Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

parafrasi e poesie di-Giacomo Leopardi

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  1. lussy601
     
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    Alla primavera o delle favole antiche G. Leopardi, Parafrasi

    alla primavera o delle favole antiche g.leopardi!!!! te ne sarò grata a vita...

    Perché i celesti danni
    Ristori il sole, e perché l'aure inferme
    Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
    Delle nubi la grave ombra s'avvalla;
    5Credano il petto inerme
    Gli augelli al vento, e la diurna luce
    Novo d'amor desio, nova speranza
    Ne' penetrati boschi e fra le sciolte
    Pruine induca alle commosse belve;
    10Forse alle stanche e nel dolor sepolte
    Umane menti riede
    La bella età, cui la sciagura e l'atra
    Face del ver consunse
    Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
    15Di febo i raggi al misero non sono
    In sempiterno? ed anco,
    Primavera odorata, inspiri e tenti
    Questo gelido cor, questo ch'amara
    Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara?

    20Vivi tu, vivi, o santa
    Natura? vivi e il dissueto orecchio
    Della materna voce il suono accoglie?
    Già di candide ninfe i rivi albergo,
    Placido albergo e specchio
    25Furo i liquidi fonti. Arcane danze
    D'immortal piede i ruinosi gioghi
    Scossero e l'ardue selve (oggi romito
    Nido de' venti): e il pastorel ch'all'ombre
    Meridiane incerte ed al fiorito
    30Margo adducea de' fiumi
    Le sitibonde agnelle, arguto carme
    Sonar d'agresti Pani
    Udì lungo le ripe; e tremar l'onda
    Vide, e stupì, che non palese al guardo
    35La faretrata Diva
    Scendea ne' caldi flutti, e dall'immonda
    Polve tergea della sanguigna caccia
    Il niveo lato e le verginee braccia.

    Vissero i fiori e l'erbe,
    40Vissero i boschi un dì. Conscie le molli
    Aure, le nubi e la titania lampa
    Fur dell'umana gente, allor che ignuda
    Te per le piagge e i colli,
    Ciprigna luce, alla deserta notte
    45Con gli occhi intenti il viator seguendo,
    Te compagna alla via, te de' mortali
    Pensosa immaginò. Che se gl'impuri
    Cittadini consorzi e le fatali
    Ire fuggendo e l'onte,
    50Gl'ispidi tronchi al petto altri nell'ime
    Selve remoto accolse,
    Viva fiamma agitar l'esangui vene,
    Spirar le foglie, e palpitar segreta
    Nel doloroso amplesso
    55Dafne o la mesta Filli, o di Climene
    Pianger credè la sconsolata prole
    Quel che sommerse in Eridano il sole.

    Né dell'umano affanno,
    Rigide balze, i luttuosi accenti
    60Voi negletti ferìr mentre le vostre
    Paurose latebre Eco solinga,
    Non vano error de' venti,
    Ma di ninfa abitò misero spirto,
    Cui grave amor, cui duro fato escluse
    65Delle tenere membra. Ella per grotte,
    Per nudi scogli e desolati alberghi,
    Le non ignote ambasce e l'alte e rotte
    Nostre querele al curvo
    Etra insegnava. E te d'umani eventi
    70Disse la fama esperto,
    Musico augel che tra chiomato bosco
    Or vieni il rinascente anno cantando,
    E lamentar nell'alto
    Ozio de' campi, all'aer muto e fosco,
    75Antichi danni e scellerato scorno,
    E d'ira e di pietà pallido il giorno.

    Ma non cognato al nostro
    Il gener tuo; quelle tue varie note
    Dolor non forma, e te di colpa ignudo,
    80Men caro assai la bruna valle asconde.
    Ahi ahi, poscia che vote
    Son le stanze d'Olimpo, e cieco il tuono
    Per l'atre nubi e le montagne errando,
    Gl'iniqui petti e gl'innocenti a paro
    85In freddo orror dissolve; e poi ch'estrano
    Il suol nativo, e di sua prole ignaro
    Le meste anime educa;
    Tu le cure infelici e i fati indegni
    Tu de' mortali ascolta,
    90Vaga natura, e la favilla antica
    Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi,
    E se de' nostri affanni
    Cosa veruna in ciel, se nell'aprica
    Terra s'alberga o nell'equoreo seno,
    95Pietosa no, ma spettatrice almeno.




    Composta all'inizio del 1822, la canzone, che segue il modello petrarchesco, è composta di cinque strofe, ognuna di 19 versi. In essa, il poeta esprime la sua convinzione che, mentre si rinnova ogni anno la primavera nella natura, non è possibile per il genere umano ritrovare quell'epoca - l'antichità, primavera della storia - in cui esso godeva di un'immaginazione fervida e poteva così cogliere segni di vita e presenze misteriose e divine in ogni aspetto naturale. Lo sviluppo della civiltà ha portato la conoscenza del vero e la perdita di quella facoltà immaginativa.

    La poesia si chiude con una supplica alla natura perché ascolti l'infelicità degli uomini, se non pietosa almeno spettatrice; ma qualche verso prima un inciso (v. 91 "se tu pur vivi") rivela come ormai Leopardi non nutra più alcuna illusione.





    Parafrasi "A Silvia", di Giacomo Leopardi


    Silvia, ricordi ancora quando eri in vita

    Quando la tua bellezza splendeva, nei tuoi occhi ridenti e schivi,

    e tu lieta e pensierosa ti apprestavi al passaggio dall’adolescenza alla maturità.



    Suonavano le stanze tranquille e le strade al tuo continuo canto,

    quando tu eri intenta ai lavori femminili, sedevi contenta per il tuo avvenire ancora da definire.

    Era Maggio e tu eri abituata a lavorare.



    Talvolta lasciavo gli studi piacevoli e quelli faticosi su cui trascorrevo la mia adolescenza e veniva spesa la migliore parte di me.

    Dalle stanze e dai balconi della casa paterna io ascoltavo la tua voce. E ti immaginavo lavorare con fatica alla tela.

    Guardavo il cielo sereno, le vie illuminate, e la campagna intorno,

    Da questa parte il mare e dall’altra parte le colline.

    Non ci sono parole giuste per esprimere i sentimenti che provavo nel mio cuore.



    Che bei pensieri,

    che speranze, che cuori, o Silvia mia!

    Come ci sembrava allora la vita umana e il destino!

    Quando mi ricordo di tanta speranza

    Un sentimento molto forte mi opprime e torno a dolermi della mia sfortuna.

    O natura, o natura, perché non mantieni le tue promesse? Perché ci inganni?



    Prima che giungesse l’inverno, venivi uccisa da un dolore forte e morivi o tenerella, e non vedevi la tua adolescenza.

    Non ti struggeva il cuore, le lodi dei ragazzi per i tuoi capelli neri ora dei tuoi sguardi innamorati e schivi.

    E con te le tue amiche non parleranno d’amore durante i giorni di festa.



    Anche la mia speranza morì poco tempo dopo: anche a me il destino ha negato la giovinezza. Ahi come sei passata cara compagna della mia infanzia, mia compianta speranza!

    Questo è quel mondo? Sono questi i divertimenti, l’amore, le opere, gli eventi di cui abbiamo tanto discusso insieme?

    E’ questa la sorte degli esseri umani? All’apparire della verità tu moristi: e con la mano indicavi da lontano la fredda morte ed una tomba spoglia.




     
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