Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

il bimbo e la nascita...

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    10 cose che nessuno ti ha detto sulla tua vita dopo il parto

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    Non solo felicità di stringere il bambino fra le braccia. Dopo il parto potresti essere ancora grassa, piangere, odiare tuo marito, perdere molti capelli. Il sito pregnantchicken.com dice, in tono ironico e semiserio, le 10 cose che avvengono nella vita di una donna dopo il parto che nessuno ha mai osato svelare

    di Concetta Desando

    Pensi che, una volta finita la gravidanza, la parte difficile sia passata e ora la strada sia tutta in discesa? Sbagliato! È vero, non ci sono più le nausee, probabilmente puoi di nuovo allacciarti le scarpe da sola e finalmente puoi tornare a godere pizza e birra invece di pizza e acqua minerale.

    Però c'è ancora qualche dettaglio. Perché ci sono alcune cose che nessuno ti ha detto, e che il sito pregnantchicken.com, in tono semiserio e con parecchia ironia, ora svela.

    Ad esempio, avrai un periodo molto, molto difficile. Potresti odiare tuo marito. Sarai ancora grassa. Potresti piangere (e molto) …

    Ecco allora le 10 cose che non sapevi su come sarà la tua vita dopo il parto.


    1. Avrai un periodo davvero difficile

    Che il parto sia naturale o cesareo, avrai perdite per un periodo che va da due a sei settimane. La buona notizia è che potrai metterti un pannolone (gli assorbenti non sono indicati) e ti sentirai come una 15enne del 1974.

    2. In mezzo alle gambe non avrai più un fiore

    Le tue parti intime saranno “un macello di lacerazioni” che nemmeno Stephen King saprebbe descrivere. La buona notizia è che c’è una quantità di rimedi: sciacqui con acqua fredda, impacchi con le buste di piselli congelati… Il segreto è non guardarsi troppo presto.



    3. Sarai ancora grassa

    Per un po’ avrai la stessa pancia che avevi al secondo trimestre, e quindi non potrai rientrare nei vestiti che usavi prima della gravidanza. Perché in forma subito dopo la gravidanza sono capaci di tornare solo le modelle che 10 minuti dopo il parto sono già tornate come un grissino. Ma per te non è realistico: tu non hai avuto un cesareo in una clinica d’élite, e non puoi lasciare il bebè alla tata mentre segui tutti i giorni i consigli del tuo personal trainer e fai lezione di pilates.



    4. Potrai piangere. E parecchio.

    Prima di stabilizzarsi, i tuoi ormoni continueranno per diverso tempo il loro saliscendi sulle montagne russe, e il risultato per molte donne è, dal punto di vista emotivo, un periodo di ritorno all’adolescenza. Con il rischio della depressione post partum in agguato. Per cui se i tuoi cari ti dicono che ti comporti in modo strano, probabilmente è vero. E se ti consigliano di parlarne con il medico, è meglio dar loro ascolto e farlo.



    5. Potresti perdere i capelli


    Come se non bastasse tutto il resto, tra perdite, emozioni in altalena, pancia e dolorini, c’è anche questo. Quindi se durante la gravidanza sei diventata bella e luminosa come Cenerentola al ballo… beh, a quanto pare ora è scoccata la mezzanotte, la carrozza è tornata a essere una zucca e tu… E tu, grazie agli ormoni, potresti pure avere problemi alla chioma, trovando nella spazzola molti più capelli di prima.



    6. L’allattamento al seno potrebbe essere difficoltoso

    Emozionante, senza dubbio. Positivo per il bebè, certo. Ma non è una passeggiata, stanne certa: la realtà non è come nei fumetti e nelle fotografie che ti spiegano che “ l’allattamento al seno è meglio”. La buona notizia è che non potrai dimenticarti il biberon sul comodino quando esci con il pupo. Quella cattiva è che le ragadi sui capezzoli non sono il massimo del piacere. .



    7. Potresti odiare tuo marito

    A quanto pare è un metodo anticoncezionale studiato dalla natura per evitare che resti nuovamente incinta subito dopo aver partorito. Perché quando ti si avvicina con aria languida, vorresti spaccargli la faccia dato che lui, alle 2 di notte quando il bebè piange perché ha fame, dorme beatamente e non accenna a svegliarsi. Però al piccolo, in futuro, servirà avere un padre. Quindi respira, conta fino a 10 e ignora l’istinto di prendere a pugni tuo marito. Almeno per ora.



    8. Potresti diventare bollente

    Non stiamo parlando di sesso. A causa degli ormoni, potresti sperimentare le vampate di calore tipiche della menopausa. E, a proposito di sesso: non c’è niente di meno sexy di una donna con ancora addosso i chili di troppo del parto, che perde i capelli e cammina come se avesse il pannolino pieno. Probabilmente, anche questo è un accorgimento anticoncezionale di madre natura come quello del punto numero 7.



    9. Il seno potrebbe farti male

    Finalmente hai un seno enorme come una pornostar. Contenta? Aspetta di saltare una poppata, e poi rimpiangerai la tua taglia normale. Perché quando il ristagno di latte non perdona.



    10. Andare in bagno potrebbe far male

    È una delle conseguenza del parto, dovuta alla contrazione dei muscoli e agli sforzi. La buona notizia è che poi tutto torna come prima, in modo che tu sia pronta per il secondo giro.

     
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    Tutti i vantaggi del parto accovacciato
    giovedì, aprile 17th, 2014

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    Il parto naturale e la sua evoluzione nella storia

    Il parto per eccellenza è senza dubbio quello verticale, in cui la donna in piedi si accovaccia per espellere il feto secondo natura.

    Frederic Leboyer sosteneva che il miglior ostetrico è colui capace di starsene con le mani in tasca.Questo perchè la donna come tutti i mammiferi è stata creata per accogliere il feto e partorirlo da sola e in modo naturale.Se durante il parto è presente una qualsiasi medicalizzazione non si può parlare di parto naturale.Il parto secondo natura non avviene in posizione litotomica( sdraiati), ma in verticale o in posizione accovacciata come testimoniano molti dipinti e incisioni risalenti agli Egizi.La posizione distesa ha avuto origine da un capriccio delle classi ricche durante il tardo medioevo.Le donne infatti si rifiutavano di partorire in piedi come la plebe.Da questo momento infatti venne naturale l’ausilio del forcipe durante il parto.Una pratica questa tutt’altro che naturale come la posizione litotomica della partoriente.Questa posizione orizzontale infatti favorisce il contatto dell’osso sacro con il lettino e riduce molto la motilità di quest’osso molto importante ai fini di un espulsione del feto sicura e senza compromissioni.Sono molti gli ospedali che oggi praticano questo tipo di parto ma soltanto sotto specifica richiesta della partoriente.
    I vantaggi del parto in posizione verticale
    Sono molteplici i vantaggi che si ottengono scegliendo il parto naturale, tutti quelli messi a disposizione dalla grande madre natura per rendere questo momento meno traumatico possibile per mamma e bambino.Ma vediamo nello specifico tutti i vantaggi del parto verticale:1. La forza di gravità sarà una grande alleata delle contrazioni uterine e delle spinte della mamma2. Le contrazioni uterine si presenteranno in modo più frequente e regolare.3. Si presenterà una dilatazione maggiore della cervice senza bisogno di aiuto farmaceutico.4. Durante le contrazioni la posizione verticale aiuta la donna a rilassarsi meglio.5. La pressione nella fase di riposo tra le cotrazioni è maggiore.6. Il primo e il secondo stadio del travagli durano molto di meno.7. Col parto naturale la donna sente meno dolore.8. Risultano meno anomalie nei tracciati cardiografici.9. Vi è assenza di compressione dei grossi vasi aorta e vena cava da parte delle pareti uterine.Come avete visto tornare alle vecchie abitudini delle nostre nonne e bis nonne apporta sempre dei miglioramenti alla nostra vita di donne e di madri e nel caso del parto naturale regala una nascita poco traumatica al nostro bambino.La cosa più giusta da fare? Informarci e scegliere per noi stesse.

    www.chedonna.it/

     
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    Come prepararsi al parto

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    La preparazione al parto inizia effettivamente alla 38esima settimana di gravidanza, anche se verso già l’inizio della 34esima settimana di gestione è bene avere pronte alcune cose. Prima di tutto dovete assolutamente partecipare a un corso di accompagnamento alla nascita, detto semplicemente corso preparto, durante cui si tratteranno alcune tematiche basilari: la cura del bambino, l’allattamento al seno, le contrazioni, la respirazione durante il travaglio, il parto e quando andare in ospedale.


    Nelle settimane che precedono la nascita, la mamma deve concentrarsi un po’ su di sé, sul momento che sta vivendo e su come affrontare la separazione fisica da questo bambino. Come farlo? Se avete l’occasione di parlare un po’ con altre mamme in attesa, magari durante il corso, potrebbe essere d’aiuto: esternare ansie e paure fa molto bene. Condividete l’emozione con il partner.

    Si consiglia anche di leggere qualche testo specifico: quello più di moda in questo momento è Il Linguaggio segreto dei neonati, ma scegliete quello che preferite. Da un punto di vista pratico dove munirvi delle cose fondamentali che vi serviranno per la cura del bambino: un piccolo corredino, un passeggino, un lettino, un seggiolino per la macchina, prodotti igienici, pannolini, un fasciatoio, ecc.

    Preparate poi la famosa valigia, ricordando che oltre al bimbo ci siete anche voi, quindi acquistate quello che vi serve, dalle mutande usa e getta a una camicia da notte. Ritagliatevi poi qualche giornata beauty: massaggi, magari una ceretta o un bel taglio di capelli. Fatevi coccolare quanto più potete e riposate, perché poi il tempo sarà davvero poco.

     
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    Parto, tutte le sensazioni che si provano dal travaglio alla sala parto

    Durante il travaglio, poi nel momento del parto e quando per la prima volta si tiene in braccio il proprio bambino. Tutte fasi che corrispondono ad un crescendo di emozioni alle quali è difficile resistere. Ecco una possibile risposta alle domande: cosa si prova a partorire e fa davvero tanto male?

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    Una donna incinta, da chi ha partorito prima di lei, vuole sempre sapere cosa si prova e quanto faccia male partorire. Il parto non si limita però alla fase espulsiva che senz’altro è dolorosa, ma è un coacervo di emozioni legate allo sforzo, al dolore, alla gioia di vedere per la prima volta il bambino che per nove mesi è stato nella pancia. Proviamo a capire allora quali sono le sensazioni provate durante il parto.

    Il parto inizia dal travaglio. Il dolore delle contrazioni non è uguale per tutte le mamme e dipende da tanti fattori: dalla soglia del dolore della donna, dal contesto in cui avviene il parto, da come la mamma si è preparata all’evento e dalla presenza/assenza di complicazioni. Il parto in casa è diverso dal parto in acqua ed è diverso anche dal parto in ospedale, sia naturale che cesareo.

    Durante il travaglio
    Durante il travaglio la sensazione che si prova è un misto di dolore e ansia. Il dolore è quello delle contrazioni, l’ansia è legata invece alla velocità dell’evento, nonché alla voglia di conoscere questo bambino che si sta mettendo nella posizione corretta per uscire allo scoperto. Durante i prodromi, quando le contrazioni sono ancora lievi e non troppo ravvicinate, si ha il tempo di rilassarsi tra un “crampo” e l’altro. Quindi in questa fase sia il dolore che l’ansia ci sono ma la l’intensità è lieve.

    In sala parto
    Le sensazioni si fanno più forti quando le contrazioni iniziano a regolarizzarsi, diventano più dolorose e inizia ad esserci meno tempo per riposare. Questo è anche il momento in cui, in genere, chi ha scelto di partorire in ospedale deve recarsi in sala parto. C’è molta concitazione e si sente l’esigenza di capirci qualcosa. Anche se è giusto aver atteso a casa fino a questo momento, adesso la mamma non vede l’ora di essere in sala parto, accudita e coccolata dalle ostetriche di turno.

    Quando nasce (finalmente) il bambino
    E si arriva così alla fase espulsiva (considerando un parto senza complicazioni), che è quella in cui il dolore raggiunge l’apice massimo e la mamma inizia ad essere stanca. La voglia di vedere il bambino aumenta e non si riesce più ad ascoltare nessuno. La spinta è naturale anche se non sempre è comprensibile come agevolare l’espulsione del bambino. In questo momento si dovrebbero ricordare tutti i consigli su respirazione e rilassamento ma è chiedere davvero tanto alla mamma.

    Il bambino nasce e se si è fortunate, lo si può tenere subito in braccio con il cordone ombelicale ancora attaccato. Ecco, a questo punto il dolore non c’è più ed è stato quasi dimenticato. Se si piange è per la gioia immensa di avere un bambino tra le braccia.

    fonte:http://www.letteraf.com/

     
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    PARTO
    IN TRAVAGLIO, RESPIRA COSì

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    L’esperienza del parto è molto impegnativa, sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista psicologico ed emotivo e una corretta respirazione è fondamentale per ossigenare adeguatamente l’organismo e per aiutare la mamma a rilassarsi e a concentrarsi. Su questo punto, tutti gli esperti concordano. Ma qual è la tecnica migliore da utilizzare?

    Una volta, il metodo che andava per la maggiore era il cosiddetto respiro del cagnolino: la donna veniva invitata a inspirare ed espirare velocemente e molto superficialmente, gonfiando solo il torace, senza abbassare il diaframma. Si riteneva che questa tecnica fosse utile per controllare il dolore delle contrazioni e, nella fase espulsiva, per mantenere vigile l’attenzione e concentrarsi sulle spinte.
    In realtà, respirando in modo superficiale la mamma non riceve tutto l’ossigeno che le occorre, ma sente mancare l’aria, si agita e si irrigidisce e la tensione muscolare rende le doglie più dolorose e le spinte meno efficaci. Inoltre, col passare del tempo la respirazione del cagnolino può provocare mal di testa.

    Oggi, invece, nei corsi di preparazione al parto si consiglia una tecnica differente. È la respirazione lenta e profonda, che facilita il rilassamento e aiuta a sopportare meglio il dolore. Con questo sistema, i muscoli del pavimento pelvico si distendono e l’uscita del bambino nella fase espulsiva risulta agevolata.

    La respirazione profonda non coinvolge solo il torace, ma anche la pancia. Per gonfiare completamente i polmoni bisogna abbassare il diaframma e spingere in fuori l’addome. Di solito non respiriamo in questo modo, occorre esercitarsi per abituarsi a farlo. Ma una volta appresa, la tecnica è utile non solo in travaglio, ma anche nelle situazioni stressanti che viviamo ogni giorno.

    Per abituarsi a respirare profondamente, ecco un esercizio che può essere fatto in qualsiasi momento della giornata.
    Appoggia una mano sul petto e una sull’addome. Inspira lentamente e con le mani controlla i movimenti che stai facendo: il torace deve dilatarsi e l’addome deve spingersi in fuori. Espira lentamente emettendo tutte le vocali. Osserva che le o e le u sembrano venire dal basso: richiedono una respirazione di tipo addominale, mentre l’emissione delle i, delle a e delle e richiede solo un movimento del torace.

    Spesso, durante la fase espulsiva viene raccomandato di inspirare, trattenere l’aria nei polmoni e spingere. Ma se durante la spinta l’aria viene trattenuta nei polmoni, la pressione toracica aumenta e la donna fatica molto di più. L’ideale, invece, è espirare lentamente. Se tuttavia la mamma preferisce spingere in apnea, meglio non tenere i polmoni gonfi, ma svuotarli prima.

    In questa fase, alcune donne trovano istintivo urlare o modulare dei suoni. Anche questo va bene, perché urlare è un modo per espirare. L’importante, però, è utilizzare tutti i muscoli sotto il diaframma accompagnandosi con una vocalizzazione dai toni bassi, che esprime la forza della spinta verso il basso. Meglio evitare, invece, gli acuti, che conducono la voce verso l’alto, perché non aiutano e fanno sprecare energia.

    fonte:http://www.quimamme.it/

     
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    Come nasce la vita?


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    L'incontro e l'unione di due cellule altamente specializzate (i gameti), l'una derivante dall'uomo (lo spermatozoo) e l'altra dalla donna (la cellula uovo), dà origine alla vita, vale a dire allo zigote (uovo fecondato).
    Gli spermatozoi, emessi con il liquido seminale, sono in quantità variabile da 40 a 120 milioni per cc. Immessi in vagina con l'eiaculazione, viaggiano con movimenti propri, alla velocità di 2/3 millimetri al minuto e devono percorrere una distanza di circa 100/ 150 mm.

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    Cominciato con due cellule che si uniscono, questo sorprendente viaggio è una sorta di fabbrica di cellule. Da questa cellula se ne originano due, poi quattro e così via. Fino a 8, sono uguali e indifferenziate (si dicono totipotenti, perché ognuna può originare qualsiasi altra cellula dell'organismo). Si pensi che in 9 mesi questo ammasso, fatto inizialmente di poche cellule, aumenterà di 200 miliardi di volte. Quattro giorni dopo la fertilizzazione siamo solo a 16 cellule (blastomeri) che ancora non sono impiantate nell'utero (nella foto). Si tratta di uno stato di suddivisione chiamato morula per la forma a mora di gelso. Al 14° giorno si prepara l'impianto di quella che ora è chiamata blastula e che è composta da 100-150 cellule.

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    A sei settimane l'embrione fluttua nel liquido amniotico che lo protegge. È attaccato alla placenta attraverso il cordone ombelicale: da qui riceve i nutrienti e l'ossigeno necessario per il suo sviluppo, ma sono anche eliminati anidride carbonica e rifiuti del metabolismo. La placenta consente il passaggio delle molecole piccole ma non fa passare quelli più grandi come le ematiche, creando un'essenziale difesa. Nel caso per esempio che il bambino abbia una composizione sanguigna incompatibile con quella della madre, potrebbe scattare una risposta immunitaria per espellere il "corpo estraneo".
    A questo stadio l'embrione misura tra i 13 e i 22 millimetri di lunghezza. Le dita dei piedi e delle mani iniziano a configurarsi e a separarsi.

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    Nell'ottava settimana di gestazione si sviluppano corpo e arti: anche gli occhi sono già ben distinguibili. Questa data fa da spartiacque tra la fase embrionale e quella fetale: il feto a questo punto è in grado di reagire alla stimolazione intorno alla bocca contraendo i muscoli del collo e volgendo lentamente il capo. Ciò significa che i muscoli contengono fibre nervose: il sistema neurologico ha cominciato a funzionare.
    In questa fase la differenziazione delle cellule nei vari organi (organogenesi) è molto più importante della crescita in centimetri: a fluttuare nella pancia della mamma è un esserino di 23 millimetri di lunghezza e 1 grammo di peso.

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    Aggrappato al cordone ombelicale, il feto cresce (6 centimetri di lunghezza per una ventina di grammi, tra la dodicesima e la quindicesima settimana) e comincia a muovere braccia e gambe nella placenta che è già completamente sviluppata. Gli occhi sono formati, ma le palpebre rimangono serrate. All'interno del grembo materno il feto è circondato dal buio totale, anche se è probabilmente in grado di percepire variazioni di luminosità esterna. Alcuni esperimenti hanno rivelato infatti che indirizzando un fascio di luce intensa sull'addome della mamma, il feto si agita e le sue pulsazioni accelerano di 15 pulsazioni al minuto.

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    Tra la fine del primo trimestre e l'inizio del secondo il feto non sa sopravvivere autonomamente, ma possiede già sistemi e funzioni avanzate.
    I dentini si formano all'interno delle gengive, crescono le unghie, costole e vertebre iniziano il processo di ossificazione che consente alle cartilagini di diventare ossa.
    Nell'immagine le ossa più dure sono quelle più gialle e definite, che sembrano scollegate le une alle altre. In realtà il collegamento c'è, ma è ancora cartilagineo e non visibile. A questo punto dello sviluppo il feto pesa 200 grammi.

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    Un feto alla diciannovesima settimana di gestazione è coperto da una diffusa lanugine, destinata a scomparire prima del parto: resterà solo quella del cranio.
    In realtà, alla nascita alcuni bambini sono molto più capelloni di altri. Ciò è dovuto al fatto che durante il sesto mese di gestazione si sviluppano i follicoli piliferi, da cui nascononel corso del settimo nasceranno i capelli. Il ciclo vitale di questa prima chioma finisce in contemporanea e i capelli cadono tutti insieme: se questo avviene mentre è ancora nel grembo materno, il bambino si presenta pelato alla nascita, altrimenti la sua capigliatura sarà relativamente folta. Queste differenze sono comunque dettate da predisposizioni genetiche.

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    Il viso nel feto si forma molto presto, già a 25 giorni dalla fecondazione, quando dall'embrione, che è poco più di un fagiolo, spuntano tre escrescenze, gli "archi branchiali".
    Se nei pesci si trasformano in branchie, nei mammiferi, i tre abbozzi si fondono fino a formare fronte, faccia e gola. Solo dopo altre 6-7 settimane la faccia acquista l'aspetto umano: prima dell'ultimo trimestre di gravidanza assume infine i lineamenti caratteristici dell'individuo.
    Questo feto, alla ventesima settimana, è lungo circa 19 centimetri e pesa 500 grammi: siamo circa a metà del viaggio...

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    Già al quarto mese il sesso del nascituro è evidente: i genitali esterni infatti sono ben riconoscibili all'esame ecografico. Questo feto giunto alla ventiduesima settimana raggiunge i 650 grammi di peso e i 21 centimetri di lunghezza dalla testa al coccige. A questo stadio della gestazione i movimenti del feto sono facilmente percepibili dalla madre. Inoltre il piccolo affina la tecnica che lo porterà alla nascita a succhiare il latte materno: scopre il pollice inizia a succhiarlo. Più tardi, quasi al termine della gravidanza, il feto muove la bocca regolarmente ogni 10-20 secondi, anche nella fasi di sonno profondo: l'allenamento continua...

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    L'ecografia è una tecnica diagnostica basata sugli ultrasuoni usata per visualizzare l'interno del corpo umano e, nel caso della gravidanza, l'interno dell'utero. Quella bidimensionale consente di vedere l'interno come se fosse una sezione. La nuova ecografia dà invece una visione tridimensionale di quel che accade all'interno della pancia della mamma. Ecco invece un feto, giunto alla ventisettesima settimana e già posizionato per il parto, visto attraverso la risonanza magnetica: dopo la ventottesima, il bambino è in grado di sopportare un parto prematuro.

    Nella prossima pagina, le meraviglie dell'ecografia 4D e la vita del nascituro in tempo reale...

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    Una visione straordinaria nel grembo materno la consente l'ecografia 4D che visualizza l'immagine tridimensionale in movimento e in tempo reale: si vede così il feto che muove le manine, si succhia il dito o gioca con il cordone ombelicale. La visione migliore è possibile dopo la venticinquesima settimana, quando il feto è di medie dimensioni.

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    Ai raggi X, le sagome dei due gemellini alla trentesima settimana sono evidenti (il loro scheletro è colorato in blu, mentre quello della madre è in rosso e giallo). I parti gemellari sono circa l'1 per cento e i gemelli si distinguono in "identici" (o monozigotici) e "non identici" (o dizigotici).
    I primi derivano da un uovo fecondato da uno spermatozoo, mentre nel secondo caso a essere fecondate da due spermatozoi sono due uova diverse. Se i dizigotici, da un punto di vista genetico, si assomigliano non più di due fratelli, i monozigotici rappresentano due copie identiche dello stesso patrimonio genetico.

    FONTE:http://www.focus.it/

     
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    Le 4 fasi del parto

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    Secondo la classica suddivisione, il parto avviene in quattro "tempi": prodromico, dilatante, espulsivo e secondamento. Che cosa succede in ognuna di queste fasi e quanto durano? Ecco, a grandi linee, come si svolge il parto.


    Come si svolge il parto?
    Secondo la classica suddivisione, il parto si compone di quattro "tempi": prodromico (il periodo di preparazione), dilatante, espulsivo e di secondamento, cioè di espulsione della placenta. Altri sistemi di classificazione individuano solo tre fasi, considerando le fasi dilatante ed espulsiva come parte di un unico periodo di travaglio attivo.

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    Primo tempo: la fase prodromica del parto
    È una fase di preparazione, nella quale i tessuti della mamma si preparano al passaggio e all'uscita del bambino. Nel complesso, può durare da poche ore a qualche giorno: difficile capire quando inizia, perché non sempre è caratterizzata da segnali precisi.

    A volte passa addirittura inosservata, mentre in molti casi si accompagna a contrazioni preparatorie, che sono abbastanza irregolari e più o meno intense, ma sopportabili. «Inizialmente le contrazioni possono manifestarsi con una certa cadenza, arrestarsi per qualche ora e poi riprendere, soprattutto di notte. In genere sono simili a un dolore mestruale" spiega Sonia Brugali, ostetrica presso l’Ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo (BG).

    "A queste contrazioni possono abbinarsi altri segnali che avvisano che qualcosa sta cambiando" prosegue l'ostetrica. "Per esempio si perde il tappo mucoso (una sostanza gelatinosa che, proprio come un tappo, chiude il collo uterino) e si può avere qualche episodio di dissenteria o avvertire un senso di spossatezza”.


    CHE COSA STA SUCCEDENDO Un po’ per volta, il collo dell’utero si appiana, accorciandosi e assottigliandosi, fino ad assumere l'aspetto di un disco sottile. Per rendere l'idea, l'utero, che inizialmente ha la forma di una pera rovesciata, assume la forma di un'arancia, che consente di dare il via alla dilatazione.


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    Secondo tempo - La fase dilatante del parto
    È l’inizio del travaglio vero e proprio, il momento in cui in genere si va in ospedale, e si distingue dal periodo prodromico per la tipologia di contrazioni, che diventano più dolorose e regolari. Si parla di travaglio vero e proprio quando le contrazioni si verificano all'incirca ogni cinque minuti e durano circa 40-60 secondi.

    Se il travaglio è fisiologico, non è necessario per la mamma ricoverata andare in sala travaglio o in sala parto" suggerisce Brugali. "Può tranquillamente restare in camera e fare tutto quel che le consente di favorire la dilatazione, alleviare il dolore e distrarsi: cambiare spesso posizione, camminare, oscillare appoggiata ad una grande palla (in ospedale ce ne sono sempre più spesso), fare una doccia o un bagno, mettere una boule dell’acqua calda sulla schiena, ascoltare musica".

    E ancora: "Se lo desidera, la donna può assumere bevande o cibi zuccherini, come cioccolato o biscotti, che danno energia - anche al bambino - e non sono controindicati neppure in caso di cesareo, visto che quasi sempre si pratica l’anestesia loco-regionale”.
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    Per quanto riguarda la durata di questa fase, non ci sono certezze: i tempi sono molto variabili da donna a donna e dipendono da vari fattori. Tra questi, per esempio, caratteristiche materne, come la struttura fisica e la forma del canale del parto (ma anche componenti psicologiche), caratteristiche fetali, come le dimensioni, luogo in cui si partorisce e modalità di assistenza. In altre parole, anche il modo in cui viene vissuto il travaglio può influire sulla sua durata.


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    In generale, comunque, secondo le linee guida inglesi per il parto fisiologico, al primo parto la durata del travaglio fino alla fase espulsiva non dovrebbe superare le 18 ore, che scendono a 12 nel caso di figli successivi.

    CHE COSA STA SUCCEDENDO Sotto lo stimolo delle contrazioni, il collo dell'utero si dilata progressivamente fino a raggiungere quella che viene considerata una dilatazione completa, pari a 10 cm. Intanto, la testa del bambino comincia a scendere lungo il canale del parto. In molti casi, il momento del travaglio è quello in cui avviene la rottura delle membrane, che a volte, però, può verificarsi anche prima.

    Terzo tempo - La fase espulsiva del parto
    È la fase della nascita e corrisponde al tempo in cui il feto percorre il canale del parto per uscire dal corpo della mamma.

    In realtà, prima del periodo espulsivo vero e proprio c'è una fase di transizione, detta "latenza", che è come una pausa di riposo prevista dalla natura prima dello sprint finale: dura circa mezz’ora e sembra che le contrazioni si fermino e che il travaglio si sia bloccato, anche se la progressione del bambino sta continuando. “È una pausa fisiologica importante da rispettare, senza cercare di forzare i tempi, perché serve ai tessuti della mamma per adattarsi al passaggio del bambino” osserva Brugali.

    Finito l’intervallo, la donna comincia ad avvertire i premiti, cioè una sensazione impellente di spingere, come se dovesse scaricarsi. Che fare? “Semplicemente assecondare questo impulso, cercando la posizione che consente di spingere meglio: seduta, accovacciata, carponi su un materassino” risponde l'ostetrica.


    Anche per questa fase, la durata è molto variabile: "Se si tratta del primo parto e non ci sono segni di sofferenza fetale, si può aspettare fino a due ore, o anche tre, se la partoriente ha fatto l’epidurale, mentre i parti successivi sono in genere più veloci".

    CHE COSA STA SUCCEDENDO Il bambino sta scendendo lungo il canale del parto e, mentre lo fa, flette sempre più la testolina, con il mento verso il torace in modo da ridurre al minimo le sue dimensioni, e compie parziali rotazioni, per adattare i suoi diametri a quelli del bacino. Una volta uscita la testa, il piccolo, aiutato da un’altra contrazione della mamma, compie un’ultima rotazione, di circa 45 gradi, per liberare le spalle e finalmente "sgusciare" fuori.

    Quarto tempo - La fase del secondamento.
    Dopo la nascita, si recide il cordone ombelicale (clampaggio). Il momento in cui questo avviene varia da ospedale a ospedale: alcuni lo fanno subito, altri dopo che il cordone ha smesso di pulsare (in genere ci vogliono 2-3 minuti), una condizione che viene considerata più fisiologica.

    L'ultima fase del parto è rappresentata dal secondamento, cioè l'espulsione della placenta, che avviene in genere nel giro di 15-20 minuti, ma con ampie variazioni individuali. In alcuni casi, l'ostetrica può tentare di favorire l'espulsione con lievi pressioni sulla parete addominale, che vengono tuttavia sconsigliate in un'ottica di pieno rispetto della fisiologia del parto. In ogni caso, se entro un'ora non succede nulla, può essere necessario un intervento attivo, cioè l'estrazione manuale della placenta, che avviene in sala operatoria con anestesia generale.

    Uscita la placenta, è il momento della sutura di eventuali lacerazioni, spontanee o dovute ad episiotomia.

    Durante tutto questo periodo, se non ci sono (rare) complicazioni che richiedono interventi particolari, in genere la mamma ha modo di incontrare il suo bambino, che le viene appoggiato sul petto, in attesa che venga affidato alle puericultrici per il lavaggio e i dovuti controlli che eseguirà il neonatologo.

    Di solito, dopo il parto la mamma rimane in sala parto per un paio d'ore con il suo piccolo: è un momento importante, in cui si mettono in atto meccanismi fisiologici di contrazione dell'utero - favoriti anche dalle prime suzioni al seno - che aiutano a ridimensionarlo e ad evitare emorragie.

    Fonti per questo articolo: consulenza di Sonia Brugali, ostetrica presso l’Ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo (BG); manuale Fisiologia della nascita, di R. Spandrio, A. Regalia e G. Bestetti (Carocci, 2014).

    fonte:http://www.nostrofiglio.it/g

     
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    Le 5 domande per superare la paura del parto

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    Vediamo insieme come superare la paura del parto. Alcune preoccupazioni che si associano all’esperienza della nascita sono ataviche, comuni alle donne di ogni epoca e ogni Paese altre, invece, sono proprie della società occidentale. Spesso dobbiamo fare i conti anche con le paure “indotte” che arrivano dall’esterno, dai racconti delle amiche o da una gestione a volte troppo medicalizzata di gravidanza e parto.

    E se il dolore è insopportabile?
    È forse la paura più frequente quando si pensa al parto. Soprattutto se il bimbo atteso è il primo figlio, il timore di soffrire corrisponde spesso alla paura dell’ignoto. Per questo, per superare il timore la chiave di volta è l’informazione.
    Ad esempio, è fondamentale conoscere le caratteristiche del dolore del travaglio, che è diverso da tutti gli altri.

    Prima di tutto ha uno scopo poiché ci porterà ad abbracciare il nostro bambino.
    La sensazione dolorosa non è continua, ma concede delle pause che garantiscono un po’ di sollievo alla donna.
    Se non si verificano interferenze non necessarie, i meccanismi ormonali che si attivano durante il travaglio alleviano la sofferenza rendendola più sopportabile.
    Se conoscere le caratteristiche del dolore del parto è il primo passo per vincere i propri timori, il secondo passo può essere quello di informarsi sui metodi che permettono di ridurlo. Ecco quali.

    Un luogo caldo e accogliente: l’ambiente ha un ruolo fondamentale. Se la donna si trova in un luogo confortevole e intimo, al riparo da commenti e sguardi indiscreti, con il compagno o una persona da lei scelta al suo fianco, si sente più sicura e protetta.
    Metodi di analgesia naturale: la libertà di potersi muovere e assumere posizioni diverse, la possibilità di usufruire degli effetti antalgici dell’acqua calda, il massaggio, l’assistenza discreta e incoraggiante dell’ostetrica possono ridurre, e molto, la percezione del dolore.
    Analgesia farmacologica: per chi lo desidera può essere utile informarsi anche a proposito dei metodi di analgesia farmacologia. Un colloquio con l’anestesista per conoscere vantaggi e limiti della parto-analgesia non implica che poi, al momento della nascita, la donna debba usufruire per forza di questo servizio: deciderà al momento del travaglio.
    La scelta del punto nascita: è opportuno valutare con attenzione il luogo in cui dare alla luce il proprio piccino, per scegliere una struttura che offra un’assistenza che corrisponda alle proprie esigenze.
    Racconti di parto? No grazie: a volte, però, sono i racconti delle altre donne a spaventare la futura mamma. Innanzitutto ogni parto è diverso dall’altro. E poi è necessario tenere presente che il racconto di un parto non è un resoconto oggettivo degli eventi: la donna descrive il suo vissuto, il modo in cui lei ha affrontato quella esperienza. Nel suo racconto subentrano, seppur in modo inconsapevole, ansie, paure, aspettative e speranze disattese. Insomma, la stessa situazione può essere vissuta e quindi rievocata in modo molto differente.


    E se perdo il controllo?
    Ecco un timore diffuso quando si pensa al momento del parto, l’idea che potremmo avere delle reazioni impreviste a livello emotivo e/o fisico. La gravidanza è spesso vissuta come un evento molto medicalizzato in cui controlli ecografici ed esami alimentano l’illusione di poter avere sempre tutto sotto controllo. Ma il parto non è un evento razionale. Più la donna segue l’istinto e si lascia andare, meglio è. Non si deve pensare alla perdita di controllo come a qualcosa di negativo, bensì come a un passaggio a un altro piano di coscienza, fondamentale per la progressione del travaglio stesso.
    Durante il parto la neocorteccia della donna, ovvero la sfera del cervello collegata al pensiero razionale, viene messa a riposo e così entrano in circolo gli ormoni (ossitocina, endorfine, adrenalina) che favoriscono il buon espletamento del parto. Anche in questo caso l’informazione è di grande aiuto: se la futura mamma sa che la cosiddetta perdita di controllo è necessaria ed è il segnale che il parto sta andando bene può superare i suoi timori.
    Ad alcune future mamme, però, disturba molto il pensiero che potrebbero urlare, utilizzare espressioni “colorite”, oppure – sul piano fisico – avere perdite di pipì o di feci in sala parto. Ma si tratta di situazioni del tutto normali, cui le ostetriche sono abituate.
    E la paura di essere rimproverata? Nessuno può permettersi di mortificare o fare osservazioni a una donna che sta partorendo! In questo caso, il ruolo del compagno è fondamentale. Tocca a lui intervenire e “proteggere” la futura mamma.

    E se non riconosco le spinte?
    Non è raro che le future mamme siano preoccupate di non “sentire” le spinte o di non essere in grado di spingere correttamente, ma è una preoccupazione che non ha proprio ragione di essere. Quando il bimbo è pronto per nascere, la sua testolina esercita una forte pressione sul retto e la donna sente il premito, ovvero il bisogno di spingere. Una sensazione intensa che è sufficiente assecondare. Non c’è quindi bisogno di alcuna abilità o tecnica particolare. Semplicemente, si seguono i segnali del corpo e i naturali ritmi della nascita. Per fare questo è importante sapere che:

    imporre alla partoriente di spingere quando ancora non ne sente la necessità significa stancarla inutilmente e farle sprecare energie. Ad esempio, può capitare che una volta raggiunta la dilatazione completa la donna non senta il bisogno di spingere. Questo significa che la testolina del bimbo non è ancora nella posizione giusta, meglio aspettare ed eventualmente provare a cambiare posizione. A volte, è sufficiente alzarsi dal lettino e assumere una posizione verticale (in piedi, in piedi con il busto appoggiato al letto, carponi e così via) per aiutare il bimbo a incanalarsi e dare il via alla fase espulsiva.
    E se gli operatori che assistono la donna la invitano a spingere comunque? La futura mamma può chiedere di aspettare e il compagno può esercitare il suo ruolo di “difensore”, chiedendo di rispettare le richieste della donna;
    trattenere il fiato è dannoso;
    la posizione litotomica, ovvero sdraiata supina sul lettino da parto, è sconsigliata poiché non favorisce la progressione del travaglio e c’è il rischio che venga compressa la vena cava, con conseguenze per la buona ossigenazione del bambino.


    E se capita un imprevisto?
    Un altro timore piuttosto comune è che possa verificarsi qualche complicazione. L’eccesso di medicalizzazione porta spesso a vivere la gravidanza e il parto come se fossero una malattia da monitorare costantemente. In questo modo si alimenta la paura che qualcosa possa andare storto e che a volte spinge la futura mamma a scegliere un ospedale dotato di unità operative in grado di garantire cure particolari al neonato. In realtà, in Italia gli eventi avversi sono ormai rarissimi. Se la gravidanza è fisiologica e il parto naturale, il rischio di complicazioni è molto remoto.
    In ogni caso, se la donna si sente più tranquilla scegliendo una struttura dotata di terapia intensiva è giusto che assecondi questa sua esigenza, purché questo non vada a discapito del tipo di assistenza che le verrà offerta durante il travaglio e il parto.

    E se non fosse amore a prima vista?
    Non per tutte le mamme il primo incontro con il proprio bambino è un momento di gioia e di immediato trasporto. Per qualche mamma c’è bisogno di un po’ più di tempo: ogni donna è diversa e arriva a questo primo incontro con alle spalle un differente vissuto. La modalità del parto poi, può influire molto sul suo stato emotivo.
    Può capitare, però, che aspettative eccessive che non trovano riscontro nella realtà facciano sentire la mamma a disagio o addirittura in colpa. Ma questo disagio non ha motivo di essere poiché la relazione tra mamma e bimbo è fatta non di uno, ma di tanti sguardi, oltre che di contatto e di vicinanza. Sicuramente, un ambiente intimo e confortevole dove madre e figlio possono stare insieme in tranquillità facilita l’inizio della relazione ed è importante che la neomamma venga sempre sostenuta, accudita, incoraggiata.

    Al corso preparto, un confronto tra donne
    Hai paura? Parliamone. Per quanto grandi, una volta espressi i dubbi e le preoccupazioni si ridimensionano notevolmente. Scoprire che certe paure sono normali e sono comuni anche ad altre future mamme può regalare un immediato sollievo. Frequentare un corso di accompagnamento alla nascita è quindi molto utile, sia per ricevere informazioni a proposito della fisiologia e delle dinamiche del parto, sia per confrontarsi con altre donne che stanno vivendo la stessa esperienza e condividere con loro vissuti ed emozioni.

    fonte:http://www.dolceattesa.com/

     
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    Il tappo mucoso

    parto


    La gravidanza sta giungendo al termine e si sta avvicinando il giorno in cui, in base ai calcoli del ginecologo, dovrebbe nascere il vostro bambino. La data presunta del parto, però, come dice il nome, è solo presunta in quanto è molto difficile stabilire con precisione il giorno esatto del concepimento. Per questo, non sempre è facile individuare quando inizierà il travaglio, poiché ogni travaglio è diverso e segue un percorso tutto suo. Esistono, però, dei segnali che possono aiutarvi a capire che il travaglio è vicino e che il vostro bambino sta per nascere. Tra questi segnali c’è la perdita del tappo mucoso.

    Che cos’è il tappo mucoso?

    Il tappo mucoso, come indica il nome, è una secrezione mucosa, viscida e gelatinosa di colore giallastro o marroncino. Il tappo mucoso viene prodotto dalle ghiandole mucose presenti nel collo dell’utero e ha il compito di chiudere il collo dell’utero e di proteggere il feto da eventuali aggressioni esterne.


    Nello specifico, il tappo mucoso isola il feto e lo protegge dai batteri presenti in vagina che potrebbero causare infezioni.

    La perdita del tappo mucoso

    Al termine della gravidanza l’utero è ormai maturo, il travaglio si avvicina e sotto la spinta degli ormoni inizia la dilatazione. A questo punto, il tappo mucoso si sgretola e viene espulso dalla vagina. Generalmente, la perdita del tappo mucoso può avvenire in pieno travaglio o qualche giorno prima. Il distacco del tappo mucoso è indolore e per questo potrebbe anche passare inosservato. L’espulsione del tappo mucoso può essere accompagnata da piccole perdite di sangue a causa della rottura di capillari durante la dilatazione. In questo caso, il tappo mucoso apparirà striato di sangue. La perdita del tappo mucoso non indica che il parto è imminente: possono passare da poche ore ad una settimana.

    Se vi accorgete che avete perso il tappo mucoso, mantenete la calma ed avvertite il ginecologo. Non c’è bisogno di precipitarsi in ospedale ma attendete l’evolversi degli eventi e monitorate frequenza ed intensità delle contrazioni che da li a poco inizieranno.


    www.tuttomamma.com

     
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    Come avere un parto veloce e facile: 5 suggerimenti



    Inutile negarlo: il parto fa soffrire. Chi però non vuole usare l’epidurale, può trovare allo stesso tempo dei modi per rendere il travaglio più leggero e facile da affrontare. Quali sono? Si tratta di rimedi da adottare nel corso della gravidanza perché è nei nove mesi di gestazione che dobbiamo iniziare a prepararci in vista del parto e non quando si è agli sgoccioli.

    1. Non avere paura

    Chi ha paura soffre di più, è risaputo. Bisogna affrontare il parto con coraggio e determinazione, restando concentrate sul fatto che tanto amore porterà solo ad un’immensa gioia e che sarete ripagate dai tanti sacrifici fatti durante le ore di travaglio.

    2. Mantieniti allenata durante la gravidanza
    Per sopportare la resistenza del parto è bene arrivare preparate. Come? Non trascurando l’esercizio fisico che, tranne particolari complicanze, non deve essere messo da parte durante i nove mesi d’attesa. Tra gli sport consigliati: yoga, nuoto, le lunghe e rilassanti camminate. Non dimenticate poi l’alimentazione, che deve essere sana ed equilibrata.

    3. Prova gli esercizi di Kegel
    Aiutano a tenere allenato il pavimento pelvico, che potrebbe essere seriamente danneggiato durante il parto. Prevenire è sempre meglio che curare e dunque può essere di grande aiuto praticare questi piccoli e facili esercizi prima del travaglio. Più il pavimento pelvico è tonico, più il parto sarà meno doloroso.



    4. Assumi una doula
    Si tratta di una figura assistenziale non medica e non sanitaria che si occupa del supporto della donna durante tutta la gravidanza e dopo il parto. Avere accanto una doula significa avere un grande aiuto, capace di supportarti nel corso dei mesi e durante il travaglio.

    5. Evita l’induzione
    Un parto indotto deve essere applicato solo quando i benefici superano i rischi quindi se puoi evitarlo è preferibile.

    fonte:http://www.passionemamma.it/

     
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    Come funziona il parto naturale, 5 cose da sapere

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    Qual è la prima fase del parto? Come va affrontato il travaglio? E l'ultima parte? Quali sono le criticità per mamma e bambino? Le risposte di Sabina Pastura, ostetrica de La Lunanuova.


    Dalle contrazioni all'espulsione, ecco come avviene il parto naturale e come ci si può preparare per affrontarlo nel modo migliore. Ce ne parla Sabina Pastura, ostetrica de La Lunanuova, lo studio professionale associato di Milano dedicato alle attività di preparazione alla nascita e assistenza in gravidanza.

    1) Che cosa si intende per parto naturale?

    È un parto rispettato nei tempi della donna, dalle posizioni che desidera assumere alle scelte che fa durante il travaglio insieme al suo compagno. L'importante è che lei sia al centro di questo processo.



    inizia il parto, è ora di andare in ospedale?


    2) Qual è la prima fase del parto e come si può affrontare?

    La prima fase è quella cosiddetta “preparante” in cui cominciano a comparire le doglie, che sono caratterizzate dalla contrazione dell'utero e da una dolenzia del basso ventre. Queste doglie si susseguono con una distanza e una intensità piuttosto irregolari e variabili. Questa fase può durare poche ore, come anche 24-48 ore. Noi consigliamo di fare un bagno caldo per lenire il dolore o, se si è già riposato, di fare una camminata all'aria aperta.



    3) Cosa succede e come va affrontato il travaglio?

    A questo punto, le doglie diventano più regolari, con una scansione di 5 minuti da una all'altra. La loro durata è di circa un minuto e la loro intensità aumenta progressivamente. Il tempo medio di un travaglio attivo per un primo bimbo si aggira attorno alle 10-12 ore. Per quanto riguarda invece un secondo bambino le fasi del travaglio possono essere molto più brevi (rimanendo comunque intense): si parla di un tempo di 2-3 ore al massimo.



    4) Cosa accade nell'ultima fase del parto?


    La doglia si trasforma e diventa un grande desiderio di spingere. Un desiderio che dura circa 2-3 minuti, il tempo della contrazione. Dopo ci può essere anche una pausa di 5-6 minuti tra una spinta e l'altra. Per un primo bambino passano solitamente una o due ore, mentre i tempi sono più veloci nel caso di un secondo o di un terzo bambino: passano anche solo un quarto d'ora, dieci minuti.



    5) Quali sono le criticità del parto naturale?

    Una delle criticità che oggi le donne affrontano di più è quella del dolore del parto. Credo che sia importante che le future mamme arrivino gradualmente a capire l'utilità di un segnale doloroso che il nostro corpo ci dà attraverso un percorso di preparazione alla nascita. Un dolore rispetto a cui, tra l'altro, la donna ha degli strumenti, come la respirazione o il sostegno dell'ostetrica e del compagno che le sono accanto.


    Ovviamente, questo non vuol dire che non si possa ricorrere, nel caso di complicanze, a strumenti farmacologici che possono aiutare nella gestione del dolore.

     
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71 replies since 2/3/2011, 15:38   11395 views
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