Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Pëtr Il'ič Čajkovskij

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    Pëtr Il'ič Čajkovskij

    Tchaikovsky



    (Kamsko-Votkinsk, 7 maggio 1840[1] – San Pietroburgo, 6 novembre 1893) è stato un compositore russo del romanticismo.

    Biografia

    La nascita e la giovinezza




    La famiglia del musicista. Il futuro compositore è all'estrema sinistra accanto alla madre, alla quale stanno vicino, in piedi, la sorellastra Zinaida e Nikolaj. La sorella Aleksandra è al centro, mentre Ippolit in braccio al padre. La foto è del 1848.
    Considerato oggi come uno dei più grandi musicisti russi di tutti i tempi, Čajkovskij nacque a Kamsko-Votkinsk, Russia, da un ingegnere minerario ucraino e dalla sua seconda moglie, Aleksandra Andreevna d'Assier, una donna di nobili origini francesi, ma nata a San Pietroburgo nel 1812. Le ascendenze complessive del futuro musicista mescolavano anche sangue polacco, cosacco e tedesco. Terzo di sette figli della coppia: Ekaterina, primogenita, nata nel 1836 ma morta nei primi anni di vita; Nikolaj, 1838 e – dopo il musicista – l'amatissima sorella Aleksandra, 1842, quindi Ippolit, 1843 ed infine i due gemelli, Modest (suo futuro primo biografo) e Anatolij, 1850. Esisteva, al vero, anche una sorellastra, Zinaida, nata nel 1829, che il padre aveva avuto da un primo matrimonio (il padre del musicista si sposò ben tre volte nel corso della propria vita).
    Questa sorellastra ebbe un ruolo "negativo" nella fanciullezza di Čajkovskij, come attestano diverse biografie tra cui quelle di Nina Nikolaevna Berberova e Hofmann (vedi oltre).
    Il legame coi fratelli fu sempre molto intenso specie con Aleksandra e Modest.
    Iniziò a prendere lezioni di pianoforte all'età di cinque anni (dopo un primo intervento materno), da una serva liberata, Marja Markovna Palčikova.
    Fu in questo periodo che la forte inclinazione e sensibilità musicale si manifestò, tanto da preoccupare l'istitutrice Fanny Dürbach come essa stessa raccontò poi al fratello Modest.[4] Gli studi musicali proseguono nel 1848 con il pianista Filippov.
    Nel 1850 assiste con la madre per la prima volta ad un'opera lirica: Una vita per lo Zar di Michail Ivanovič Glinka. Quest'opera e il Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart costituiranno sempre una pietra di paragone per il compositore.
    Nel 1850 supera l'esame per l'ammissione alla Scuola di Giurisprudenza di San Pietroburgo che frequentò per i successivi nove anni, un destino, quello di burocrate, notevolmente diffuso nel ceto al quale Čajkovskij apparteneva (anche i suoi due fratelli gemelli compirono eguali studi).
    Nella Scuola di Giurisprudenza ottenne risultati mediocri, ma strinse amicizie che si prolungarono per tutta l'esistenza, scoprendo anche debolezze umane quali quella per il fumo ed il bere (fu sempre un accanito fumatore ed amante dell'alcool).
    In questo ambiente si realizzarono per Čajkovskij anche le prime esperienze omosessuali.
    Una conoscenza speciale avvenne con il futuro poeta Aleksej Nikolaevič Apuchtin che ebbe su di lui un forte influsso personale come è raccontato, per esempio, dalla Berberova nel suo libro. Molte di queste amicizie, indipendentemente dalla componente amorosa, furono importanti per Čajkovskij e in esse trovò sostegno e riferimento.
    Durante gli anni alla Scuola di Giurisprudenza Pëtr Il'ič, ebbe ampio modo di frequentare tanto il teatro d'opera e di prosa quanto il balletto, con le sue celebrate stelle, cosa che gli sarebbe diventata in futuro utile. Nella Scuola stessa prese lezioni di canto corale (possedeva una bella voce di soprano ossia voce bianca) e ricominciò lo studio del pianoforte con il famoso costruttore di strumenti Becker.
    A sedici anni ascolta per la prima volta il Don Giovanni di Mozart: è un colpo di fulmine, un'assoluta rivelazione del proprio destino per la musica: «A Mozart sono debitore della mia vita dedicata alla musica». Altri studi pianistici seguiranno alla conclusione della frequenza della Scuola di Giurisprudenza nel 1859 e al conseguente impiego al Ministero della Giustizia (due cose alle quali Čajkovskij dava scarsa rilevanza, sebbene fosse uscito dalla Scuola come uno dei migliori del proprio anno): essi saranno appresi per tre anni (siamo nel 1855) attraverso un celebre maestro dell'epoca, Rudolf Vasilevič Küdinger (1832-1913).
    Quel tempo (ultimo anno della Scuola di Giurisprudenza) fu per Čajkovskij ricco ed appagante sotto l'aspetto di vita di società, ove riscuoteva non marginali successi , anche nel campo femminile, riuscendo simpatico a tutti («un giovanotto proprio per bene», scrive la Berberova).
    Ma una tragica circostanza, dalle conseguenze incalcolabili, era avvenuta nel giugno del 1854: l'adorata madre era morta a seguito di un'epidemia di colera e anche il padre, il giorno dopo il funerale, si era sentito male, riuscendo a scampare alla morte. Lo stesso musicista scriverà nel 1878: «Ogni momento di quel giorno spaventoso è vivido in me come fosse ieri». È singolare che il compositore russo concluda la propria esistenza a causa dello stesso male (se si accetta la versione ufficiale della sua morte, vedi oltre), anche se a quel tempo il colera era "di casa" in Russia.
    Lo stesso anno 1854 vede la prima composizione che il musicista considerasse degna di essere conservata.
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    Anastasie-Valse, dedicata alla governante Anastasija Petrovna (pubblicata nel 1913). Una canzoncina infantile era stata "composta" a orecchio La nostra mamma a Pietroburgo già nel 1844 e sempre in anni vicini al 1854 fantastica più che altro su un'opera teatrale.

    Le prime composizioni



    Čajkovskij fu per tutta la vita un viaggiatore. Nel 1861 compie il primo viaggio estivo all'estero, visitando Germania, Belgio, Parigi e Londra, frequentando opera e concerti.
    Gli studi musicali post-diploma proseguiranno mentre era in forza al Ministero della Giustizia (dove lavorò con una certa trascuratezza per tre anni, cosa che gli permetteva del resto di far vita mondana, come ricorda il fratello Modest), ma successivamente al ritorno dal suddetto viaggio, pur riprendendo il lavoro al Ministero si dedicherà maggiormente alla musica, tralasciando i diversivi.


    Anteriormente al 1859 in Russia non solo non esistevano scuole ufficiali per l'insegnamento musicale, ma anche lo "status" di musicista era negato. Un giovane dell'aristocrazia doveva frequentare l'opera, conoscere la musica e magari saper suonare e addirittura comporre qualche cosa, ma un gentiluomo che abbracciasse la musica come professione era una cosa da non prendersi nemmeno in considerazione. La maggior parte degli artisti e della musica eseguita era straniera. Gli italiani vi imperavano pur esistendo del resto una tradizione musicale, seppur più propriamente popolare e religiosa.
    Fu merito del musicista Anton Grigorevič Rubinštejn (1829-1894) e del mecenatismo della granduchessa Elena Pavlovna (zia dello zar Alessandro II Romanov) fondare (1859) la cosiddetta Società Musicale Russa, poi trasformata, nel 1862, in Conservatorio diretto dallo stesso Rubinštejn, con autorevoli docenti. Sulla scia di tale avvenimento nel 1866 fu aperto un Conservatorio anche a Mosca, fondato e diretto dal fratello di Anton Rubinštejn, Nikolaj. Va segnalato che sempre nel 1862 a Pietroburgo si iniziarono i corsi della Scuola Musicale Gratuita, rappresentante la corrente radicale e progressista della musica russa, che si opponeva all'accademismo di derivazione tedesca imperante nei Conservatori dei Rubinštejn, sotto la guida di Milij Alekseevič Balakirev (1837-1910) e in essa si formò il famoso Gruppo dei Cinque.
    Docente di teoria musicale nel Conservatorio di San Pietroburgo era un musicista minore, Nikolaj Ivanovič Zaremba (1821-1879): Čajkovskij divenne suo allievo e studiò composizione con Anton G. Rubinštejn, abbandonando l'impiego statale nel 1863. In quegli anni compose svariati pezzi minori, romanze per canto e pianoforte, pezzi per pianoforte solo e un coro Prima del sonno (in origine a cappella poi rielaborato con l'aggiunta dell'orchestra), un pezzo per archi in Sol maggiore Allegro ma non tanto. Nel 1864 scrive L'uragano: un'ouverture in Mi minore, op. 76 postuma, dal dramma omonimo di Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij. Dirige pure l'orchestra del Conservatorio nel 1865 nella sua nuova ouverture in Fa maggiore per piccola orchestra (prima versione). La direzione orchestrale sarà per Čajkovskij sempre un grande problema dato il proprio carattere timido, ma nel tempo e con la maturità egli divenne un applaudito interprete non solo della propria musica e anche all'estero.
    Prima ancora del diploma gli venne offerto da Nikolaj G. Rubinštejn su suggerimento del proprio fratello, di trasferirsi a Mosca, per insegnare teoria nel nuovo Conservatorio di colà. Nel 1866 terminò gli studi al Conservatorio di San Pietroburgo iniziati nel 1861, diplomandosi con una composizione Alla gioia, per soli, coro ed orchestra, tratta da un testo di Schiller, tema obbligato in quella circostanza (lo stesso usato da Ludwig van Beethoven nel finale della propria Sinfonia n.9). In quell'anno fu nominato professore di teoria e armonia mantenendo quella posizione fino al settembre del 1878.
    Nel 1866 compone, non senza incertezze, la Sinfonia n.1 in Sol minore, op. 13, sottotitolata Sogni d'inverno, che verrà rielaborata più volte (una pratica abbastanza usuale nel musicista). Si tratta di una composizione giovanile, ma con tratti distintivi già presenti. L'anno seguente è la volta della prima opera lirica portata a reale compimento: Voevoda (Il voivoda) dal dramma di Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij. L'opera ebbe quattro repliche e successo ma non fu più ripresa e l'autore distrusse la partitura, sebbene alcune parti siano finite nella successiva opera lirica Opričnik (L'ufficiale della guardia) e nel balletto Il lago dei cigni (essa venne comunque ricostruita sui materiali d'orchestra e ripresentata nel 1949). La forte spinta autocritica di Čajkovskij va qui evidenziata, tanto nella suddetta prassi di rielaborare proprie composizioni, quanto nelle azioni più drastiche, come la distruzione, sebbene spesso venissero salvate parti che venivano trasferite opportunamente in altri lavori.
    È di quegli anni l'avvicinamento, prudente, al Gruppo dei Cinque anche se le simpatie verso i musicisti che componevano il gruppo furono diverse, con aperta ostilità in particolare verso Modest Petrovič Musorgskij.

    Le composizioni della prima maturità



    Il musicista nel 1866, docente al Conservatorio di Mosca.
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    L'anno 1868 segna nella vita del musicista l'episodio sentimentale con la cantante belga Désirée Artôt: si parlerà per giunta di matrimonio. La cantante finì invece sposa di un celebre baritono spagnolo, ma restò amica di Čajkovskij, con cui mantenne una corrispondenza ed ebbe successivi incontri (il musicista scriverà musica sotto l'influsso di questo amore platonico e - più tardi - dedicò alla signora le Six Mélodies, op. 65, del 1888).
    Gradatamente si intensifica il lavoro compositivo, per il quale alla fine opterà, come si è visto, abbandonando l'insegnamento e dedicandosi alla critica musicale.

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    L'ouverture-fantasia Romeo e Giulietta del 1869, ma rivista nel 1880, è uno dei prodotti migliori tanto per la forma che per contenuti (il musicista non ha ancora trent'anni del resto) ed in essa, come sempre ma qui particolarmente, Čajkovskij farà confluire il "programma" di ispirazione letteraria, William Shakespeare, con le proprie intime spinte emotive, a detta di molti biografi, su un amore "proibito" di quel momento verso un allievo del Conservatorio, Eduard Zak. La vicenda ebbe successivamente alla composizione, esattamente nel 1873, un finale tragico, in quanto il giovane si tolse la vita a diciannove anni.
    Una nuova opera lirica (dopo due tentativi abbandonati) vede la luce tra il 1870 e il 1872, Opričnik (L'ufficiale della guardia) ed un'altra ancora poco più tardi, nel 1874: Kuznec Vakula (Il fabbro Vakula), rielaborata, quest'ultima, sotto il titolo Čerevički (Gli stivaletti) nel 1885. Come si vede l'attrazione verso la musica lirica teatrale fu sempre notevole nel musicista, anche se nel genere i titoli chiave saranno Evgenij Onegin (Eugenio Onieghin) e Pikovaja dama (La dama di picche).


    Una foto-ritratto del musicista, seconda metà del 1860.

    Una gran parte della critica musicale ritiene del resto che il migliore Čajkovskij stia proprio nel settore teatro musicale e nelle ultime tre sinfonie nonché nel balletto.
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    Due nuove sinfonie si aggiungono: la cosiddetta Piccola Russia in Do minore, op. 17, 1872 (poi rivista) e la Polacca in Re maggiore, op. 29, 1875. Inoltre il musicista si dedica alla cameristica con tre quartetti per archi, l'op. 11 in Re maggiore, 1871 e che riscuote il consenso di un illustre ascoltatore, Lev Tolstoj, l'op. 22 in Fa maggiore, 1874 e l'op. 30 in Mi bemolle minore, 1876.
    Tra il 1874 e il 1875 si realizza quello che diventerà uno dei pezzi più celebri dell'autore, il Concerto n. 1 in Si bemolle minore op. 23, rivisto due volte, anche se l'edizione pubblicata nell'agosto del 1879 è quella correntemente eseguita.
    A trentacinque anni Čajkovskij compie l'apertura ad un genere musicale generalmente sottostimato all'epoca, la musica di balletto e ad essa dovrà buona parte della sua fama. Nel 1877 va in scena al Teatro Bol'šoj di Mosca Lebedinoe ozero (Il lago dei cigni), op. 20, scritto nei due anni precedenti e nato durante una delle tanti estati trascorse con la famiglia della sorella ed i nipoti, un angolo di serenità spirituale al quale il musicista fece ricorso sovente. Il balletto ha un valore musicale davvero speciale, anche per le componenti "drammaturgico-musicali" (Čajkovskij fa un uso intensivo del cosiddetto leitmotiv e delle tonalità, con una cura particolare per la strumentazione). Tra l'estate e l'autunno del 1876 compone il poema sinfonico op. 32 Francesca da Rimini, un altro dei suoi lavori per grande orchestra oggi più eseguiti.
    Sempre nel 1876 assiste tanto alla Carmen di Georges Bizet, quanto alla prima assoluta della Tetralogia (L'anello del Nibelungo) di Richard Wagner, traendone - per diverse ragioni - motivi di entusiasmo (nel primo caso) o di critica (nel secondo, anche se le composizioni scritte in quel periodo risentono di effetti strumentali debitori al musicista tedesco). Carmen inoltre farà capolino anni dopo nel momento di creazione della propria opera lirica La dama di picche.

    <p align="center">L'incontro con Nadežda von Meck


    Gli eventi biografici che daranno una marcatura indelebile alla vita del musicista si verificheranno proprio tra la fine del 1876 e il 1877 e costituiscono due capitoli a sé, degni di essere indagati assieme al mistero sulla sua morte prematura (come infatti i biografi, ancora oggi, continuano a fare, per fini non solo di curiosità ma perché Čajkovskij fu un tipico artista dell'Ottocento, ove le sue proprie vicende personali si saldarono sempre con la creazione artistica). L'indagine critico-biografica tipica del secolo seguente e dell'attuale, con ricorsi anche alla psicoanalisi, cercherà di mettere in luce, gli aspetti della sua complessa personalità più di quanto non fosse già blandamente avvenuto nelle prime, pur non marginali opere biografiche (vedi sezione "Letteratura e media").

    Madame von Meck, la mecenate del compositore


    Nadežda Filaretovna von Meck, nata nel 1831 e dunque più vecchia di soli nove anni rispetto a Čajkovskij, era una russa di classe media che aveva ottenuto il titolo nobiliare sposando Karl von Meck, un ingegnere ferroviario, originario della regione baltica dell'antico Impero. Le condizioni economiche della famiglia (con molti figli) furono disagiate per lungo tempo (lo ricorderà la donna stessa in una lettera a Čajkovskij) , ma cambiarono tuttavia verso il 1860, in virtù della concessione governativa, ottenuta con intrighi e corruzioni, per la costruzione di tre importanti linee ferroviare.
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    Rimasta vedova nel 1876, la donna si ritrovò un'immensa fortuna e - intelligente, pur se dispotica - amante delle arti e della musica in particolare, prese a diventare uno di quei mecenati che la storia russa del tempo vide non di rado. La donna cercava all'epoca un giovane violinista che potesse accompagnarla nel repertorio per solista e pianoforte (madame era una buona dilettante). Tramite Nikolaj G. Rubinštejn la scelta cadde su Iosif Iosifovič Kotek, che aveva allora ventun anni, allievo di Čajkovskij ed anche – a suo tempo – uno dei tanti amanti del musicista.
    Fu così che il nome del compositore venne fatto e una commissione inoltrata (Kotek sapeva benissimo dei bisogni economici di Čajkovskij): lautamente ricompensata, s'intende. La prima lettera della donna al musicista è del 30 dicembre 1876: «La prego di credere che con la sua musica la mia vita è davvero diventata più facile e piacevole». La risposta fu immediata, del giorno dopo. È l'inizio di un rapporto particolarissimo, fatto di detto e non detto tra i due, di una dipendenza spirituale reciproca, analizzata ormai sin troppo dai biografi e purtuttavia carica di fascino (ne ha data una personale lettura il regista Ken Russell nel suo film (vedi sottosezione "Film e documentari televisivi"). La von Meck fu una delle tre donne importanti nella vita di Čajkovskij, assieme alla madre e alla sorella Aleksandra. A loro il musicista fece ricorso in varia misura e in diverse circostanze: più esattamente è possibile concordare con la Delogu quando dice: «Forse Čajkovskij sperava di trovare quella madre che tanto gli era mancata e di cui tutto sommato aveva molto più bisogno che di un'amante».
    La von Meck divenne la principale finanziatrice del compositore, cui elargiva frequentemente grosse somme di denaro ed un regolare mensile. La cosa avveniva all'insegna di un autentico mecenatismo, pur dando per scontata la "facilità" dell'atto, vista la propria ricchezza. Il musicista, dal canto suo non si fece invero molti scrupoli nell'accettare e ricorrere sovente alla generosità di madame. Questo sostegno economico, del quale la von Meck si riteneva come obbligata tanto dalla propria posizione sociale quanto dal trasporto affettivo verso il musicista, consentì a Čajkovskij di abbandonare la cattedra al Conservatorio, per dedicarsi a tempo pieno alla composizione.
    La von Meck fu anche una confidente privilegiata del musicista e la persona con cui intrattenne una fittissima corrispondenza : si scrivevano praticamente ogni giorno e anche più volte al giorno (questo almeno per la prima parte della loro relazione epistolare) dal 1877 al 1890. Secondo lo specialista Brett Langston, curatore del "Forum" sul sito in lingua inglese "Tchaikovsky Research", il numero complessivo sarebbe attualmente (2009) di milleduecentotré lettere, di cui 768 scritte dal musicista e 435 dalla von Meck. Tale stima è riportata nel The Tchaikovsky Handbook..., vol. 2, edito nel 2002 da Alexander Poznansky e Langston (vedi "Bibliografia").
    Čajkovskij fu un grafomane assoluto, capace di arrivare a scriver ben 18 lettere al giorno; uno spazio, serale di solito, era puntualmente riservato a questo. Le lettere repertoriate nel The Tchaikovsky Handbook... ammontano a 5.248 ("aggiornato" a 5.259). La sua corrispondenza e i Diari sono sovente rivelatori come non mai.
    I due per reciproca, concorde volontà, non si incontrarono mai, anche se non mancarono delle eccezioni volute dal caso o dall'astuzia femminile della von Meck, contro ben altri sentimenti del musicista, che temeva l'approccio fisico con lei, fermo nella sua costante idealizzazione dell'altro sesso.
    La von Meck era una donna appassionata nelle proprie manifestazioni ed atti e durante gli anni di questa inusuale relazione con il musicista, lo manifestò chiaramente e tutt'altro che con desideri "platonici" (sebbene sempre velati), quando si rivolse a lui chiamandolo "mio tesoro", "mio diletto" e "mio signore e Maestro". Il musicista per parte sua si guardò sempre bene dall'assecondare queste "voglie" di una vicinanza tangibile, che ovviamente capiva esservi da parte della donna.
    È interessante tuttavia sapere che un accostamento fisico tra i due personaggi avvenne davvero, attraverso le nozze che i due favorirono (o si potrebbe dire "stabilirono", ovviamente per corrispondenza) tra un figlio della von Meck, Nikolaj e Anna, una delle figlie della sorella di Čajkovskij, Alexandra Davydov, avvenimento sin troppo chiaro del desiderio di un'unione carnale (certo da parte di madame, più che altro).


    Matrimonio e separazione



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    Čajkovskij e la moglie Antonina Ivanovna Miljukova nel 1877


    Seriamente convinto che ogni vicenda umana, specie quelle che lo riguardavano, fosse sotto l'influsso del destino - con la maiuscola (aveva scritto del resto nel 1868 un lavoro sinfonico titolato Fatum) - Čajkovskij lesse questa relazione con la von Meck in tal senso, ma non solo, come si vedrà. Del resto egli espresse tali convincimenti non unicamente a parole o con modalità tipicamente russe del tempo, ma nella propria "filosofia" di vita, nell'intera sua estetica e dunque nella concreta realizzazione artistica.Il "ciclo" delle ultime tre sinfonie lo testimonia bene, quando, a proposito del celebre tema introduttivo della Sinfonia n. 4 in Fa minore, dedicata (non a caso) al "mio miglior amico" (ovverosia la von Meck), il musicista stesso spiega:
    «Questo è il Fato, forza nefasta che impedisce al nostro slancio verso la felicità di raggiungere il suo scopo, che veglia gelosamente affinché il benessere e la tranquillità non siano totali e privi di impedimenti Invincibile, non lo domini mai. Non resta che rassegnarsi e soffrire inutilmente. Il sentimento di disperazione e sconforto si fa più forte e cocente. Non sarebbe meglio voltare le spalle alla realtà e immergersi nei sogni? Così tutta la vita è un'alternanza ininterrotta di pesante realtà, sogni fugaci e fantasie di felicità... Non c'è approdo. Vaga per questo mare, finché esso non ti avvolge e ti inghiotte nelle sue profondità.»
    Un vero e proprio "ciclo" con tema il "Fato" quello delle ultime tre sinfonie, con un unico discorso tripartito: così esso è ormai considerato dalla moderna critica e segnatamente dai direttori d'orchestra.
    In queste condizioni costituzionali e di carattere (che non meritano esser sbrigativamente intese solo come un momentaneo "atteggiamento", considerati gli eventi familiari vicini e lontani), ha luogo il secondo avvenimento capitale nella vita di Čajkovskij, pure esso esplicitamente reso nel film di Ken Russell che vi dedica ampia parte nell'esatta progressione dei fatti reali.
    Dell'avvenimento restano resoconti diretti dello stesso musicista e nel racconto dell'amico Kaškin. Essi sono lungamente rintracciabili nel volume di Alexandra Orlova.

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    Lo spartito dell'opera Evgenij Onegin, 1877.


    Le circostanze (che il musicista lesse come fatali) vollero che in quel momento stesse iniziando la composizione di quello che sarà uno dei suoi massimi lavori per le scene liriche, Evgenij Onegin (Eugenio Onieghin) e lo cominciasse esattamente dalla celebre scena "della lettera", in cui la protagonista, Tat'jana, esprime le sue pene d'amore. In quel mentre, una sua ex-allieva (che egli poco o niente ricordava), Antonina Ivanovna Miljukova, nata nel 1849, gli scrisse una lettera-dichiarazione d'amore. Il collegamento tra realtà ed arte, tra vita e ideale fu rapido per il musicista, tanto che - seppur poco convinto nell'intimo e contro il parere di amici e parenti - si decise per un matrimonio fulmineo. Ammise: «Ho deciso di non sfuggire al mio destino e che il mio incontro con questa ragazza è stato in qualche modo voluto dal destino» (lettera alla von Meck ). E a Kaškin: «Amavo Tat'jana ed ero terribilmente arrabbiato con Onegin che vedevo come un bellimbusto freddo e privo di cuore e mi è parso di comportarmi molto peggio di Onegin».
    È interessante riportare la puntualizzazione in merito allo sviluppo del fatto, secondo lo specialista Alexander Poznansky, rintracciabile anche nella biografia on-line del sito "Tchaikovsky Research" o nel volume di Ferruccio Tammaro, per cui dice Tammaro «...il rapporto fra vicende compositive e vicende biografiche potrebbe essere visto anche in senso inverso: sarebbe stata la relazione con la Antonina ad avvicinare Čajkovskij all' Onegin e non il contrario».
    Le nozze furono celebrate il 18 luglio 1877 (Calendario giuliano). L'esito di tale atto fu disastroso. Le conseguenze sulla sua psiche furono devastanti. Scriverà fra l'altro:«Dal punto di vista fisico, mi è diventata assolutamente ripugnante ; ed ancora: «Avrei potuto strozzarla».
    Costantemente in preda ad una fortissima repulsione verso la moglie scivolò nella Moscova tentando un suicidio "indiretto" (l'amico Kaškin lo seppe esattamente da lui e lo riportò nelle proprie "Memorie",), ma che si risolse in semplice raffreddore. Ripresosi fisicamente, passò presto ad un grave esaurimento nervoso; venne aiutato da familiari, amici e dalla stessa von Meck (che aveva sapientemente celato, all'inizio, la gelosia ed ora poteva esser certo felice del naufragio matrimoniale).
    L'opportunità di un matrimonio, medicina incerta vista la propria omosessualità, fu determinata in Čajkovskij paradossalmente proprio da tale condizione. Al fratello Modest, anch'egli apertamente omosessuale,aveva scritto nell'autunno del 1876, che pensava al matrimonio più che altro per i suoi familiari che per sé stesso, in quanto era amareggiato dai pettegolezzi che la collettività poteva fare. Segreto di Pulcinella la sua condizione e vivo il senso di frustrazione (come è ovvio se si pensa all'epoca) tanto da farlo trasalire ovunque, in treno, al ristorante, quando leggeva negli innocenti sguardi di sconosciuti disprezzo e condanna.
    Matrimonio di convenienza dunque, per "copertura sociale", alla fine, romanticismi e fatalismi a parte, anche se essi vanno considerati. Queste soluzioni erano del resto all'ordine del giorno come nel caso dell'amico intimo Vladimir Stepanovič Šilovskij, per tacere di tant'altri.
    Ma non sono pochi i critici che hanno notato come fu anche questo suo "isolamento", questa sua "diversità" una delle spinte a scrivere una musica piena di vero páthos (con valore etimologico, di "sofferenza").
    Antonina rappresentò una spina nel fianco per tutta la vita, rifacendosi viva, dopo la separazione di fatto (impossibile o meglio inopportuno il divorzio, per i pettegolezzi che avrebbe suscitato), con richieste di denaro e minacce (nonostante ricevesse una pensione dal musicista), mentre aveva avuto diversi figli da successivi rapporti). Già debole di mente, morì in manicomio nel 1917.
    Riprendendosi, Čajkovskij scriverà grato a Nadežda von Meck (il cui nome proprio in russo significa curiosamente "speranza"): «D'ora innanzi ogni nota che uscirà dalla mia penna sarà dedicata a Voi!».

    Le opere della piena maturità, fino al 1885



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    La terza ed ultima casa del musicista, a Klin, dal 1892. Oggi "Museo Čajkovskij",


    La conclusione della vicenda con la moglie ed il periodo di riposo che ne seguì, auspici in particolare la von Meck e la sorella Aleksandra, segnano una graduale ma costante rinascita spirituale ed artistica del compositore. Le musiche scritte da allora, non solo aumentano quantitativamente, ma cresce la qualità e il successo in Russia come all'estero. È un crescendo che non si interromperà di fatto sino all'ambigua morte, tanto che molti musicologi sono certi che se Čajkovskij fosse sopravvissuto avrebbe scritto ancora molta musica, con soluzioni pure e senz'altro innovative e al passo coi tempi: la particolare scrittura de La bella addormentata, Lo Schiaccianoci, Iolanta e della Sesta sinfonia, sembrano testimoniarlo. E a tale proposito non va dimenticato un commento di Igor' Fëdorovič Stravinskij circa una precisa influenza che Čajkovskij avrebbe avuto secondo lui, sul giovane Mahler della prima e seconda sinfonia (e citava i passaggi).
    Le composizioni che vedono la luce da allora sono tutte o quasi destinate alla celebrità. Fra esse la Quarta Sinfonia, in Fa minore op. 36 e l'opera lirica Evgenij Onegin, già citati, la Suite n.1, in Re minore op. 43, mentre a Firenze su invito della von Meck, nell'Italia che tanto gradiva, cura la composizione di una nuova opera lirica: Orleanskaja deva (La pulzella d'Orléans).
    Ecco il Capriccio italiano iniziato a Roma nel gennaio 1880 e poi la Serenata per archi in Do maggiore e l'Ouverture Solennelle «1812»; la sua fama cresce ulteriormente, testimoniata anche dall'offerta di direzione del Conservatorio di Mosca dopo la morte di Nikolaj Grigorevič Rubinštejn nel 1881, che egli rifiuta. Alla fine dell'anno viene eseguito il Concerto in Re maggiore, per violino e orchestra, op. 35 stroncato da Eduard Hanslick ma pure esso tra le opere più popolari del musicista. Alla memoria di Nikolaj Rubinštejn dedica il Trio in La minore, per pianoforte, violino e violoncello, op. 50, intitolato «Alla memoria di un grande artista». Viene eseguito nel 1882 il Concerto n. 2 in Sol maggiore per pianoforte ed orchestra, op. 44.
    Viaggi e spostamenti gli consentono di vedere ed ascoltare molto repertorio musicale del tempo e di ogni composizione si ritrovano nella sua sterminata corrispondenza annotazioni critiche (ad esempio di Wagner trova tremendamente lungo il Tristano e Isotta; dell'autore tedesco continuerà a prediligere Lohengrin).
    Il 1885 incomincia positivamente. Hans von Bulow dirige la Suite n. 3, in Sol maggiore ottenendo grande successo, lo zar e la corte assistono ad una recita di Evgenij Onegin. Pochi mesi prima il musicista aveva avuto un'udienza personale a corte, ricevuto un'onorificenza e appreso dalla voce di Alessandro III d'essere il musicista della famiglia regnante. Quest'ultimo avvenimento e la protezione ufficiale che ne seguì mitigarono alcune ferite dell'animo inquieto dell'artista, sempre del resto alla ricerca di conferme ufficiali e riconoscimenti che sanassero la sua perenne insoddisfazione esistenziale. Čajkovskij decise allora, come evidenza tangibile del "traguardo" raggiunto, di affittare una casa in campagna tra Mosca e San Pietroburgo: la scelta cadde su Maidanovo, nei dintorni di Klin. Il musicista potrà dire con fierezza: «Che gioia essere a casa mia... Capisco ora che il mio sogno di passare il resto della mia vita nella campagna russa non è un capriccio passeggero, ma un'esigenza naturale e profonda».
    Sebbene ben lontano dalla propria morte, il musicista si abbandona a frequenti osservazioni sul mistero della vita che emergono puntualmente dai suoi diari e lettere: «Nella mia mente c'è il buio e non potrebbe essere altrimenti di fronte alle domande insolubili per la debole ragione, come la morte, lo scopo e il significato della vita, la sua eternità o caducità.

    Gli ultimi anni


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    Čajkovsky nel 1888 con il violoncellista russo Anatol' Brandukov


    Nel 1885 Čajkovskij viene eletto direttore della sezione moscovita della Società Musicale Russa, un'istituzione cardine a quei tempi ed i suoi rapporti con parenti, amici e la von Meck proseguono in linea di massima con regolarità di contatti come nel passato. Ora dorme di più, fuma e beve di meno e conduce una vita all'insegna del controllo psico-fisico con regolarità d'abitudini quotidiane, lui che, nevrotico giustificato anche dagli eventi, aveva condotto spesso una vita disordinata. L'umore è buono, spesso ottimo, ma non mancano regolari quasi fisiologiche crisi depressive.
    A lui bastava poco (vedi l'Hofmann nella sua biografia citata): la partenza di un amico, un tramonto, il paesaggio russo, un ricordo lontano, come quello nell'anniversario della morte della madre che non gli permette di chiudere occhio una notte dopo che ha ritrovato reperti epistolari dell'epoca: scrive a tal proposito infatti: «La nostalgia di mia madre...che amavo di un amore morboso ed appassionato...».
    Altri viaggi all'estero specie per la direzione di proprie composizioni nel 1887 e nel 1888, un anno questo che vedrà la nascita della Sinfonia n. 5 in Mi minore op. 64 (un anno, il 1888, peraltro ricco di molte celebri composizioni di altrettanto celebri musicisti, come Gustav Mahler, Richard Strauss, César Franck e Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov.
    Al ritorno in Russia una nuova sistemazione sempre vicina a Klin, esattamente a Frolovskoe, in campagna e l'assegnazione di un vitalizio annuo di tremila rubli accordatogli motu proprio dallo Zar (segno della sua alta considerazione) e che con i proventi dal lavoro e la pensione della von Meck, potevano certo metterlo al sicuro (nonostante Čajkovskij fosse anche uno "spendaccione" per sé e gli altri, generoso atteggiamento sempre manifestato, nell'ambito di quel proprio carattere insicuro e non senza ombre).
    Sono gli anni della composizione anche di altre opere liriche, sebbene considerate di valore inferiore rispetto a Evgenij Onegin e La dama di picche. Questi i titoli: Mazepa 1881-1883, Čerevički (Gli stivaletti), 1885 (che è una rielaborazione di Il fabbro Vakula) e Čarodejka (L'incantatrice), 1885-1887. Nel settore sinfonico la Sinfonia Manfred del 1885 e la Suite n. 4, in sol maggiore, op. 61, 1887.
    Nel 1888 compiendo la già citata sua prima tournée all'estero e toccando Lipsia conoscerà Johannes Brahms (che non gli risulterà particolarmente simpatico ripagato parimenti dall'altro artista) e Grieg (il contrario); a Praga sarà invece la volta di Antonín Dvořák con il quale nasce una spontanea comprensione e che già lo apprezza intensamente.
    Dal 1885 sembra che siano cominciate da parte dei figli della von Meck lamentele per le sovvenzioni che madame proseguiva ad elargire nonostante le mutate condizioni economiche dell'artista.
    A Parigi (un'altra città frequentatissima) nel 1886 tra caffè, ristoranti e ritrovi di dubbia reputazione, mignons ufficiali e incontri occasionali,Čajkovskij ebbe una delle più grandi emozioni della sua vita. In casa della cantante Pauline Viardot gli fu permesso di vedere l'autografo manoscritto del Don Giovanni di Mozart. E ne fu sconvolto. Fu per lui come parlare con il grande artista.
    Importante fu la commissione del suo secondo balletto Spjaščaja krasavika, (La bella addormentata) già iniziata nel 1888 e composta seguendo strettamente le indicazioni librettistiche di Ivan Alexandrovič Vsevoložskij, direttore dei Teatri Imperiali e soprattutto quelle meticolose di Marius Petipa, il coreografo. Alla prova generale era presente l'imperatore che se ne uscì con un laconico «Molto grazioso!». Il musicista ne fu offeso: «Sua Maestà mi ha trattato molto sbrigativamente. Dio sia con lui.». Protagonista fu la celebre Carlotta Brianza assieme a Pavel Gerdt e al celebre Enrico Cecchetti. Musicalmente e drammaturgicamente il balletto è prossimo a Il lago dei cigni ma con dettagli più elaborati.

    Tchaikovsky_and_the_Figners_1890


    Una curiosa foto del musicista con i primi due interpreti de "La dama di picche",1890, il tenore Nikolaj Nikolaevič Figner e il soprano Medea Ivanovna

    Figner, nata Mej.
    Nel 1889 "scopre" tra l'ammirato e l'entusiasta il fonografo di Edison, che giudica la più interessante invenzione del XIX secolo. Nel 1890 parte per Firenze dove appronta La dama di picche su libretto del fratello Modest, e i suoi scritti autografi testimoniano del fervore creativo che accompagna la creazione di quest'opera vivamente sentita, il cui fatalismo si ispira anche alla Carmen di Bizet. E se mai avesse avuto dubbi nel credere alle beffe del Fato, ecco che un drammatico avvenimento accade al suo rientro nell'ottobre di quel 1890. Con una prima lettera (4 ottobre, data del Calendario gregoriano) madame von Meck lo avvisava di diverse disgrazie economiche cui era andata incontro. Questa lettera si chiudeva tuttavia con le tradizionali formule affettuose e in un post-scriptum lo invitava a scrivergli a Mosca anche se lei ora si trovava all'estero. Pochi giorni dopo però il musicista ricevette una seconda lettera della donna comunicantegli che a causa di ulteriori e definitivi dissesti finanziari, ella non avrebbe potuto più sovvenzionarlo.
    La lettera (non conservatasi) si chiudeva con parole (lo si deduce dalla risposta del musicista, rimasta) in cui la von Meck chiedeva di non essere dimenticata del tutto. Čajkovskij comprensibilmente allarmato, si precipitò a rispondere, manifestando il suo affetto e la sua fedeltà, la sua eterna riconoscenza.
    Le reazioni del musicista furono però di profondo malessere, come testimoniano sue corrispondenze al proprio editore ed amico Pëtr Ivanovič Jurgenson.

    Csajkovszkij_01


    Il compositore nel suo studio a Frolovskoe; la foto è datata 14 giugno 1890


    Non dandosi pace, tentò con intermediari di riallacciare i rapporti, ma alcuni di questi – per vari interessi e motivazioni personali – si rifiutarono od ostacolarono tutto.
    È stato anche ipotizzato che le ultime somme elargite lo fossero state contro la volontà dei familiari. La von Meck del resto stava attraversando anche un periodo di malattia psico-fisica e la vecchiaia la rendeva sempre più dipendente dai figli che, mai sazi di denaro, vedevano con costante preoccupazione il protrarsi del mecenatismo materno. E poi in lei, forse, avvenne qualche ripensamento: qualche scrupolo di aver trascurato la sua numerosa figliolanza dovette farsi strada.
    La realtà che la von Meck non fosse finanziariamente naufragata ed il suo assoluto silenzio (ma come si è detto probabilmente essa fu tenuta all'oscuro dei tentativi e desideri del musicista di ripresa dei contatti o lo seppe tardivamente ed inutilmente), furono una dura prova per Čajkovskij, il cui lato economico della faccenda effettivamente poco poteva importargli, avendo raggiunto una sua propria agiatezza.
    Sul letto di morte, nel delirio, il musicista pronunziò ripetutamente la parola "maledetta" e il fratello Modest pensò che essa fosse rivolta alla von Meck, ma il biografo Warrack ha sostenuto che essa poteva invece riferirsi alla malattia che lo stava uccidendo (in russo "colera" è di genere femminile) e che del resto era stata la causa della morte a suo tempo dell'amatissima madre.
    Nel 1891 il Teatro Mariinskij lo incarica dell'opera lirica in un atto Iolanta e di un balletto Ščelcunčik (Lo Schiaccianoci) da darsi congiuntamente. L'opera, l'ultima composizione lirica del musicista, è diversa da tutte le altre scritte ed ha sorprendenti anticipazioni che la critica, specie posteriore, noterà. Quanto al balletto, anch'esso costruito con meticolosa precisione come avvenuto per La bella addormentata, è lo stesso musicista a fornire una chiave di comprensione generale e di alcuni suoi elementi costitutivi, in questa lettera di tempo addietro: «I fiori, la musica e i bambini, sono i gioielli della vita. Non è strano che amando tanto i bambini il destino non mi abbia dato di averne?».
    Alla morte dell'amata sorella Aleksandra, nel 1891, appresa all'estero su un giornale (e che egli tentò come di rimuovere), riversò sul di lei figlio, Vladimir detto Bob, l'affetto pieno e totale che era già stato ampiamente manifestato negli anni precedenti. Il giovane (morirà suicida nel 1906, per i dolori di una grave malattia ) fu l'ultimo serio oggetto di passione amorosa del musicista, ma avendo una valenza particolare come è facile intuire. A lui fu dedicata la Sinfonia n.6 in Si minore, op. 74 Pathétique, 1893. I rapporti tra zio e nipote hanno dato modo ai biografi di scrivere molto e non a torto, in quanto "Bob" approfittò della generosità e debolezza dello zio in ogni senso.

    La morte


    La voce di Čajkovskij
    La voce del musicista (la notizia in un articolo a firma A.T., sul quotidiano milanese Il Giorno del 16.11.1997), è stata fortunosamente ritrovata in un rullo conservato sino al 1996 nella casa museo di Klin a Mosca assieme ad alcuni altri e restaurato da tecnici della TV giapponese.

    I cilindri erano in pessime condizioni, il migliore era proprio quello con la voce del musicista e Anton Grigorevič Rubinštejn - il maestro di Čajkovskij e direttore del Conservatorio di San Pietroburgo - registrati dall'ingegnere tedesco Iuli Block, mentre facevano una partita a carte. La registrazione è breve perché la batteria del fonografo si deve essere scaricata presto.

    La pulizia ha richiesto dei processi molto sofisticati. L'anno di registrazione è il 1890 ed il compositore aveva conosciuto il congegno l'anno avanti (il fonografo era stato inventato da Edison già una dozzina di anni prima).

    Nella conversazione Čajkovskij parla del fonografo e della possibilità di incidere suoni e musica: Rubinštejn sostiene l'inefficacia del mezzo che avrebbe fatto perdere "anima" alla musica.

    Čajkovskij invita addirittura il maestro a registrare una sonata al piano, ma lui, superstizioso, si rifiuta poiché ritiene che il marchingegno che imprigiona i suoni porti sfortuna. Il ripristino tecnico ha avuto il contributo della Sony che ha costruito un apposito meccanismo per leggere il cilindro d'acciaio originale.

    Il musicista scriverà (in francese) nell'album dell'ingegner Block:

    « Il Fonografo è certamente l'invenzione più sorprendente, bella ed interessante, tra tutte quelle che onorano il XIX secolo! Gloria al grande inventore Edison! »
    (14 ottobre 1889)



    La fama di Čajkovskij è al culmine. Inizia un giro concertistico negli Stati Uniti, chiamato ad inaugurare i concerti della Carnegie Hall. Trova l'America e gli americani strani, curiosi ma simpatici: vede un mondo veramente nuovo e ne scrive copiosamente; sempre festeggiato ed onorato come il "Re", assalito dai giornalisti si accorge di essere popolare in America dieci volte di più che in Europa.
    Nel 1892 Gustav Mahler, che lo impressiona come direttore non comune, dirige ad Amburgo alla sua presenza Evgenij Onegin. Ascolta in quel momento anche la Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni che gli piace molto. In primavera cambia casa per la terza, ed ultima volta: proprio a Klin e ne fu pienamente soddisfatto: assomigliava a quella in cui era nato ed aveva un giardino di betulle e fiori, che il compositore amava. Questa dimora diventerà un giorno l'attuale "Museo Čajkovskij", pieno di suoi ricordi, materiali e documenti per volontà primaria del fedele domestico Aleksej Sofronov, del fratello Modest e del nipote Bob Davidov, ed in seguito divenuta monumento nazionale per pubblico omaggio da parte di Lenin.

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    Čajkovskij sul terrazzo della sua casa a Klin, un mese prima della morte


    Comincia a pensare ad una nuova sinfonia che dovrebbe raccogliere la sua "vita" (e questo primitivo titolo circola nei suoi appunti). Ne abbozza qualcosa (la tonalità è in Mi bemolle maggiore) ma viene messa da parte. Il primo movimento confluirà poi nel Terzo Concerto per pianoforte ed orchestra, op. 75 postuma. È però interessante sapere che all'inizio del 1891 tali schizzi portavano delle annotazioni le quali saranno di fatto "trasportate" e seguite (se non tali e quali ma come traccia di massima), nel programma "segreto" della Sesta Sinfonia, segno che il compositore stesse arrovellandosi su questi temi. Scrive: «Prima parte - tutto impeto e sicurezza, voglia di attività. Deve essere breve (alla fine "morte", risultato del collasso). Seconda parte: amore. Terza: disinganno. La quarta finisce morendo (anche questa breve)». Indicò anche alcuni titoli: «I Gioventù II Ostacoli! Assurdità… Coda - Avanti, avanti!» (è un'ipotesi che in quel tempo stesse rimuginando sulla propria storia con la von Meck).
    Un fatto evidente emerge chiaro dalla fase terminale e «calante» della vita e del fare artistico: la necessità quasi «biologica» di scrivere l'opera capolinea, riassuntiva e conclusiva del proprio percorso poetico. Da un certo momento dunque, come dimostra la cronologia biografica e artistica, il musicista è verosimilmente «ossessionato» da questa Sesta Sinfonia, oscura, con un'ansiosa ostinatezza di programma preciso quanto gelosamente celato, l'atto finale, il riassunto di un'intera esistenza, vita, morte ed ufficio funebre. L'abbozza, inizia a scriverla, la riprende, la modifica, non sa decidersi, un continuo cruccio alla fine compiutamente risolto.
    La morte sembra davvero battere alla porta. Continuano a spegnersi gli amici e gli amori di una vita, anche il poeta Apuchtin nell'agosto del 1893: gli si chiederà di musicare il suo Requiem, ma declinando precisa che nella propria ultima sinfonia, soprattutto nel finale, l'atmosfera è quella stessa.
    Il caso gli ha concesso di rivedere all'estero la sua ormai vecchia governante Fanny Dürbach e l'onda dei ricordi lo sommerge e commuove. Ancora un giro concertistico all'inizio dell'ultimo anno di vita, poi inizia la stesura della sua ultima sinfonia Pathétique, ma, prima di chiuderla, utilizza il materiale dell'abbandonata sinfonia in Mi bemolle maggiore per il già citato Terzo Concerto per pianoforte ed orchestra in un solo tempo e per due movimenti Andante e Finale, sempre per piano ed orchestra, poi rivisti dall'allievo Sergej Ivanovič Taneev . L'Università di Cambridge lo insignisce del dottorato in musica, assieme a Saint-Saëns, Grieg, Boito e Bruch. Il 16 ottobre (data russa, per cui il 28 ottobre del Calendario gregoriano) 1893 avviene la prima della Pathétique a San Pietroburgo sotto la sua personale direzione che lascia l'uditorio in uno stato di ammirata sorpresa, ma con ampie zone di incomprensione. Il «Requiem per me stesso», la sinfonia con un programma "misterioso" è il proprio testamento spirituale ed artistico.
    Soltanto nove giorni dopo il musicista muore. È opinione diffusa che abbia commesso suicidio, anche se il modo e le circostanze sono ancora incerte: si è parlato di colera, contratto bevendo acqua infetta, anche se è più probabile l'avvelenamento da arsenico che produce una sintomatologia pressoché identica a quella del colera. Ma i dubbi circolarono diffusamente ovunque all'indomani della morte.
    La versione alternativa che si oppose a quella "ufficiale" (colera tramite acqua infetta) sancita dal biografo e fratello Modest, è quella di un imposto suicidio tramite veleno autonomamente assunto dal musicista.

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    La tomba del compositore nel Cimitero Tichvin di San Pietroburgo


    Il compositore era entrato in relazione amorosa con il figlio di un certo conte Stenbok-Fermor, il quale oltremodo seccato dalla cosa era intenzionato a denunciarla direttamente allo zar. Lo scandalo che ne sarebbe derivato (così la musicologa Alexandra Orlova, vedi sezione "Letteratura e media")[95] avrebbe avuto probabilmente drammatiche ripercussioni su Čajkovskij, in particolare e proprio su un personaggio così universalmente noto e "simbolico" per la Russia (la legge prevedeva la perdita di ogni diritto e l'esilio in Siberia, anche se di fatto questo "delitto" rimaneva sottaciuto e tollerato anche, specie - o perlomeno - in ambienti aristocratici).[96] Non minor danno (secondo i sostenitori di tale versione) sarebbe ricaduto sulla Scuola di Giurisprudenza e sui suoi ormai famosi ex-allievi, tutti viventi ed altolocati (alcuni amici ed ex-amanti del musicista al vero).
    La soluzione più pratica apparve quella di un "giurì" d'onore al quale avrebbero partecipato, presente il compositore, sette alti personaggi. La lettera in cui il conte denunciava Čajkovskij non sarebbe stata trasmessa allo zar, ma il musicista si impegnava ad assumere il veleno, che gli venne recapitato successivamente, onorando tale assurdo impegno, anche proseguendo agli occhi di tutti, in particolare di amici e familiari, la vita d'ogni giorno.
    Quando Čajkovskij cominciò a star male la confusione su cosa stesse in realtà succedendo fu generale. E i dubbi nacquero immediati. Tra i primi, famosi personaggi stupefatti in proposito, fu Rimskij-Korsakov che scrisse nelle sue "Cronache": «Non solo per me, è stata oggetto di meraviglia la constatazione che non venne adottata alcuna precauzione d'ordine sanitario in quei giorni a casa sua, nonostante si dicesse in giro che il colera era stato la causa del decesso. Ricordo bene di aver visto… un insegnante… del Conservatorio, baciare il morto in fronte e sulle guance».
    Va aggiunto che numerose persone avevano avuto accesso all'appartamento prima e dopo la morte; per due giorni la salma restò esposta all'omaggio della gente, in casa di Modest: l'appartamento disinfettato e il corpo avvolto in un lenzuolo imbevuto anch'esso di disinfettante, mentre un'infermiera disinfettava con una garza il volto trasfigurato (esiste una celebre fotografia) del musicista, sulla quale la folla depose il rituale bacio d'addio.[98] È del resto anche vero che alcune scoperte scientifiche relative al morbo avevano reso le persone molto meno terrorizzate da una in sé remotissima possibilità di contagio.
    Le vere cause sono comunque ancora dibattute, come lo furono del resto all'epoca dei fatti, con opposti sostenitori della versione ufficiale di morte per colera e altri del suicidio tramite veleno. Non mancano peraltro "varianti" a queste due ipotesi fondamentali, sulle quali si è sbizzarrita la bibliografia . E se fu colera, la discussione si è accesa su attraverso quali "vie" il compositore venne contagiato (acqua, rapporti sessuali...).

    250px-Tchaikovsky_by_Reutlinger


    Il musicista in una delle innumerevoli foto-ritratto della maturità. Questa è del 1888, l'anno della Quinta Sinfonia.


    Cosa accadde è un mistero verosimilmente destinato a restare tale per sempre.
    Il 6 novembre 1993 nel centenario della morte la BBC nel documentario radiofonico dal titolo Pride of Prejudice (vedi sezione "Letteratura e cinema"), trasmesso su BBC Radio 3, interpellò vari esperti che avevano preso parte al confronto sulla questione (tra cui Alexandra Orlova e Alexander Poznansky, oltre a storici russi e medici specialistici): la conclusione pendeva in gran parte per il "giurì d'onore" e l'avvelenamento.
    Un altro documentario, stavolta televisivo, venne prodotto nello stesso anno per la serie BBC 1 "Omnibus": Who Killed Tchaikovsky?, a cura di Anthony Holden, prendendo in esame gli stessi argomenti e con interviste simili (vedi sezione "Letteratura e cinema").
    La giornalista Leonetta Bentivoglio ha scritto, sempre nel 1993, un interessante articolo sulla questione, con un ritratto complessivo dell'uomo ed artista Čajkovskij sintetico ma puntuale.
    Per Alexander Poznansky non vi sono dubbi: il musicista muore attorno alle tre antimeridiane del 6 novembre 1893 per complicazioni derivanti dal colera (uremia ed edema polmonare). «Nonostante la sua fragilità neuropsichica, sarebbe vissuto chissà quanto» ha scritto Luigi Bellingardi.«Invece» prosegue Bellingardi «un laccio della vita, del destino, gli fu fatale. Senza scampo.»
    Alle esequie di Stato, un onore fino ad allora concesso solo alla storico Karamzin e a Puškin, era attesa la partecipazione dello zar Alessandro III che, tuttavia, rimase ad osservare la folla da una finestra. Il suo commento fu: «Avevamo un solo Čajkovskij». Nella Cattedrale di Kazan', sulla bara venne posta una corona di rose bianche, dono personale dello zar ed un cuscino di velluto nero con le decorazioni di San Vladimiro.
    La von Meck morì due mesi dopo il musicista, lontano dalla Russia, per tubercolosi. Anna Davydova-von Meck, nipote di Čajkovskij, quando le fu domandato come madame avesse accolto la scomparsa del suo amico, rispose: «Non poté accettarla». Al funerale del musicista fu la grande assente, rappresentata da una corona di fiori.
    Tra i numerosi commenti alla scomparsa del musicista, significativo quello di Lev Tolstoj: «Mi dispiace tanto per Čajkovskij… Più che per il musicista mi dispiace per l'uomo intorno a cui c'era qualcosa di non completamente chiaro. Quanto improvviso e semplice, naturale ed innaturale, e quanto vicino al mio cuore».
    La tomba del compositore si trova al Cimitero Tichvin (situato nel Monastero di Aleksandr Nevskij) di San Pietroburgo, là ove sono sepolti molti altri artisti russi tra cui, emblematicamente, l'intero Gruppo dei Cinque e, appunto, Čajkovskij.



    Edited by Lussy60 - 9/11/2011, 18:18
     
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