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CIARAMELLA
La ciaramella o pipita è uno strumento musicale popolare aerofono della famiglia degli oboi con ancia doppia, cameratura conica e senza chiavi. Il termine ciaramella, deriva dal diminutivo tardo latino calamellus, al femminile calamilla e calamella, derivante a sua volta dalla parola latina calamus, cioè "canna". Nei vari dialetti italiani prende i nomi di ciaramedda, cornetta, totarella, trombetta, bìfara, pipìta; in còrso prende il nome di cialamella, cialamedda o cialumbella.
Donna che suona una ciaramella, (Tobias Stimmer c. 1500)
Questo strumento musicale popolare è diffuso in tutto il centro sud Italia, ma il termine in alcune aree, come ad esempio ciarammelle nell'Alta Sabina o ciarameddi in Calabria e Sicilia designa la zampogna; questo perché sembra che la zampogna stessa sia nata dall'accostamento di due ciaramelle alle quali nell'età dell'Impero Romano è stato aggiunta una riserva d'aria tramite un otre (nel Medioevo saranno aggiunti infine i bordoni).
La doppia ancia, assai lunga, viene tenuta fra le labbra; il foro del fuso è conico e la campana terminale è ampiamente svasata.
Raramente è suonata come strumento solista. Generalmente si suona assieme alla zampogna. Si usa anche l'accostamento alla zampogna di due ciaramelle, suonate o da una coppia di suonatori o contemporaneamente dallo stesso suonatore (ciaramella doppia); questo ultimo utilizzo è tipico dell'area lucana. In Calabria, la ciaramella fa anche parte delle "bande piluse" o fanfare, che includono anche una sezione ritmica. L'accostamento tra zampogna e ciaramella è diffuso grazie agli zampognari itineranti che portano la novena di Natale. Originariamente l'uso non era legato al solo contesto pastorale e natalizio, ma apparteneva ai più vari contesti.
A questi strumenti Giovanni Pascoli dedica una composizione, Le Ciaramelle appunto, nella raccolta di poesie Canti di Castelvecchio.
ZAMPOGNA
A differenza della cornamusa, che possiede una sola canna del canto o chanter, è dotata di due chanter ad ancia doppia o singola, generalmente realizzati in canna ma recentemente anche in plastica.
Lo strumento è composto da una sacca di accumulo dell'aria (otre), realizzata con una intera pelle di capra o di pecora (utricolo) o anche, oggigiorno, fatto da una camera d'aria di gomma, nella quale il suonatore immette aria attraverso un insufflatore (cannetta o soffietto) che mette in vibrazione le ance (linguette) innestate sulle canne melodiche: sempre due, quella destra per la melodia, quella sinistra per l'accompagnamento e nei bordoni detti basso e scantillo.
Le zampogne del basso Lazio (Ciociaria, Valle di Comino), del Molise (Scapoli e Castelnuovo al Volturno), della Basilicata e della Sicilia (Siracusa Agrigento Palermo) sono costituite da ancia doppia, mentre la surdullina di Cosenza, la ciaramella e la ciaramèddha di Reggio Calabria, Agrigento, Catania e Messina usano un'ancia semplice o singola.
Esiste una grande varietà nella lunghezza dei diversi tipi di zampogne,
Cornamusa
La cornamusa è uno strumento musicale aerofono a serbatoio (o aerofono a sacco).
Il suonatore riempie d'aria una sacca di pelle dalla quale partono canne di bordone e una canna diteggiabile (chanter) cui è affidata la melodia. Le tre a intonazione fissa usufruiscono di ance semplici simili a quelle delle launeddas (strumento etnico sardo); quella diteggiabile, invece, usa un'ancia doppia, come quella tipica della famiglia degli oboi.
The Bagpiper, 1624, olio su pannello (101 cm. × 83 cm.), Museo Wallraf-Richartz, Colonia.
Nell'estesa famiglia delle cornamuse si contano diverse versioni sviluppatesi nei secoli in varie aree culturali europee.
Ancorché antichissima, la tradizione delle cornamuse contemporanee inizia, nella forma che conosciamo attorno al XVII secolo.
Le cornamuse dell'Europa Occidentale si distinguono in due tipi fondamentali:
ad aria calda (blown pipes)
ad aria fredda (bellow pipes).
Nelle prime l'otre viene alimentato per insufflaggio dell'aria attraverso un boccaglio (o blowing stick) direttamente da parte del suonatore, mentre nelle seconde il gonfiaggio avviene mediante un mantice assicurato mediante cinghie sotto il gomito destro del suonatore, azionato dal movimento del braccio.
La più famosa delle cornamuse ad aria calda, quella descritta all'inizio dell'articolo, è quella scozzese, la Great Highland Bagpipe, tutt'oggi impiegata nelle pipe bands, che si distingue per la sua particolare sonorità.
A questa, sempre nella tradizione europea, si annoverano:
la musette de cour (Francia - Bretagna)
la gaita galiziana e asturiana (Spagna)
la piva (Italia - Appennino piacentino e parmense)
la müsa (Italia - Quattro province)
il baghèt (Italia - valli bergamasche e provincia di Brescia)
la zampogna, (Italia centro-meridionale) lo strumento di questo tipo tuttora più diffuso e suonato
la gaida (Penisola balcanica)
La principale cornamusa tra quelle ad aria fredda può essere considerata la Uilleann pipes (Irlanda), mentre in Scozia sono ancora alquanto diffuse diverse versioni di strumenti denominati border pipes derivate dalla Great Highland Bagpipe quali le small pipes e le kitchen pipes; tra le border pipes viene a volte annoverata la northumbrian pipe, che però risulta più simile, sia per struttura che per tecnica esecutiva, alla uilleann irlandese.
Anni fa, ben 10.000 suonatori di cornamusa scozzese provenienti da vari paesi si riunirono a Edimburgo per esibirsi tutti insieme lungo le vie della città.
Edited by Lussy60 - 5/12/2012, 16:21. -
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una poesia...
LE CIARAMELLE
di Giovanni Pascoli
Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne' suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!. -
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Gli antichi strumenti della tradizione amatriciana
Non tutti sanno che Amatrice, oltre a essere la patria degli spaghetti all’amatriciana e meta preferita di tour culinari, è anche fucina di tradizioni popolari che hanno dato vita a strumenti particolari che esaltano gli usi e i costumi locali.
“Trovare un otre che le note emana di questi tempi è una vera fortuna … l’anima con il corpo esso risana alla gente giovial che si raduna”: scriveva il poeta Blandino Cesarei riferendosi allo strumento classico della tradizione folkloristica della zona compresa tra le province di Rieti e L’Aquila, le ciaramelle amatriciane.
Dato che di suonatori ne sono rimasti davvero pochi e si sta via via perdendo la memoria storica di questo strumento, c’è chi è sceso in campo per rinnovarne la tradizione e promuoverne la conoscenza.
Tra questi Giampiero Giamogante intervistato per Comuni-Italiani.it
Quando nasce la ciaramella?
Le zone della Conca Amatriciana e della Valle Falacrina, sin dalla notte dei tempi, hanno vissuto di pastorizia e l’uso delle ciaramelle deriva proprio da questo mondo arcaico e primordiale.
Dovendo dar loro una collocazione temporale, non si può tralasciare il dato che le ciaramelle sono le dirette discendenti della Tibia Latina, in uso presso gli antichi romani.
Per tali motivi, la nascita di questi strumenti è da situare nel I secolo a.C. , dovuta all’accoppiamento tra canne sonore e l’otre di pecora come riserva d’aria.
Quali le caratteristiche di quelle di Amatrice?
Pur essendo molto simili alle zoppe, e a volte da esse ricavate, conservano delle caratteristiche non comuni alle altre zampogne perchè sono le uniche in Italia prive di bordone.
Antico suonatore di Ciaramelle Amatriciane
Come si sono evolute negli anni?
Nel corso dei secoli, queste hanno dato vita a un repertorio particolarissimo, tra i più arcaici del Lazio, che consiste in saltarelli, sonate per la sposa, piagnerecce, crellerecce, camminarecce e serenate.
Le ciaramelle hanno mantenuto invariato il loro repertorio nei secoli, limitato ma unico.
Lo strumento di per sé non ha subito modifiche e ciò da un lato ha permesso di conservarne i suoni arcaici, ma dall’altro ne ha causato un isolamento geografico. Non potendosi accompagnare ad altri strumenti, infatti, ne ha limitato la diffusione.
Come promuoverne la conoscenza?
Puntando sul recupero dei repertori e sulla loro diffusione, oltre che naturalmente mantenerne l’originalità e la purezza.
Ci sono aree espositive dedicate a questi strumenti?
Purtroppo non ce ne sono, fatta eccezione del “Salotto di Cola“, attuale sede dell’associazione culturale “Cola dell’Amatrice” dove sono esposti alcuni antichi esemplari. Il fine stesso di questo sodalizio è quello di recuperare le tradizioni, gli usi e i costumi di un tempo. A tal fine, la rivista edita dall’associazione Fidelis Amatrix, che si occupa di arte, tradizioni, attualità e ambiente, rappresenta un interessante punto di incontro tra chi cerca di rinnovare la memoria storica di Amatrice e la sua cultura popolare.
Solo ciaramelle?
Amatrice non è solamente la città degli spaghetti, ma anche un’oasi naturalistica nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso, ricca di riferimenti artistici e culturali.
Le chiese di San Francesco, Sant’Agostino, Sant’Emidio e Santa Maria di Porta Ferrata, per citare alcuni esempi sono testimonianza dell’importanza artistica e storica che la città ha avuto nel corso dei secoli.
Come valorizzare la città e la sua storia?
Probabilmente l’appoggio degli enti locali servirebbe molto per una maggiore diffusione della tradizione, ma credo che il lavoro maggiore debba ricadere sulle spalle degli appassionati che non vogliono far scomparire una storia così ricca e variegata.
L'ANCIA
L'ancia è stata progettata da I Pedra per la Ciaramella Sans e costruita con grande maestria artigianale da Martin Lopez Llorente di Segovia affinché possa avere lunga durata ed un suono speciale come hai sempre desiderato.
Ti diamo alcune importanti indicazioni:
inserisci l'ancia nel porta ancia e fissala con decisione (finito di suonare smontala e riponila in un barattolino areato affinché possa asciugare);
verifica che la bocca dell'ancia abbia una apertura di circa un millimetro (per variare codesta apertura inumidisci bene l'ancia esclusivamente con la saliva ed agisci, con molta attenzione, servendoti di unapinzetta sulla legatura di ottone, (una pressione troppo forte potrebbe spaccare l'ancia);
suonando lo strumento l'ancia si inumidisce di saliva e successivamente si essicca, codesto processo fa sì che la canna si tempri, cioè si indurisca migliorando la prestazione dell'ancia stessa;
se fosse necessario, per mantenere la medesima apertura della bocca dell'ancia, intervieni sulla legatura di ottone come detto al punto 2;
nel caso l'ancia risultasse troppo dura potrai agire sulla canna esterna prospiciente la bocca, con un coltello molto affilato, raschiando impercettibilmente la canna.
Edited by Lussy60 - 20/12/2013, 21:26. -
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La cornamusa scozzese
Oh, potessi avere tre mani, due per la bagpipe e una per la spada!
(“The Cave Of Gold”, vecchia canzone gaelica)
Ieri come oggi, e per sempre
le bagpipes affidano ai venti del cielo
le emozioni più vere del cuore dello scozzese
in gioia e in tristezza, in guerra come in pace.
(Hugh Mac Diarmid, Lament For The Great Music)
l di là delle immagini stereotipate che identificano la Scozia con il suonatore di cornamusa in gonnellino, è innegabile l’importanza che questo strumento, dal suono inconfondibile e capace di evocare intense reazioni emozionali, ha rivestito (e riveste tuttora) nella storia e nella cultura di questa regione del Regno Unito. Certo, la maggior parte delle persone associa la cornamusa scozzese – intendendo con questo termine le Highland war pipes – con le parate militari o con i funerali, ovvero con funzioni eminentemente di tipo pubblico, ma ad un esame più attento del “fenomeno cornamusa” risulterà evidente la grandezza di una musica tradizionale tra le più ricche e interessanti dell’intero mondo celtico.
LA STORIA
Sono molti i Paesi del mondo ad avere una tradizione musicale associata alla cornamusa, ma è solo nelle Highlands scozzesi che questa tradizione è arrivata a svilupparsi in forme paragonabili alla musica classica. È ormai universalmente accettato il concetto che la cornamusa non abbia avuto origine in Scozia, ma piuttosto in Medio Oriente, e che da lì si sia diffusa in tutta Europa, ad opera di musicisti itineranti, nel corso del XII e XIII secolo. Già nel XIV secolo piper itineranti erano presenti nelle comunità rurali della Grecia come dell’Irlanda, in Italia come in Svezia. La data dell’arrivo della cornamusa in Scozia è incerta, ma secondo la maggior parte degli studiosi questa data può essere fissata nel corso del XV secolo. La prima attestazione della presenza di una cornamusa in Scozia si avrebbe comunque nel Testament Of Mr. Andrew Kennedy, pubblicato nel 1508.
Quel che è certo è che già nel XVI secolo le pipes erano diventate in Scozia uno strumento di “uso militare”. Fino all’arrivo della cornamusa, la musica popolare nelle Highlands si limitava ad alcune canzoni, accompagnate da un tamburo o da rudimentali strumenti a fiato. L’arpa era lo strumento dei nobili e per le grandi occasioni, ma il suono troppo debole ne limitava l’uso esclusivamente agli ambienti chiusi. Al contrario, il possente suono delle bagpipes, anche in virtù della presenza dei drones, poteva essere ascoltato anche a miglia di distanza, nelle vallate scozzesi.
Il rango sociale del piper era, all’interno del clan, particolarmente elevato, al pari dei bardi e dei suonatori di clarsach, l’arpa celtica: ad essi erano riservate dai capi-clan alcune terre, tramandabili per via ereditaria, e l’arte della cornamusa veniva tramandata di padre in figlio. Verso il 1700 fecero la loro comparsa anche i primi piping college: i capi-clan vi mandavano i propri piper a studiare presso maestri particolarmente esperti e competenti. Alcuni di questi maestri, e le loro dinastie, divennero particolarmente famosi in Scozia: i nomi più celebri in tal senso erano quelli dei Rankin di Mull, dei MacArthur di Skye, dei Mackay di Gairloch e soprattutto dei MacCrimmon, piper del clan MacLeod si Dunvegan (vedi riquadro).
Ripercorrendo a grandi passi la storia delle Highlands, in seguito alla capitolazione della Scozia di fronte alle truppe del Regno d’Inghilterra (Culloden, 1746) , nella Scozia vi fu un vero e proprio tramonto delle tradizioni delle Highlands (cornamusa compresa), e il successivo Atto di Proscrizione fu un duro colpo per l’orgoglio e il senso di auto-stima degliscozzesi. Povertà, sovrappopolazione, tasse esorbitanti e l’ostilità della Chiesa inglese fecero il resto. Molti furono gli scozzesi che decisero di emigrare in alcune regioni del nord-America (e vedremo in seguito l’importanza di questo fenomeno per quanto riguarda la musica per bagpipes), e molti altri andarono ad arruolarsi nei “reggimenti delle Highlands” dell’esercito britannico: ciò contribuì a preservare la musica per bagpipes, che correva a quel punto un serio rischio di estinzione. I piper si unirono ai tamburini (drummer) della tradizione militare inglese, e questa fu l’origine della military pipe band, fenomeno che vide una vera e propria “esplosione” nel periodo d’oro del colonialismo britannico, ovvero nel corso del XVIII e XIX secolo. Per ironia della sorte quindi il declino delle pipes fu arrestato paradossalmente proprio da quell’imperialismo britannico contro il quale i vecchi piper avevano in precedenza combattuto.
Questa rinnovata attenzione nei confronti delle Highland war pipes fu anche la causa indiretta del declino di altri tipi di cornamusa presenti in Scozia, le bellows-blown small pipes (cornamuse a soffietto) e le Border (o Lowland) Pipes.
Lo studioso canadese Hamish Moore è riuscito, a metà degli anni ’80, a far luce sulle verosimili tecniche di esecuzione della musica per Highland pipes del periodo precedente alla sconfitta di Culloden. Tutto nacque dalle considerazioni a proposito della musica per pipes nel territorio canadese della Nova Scozia, e più precisamente nell’isola di Cape Breton. Furono quelli i territori verso cui si diresse il flusso emigratorio scozzese di cui si è detto, in seguito alla sconfitta di Culloden del 1746.
I primi colonizzatori scozzesi importarono a Cape Breton anche il tipico step dancing, che veniva accompagnato proprio dal suono delle bagpipes. Ora, l’accompagnamento di questo tipo di danza richiede uno stile di esecuzione totalmente basato sulla ritmica, per consentire ai ballerini di non perdere il tempo: in altri termini questi colonizzatori portarono con sé i vecchi stili di piping della propria terra natìa, del tutto differenti dallo stile “tradizionale moderno”, basato essenzialmente sulle tecniche dell’abbellimento melodico e sulle cadenze tipiche delle pipe band.
Hamish Moore, un veterinario che insegnava al Gaelic College di Cape Breton, giunse infine alla conclusione che il “vecchio” stile di piping, tutto basato sul ritmo e non sulla tecnica, può oggi paradossalmente essere ascoltato non in Scozia, ma in Canada, precisamente nella regione della Nova Scotia: alla luce degli studi di Moore il suono di reel, jig e strathspey eseguito oggi dai piper di Cape Breton (e con profonde differenze rispetto alle odierne tecniche di piping scozzesi!) sarebbe in altri termini lo stesso che poteva essere ascoltato nella Scozia del XVII e XVIII secolo.
Per usare le parole di Hamish Moore: “…le tecniche di esecuzione erano a quei tempi basate esclusivamente sul ritmo, poiché si trattava di musica per ballare: come il rock’n’roll. In pratica era il rock’n’roll della Scozia del XVIII secolo!”
LO STRUMENTO E LA MUSICA: CEOL BEG E CEOL MOR, I PIBROCH
Le Highland bagpipes, o warpipes, consistono di un chanter (grazie al quale la melodia è suonata mediante le dita) e di tre drones, la parte delle bagpipes che emette un continuo suono di basso. Sia il chanter che i drones sono collegati a un bag, un “sacco”, che viene riempito di aria dalla bocca del piper mediante il blow pipe.
Il piper esegue la melodia sul chanter, che ha una scala di sole nove note. Ciascuno dei tre drones produce un suono continuo. Il senso ritmico e l’espressività vengono ottenuti mediante un preciso senso del tempo e l’uso di grace notes, o note di ornamento, di abbellimento, che possono andare da note molto brevi sino a complesse sequenze di notevole durata.
La musica per Highland bagpipes è di regola suddivisa in due grandi categorie: ceol beg (“piccola musica”) e ceol mor (“grande musica”). Il ceol beg comprende essenzialmente la musica da danza: reel, jig, strathspey, quickstep, marce e slow air: in altri termini, il repertorio tipico delle pipe band.
Il ceol mor si identifica invece con il pibroch, universalmente riconosciuto come “la musica classica per Highland bagpipes”. Il termine gaelico piobaireachd, anglicizzato in pibroch, significa “musica per cornamusa”. Il modo migliore per descrivere un pibroch è probabilmente “un lungo brano strumentale con variazioni sul tema”. Si tratta innanzitutto di musica seria, da riservare per occasioni serie. I tipi più frequenti di pibroch sono lamenti, inni di saluto, o musica per chiamare a raccolta il clan: in altri termini musica destinata a particolari cerimoniali. Le origini del pibroch sono abbastanza oscure. Secondo alcuni studiosi esso deriverebbe dal repertorio del clarsach, ovvero dell’arpa celtica, mentre per altri la sua origine sarebbe la musica vocale.
Se prendiamo in considerazione, ad esempio, il pibroch utilizzato per chiamare a raccolta un clan, il piper eseguiva la melodia caratteristica di quel clan utilizzando la tecnica strumentale e l’inventiva personale con lo scopo di non ripetere all’infinito la stessa linea melodica. In altre parole il pibroch viene costruito su una semplice melodia, con abbellimenti sempre più complessi e strutturati con il procedere del brano: il pibroch inizia con alcune note sparse che si trasformano in un tema dall’andamento solenne, che prende il nome, in gaelico, di urlar. All’esposizione dell’urlar seguono, in maniera sempre più complessa, le variazioni, che culminano nel crunluath, in cui le note fondamentali della melodia di base fanno la loro ricomparsa in modo solenne e ritmato, spesso accompagnate dall’uso di grace notes. La tipica esecuzione di un pibroch è lenta, ipnotica e solenne, e dura in media una quindicina di minuti.
I compositori di pibroch erano in genere i migliori piper in circolazione, alle dirette dipendenze dei capi-clan, ed erano considerati quasi una casta elitaria. La composizione dei pibroch raggiunse il massimo splendore durante il XVII e il XVIII secolo.
Tecnicamente le Highland bagpipes si prestano perfettamente al pibroch. Il loro suono è per forza di cose continuo, ovvero non sono possibili pause tra le note, e manca la possibilità di variare il volume di una singola nota: è cioè impossibile rendere il suono più basso o più alto. L’espressione artistica può dipendere quindi esclusivamente da metodiche differenti, come la lunghezza delle singole note e l’abbellimento ad opera delle grace notes. È tuttavia degno di nota che un corpus musicale così ricco come quello dei pibroch sia nato come repertorio di uno strumento limitato alla esecuzione – è bene ricordarlo – di sole nove note.
I pibroch erano inizialmente composti e tramandati interamente ad orecchio: come del resto per l’arpa, il metodo d’insegnamento era sostanzialmente orale, pur esistendo un particolare tipo di notazione musicale, chiamato canntaireachd: grazie a questo sistema i piper imparavano a cantare la melodia del pibroch dal canto del maestro. La tonalità della nota veniva indicata dal tipo di vocale utilizzata, mentre le consonanti specificavano le grace notes da eseguire debitamente. Questo sistema di notazione musicale esisteva esclusivamente in Scozia, e somigliava, per inflessione e cadenza, alla stessa lingua gaelica.
Per completezza va specificato che il termine pibroch non si applica esclusivamente alla musica per Highland bagpipes: esistono anche fiddle pibroch e pibroch song. I violinisti più esperti riescono infatti a emulare, con le opportune tecniche, le sonorità proprie delle Highland bagpipes ed il loro basso continuo (drone), mentre nel caso delle pibroch song si tratta di canzoni, o poesie, da cantare sulla linea melodica di un pre-esistente pibroch. Così, ad esempio, “MacCrimmon’s Lament”, conosciuta più come una song che come un pibroch, è essenzialmente un testo le cui parole furono adattate alla melodia di un precedente pibroch.
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“MO’ VENE NATALE”
Il Natale, per zio Peppe, aveva sapori e profumi di casa sua, ma in tutta la città, per tutto il tempo dell’Avvento, aveva il suono delle zampogne e delle ciaramelle: non c’era casa a Napoli che non volesse la benedizione di quel suono.
Poveri pecorai, discesi dalla Ciociaria o dal Molise, gli zampognari arrivavano in città per guadagnarsi il pane mentre il freddo bloccava i pascoli e transumanze, lavoro invernale per chi non poteva permettersi una stagione di magra, dato che era già magra la loro vita.
Vestiti di pelli e coperti da mantelline, venivano ospitati in alloggi di fortuna, quasi sempre depositi o cellari, più indicati per botti di vino.
Arrivavano sempre ai primi di dicembre per la novena dell’Immacolata e si fermavano in città fino all’Epifania per suonare le nenie care all’attesa del bambinello.
Pastorali antiche che ripetevano il ritmo andante del solito inno al bambino divino, che nasce al freddo e al gelo.
Pochi spiccioli nel cappello e tanta gratitudine a chi con la sua presenza arricchiva la memoria della festa.
Le edicole votive di un quartiere avevano le madrine e padrini che mai nel tempo dell’Avvento avrebbero fatto mancare il suono della cornamusa al proprio santo protettore e, dato che in casa il presepe era un’edicola familiare, pure lì non poteva mancare la nenia degli zampognari.
Spesso la novena si faceva suonare anche dinanzi agli altari improvvisati, addobbati per l’occasione sul comò della camera da letto con le foto dei parenti trapassati.
Quartiere per quartiere, vicolo per vicolo, il suono dell’aria che gonfia la zampogna e del sibilo del soffio, si ripeteva casa dopo casa augurando di acchiappare nuova aria, nuova speranza di futuro.
Accadeva anche che le note parole che accompagnavano la nenia “Tu scendi dalle stelle, o re del cielo” si trasformassero in una canzonaccia che non era irriverente, ma frutto estemporaneo di un gioco innocente che si tramandava di padre in figlio: “Mò vene Natale e stò senza denare, me fumo ‘na pippa e me vaco a cuccà”. Quanno è stanotte ca sparano ‘e botte, me metto ‘o cappiello e vaco a vedè”.
LO ZAMPOGNARO
Se comandasse lo zampognaro
Che scende per il viale,
sai che cosa direbbe
il giorno di Natale?
“Voglio che in ogni casa
spunti dal pavimento
un albero fiorito
di stelle d’oro e d’argento”.
Se comandasse il passero
Che sulla neve zampetta,
sai che cosa direbbe
con la voce che cinguetta?
“Voglio che i bimbi trovino,
quando il lume sarà acceso
tutti i doni sognati
più uno, per buon peso”.
Se comandasse il pastore
Del presepe di cartone
Sai che legge farebbe
Firmandola col lungo bastone?
” Voglio che oggi non pianga
nel mondo un solo bambino,
che abbiano lo stesso sorriso
il bianco, il moro, il giallino”.
Sapete che cosa vi dico
Io che non comando niente?
Tutte queste belle cose
Accadranno facilmente;
se ci diamo la mano
i miracoli si faranno
e il giorno di Natale
durerà tutto l’anno
Gianni Rodari
Poesie di Natale, Le ciaramelle di Giovanni Pascoli
Le ciaramelle sono degli strumenti musicali popolari aerofoni molto simili agli oboi. Diffusa in tutto il centro-sud Italia, la ciaramella viene suonata quasi sempre assieme alla zampogna, soprattutto nell’ambito pastorale e natalizio. La fama di questi strumenti è legata in particolare agli zampognari che durante i giorni di festa portano in giro per l’Italia la novena di Natale.
Giovanni Pascoli, uno dei principali poeti italiani di fine Ottocento, ha dedicato alla ciaramella una poesia che oggi ho scelto di farvi conoscere.
Le ciaramelle
Udii tra il sonno le ciaramelle
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne’ suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
O ciaramelle degli anni primi,
d’avanti il giorno, d’avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s’accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!
<b>AMICI BUON NATALE A TUTTI!!!
Edited by Lussy60 - 20/12/2013, 21:28. -
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Lo Zampognaro
Lo zampognaro è il suonatore di zampogna, uno strumento musicale arcaico a fiato diffuso in Italia centro-meridionale. La zampogna (da non confondere con la cornamusa diffusa nel nord Italia e in altre regioni europee) è uno strumento tradizionale caratterizzato dalla presenza di più canne sonore (chanter).
Le regioni dove è tradizionalmente presente la zampogna sono: Lazio (province di Frosinone e Latina), Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia.
Comunemente con il termine di zampognari si definiscono quei musicisti o figuranti che con l'arrivo del Natale (in particolare durante il periodo della Novena dell'Immacolata Concezione e del Natale), percorrono le vie cittadine, in abiti tipici, suonando motivi natalizi tradizionali, quali ad esempio Tu scendi dalle stelle di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Generalmente gli zampognari suonano in coppia, uno la zampogna vera e propria ed un altro la ciaramella o altri strumenti a fiato e tradizionalmente si tratta di pastori o contadini che si trasferiscono temporaneamente in città per il periodo natalizio.
La "coppia" di zampognari rappresenta anche una presenza fissa del presepe e in particolare del presepe napoletano, dove generalmente trova posto nelle immediate vicinanze della "capanna" o "grotta" della Sacra Famiglia.
Se è vero che la zampogna nei grandi centri urbani si usa solo nel periodo natalizio, in ambito rurale/pastorale questa accompagna tutti gli accadimenti dell'anno. Oggi l'impiego della zampogna e degli zampognari in ambito rurale (processioni, rituali, feste e balli) è praticato in Campania (provincia di Salerno), Basilicata, Calabria, Sicilia (provincia di Messina) Abruzzo.
È importante ricordare come, in seguito alla migrazione dal sud verso l'industriale nord, oggi in grandi città come Milano si trovano zampognari (di diverse provenienze) che mantengono viva la tradizione sia esecutiva, sia costruttiva.
La presenza della zampogna - come tale - in altre regioni d'Italia è dovuta alla passione di alcuni musicisti di altre regioni che l'hanno fatta propria, ma non è espressione di tipicità ne di tradizione. Discorso diverso per i vari tipi di cornamusa tipici dell'Italia nord-occidentale, dove i rispettivi suonatori assumono altre denominazione locali: "cornamusaro", müsetta nelle Quattro province, suonatore di "piva" nel parmense o di "baghèt" nella bergamasca.
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rossana5.
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ciao a tutti . -
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Le Ciaramelle
Ci sono strumenti musicali ormai in disuso che se riscoperti e suonati hanno la capacità di donare un suono arcaico in grado di evocare particolari atmosfere cariche di mistero.
È il caso delle Ciaramelle Amatriciane, strumento della famiglia degli aerofoni a sacco nato nella conca di Amatrice e tipico della ristretta zona compresa tra i limitrofi comuni di Accumoli, Cittareale, Posta, Borbona e Montereale.
le CiaramelleI suonatori in grado di utilizzare le Ciaramelle si contano ormai sulle mani ma per fortuna ultimamente si infoltisce il gruppo di giovani che hanno riscoperto questo strumento e capito l'importanza di conservare un patrimonio tradizionale così importante.
Le Ciaramelle Amatriciane sono costituite da un otre ricavato dalla pelle di una pecora, trattata con sale marino o siero di latte, che serve come deposito di aria. La pelle di pecora è rivoltata per cui il pelo si trova all'interno. La parte posteriore dell'animale è chiusa da una legatura così come anche la zampa anteriore sinistra. Alla zampa anteriore destra è invece applicato un insufflatore in legno di sambuco intagliato che serve per immettere aria nell'otre. Al collo dell'animale è applicato un ceppo in legno da cui partono tre canne. Due di esse, per la mano destra e per la sinistra, sono modulabili e munite di fori per le dita, la terza è zittita e funge solo da sostegno per la presa.
le Ciaramelle Le tre canne in genere sono legate tra di esse con nastri colorati. All'interno delle canne suonanti si trovano le ance doppie, dette pipìzzole, costituite da lamelle di canna stagionata recisa rigorosamente con luna calante di gennaio. La forma allungata delle pipìzzole conferisce alle Ciaramelle il tipico suono molto nasale.
L'assenza di bordoni rispetto alle altre zampogne fa delle Ciaramelle uno strumento unico in Italia.
Durante l'esecuzione l'otre, tenuto davanti al corpo stretto tra le gambe e le braccia, viene gonfiato e l'aria convogliata alle canne attraverso la pressione delle braccia.
Il nome "Ciaramelle" deriva forse proprio dal fatto che lo strumento nasce dall'unione di due Ciaramelle.. -
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NATALE / gli strumenti musicali per eccellenza!
Non sono molti, anzi, pochissimi, ma il loro suono inebria lo spirito del Natale
Una zampogna
Si sentono spesso e volentieri nel periodo natalizio, hanno un suono caratteristico, diciamo pastorale e ci aiutano a vivere momenti ricchi di emozioni e di pace: sono le zampogne, ma non solo.
Strumento musicale tipico del periodo natalizio, gli zampognari inondano le strade, sia di città che di paesi suonando le canzoni del Natale, come Tu scendi dalle Stelle, o Astro del Ciel (Adeste Fideles, ndr)
Assieme alla zampogna si vede e si sente spesso anche la Ciaramella, un altro strumento a fiato della famiglia degli oboi, e molto simile all'oboe stesso, anche se più rudimentale.
La zampogna, tipica dell'Italia centro-meridionale, prende altri nomi in altre regioni, come per esempio la piva nel Nordovest.
CURIOSITA - L'otre della zampogna è formato dalla pelle di una capra o di una pecora, opportunamente lavorata all'interno, così da lasciare il pellame all'esterno, mentre i piccoli flauti collegati all'otre, oltre ad avere un nome diverso, sono composti anche da materiale (legno) diverso.
fonte:www.ilmeteo.it. -
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Strumenti musicali natalizi fai da te
Creare degli Strumenti musicali natalizi fai da te è molto semplice, e si possono utilizzare tanti materiali di riciclo. Bottigliette di plastica, barattoli di latta oppure contenitori di plastica, usate quello che avete in casa, basterà aggiungere un’pò di nastro colorato per dargli un tocco natalizio!
Strumenti musicali natalizi fai da te
Per realizzare i nostri strumenti musicali ho utilizzato:
Bottigliette di plastica
Riso colorato
Rotolo carta igienica vuoto
Nastro adesivo
Carta adesiva
Bacchette sushi
Scarti di stoffa
Filo di spago
Colla a caldo
Barattolo di latta
Ho usato un sacco di materiali, soprattutto di riciclo. Non c’è nessuna lista da seguire, basta un poco di fantasia per dare nuova vita ad oggetti comuni senza spendere troppo tempo o denaro. Il mio preferito è il tamburo, e anche quello dei miei figli. Ho utilizzato un grosso barattolo di latta che conteneva caramelle, non vedevo l’ora di finirle x usare la confezione!
L’ho coperto con della carta adesiva argentata e poi decorata con nastro adesivo e nastro di raso. Per le bacchette ho tagliato a metà uno di quei bastoni da giardino che si usano come supporto x le piante, in cima ho fissato dell’ovatta con la colla a caldo e coperto con uno scarto di stoffa. Infine ho coperto entrambi le bacchette con del nastro di raso.
Il sonaglio è una palla di natale con dentro del riso colorato ( scopri come tingere il riso cliccando qui, è semplicissimo) e fissato ad un bastoncino gelato e ricoperto con nastro adesivo natalizio. L’altro invece è la bobina vuota che conteneva il filo di raso usato x il tamburo. Ai lati ho fissato del lacci con perline, la bobina invece è rivestita con carta adesiva e nastro adesivo. Il manico invece è un bastone di cannella.
Ci sono anche due piatti di cartoncino legati con un nastrino, con fissati ai lati dei campanelli natalizi e delle strisce scintillanti. Le maracas sono fantastiche, i bambini adorano questo strumento e anche questo è semplicissimo da realizzare . Sono due bottigliette di acqua vuote fissate insieme con un rotolo di carta igienica vuoto, rivestito di carta adesiva e nastro. All’interno ho messo ancora il riso colorato e qualche brillantino.
fonte:https://blog.pianetamamma.it/.