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parafrasi e poesie di-G.CARDUCCI

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  1. Lussy60
     
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    Gosue' Carducci




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    Nato nel 1835, Giosuè Carducci trascorse infanzia e adolescenza a Bolgheri, frazione di Castagneto - oggi Castagneto Carducci (Livorno).
    Suo padre esercitava la professione di medico condotto.
    La sua permanenza nella Maremma termina nel 1849, in quello stesso anno infatti si trasferì a Firenze.
    A Firenze Giosuè compì gli studi ginnasiali, entrando poi nella Scuola Normale Superiore di Pisa, dove si laureò in filosofia e filologia. Costituì, insieme con tre compagni di studi il gruppo degli “Amici pedanti”, impegnato nella difesa del classicismo contro le tendenze letterarie dominanti: il manzonismo nella prosa e il romanticismo sentimentale di Prati e Aleardi nella lirica.
    L’insegnamento e l’attivita’ critica
    Gli anni 1857-58 furono turbati da due gravi lutti: nel novembre 1857 morì il fratello Dante, non è chiaro se per suicidio o perché ucciso involontariamente durante una lite dal padre, che morì a sua volta pochi mesi dopo.
    Nel 1859 sposa Elvira Menicucci. Dal 1871 diventerà l’amante di Carolina Cristofori Piva, la Lidia delle "Odi barbare".
    Nel 1860 venne chiamato dal ministro dell’Istruzione del governo piemontese a ricoprire la cattedra di eloquenza ( cioè di letteratura italiana) all’Università di Bologna; ebbe così inizio un lunghissimo periodo di insegnamento.
    Da repubblicano a monarchico
    Il decennio 1860-70 è decisivo per la formazione ideologica e politica di Carducci: da un lato le vaste letture, dall’altro l’iscrizione alla Massoneria e la delusione provocata dalla mediocrità del governo postunitario, determinarono un atteggiamento filorepubblicano e giacobino.
    Negli anni successivi, con il mutare della realtà storica italiana, a Carducci la monarchia finì con l’apparire la migliore garante dello spirito laico del Risorgimento e di un progresso sociale non sovversivo, di contro al diffondersi del pensiero socialista, cui guardò con diffidenza perché incompatibile con i suoi ideali nazionalistici.
    La ritrovata fiducia nella monarchia, testimoniata da una famosa ode dedicata alla Regina Margherita per celebrarne l’ascesa al trono (1878), gli valse nel 1890 la nomina a senatore del Regno, consacrazione definitiva della sua nuova veste di “poeta vate della nuova Italia”.
    Nel 1906 fu insignito - primo italiano - del Premio Nobel per la letteratura.
    Morì a Bologna nel 1907.

    LE OPERE, I TEMI E LO STILE
    Giambi ed epodi
    Si tratta di una raccolta composta da un Prologo e 30 poesie nelle quali è costante l’atteggiamento polemico nei confronti della realtà storica e sociale contemporanea.
    L’impegno civile domina i testi aspramente polemici di Giambi ed epodi, raro esempio in Italia di poesia direttamente ispirata alla storia e persino alla cronaca contemporanea. I due sinonimi accostati nel titolo alludono ai modelli del libro (nomi di due tipi diversi di versi), cioè i Giambi del poeta greco Archiloco e gli Epodi di Orazio, dei quali Carducci riprende il tono satirico e, anche se in modo molto elastico, la forma metrica.
    Carducci vuole riaffermare i valori che il Risorgimento ha deluso; l’ispirazione viene dalla reazione contro la corruzione e la meschinità di certi ambienti mondani e politici.
    Lo sdegno di Carducci è sollecitato da varie situazioni e avvenimenti dell’Italia di fine secolo, così diversa da quella vagheggiata dagli eroi del Risorgimento:
    - lo strapotere temporale del papa;
    - la disastrosa guerra del 1866;
    - l’ambiguità e la debolezza del governo italiano di fronte alla questione romana.
    I bersagli della polemica carducciana sono anche lo spirito affaristico, la corruzione e la meschinità della borghesia italiana.
    Il rifiuto del presente implica certo il ricordo di un passato migliore (si vedano per esempio i testi celebrativi di eventi storici memorabili): vedi “Comune rustico” esaltazione di una realtà di valori che non ci sono più.
    Per il quinto anniversario della battaglia di Mentana (Giambi ed Epodi)
    Si tratta di un componimento d’anniversario di contenuto ed ispirazione politica: il 3 novembre 1867 a Mentana Garibaldi con i suoi volontari fu fermato nella marcia verso Roma dalle truppe francesi mandate da Napoleone III per difendere lo Stato Pontificio. Sul valore dei garibaldini ebbero la meglio i nuovi fucili a retrocarica, gli chassepots, dei francesi. Dopo la sconfitta Garibaldi fu arrestato per la terza volta.
    Metro: sette strofe formate ciascuna da otto settenari.
    Rime nuove
    La raccolta comprende 105 liriche, ripartite in nove sezioni, ed è il più ricco e vario dei libri di poesia carducciani. Questa raccolta ha già abbandonato il linguaggio giambico per una lirica di respiro più disteso e pacato. E’ definita poesia del cuore perché parla dei suoi sentimenti e dolori.
    La poesia “barbara“ carducciana
    La poesia “barbara” si inserisce nella direzione classicistica: nelle Odi barbare Carducci recupera dei classici anche la metrica, cercando di trasferirla alla lingua italiana.
    Ma il calco non può essere perfetto, poiché, come è noto, l’Italiano è privo della opposizione fra sillabe lunghe e brevi che costituisce invece il fondamento linguistico e metrico del greco e del latino: lo stesso Carducci ammette che le sue poesie sembrerebbero sicuramente “barbare” agli orecchi e al giudizio dei Greci e dei Romani.
    Queste poesie sono dunque “composte e armonizzate di versi e di accenti italiani”: Carducci adotta infatti versi della nostra tradizione, i quali, com’è noto, si fondano sul criterio dell’isosillabismo (un dato verso ha sempre lo stesso numero di sillabe) e dell’isocronismo degli accenti (un dato verso ha sempre gli accenti sopra determinate sillabe).
    Carducci chiama dunque queste sue liriche “Odi” perché composte in metri che ricalcano quelli greci e latini, e “barbare” perché tali sembrerebbero agli antichi.
    La conseguenza di quest’insolito assetto formale è la dissoluzione del verso e della rima e il forte rilievo attribuito alla parola singola.
    I componimenti si dividono in:
    - componimenti civili, dove è esaltata la Roma antica.
    - componimenti personali, basate sul tema della fugacità del tempo e quello dell’opposizione morte-vita, espressa metaforicamente secondo la tecnica del contrasto (usata per esempio in “pianto antico”).
    Un esempio concreto di trasposizione “barbara”
    Quando il verso classico ha un numero di sillabe superiore a undici (quante ne conta il verso italiano più lungo, l’endecasillabo), Carducci ricorre ovviamente alla riunione di più versi italiani.






    San Martino

    La nebbia a gl'irti colli
    piovigginando sale,
    e sotto il maestrale
    urla e biancheggia il mar;

    ma per le vie del borgo
    dal ribollir de' tini
    va l'aspro odor de i vini
    l'anime a rallegrar.

    Gira su' ceppi accesi
    lo spiedo scoppiettando:
    sta il cacciator fischiando
    sull'uscio a rimirar

    tra le rossastre nubi
    stormi d'uccelli neri,
    com'esuli pensieri,
    nel vespero migrar.


    L'atmosfera piena di brio del borgo è dovuta al giorno di San Martino(cioè l'11 novembre) in un paesetto della Maremma (Bolgheri o Castagneto), poiche' per le vie si diffonde quell'odore aspro di vino e di carne che viene cotta sullo spiedo, ma i pensieri dell'uomo sfuggono a quest'allegria e volano lontani proprio come gli uccelli.
    Questo giorno risulta di una certa importanza per gli agricoltori perchè segna la fine del lavoro nei campi e l'inizio del travaso del vino dai tini nelle botti. All'allegria del borgo si contrappone quella tristezza del paesaggio autunnale in quanto avvolto dalla nebbia.


    PARAFRASI
    La nebbia, sciogliendosi in una leggera pioggerella, risale per le colline rese quasi ispide dalle piante ormai prive di foglie e, spinto dal ventate fredde , il mare rumoreggia frangendosi sulla scogliera, con onde spumose colorate di bianco. Ma per le vie del piccolo paesello c si propaga, dai tini dove fermenta il mosto, l’odore aspro del vino nuovo che porta gioia ai cuori.Nel frattempo sui ceppi bruciati nel focolare scoppiettano quelle gocce di grasso cadenti dallo spiedo su cui cuoce la cacciagione; e il cacciatore se ne sta sull'uscio a guardare stormi di uccelli che, messi a confronto con le nubi rossastre del tramonto, sembrano neri, come quei pensieri che si vorrebbe mandar via lontano.


    Schema delle rime:ABBC
    La lirica è composta da quattro quartine formate da settenari, i primi tre di ogni strofa risultano piani, l'ultimo è tronco; in ogni quartina il primo verso è esente dalla rima, il secondo e il terzo rimano tra loro; il quarto verso è in rima con gli ultimi versi di ogni strofa.

    I particolari suoni di / ebbia/, / iggi /, / eggia / nella prima strofa di San Martino diventano onomatopeici e ci fanno sentire l'acquerugiola che lievemente scende sul paesaggio e ci fanno vedere il mare che rumoreggia sulla costa.
    L'onomatopea domina la terza strofa: i suoni / ppi/, /cce/, /spied/, /scoppie/, / ttando/, /fischia/, /uscio/ servono a evidenziare quei rumori causati dal focolare e lo zufolare soprappensiero del cacciatore.
    Nella lirica vengono usate molte figure retoriche quali la prosopopea,nel 4^ verso con l'umanizzazione del mare,l’iperbato nel 6^-7^ verso in cui viene invertito l’ordine,,la paronomasia che riproduce un uguale suono e attua una funzione onomatopeica , infine la similitudine negli ultimi tre versi :secondo alcuni il poeta esprimerebbe il desiderio di vedere volare via, lontano, come gli uccelli, i suoi tetri pensieri; altri, invece, propongono di leggere "esuli" nel senso di "sperduti, che vagano lontano e si perdono nell'infinito".



    Edited by Lussy60 - 26/3/2013, 13:51
     
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