato. Il destino lo ha accontentato. Gli eroi muoiono giovani raccontavano a scuola. Senna è morto da eroe, ma nella sua scomparsa come già detto ce qualcosa di morte annunciata. Ayrton ci ha lasciati a modo suo, in un giorno di primavera mentre conduceva il Gran Premio di San Marino. La sua morte gettò nel lutto il mondo della Formula 1, ma soprattutto un popolo intero, quello del Brasile, che aveva eletto Senna a idolo facendone un simbolo nazionale. Vennero addirittura proclamati tre giorni di lutto nazionale, e numerosi fans arrivarono perfino al suicidio. La morte di Senna fu accompagnata da forti polemiche: secondo la legge italiana infatti, il teatro di un evento sportivo nel quale si verifica la morte di un atleta, dev'essere immediatamente abbandonato da ogni tipo di manifestazione agonistica . La morte di Roland Ratzenberger, il giorno prima di quella di Senna, sempre a Imola, avrebbe dovuto dunque far saltare il regolare svolgimento del G.P. stesso. Per aggirare tale eventualità, che avrebbe sicuramente danneggiato economicamente molti interessi, si certificò che la morte di Ratzenberger non era avvenuta sul circuito, ma in ospedale: mentre sulla definizione di morte si può sicuramente discutere, e quindi si possa effettivamente ritenere che Ratzenberger sia morto in ospedale, è invece lapalissiano come la morte dello sfortunato pilota austriaco sia stata conseguenza unicamente dell'incidente di Imola.
    Prima di impattarsi al Tamburello, Ayrton era primo: ci ha lasciato da dominatore. Molti quel giorno avranno pianto. Molti.
    Senna, rilevò Jean Todt, sarebbe poi dovuto approdare molto probabilmente in Ferrari nel 1995, ma questa è un'altra storia. In 11 anni di carriera in F1, Ayrton Senna da Silva ha disputato 181 Gp conquistando tre titoli mondiali, 41 vittorie, realizzando 65 pole position, facendo 19 giri veloci e unico neo, fallendo la qualificazione al Gp di San Marino nel 1984. Molti fatti sono stati resi noti dopo la sua morte, si scopre l’uomo Senna , grandissima persona prima che pilota. Senna dava in beneficenza parte dei guadagni che accumulava grazie alla sua attività di pilota; la sua opera di carità è stata rivelata solamente dopo la sua morte: è stata la sorella a dichiarare e ad affermare queste donazioni che il pilota tenne sempre nascoste mentre era in vita. Nel testamento del campione brasiliano, grosse somme sono state destinate a opere di beneficenza. Durante l'anniversario dei dieci anni dalla scomparsa del campione brasiliano, la sorella Viviane rese pubblico un episodio, ufficiosamente scoperto prima, cioè che nella vettura con cui il fratello corse quel fatale 1º maggio 1994 portava con sé la bandiera austriaca, che avrebbe sventolato nel caso avesse vinto in onore di Roland Ratzenberger, morto il giorno precedente durante le qualifiche. Tale bandiera fu poi rinvenuta all'interno dei resti della Williams dopo l'incidente, intrisa del sangue perso dal pilota Brasiliano. Milton Da Silva, padre di Ayrton, dichiarò che il figlio, visti i buoni rapporti con Giancarlo Minardi e i componenti del suo Team, avrebbe espresso il desiderio, a fine carriera, di correre per un anno e a titolo gratuito a bordo di una Minardi, per dare una mano al team nello sviluppo della loro vettura. Dopo la sua morte la nazionale brasiliana di calcio gli dedicò il mondiale vinto nel 1994.



    (Tratto da: www.ayrtonsennadasilva.it di Luca Covitto; www.ayrtondasilva.net)


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    “Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota
    e corro veloce per la mia strada
    anche se non è più la stessa strada
    anche se non è più la stessa cosa
    anche se qui non ci sono piloti
    anche se qui non ci sono bandiere
    anche se qui non ci sono sigarette e birra
    che pagano per continuare
    per continuare poi che cosa
    per sponsorizzare in realtà che cosa.
    E come uomo io ci ho messo degli anni
    a capire che la colpa era anche mia
    a capire che ero stato un poco anch’io
    e ho capito che era tutto finto
    ho capito che un vincitore vale quanto un vinto
    ho capito che la gente amava me
    potevo fare qualcosa
    dovevo cambiare qualche cosa.
    E ho deciso una notte di maggio
    in una terra di sognatori
    ho deciso che toccava forse a me
    e ho capito che Dio mi aveva dato
    il potere di far tornare indietro il mondo
    rimbalzando nella curva insieme a me
    mi ha detto - chiudi gli occhi e riposa -
    e io ho chiuso gli occhi.
    Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota
    e corro veloce per la mia strada
    anche se non è più la stessa strada
    anche se non è più la stessa cosa
    anche se qui non ci sono i piloti
    anche se qui non ci sono bandiere
    anche se forse non è servito a niente
    tanto il circo cambierà città
    tu mi hai detto - chiudi gli occhi e riposa -
    e io adesso chiudo gli occhi…”
    (Lucio Dalla)

     
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