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Enea: una nuova tipologia dell’eroe

aiutini

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    Enea: una nuova tipologia dell’eroe


    Enea, che incarna le virtù tipiche del cittadino romano è una figura nuova nel campo dell'epica antica: egli è un eroe doloroso e infelice, pronto a compiere fino in fondo il suo dovere, ma quasi contro voglia, continuamente lacerato da dubbi. incertezze, esitazioni, senza la forza di opporsi titanicamente al destino e senza la gioia orgogliosa di chi entusiasticamente collabora alla sua realizzazione. Queste caratteristiche hanno generato molte incomprensioni: tipico di una certa interpretazione del personaggio di Enea è ad es. questo giudizio di B. Croce “Enea è un pover'uomo, è l'uomo in amore inferiore all’amore...”.

    In realtà tutti i personaggi dell'Eneide, per essere compresi nella loro realizzazione artistica, vanno sempre visti in relazione al destino di Roma ineluttabilmente voluto dal fato e quindi destinato a realizzarsi indipendentemente dalla volontà, dai sentimenti e dalle sofferenze dei singoli individui. E' in questa chiave che va vista la figura di Enea: egli assolve un compito storico che va al di là della sua adesione sentimentale, dal suo consenso: da qui la sua personalità complessa di un uomo continuamente combattuto tra il peso di una missione divina e i suoi sentimenti individuali. Nel fondo del suo animo non c'è la fermezza di chi abbagliato dall'ideale corre verso di esso senza curarsi del sangue che sparge e delle lacrime che si lascia alle spalle, al contrario c'è il dubbio, la sofferenza e un inconfessabile desidero, di quiete.

    Enea non si sottrae al destino, che ha fatto di lui un eroe: la sua sottomissione è totale, venata tuttavia da amarezza di dover continuamente rinunciare ai propri sentimenti. La realizzazione del destino esige che si spezzi anche il più sacro dei legami affettivi (la scomparsa della moglie Creusa). In questa dimensione va vista anche la sua relazione con Didone: ancora una volta affiora drammatica e terribile la tragedia di un uomo che non è più padrone neppure dei moti del proprio animo, che è condannato a provare sentimenti di un comune mortale, ma a cui non è lecito scegliere in base ad essi.

    In Enea ritroviamo tutte le virtù che stavano alla base della tradizione: la “pietas”, la “fides” e soprattutto la “fortitudo” unita alla “patientia”, cioè la subordinazione totale all'imperativo categorico del destino a cui va sacrificato ogni sentimento individuale.

    Siamo quindi nell'ambito della moralità tradizionale che affonda le sue radici nella più antica cultura romana celebrata da Cicerone, secondo cui l'attività del cittadino si giustifica solo se è "utile" per lo stato.
     
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