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CONGEDO DI MATERNITA’: come fare la richiesta

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    CONGEDO DI MATERNITA’: come fare la richiesta

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    RICHIESTA DI CONGEDO PER MATERNITA’ DA OTTOBRE VA PRESENTATA ON LINE -Mamme italiane, se il vostro pancione ha raggiunto dimensioni considerevoli, vuol dire che è arrivato il momento di mettere da parte scrivania e computer per il meritato riposo pre-parto: il congedo maternità vi attende!La burocrazia però si sa non rende facile nemmeno gli ultimi mesi prima del parto: moduli, uffici, code interminabili… insomma, tanto tanto stress! Adesso però l’era tecnologica vi viene incontro e, per una volta, il computer sarà il vostro miglior alleato: l’Inps infatti ha fatto sapere in un suo comunicato che la presentazione della domanda di congedo dal primo ottobre dovrà essere fatta direttamente online.Basterà cliccare su www.inps.it, entrare con il pin e compilare la domanda: il vostro congedo può ora iniziare! Oltre a questa il web permetterà di evitare le file anche per congedo di paternità, congedo parentale per i lavoratori/lavoratrici dipendenti e le domande di indennita’ di maternità e congedo parentale per le lavoratrici autonome.Sembra proprio che il vostro periodo di riposo potrà iniziare davvero in relax, direttamente dalla poltrona di casa vostra.

     
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    MATERNITA’ E LAVORO: che diritti hanno le mamme in ufficio?

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    Dopo aver partorito che diritti hanno le donne a lavoro? – Diventare madre e mantenere un lavoro sono spesso nel nostro Paese due attività poco conciliabili: una donna con un figlio non è ben vista tra scrivanie e computer o, comunque, anche lei non sa bene come gestire la sitazione; quali diritti abbiamo? quali doveri abbiamo?Se rispondere a simili domani è oggi alquanto complesso possimo comunque provare a scoprire un po’ di più sull’argomento: vedamo allora insieme che diritti avremo sul lavoro una volta diventate mamme.In rimo luogo ci sono i famosi cinque mesi di congedo di maternità: un lasso di tempo che la signora potrà dividere tra prima e dopo il parto e, a seguito dei quali, avrà diritto a riavere il suo lavoro così come era, senza abbassamenti di grado o simili.Una volta nato il bambino, mamma e papà avrano a disposizine quello noto come “congedo parentale“, sei mesi da dividere o da sfruttare in toto da parte di uno dei due genitori entro i primi tre anni di vita del bambino. Durante tale periodo il genitore che ne usufruisce, percepisce un’indennità dall’INPS pari al 30% della retribuzione giornaliera.Inoltre, per i primi otto anni di vita del piccolino, e’ possibile usufruire di altri periodi di astensione facoltativa con alcune limitazioni: per i secondi quattro anni però la percentuale sulla retribuzine giornaliera è ad esclusivo vantaggiodi famigli con basso reddito.Anche l’allattamento ci da poi diritto a qualche ora di permesso straordinario: un massimo di due ore al giorno per nutrire il nostro bambino sono ciò che ci spetta.Queste sono dunque le principali libertà di cui possiamo avvalerci in quanto madri che scelgono di conciliare lavoro e famiglia, un binomio forse non così impossibile.

     
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    Maternità e lavoro: i diritti delle mamme

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    Come funziona il congedo maternità obbligatorio? A chi spetta e quando? Come richiederlo? Possono licenziarmi? E il congedo paternità? Ho diritto anche a dei permessi se il bimbo si ammala o per l'allattamento? Sono tante le domande che si pone una donna che ha appena scoperto di essere incinta. Vediamo nel dettaglio in questo speciale dedicato ai congedi maternità e paternità di quali tutele si può usufruire e in quali termini.



    Maternità, ma quanto mi spetta? Questa domanda, tutt’altro che scontata, riguarda molte delle donne che saranno presto neo-mamme se è vero che il numero dei dipendenti occupati a tempo determinato è aumentato del 4,7% a oltre 2 milioni di persone (dati Istat del 1° trimestre 2012), con un picco tra i giovani (il 56% del totale) ma anche tra gli over 34, età intorno alla quale si è ormai posticipato il lieto evento. E allora termini come maternità obbligatoria, congedo facoltativo e periodo di allattamento hanno perso di significato e non rappresentano più certezze in un momento già di per sé così delicato. Ma vediamo nel dettaglio di quali tutele si può comunque usufruire e in quali termini.

    Il congedo maternità obbligatorio: che cos'è?
    Il congedo di maternità obbligatorio è un periodo di cinque mesi (due mesi precedenti la data presunta del parto e tre dopo) nei quali la donna per legge deve astenersi dal lavoro. Il congedo di maternità è riconosciuto alla madre lavoratrice anche nei casi di adozioni e/o affidamenti (nazionali e internazionali) di minori. L’obbligatoria riguarda dal 2007 anche le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell’Inps, mentre non è prevista per le lavoratrici autonome assicurate alle relative gestioni Inps. Per saperne di più: il congedo maternità obbligatorio

    Il congedo maternità: a chi spetta e quando
    A chi spetta l'indennità di maternità? Alle lavoratrici dipendenti del settore privato, alle lavoratrici autonome, alle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell’Inps ed, in alcuni casi, anche alle madri cessate o sospese dall’attività lavorativa. Analizziamo le diverse figure professionali per vedere a chi spetta il congedo e quando nell'articolo: il congedo maternità: a chi spetta e quando

    Congedo maternità: come richiederlo e chi paga
    Come richiedere il congedo maternità? E chi paga l'indennità? Per le lavoratrici dipendenti, l’indennità di maternità viene anticipata dal proprio datore di lavoro. Il pagamento è effettuato direttamente dall’Inps in casi particolari. Leggi quali nell'articolo: congedo maternità: come richiederlo e chi paga

    Congedo per malattia del bambino e per allattamento
    Cosa fare se il bambino si ammala? Entrambi i genitori, in via alternativa, hanno diritto di astenersi dal lavoro per i periodi corrispondenti alla malattia di ciascun figlio. Inoltre durante il primo anno di ciascun figlio, la mamma se dipendente può avere diritto al permesso orario giornaliero per l’allattamento. Per saperne di più: Il congedo per malattia del bambino e per allattamento

    Il divieto di licenziamento della mamma lavoratrice
    La legge vieta al datore di lavoro di licenziare la lavoratrice madre dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. La legge interviene a tutelare la lavoratrice riconoscendole l’indennità di maternità anche nel caso in cui la stessa presenti le dimissioni volontarie nel periodo che va dall’inizio della gestazione fino al compimento di un anno di vita del bambino. Leggi: il divieto di licenziamento per la mamma lavoratrice

    Guida al congedo paternità
    E' in via di attuazione una proposta di legge dell’attuale Governo per introdurre entro i 5 mesi di vita del bambino 3 giorni di congedo obbligatori e utilizzabili SOLO dal padre, in linea con tutti gli altri Paesi europei (paternità obbligatoria). Il padre altrimenti è titolare di un congedo obbligatorio solo in determinati casi. Il padre è invece co-titolare, in alternanza con la mamma, del periodo di sei mesi di congedo parentale facoltativo (retribuito al 30%). Per saperne di più: guida al congedo paternità

    Autore: Anna Zavaritt - Consulente in work-life balance

     
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    MATERNITÀ E LAVORO
    Sono incinta: come lo dico al capo?


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    Dovete annunciare la ‘lieta novella’ al vostro superiore e siete un po’ in ansia. Ecco i consigli pratici per affrontare l’argomento

    Di Anna Zavaritt, Consulente aziendale, Coach


    Prima di tutto un bel respiro, testa alta e pancia dentro. Non per nascondere la lieta novella, ma per raccogliere le energie e comunicare al meglio la propria gravidanza in ufficio. Una novità che tanto è gioiosa in famiglia, quanto è, o almeno viene spesso vissuta, come una vera e propria tragedia in ufficio. E allora come fare? Ecco qualche consiglio pratico.

    Se siete felici, non vergognatevi!
    La gravidanza è già di per sé un momento delicato, quindi fate di tutto per crearci attorno un clima sereno. Se siete felici di questo nuovo arrivo, non dovete permettere a nessuno di farvi sentire colpevoli della vostra scelta. Quindi no a camicioni larghi e dissimulazioni di ogni tipo con capo e colleghi (se non nei primi tre mesi).

    La legge tutela la donna incinta, quindi non temiate di essere discriminate - siate consapevoli dei vostri diritti – e fate un bell’annuncio diretto, chiaro correlato da una “dichiarazione d’intenti”.

    Trasformate una “tragedia” in un imprevisto gestibile
    E qui veniamo ad un altro snodo cruciale. Vi siete mai chieste perché l’azienda spesso accoglie l’annuncio come una tragedia? Non tanto (o almeno non solo) per maschilismo, ma anche perché a livello organizzativo una maternità significa un’assenza dai contorni incerti.

    Molti manager si mettono le mani nei capelli pensando ad un pancione in ufficio perché nel passato hanno avuto un’esperienza negativa: una mamma che è “sparita” – riporto le parole di molti direttori del personale incontrati – di punto in bianco, senza passare le consegne e che è stata via a singhiozzo per un paio d’anni, per esempio.

    Purtroppo in questi casi è facile fare di tutta l’erba un fascio, e diventare dei “mammofobi”. Ma questo non è un alibi per replicare l’errore d’altri e non essere chiare e oneste su un evento di natura privata che però irromperà – e non solo fisicamente! – anche nella sfera professionale.

    Il mio consiglio quindi è: annunciatelo con fierezza, senza abbassare gli occhi e parlare sotto voce, di traverso come se fosse un’onta. Ma il mio consiglio è anche: spiegate perché può essere una bella notizia, anche per il vostro capo.

    Programmate l’assenza
    E per fare questo, per convincerlo che non è una tragedia, dovete dimostrargli che la vostra assenza sarà preparata, che avrà una data certa di inizio e che per quella data avrete lasciato tutte le consegne e coordinato con lui e con il gruppo di lavoro la ripartizione delle vostre attuali mansioni. Un’assenza che ha quindi tempi certi e modalità di gestione definite.

    A voi, in piena crisi ormonale, sembrerà forse inutile o assurdo, ma mettetevi nei suoi panni: tanto più siete utili e apprezzate in azienda, tanto più la vostra assenza sarà vissuta come una mancanza difficile da sopportare. Ma lo si può fare, e dimostrandogli come lo tranquillizzerete, dando prova di senso pratico e di responsabilità, dote che non potrà che apprezzare.

    Qualche punto da chiarire:
    - sto bene, mi sento di lavorare fino al 7° mese, o forse l’8°? O forse le condizioni di lavoro (spostamenti, mansioni pesanti, stress in ufficio) non mi sembrano idonee e ho intenzione di chiedere la maternità anticipata? Sapere quando ho intenzione di incominciare la maternità è importante per la mia azienda, perché la certezza delle risorse disponibili è uno dei principi chiave del funzionamento dell’economia, non si tratta quindi di cattiveria o malafede.

    - Rispetto al mio ruolo, la mia assenza può essere colmata ripartendo il lavoro tra i miei colleghi? Se questa è l’indicazione del mio capo, come posso facilitarli in questo lavoro di sostituzione? Proponete di utilizzare del tempo per trasferire file, spiegare procedure, ecc… Se invece ci sarà una sostituta, non vivetela come un’antagonista ma come un aiuto per non oberare i colleghi di lavoro. Proponete invece al vostro capo un periodo di affiancamento in modo da renderla “operativa”. Non temete: se il lavoro vi piace, manterrete il contatto con l’azienda e sarete chiare sul vostro rientro, non vi “soffierà” il posto.

    - Chiedete al vostro capo la stessa chiarezza che avete voi: fate notare con i fatti al vostro capo l’atteggiamento responsabile e costruttivo che avete adottato e chiedete a lui un analogo impegno. Se avete l’impressione che lui “preferisca non pensarci” fate uno sforzo per parlargli, dimostrandogli gli aspetti positivi di affrontare per tempo “il problema”.

    Festa d’arrivederci, non d’addio.
    A ridosso dell’inizio della gravidanza, organizzate un aperitivo in ufficio, invitando tutti e passando oltre a possibili incomprensioni e/o antipatie: più siete chiare e meno lasciate margine a pettegolezzi e incomprensioni. Così avrete modo di spigare a tutti quanto siete felice ma anche quanto tenete al lavoro.

    Una festa d’arrivederci per un periodo di pausa, ma certo non un addio (a meno che non abbiate già preparato un “pian B”). Sapere che avete intenzione di tornare e che – anche se non avete le soluzioni pronte (non è possibile programmare tutto, e vi parla una tris-mamma!) – state comunque pensando a come conciliare la nuova vita da mamma con quella di prima di lavoratrice vi metterà in un’ottima luce, di persona matura e responsabile.

    fonte.http://www.nostrofiglio.it/

     
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    BONUS BEBÈ 2014: COME FUNZIONERÀ E DOVE RICHIEDERLO

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    La nuova Legge di Stabilità ha varato, tra le altre cose, lo stanziamento di nuovi fondi per il Bonus Bebè 2014. Ecco come va inteso e dove richiederlo per l'anno 2014 e per i nuovi nati.


    Come alcuni già sapranno, sono ormai diversi anni che lo Stato eroga varie forme di bonus per i bambini nati durante l’anno. .La funzione di tali misure è sia quella di incentivare le nascite, sia quella di sostenere le mamme (e i papà) con strumenti economici di sostegno. Ecco, dunque, che anche la nuova manovra finanziaria del governo, così come la precedente varata dal Ministro Fornero, prevede un nuovo Bonus Bebè. Ma di cosa si tratta?

    Pare che nè il sito dell’Inps, nè quotidiani economici autorevoli si siano ancora espressi in materia di Bonus Bebè 2014. Sta di fatto che la Legge di Stabilità ha previsto lo stanziamento di fondi per il supporto delle mamme che hanno partorito nel 2013 e partoriranno nel 2014.
    In generale si tratterà di tre misure di sussidio:

    La prima riguarderà l’erogazione di un bonus vero e proprio in denaro, inteso come contributo a consuntivo, per l’assunzione di una baby sitter o l’utilizzo di un asilo nido. Questo tipo di Bonus è quello formulato dalla Legge n. 92/2012 (Riforma Fornero) che prevede che le mamme lavoratrici che rinunciano al congedo parentale possono chiedere il “bonus bebè”, presentando la domanda all’Inps per via telematica. Nel 2014 e nel 2015 per favorire il rientro al lavoro dopo la maternità obbligatoria senza usufruire della facoltativa è stato stanziato un contributo da 300 euro al mese per pagare le spese dell’asilo nido o quelle sostenute per la baby-sitter. Se il bonus bebè viene richiesto per la baby-sitter, il contributo viene erogato tramite buoni lavoro, mentre se viene richiesto per la copertura del nido, il contributo viene erogato alla struttura direttamente dall’Inps, sempre che essa sia inclusa fra le strutture autorizzate dallo Stato. La Legge prevede che i benefici possano essere usufruiti negli 11 mesi successivi all’obbligatoria, per un massimo di 6 mesi. Il bonus è previsto in alternativa, e non in aggiunta, al congedo parentale, ma può essere richiesto anche se la lavoratrice ha già usufruito in parte del congedo parentale. La domanda deve essere presentata online all’Inps, accedendo al portale dell’Inps tramite PIN (Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito – Voucher o contributo per baby sitting e asili nido) o attraverso il supporto dei Caf. Per fare richiesta del contributo è necessaria presentare l’ISEE. Si può fare per i bambini nati dopo il 31 Gennaio 2013.

    Al secondo punto c’è il Fondo Nuovi Nati. In questo caso si tratta di uno speciale tipo di prestito concesso solo ai neo-genitori con tassi di interesse più vantaggiosi del solito. Possono accedere al finanziamento ammissibile alla garanzia del Fondo gli esercenti la potestà genitoriale su bambini nati a adottati negli anni 2012, 2013 e 2014. In caso di esercizio della potestà su più di un minore può essere richiesto più di un finanziamento, mentre è ammesso un solo finanziamento per ogni bambino nato o adottato, anche in caso di potestà o affido condiviso. La domanda può essere presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo alla nascita o all’adozione. In questo caso, le banche e gli intermediari finanziari che aderiscono all’iniziativa si sono impegnati ad applicare ai finanziamenti garantiti dal Fondo un tasso annuo effettivo globale (TAEG) fisso, non superiore al 50% del tasso effettivo globale medio (TEGM) sui prestiti personali, in vigore al momento in cui il prestito è concesso. Resta comunque facoltà degli istituti di credito l’erogazione del prestito, in quanto la presenza della garanzia del Fondo, permette un tasso agevolato ma non esonera le famiglie dall’obbligo di restituzione alle scadenze pattuite. Secondo un un emendamento del Governo alla Legge di stabilità, nel nuovo fondo per i nuovi nati 2014 istituito presso la Presidenza del Consiglio, confluiranno i circa 22 milioni di euro residui del precedente ‘Fondo di credito per i nuovi nati’.

    Al terzo posto ci sono i Bonus Bebè regionali. E’ in questi giorni, al vaglio, nelle varie Regioni il dibattito sull’erogazione dei vari Bonus Bebè. Fatti salve le misure di cui sopra, infatti, ogni Regione può esprimersi in maniera indipendente sullo stanziamento o meno di fondi speciali per i bambini nati nel 2014. L’anno scorso, per esempio, la Regione Piemonte aveva previsto Bonus in pannolini ecologici. Ad ogni modo per conoscere i dettagli, Regione per Regione, bisogna andare sul sito della propria Regione di appartenza e controllare ciò che verrà deciso in merito, per il prossimo anno.

    Articolo scritto da: Cinzia Rampino

     
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    Assegni familiari quanto spetta ad ogni figlio


    Assegni familiari quanto spetta ad ogni figlio?


    Sempre più spesso, specie negli ultimi tempi, sentiamo parlare di assegni familiari e assegni figli a carico. Questi sono solo alcuni dei bonus messi a disposizione dal Governo per l’aiuto e il sostentamento economico di famiglie particolarmente numerose, di neo-mamme o di donne disoccupate. Ma riguardo gli assegni familiari, quanto spetta ad ogni figlio?


    Assegni familiari

    Gli assegni familiari sono compresi in tutte quelle prestazioni a sostegno del reddito, secondo i requisiti previsti dalla legge. Gli assegni familiari non vengono erogati automaticamente, quindi è importante sapere come e quando richiederli. Ma cosa sono gli assegni familiari?

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    L’assegno al nucleo familiare (ANF) è un sostegno economico per le famiglie dei lavoratori dipendenti o dei pensionati da lavoro dipendente. I nuclei familiari devono essere composti da più persone e il reddito complessivo deve essere inferiore a quello determinato ogni anno dalla legge per potere usufruire dell’Anf, cioè degli assegni familiari.



    Tabella assegni familiari

    Per facilitare il calcolo e sapere se si ha diritto o no agli assegni familiari, l’INPS ha pubblicato le nuove tabelle per la corresponsione dell’ANF da valere per il periodo dal 1° luglio 2017 al 30 giugno 2018. La tabella assegni familiari è la stessa del 2016/2017 in quanto non c’è stata alcuna variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, relativo all’anno precedente.

    Calcolatore Naspi

    La NASpI è la nuova assicurazione sociale per l’impiego entrata in vigore a partire dal 1° maggio 2015, e fa parte dei nuovi strumenti introdotti dalla Riforma del Mercato del Lavoro, il cosiddetto Jobs Act. La NASpI ha sostituito la Aspi e la Mini-Aspi. Esiste uno strumento che permetterà di calcolare la propria NASpI, il cosiddetto calcolatore Naspi. Basta inserire i mesi di lavoro, lo stipendio lordo mensile e le settimane effettive di lavoro. Il calcolatore Naspi provvede poi a calcolare l’ammontare della propria assicurazione sociale.

    Assegno familiare

    L’assegno familiare spetta al componente del nucleo familiare, che può essere composto da:

    – il richiedente lavoratore o il titolare della pensione;

    – il coniuge che non sia legalmente ed effettivamente separato, anche se non convivente, o che non abbia abbandonato la famiglia. Gli stranieri residenti in Italia, poligami nel loro paese, possono includere nel proprio nucleo familiare solo la prima moglie, se residente in Italia;

    – i figli ed equiparati di età inferiore a 18 anni, conviventi o meno;

    – i figli ed equiparati maggiorenni inabili, purché non coniugati, previa autorizzazione;

    – i figli ed equiparati, studenti o apprendisti, di età superiore ai 18 anni e inferiore ai 21 anni, purché facenti parte di “nuclei numerosi”, cioè nuclei familiari con almeno quattro figli tutti di età inferiore ai 26 anni, previa autorizzazione;

    – i fratelli, le sorelle del richiedente e i nipoti (collaterali o in linea retta non a carico dell’ascendente), minori o maggiorenni inabili, solo se sono orfani di entrambi i genitori, non hanno conseguito il diritto alla pensione ai superstiti e non sono coniugati, previa autorizzazione;

    – i nipoti in linea retta di età inferiore a 18 anni e viventi a carico dell’ascendente, previa autorizzazione.




    Calcolatore assegni familiari

    Su Internet esistono anche dei siti che mettono a disposizione il calcolatore assegni familiari. Bisogna inserire alcuni dati: presenza di componenti inabili in famiglia, numero di figli minorenni, numero figli tra i 18 e 21 anni studenti o apprendisti, numero di figli tra i 22 e 26 anni, presenza di altri familiari (fratelli, sorelle o nipoti minori di 18 anni o maggiorenni inabili).

    Poi, il calcolatore assegni familiari richiede l’inserimento del reddito da lavoro dipendente ed assimilati assoggettabile ad IRPEF e di eventuali altri redditi.




    Assegno nucleo familiare

    Come fare domanda per l’assegno nucleo familiare? Basta seguire delle normali procedure. Se il richiedente svolge attività lavorativa dipendente, la domanda va presentata al proprio datore di lavoro utilizzando il modello ANF/DIP (SR16). In tal caso, il datore di lavoro deve corrispondere l’assegno per il periodo di lavoro prestato alle proprie dipendenze, anche se la richiesta è stata inoltrata dopo la risoluzione del rapporto, nel termine di prescrizione di cinque anni.

    Nei casi di inclusione di componenti nel nucleo familiare (es. genitori separati, componenti maggiorenni inabili, etc.) o ai fini dell’aumento dei limiti reddituali (es. componente minorenne inabile) è necessario allegare al Mod. ANF/DIP l’Autorizzazione ANF precedentemente richiesta all’INPS.

    Se il richiedente è addetto ai servizi domestici, operaio agricolo dipendente a tempo determinato, lavoratore iscritto alla gestione separata o ha diritto all’assegno nucleo familiare come beneficiario di altre prestazioni previdenziali, la domanda va presentata online all’INPS attraverso il servizio dedicato.

    fonte:http://www.passionemamma.it/

     
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    Bonus figli a carico, come richiederlo

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    Confermato nella Legge di Bilancio 2018 il Bonus figli a carico è una delle agevolazioni fiscali previste per la famiglia dell’importo di 950 euro.

    Ma quali sono i requisiti per richiederlo e come presentare la domanda?

    Innanzitutto si tratta di un’agevolazione che consente di ottenere una detrazione fiscale di 950 euro sulle tasse purché abbiano figli a carico: i figli non devono avere più di 24 anni e il loro reddito non deve superare i quattromila euro annui.

    In realtà possono essere considerati a carico dei genitori anche i figli di età compresa fino ai 25 anni, ma caso, il tetto massimo del reddito scende a 2.840 euro, ma l’aumento della soglie del reddito è prevista per il prossimo biennio.

    Il bonus figli a carico in pratica è una detrazione di 950 euro riservata alle famiglie con determinati limiti di reddito ISEE: per poter usufruire del bonus figli, il reddito ISEE deve essere compreso entro i 30.000 euro, mentre per le famiglie con ISEE dai 30.000 euro ai 50.000 euro, la misura dell’agevolazione viene via via ridotta.

    La detrazione per figli a carico 2018 viene pertanto automaticamente calcolata al momento della dichiarazione dei redditi.

    Nel momento di compilare la dichiarazione, il contribuente, dovrà inserire i codici fiscali dei figli a carico specificando:

    per quanti mesi i figli risultano a carico;

    se i figli sono minori di 3 anni o portatori di handicap;

    Quale sia la percentuale di carico.

    Il bonus può essere richiesto anche in caso di divorzio e naturalmente viene riservato solo al genitori cui è il figlio mentre per i genitori non sposati, se ci sono provvedimenti di affido, viene applicata la disciplina applicabile ai genitori separati o divorziati.

    fonte;http://www.tuttomamma.com

     
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