Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

I Primi passi..camminare da soli

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    Bambini camminare da soli


    A-quanti-mesi-inizia-a-camminare-un-bambino-300x243A quanti mesi inizia a camminare un bambino? Mamma e papà spesso si domandano <<come mai mio figlio ancora non cammina? Come posso aiutare il piccolo a stare in piedi ed a muovere i primi passi?>>

    Ci si rende chiaramente conto che i figli stanno crescono quando affrontano i primi momenti importanti della loro vita come la prima
    parola, i primi passi, il primo giorno di scuola oppure la prima gita. I traguardi importanti, insomma, segnano sempre un momento di crescita per il piccolo. Ma attenzione ogni esperienza essenziale rappresenta nella evoluzione del fanciullo un punto non di arrivo ma di partenza … il percorso è sempre il medesimo: la crescita e l’obiettivo è il mondo dei grandi.

    Mentre i bambini vivono tutto il loro percorso evolutivo con naturalezza e spesso affrontando passi decisivi come un gioco, noi genitori mettiamo in discussione ogni azione e pensiero, affrontando mille dubbi e ponendoci molte domande.

    Una richiesta ricorrente dei genitori è questa: <<a quanti mesi inizia a camminare un bambino?>>. Mamma e papà spesso si domandano <<come mai mio figlio ancora non cammina? Come posso aiutare mio figlio a camminare? E come afferrarlo senza fargli male mentre lo guido nei primi passi?>>

    Ecco alcuni consigli pratici per guidare il bambino nel modo migliore verso i primi passi.

    primi-passi-3Sin dalla nascita già è presente nel neonato l’istinto di deambulare, cioè di camminare, alcuni bambini possono manifestare presto l’interesse a muovere i primi passi, ad esplorare questo mondo tanto grande e tanto vario.

    La maggior parte dei bambini inizia a camminare fra i 12 ed i 14 mesi. Ma attenzione: non esiste una regola ed un momento preciso; nel rispetto dei tempi personali i bambini impareranno tutti a camminare! In ogni caso prima dei 18 mesi non vale la pena di preoccuparsi particolarmente, attendete serenamente che il vostro esploratore prenda coraggio.

    Il gattonamento
    è la fase che in genere precede l’acquisizione della camminata eretta su “due zampe”.

    - Cos’è il gattonamento? Consiste nel vagare a carponi ovvero come un gattino su “quattro zampe”.

    primi-passi-300x168- Quali sono le competenze che i bambini acquisiscono gattonando? I bambini gattonando compiono la prima esplorazione dell’ambiente circostante, potenziano la muscolatura preparandosi a mantenere la posizione eretta e, nell’ottica di tale fine ultimo, potenziano anche il senso dell’equilibrio, le capacità di percezione degli spazi e quelle di identificazione e gestione dei pericoli.

    Non raramente i bambini preferiscono strisciare o camminare stando in ginocchio.

    L’obiettivo del bambino – gattonando, strisciando o procedendo in ginocchio – è sempre lo stesso: muoversi per esplorare lo spazio circostante e il piccolo facendolo fa esperienza.

    I processi di contatto, esplorazione, indagine del mondo, che continuamente scattano in gattonare-294x300questa fase, sono essenziali per lo sviluppo del bambino. Senza trascurare tutti i possibili pericoli, il bambino va seguito ma non limitato, tutelato ma non inibito, aiutato ma non frenato. Le fasi che precedono la camminata vera e propria in posizione eretta sono fondamentali ed è essenziale che il bambino le viva nella loro pienezza.

    Consiglio pratico: per gattonare non c’è bisogno di scarpe. Durante il gattonamento il piedino deve essere libero di muoversi e la caviglia deve poter sostenere le flessioni del piede stesso, perciò l’ideale sono i calzini antiscivolo.

    E’ compito dei genitori mettere la casa in sicurezza.

    Capiterà che il piccolo tenti di aprire mobili o di rovistare nei cassetti, per evitare pericolosi incidenti è bene munire ante e cassetti di fermi di sicurezza, essi – facilmente reperibili in sanitarie, farmacie, negozi per la prima infanzia e supermercati – renderanno inaccessibili al bambino i vani pericolosi; sulle porte possono essere applicati degli speciali gommini capaci di impedirne la completa chiusura, evitando, quindi, che il bimbo nel gioco e nel movimento autonomo si ferisca le manine.
    Ponete, inoltre, detersivi, medicinali, oggetti in vetro o ceramica lontano dalla portata dei bambini.
    Avvaletevi dei copripresa che impediranno al piccolo di infilare le minuscole dita nella presa elettrica.
    Se in casa vi sono spigoli vivi, punte finali di mobili, tavoli o top di bagni e cucine, copriteli – in commercio troverete dei “paracolpi angolari” o, se è il caso, foderate voi stessi le pericolose sporgenze. Ricordate che un bimbo che incomincia a gattonare o camminare cade o inciampa spesso, sovente perde l’equilibrio e finisce in terra.
    Se adoperate tappeti assicuratevi che aderiscano bene al pavimento ovvero che non creino pieghe nè determinino scivolamenti.
    Non lasciate in giro oggetti piccoli, monili, monete o altro materiale pericoloso.


    Quando e come il bambino si alza in piedi?


    Durante le prime esperienze su “due zampe” i bambini prediligono aiutarsi con oggetti vari, come scatole, cuscini o giocattoli, in pratica i piccoli fanno uso di “ausili di fortuna” alzarsi-in-piedi-bambiniper sollevarsi sulle gambine.

    Consiglio pratico per favorire l’esperienza del bambino: In questo periodo sarebbe boxpreferibile abituare il bambino a trascorrere un po’ di tempo nel box. Il box rappresenta un “recinto sicuro”, riempito di giochini – magari morbidi per attutire eventuali, anzi sicure cadute – è il luogo perfetto per gli allenamenti del bambino. Nel Box il piccolo può, in tutta sicurezza, allenare i muscoli delle gambe e affinare la coordinazione delle stesse con le braccia, armonizzando i movimenti.

    E’ bene precisare che il gattonamento non rappresenta affatto un requisito per gattona-300x241camminare è possibile che si arrivi a sgambettare perfettamente senza avere mai gattonato. Ogni bambino compie un processo psicomotorio personale. Se il bambino non gattona non vuol certo dire che ha problemi! La mancanza di questo movimento non è assolutamente indice di ritardi nella evoluzione psicomotoria o nelle
    successive tappe dello sviluppo. Il piccolo che non vuole gattonare riuscirà ad esplorare in altri modi l’ambiente circostante.

    Il bambino, pian piano – dopo aver compiuto le sue prime esperienze gattonando, strisciando o procedendo in ginocchio, una volta indagato lo spazio circostante e conosciuto qualche caduta – incomincerà a stare in piedi e a muovere i primi passi, incerti, insicuri e traballanti ma pieni di intenzionalità, quindi allo stesso tempo anche decisi e coraggiosi.

    Come può intervenire il genitore in questa fase?

    Il bambino non va forzato nei movimenti e nella postura; agli adulti spetta inizialmente il compito di vigilare e assecondare i primi movimenti goffi del piccino.
    Tenerlo troppo, reggerlo e sostenerlo eccessivamente nei primi passi non è la cosa più corretta da fare. A fronte di un eccessivo accompagnamento il rischio è che il bambino non si sentirà mai sicuro di iniziare a muovere i primi passi da solo ed in piena autonomia. Quindi è positivo compiere brevi tratti tenendolo per le mani, ma sarebbe buona norma anche lasciarlo in piedi accanto al divano, magari circondato da cuscini o sistemandolo sopra un morbido tappeto e, semplicemente, stare a guardare cosa succede!

    11c1Sarebbe più corretto, inoltre, offrirgli come appoggio il dito piuttosto che l’intera mano ciò in quanto impugnandolo il bambino sarà costretto a sostenersi da solo; appoggiato ad un solo dito il piccolo dovrà trovare un proprio equilibrio perchè non si potrà aggrappare come farebbe se gli fosse allungata l’intera mano. Quando il bambino si appoggia sulla mano piena di chi lo guida sfrutta la leva del conducente e non crea un proprio equilibrio, sentendosi, altresì, sostenuto da chi lo conduce. Offrire il dito come appoggio è meglio che non tenere il bambini per la mano!

    Prendendo il bimbo per la mano, poichè ancora il suo passo è incerto, possono verificarsi degli involontari strattonamenti e degli stiramenti muscolari, nei casi più gravi la lussazione della testa del radio che è l’osso laterale dell’avambraccio.

    Ricordatevi che il bambino non va forzato e che da solo deve raggiungerla posizione eretta.
    Incoraggiatelo sempre a riprovare, applaudite ed elogiate ogni suo piccolo miglioramento e non accorrete subito ad ogni caduta, anzi lasciate che si rialzi da solo, in questo modo continuerà l’allenamento con più tenacia.

    1b-300x200Il bambino sta affrontando una nuova fase in questo periodo ed è importante che sviluppi anche un’autonomia motoria che lo renda sicuro, pian piano dei suoi movimenti. Acquisita tale autonomia sarà difficile fermarlo!

     
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    Rafforza la sua autostima
    Aiutalo a costruire un'immagine positiva di sè


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    Autostima

    La capacità di amare, di stare con gli altri, la fiducia in se stessi: si imparano a partire dai primi istanti di vita, grazie all’incoraggiamento dei genitori, che devono aiutare il bambino a costruire un’immagine il più possibile positiva di sè.
    La fiducia in se stessi è fondamentale per riuscire ad affrontare le inevitabili frustrazioni e i momenti di difficoltà a cui tutti andiamo incontro fin dai primi istanti di vita. Non basta rassicurare il bambino quando è in difficoltà, lodarlo e incoraggiarlo.

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    Il suo carattere

    Occorre imparare a individuare l’atteggiamento migliore a seconda del suo carattere. Ciò è possibile solo se si riesce a rispettare la personalità del bambino, considerandolo, anche se piccolo, come un individuo a sé, con caratteristiche proprie e non necessariamente ereditate da qualcuno.
    A volte, le aspettative dei genitori possono esercitare una pressione inconsapevole su di lui e renderlo insicuro: niente fa soffrire un bambino più della sensazione di non essere come il papà e la mamma lo vorrebbero...

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    A come autostima

    Appena nato, il piccolo ha bisogno di sentirsi rassicurato attraverso il contatto fisico e la costante presenza dei genitori. Essere toccato, accarezzato, abbracciato, gli trasmette il messaggio ‘ti voglio bene’, che poi lui rielabora in questo modo: ‘io sono amabile’ e quindi ‘io sono importante’. Gradualmente, il bambino sente l’esigenza di esplorare il mondo che lo circonda e comincia il suo percorso verso l’indipendenza. Sentire che è in grado, da solo, di alzarsi in piedi, di raggiungere faticosamente un oggetto, di tenere in mano il cucchiaio e portarlo alla bocca, lo riempie di soddisfazione e di fiducia in se stesso. Durante questi primi approcci, è fondamentale che i genitori non si mostrino ansiosi e soprattutto gli concedano la possibilità di tentare più volte.

    Sicurezza in sé vuol dire coraggio di provare e di sbagliare, capacità di accettarsi anche nelle sconfitte ed è un atteggiamento che si impara fin da subito. In questa fase le lodi e l’incoraggiamento sono importanti. Ma è altrettanto importante che i genitori osservino attentamente le attitudini del figlio e imparino ad apprezzarlo per ciò che è.

    Per insegnare al bambino ad accettarsi davvero, la prima cosa da fare è farlo sentire accettato. Per esempio, un bimbo un po’ pigro e pacato probabilmente sarà meno agile rispetto a un altro più vivace e abituato al movimento. Il passo successivo è aiutarlo a scoprire e coltivare le sue doti. È un arrampicatore nato? È giusto assecondare, nei limiti, la sua destrezza: si sentirà forte e capace. Si appassiona soprattutto a racconti e a libricini? Probabilmente è un bambino molto riflessivo e capace di concentrarsi a lungo.

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    Lodi sì ma sincere

    La lode è sempre una manifestazione di affetto e di stima e per il bambino è un vero e proprio nutrimento interiore. Ma non va mai elargita a caso e per qualsiasi cosa: ripetergli continuamente quanto è bravo e quanto sia straordinario tutto ciò che fa, anche quando non è vero, dà al piccolo l’impressione che non si tratti di un vero apprezzamento ma di un modo per tenerlo buono.

    È importante, invece, non essere generici e lodare sempre un comportamento preciso: “Sei stato molto bravo a mettere il giocattolo al suo posto”, “Mi piacciono molto i colori che hai usato per il tuo disegno”. Allo stesso modo, quando il piccolo dice: “Non sono capace”, “non ci riesco”, è importante riuscire a ribaltare il suo punto di vista, mostrandogli invece quante cosa sa fare e che dagli sbagli si possono imparare molte cose. Mostrarsi realisti rispetto alle sue capacità e fiduciosi sul fatto che potrà far meglio, restituisce al bambino la giusta misura di se stesso.

    Al contrario, non aiutarlo a vedere i suoi limiti, non porre un freno al suo naturale senso di onnipotenza, rischia di rimandargli un’immagine distorta di sé. Troppo grande e forte, che rischia di trasformarsi in prepotenza e supponenza. Per evitare questo rischio c’è solo un modo: creare un sistema di regole e fare in modo che vengano rispettate.

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    Le regole

    La strada per conquistare una sana autostima passa attraverso alcuni limiti ben precisi. Mamma e papà devono insegnare ai bambini, fin da neonati, a regolarsi in modo autonomo. Il loro istinto, infatti, è quello di avere tutto subito. La regola, invece, è lo spostamento nel tempo del loro soddisfacimento. Si comincia da subito: nella culla il lattante impara ad aspettare la mamma che tarda ad arrivare; quando cresce un po’ deve accettare che la baby sitter si prenda cura di lui e via dicendo.

    Le regole non devono essere troppe e soprattutto devono essere “formulate” ad hoc per ogni bambino. Non è detto che per due fratelli debbano valere le stesse regole, perché lo scopo è quello di aiutarli a sviluppare le loro potenzialità, che sono diverse da persona a persona. Quello che non deve cambiare è il modo di proporle: occorrono fermezza e costanza sui principi di base. Certo, si può negoziare in casi particolari: i giocattoli alla sera si raccolgono sempre, ma se per una volta si rientra tardi da una gita, si può rimandare a domani.

    L’importante è non fare confusione: se si stabilisce che si va a letto alle nove, può capitare l’eccezione, ma non si deve cambiare tutte le sere l’orario della nanna. Le regole, insomma, non sono un “tornaconto” per il genitore, ma servono a trasmettere fiducia al bambino. Perché sente che mamma e papà hanno delle sicurezze che, serenamente, sono in grado di passargli.

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    Trasmettere fiducia

    I genitori possono insegnare ai propri figli ad avere una buona consapevolezza di sé solo a una condizione: che anche loro abbiano imparato, con il tempo, ad accettarsi e ad apprezzarsi davvero. I bambini sono attenti osservatori delle nostre paure, delle nostre insicurezze e dei nostri comportamenti. Difficile essere credibili se non siamo in prima persona dei buoni esempi per loro.

    Imparare a stare bene con se stessi, insomma, aiuta il proprio bambino a fare altrettanto. Essere invece troppo intransigenti, perfezionisti, insicuri, ritenersi inferiori agli altri, insegna al piccolo un senso di incapacità e lo inibisce rispetto alle sue iniziative. Cosa fare quando ci si rende conto di non essere dei campioni in fatto di autostima? C’è sempre tempo per migliorare, per imparare a stimarsi e a valorizzarsi. Se per esempio si deve prendere una decisione, meglio riflettere un po’ di più e rimanere coerenti, piuttosto che dover tornare sui propri passi o, peggio ancora, sentirsi in colpa senza poter rimediare in seguito. È vero, i figli assorbono molte energie e, a volte, ci si sente incapaci o poco valorizzati.

    L’importante è non farsi travolgere completamente dalle emozioni, ma cercare sempre di equilibrare la parte istintiva di se stessi con la razionalità. Che, poi, è la differenza tra un adulto e un bambino.

     
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    Come godersi appieno i primi passi di un bambino

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    Un bambino che comincia a muovere i primi passi, scatena nei genitori una emozione indescrivibile, ma anche tanta ansia perchè è forte la paura che possa sfuggire di mano, cadere e farsi male. Ecco perchè non è semplice godere appieno di tale momento unico e irripetibile nella vita di un figlio, ma bisogna resistere di fronte alla tentazione di farlo stare seduto, magari davanti ad un televisore, per evitare qualunque rischio. Solo quando dorme, infatti, è necessario che rimanga inattivo, in tutti gli altri casi, l’esercizio fisico non può fargli che bene. Tra l’altro, giocare con il proprio figlio, aiuta anche le mamme a dimagrire dopo la gravidanza.

    Per un piccolo che comincia a stare in piedi, la ginnastica quotidiana non deve essere inferiore ai trenta minuti al giorno come consigliano i medici e non meno di sessanta minuti devono essere dedicati al gioco con i genitori o con i coetanei. E’ vero, poi, che ai bambini anche se molto piccoli, piace imitare gli adulti ed è proprio questo il momento in cui iniziare ad organizzare attività, ovviamente adatte alla giovane età che li legheranno a voi. In futuro, poi, potrete uscire insieme in bicicletta, o proporre una gita in montagna ad esempio o, ancora, giocare a pallone. Bisogna, inoltre, ricordare che i figli che non sviluppano da piccoli attività importanti, cresceranno con una spiccata abitudine alla sedentarietà. Usate pupazzi e oggetti soffici e non pericolosi per insegnargli ad afferrare gli oggetti.

    Nelle giornate soleggiate, infine, insegnatevi a giocare con le ombre ed anche a ricrearle e stimolate la coordinazione e le attività cerebrali e linguistiche, cantando filastrocche o raccontando delle favole. Se volete, potete iscrivere il piccolo ad un corso di musica per bambini, dove non ci si limita soltanto a suonare e ad ascoltare dei brani. Qui, infatti, si danza, si salta, si sollevano oggetti e si impara a divertirsi con gli altri.

     
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    Quando inizia a gattonare il bambino?

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    Lo sviluppo motorio del bambino, che si conclude con l’acquisizione della posizione eretta, è un percorso che prevede diverse fasi. Una di queste è proprio la cosiddetta fase del ‘gattonamento’ che rappresenta la tappa precedente, l’anticamera del camminare vero e proprio. In questa fase il bambino manifesta la sua volontà di muoversi da solo spinto dalla curiosità di conoscere ed esplorare il mondo. Gattonando il bambino riesce ad esplorare l’ambiente circostante, raggiunge gli oggetti che suscitano il suo interesse e inizia a prendere consapevolezza del suo corpo e delle sue forze. Generalmente la ‘fase del gattonamento’ inizia tra gli otto e i dieci mesi di vita, anche se ogni bambino segue una sua tempistica particolare dovuta al grado di sviluppo raggiunto e agli stimoli esterni che riceve.

    Per questo motivo, in questo periodo, andrebbe limitato l’uso del box, per consentire a pieno al bambino di sviluppare questa esperienza. Si tratta, tuttavia, di una tappa non necessaria, nel senso che non tutti bambini conquistano la posizione eretta passando per il gattonamento. In ogni caso, il bambino non deve mai essere spinto nel seguire o effettuare certi movimenti. I genitori devo assecondare la fase del gattonamento quando si verifica, ma mai incoraggiarla per propria volontà o cercare di farla superare spingendo il bambino a camminare troppo in fretta rispetto a quelli che sono i suoi tempi.
    Anche in questo caso, infatti, è necessario assecondare l’istinto e le scelte del bambino. Il gattonamento, infatti, ha proprio la funzione di far acquisire sicurezza al bambino e di rafforzare i muscoli prima che venga acquisita pienamente la posizione eretta.

    fonte:http://donna.tuttogratis.it


     
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    La torta del primo compleanno

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    La torta del primo anno di vita del bebè! Ecco una ricetta perfetta per i più piccoli di casa: a base di frutta, senza burro, latte e zucchero. Leggi i consigli di Miralda Colombo, giornalista e food-blogger.

    Manca, ormai poco, pochissimo. L’8 marzo è qui. Un anno di Lea. Il tempo pare essere scivolato veloce fra le dita, i ricordi che aumentano e prendono ognuno una casella, un’immagine e un profumo. 12 mesi per cominciare a conoscersi, imparare a camminare a passo più lento, distinguere il suo pianto e la sua voce fra quelli di tanti altri, sentire la sua mancanza, avere nostalgia dei primi giorni. Il primo anno è speciale. Lo sapevo perché è stato così anche con Alice. E questo primo compleanno lo senti come fosse anche il tuo.

    Ho iniziato a pensare ai preparativi per la festa: pochi amici, i nonni e cose buone da mangiare. Un menù che possa godersi pure la pupetta: muffin e focaccine, dolci leggeri, frutta e la torta con la candelina numero 1.

    A proposito di torta ecco una ricetta perfetta per i più piccoli di casa: a base di frutta, senza burro, latte e zucchero.

    piesse: se eliminate l’uovo (e aggiungete un paio di cucchiai di acqua tiepida), potete utilizzarla anche per bimbi sotto l’anno

    Ingredienti (per una minitortina)
    1 mela e 1 pera
    1 vasetto di yogurt naturale
    2 cucchiai di succo di mela 100%
    1 uovo
    3 cucchiai di olio di semi delicato
    2 cucchiai di sciroppo d’agave
    scorzetta di limone
    pizzico di cannella
    150 g di farina 00
    100 g di farina di riso
    1/2 bustina di lievito
    eventuale glassa bianca per decorare

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    Procedimento
    Sbucciate la mela e la pera, tagliatele a tocchetti e mettete a cuocere con un pizzico di cannella e due cucchiai di succo di mela in un pentolino coperto. Spegnete quando cominciano ad ammorbidirsi. Mescolate l’uovo con l’olio di semi, unite lo yogurt e lo sciroppo d’agave. Aggiungete la frutta cotta, quindi le farine in cui avete stemperato il lievito. Riempite con l’impasto una tortiera di 15 cm circa, spolverate con la scorzetta di limone e cuocete in forno a 175° per 20-30 minuti.
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    Decorate con della mela affettata sottilmente e passata nel limone, e con eventuale glassa a base di zucchero a velo e acqua.


    L'autrice dell'articolo e la fotografa


    Miralda Colombo è giornalista e autrice del blog c5e582ff39225997446e4cab6c9ff3aauniqueidcmcimage1www.ilcucchiainodialice.it, nato in occasione dello svezzamento della figlia Alice e da cui è scaturito il libro di ricette per bambini "Il cucchiaino", ed. Gallucci.

    In questi mesi ha ricominciato l’avventura dello svezzamento con la secondogenita Lea e ha accettato di accompagnare le mamme di nostrofiglio.it con consigli pratici, trucchi e le indicazioni delle più accreditate società scientifiche sull’alimentazione del bambino.

    Le foto sono di Cevì (Cecilia Viganò), artista, fotografa e illustratrice diplomata all'Accademia di Brera.

     
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    La conquista dell’io

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    La conquista più importante nello sviluppo di un essere umano è la coscienza di esistere in quanto tale, di essere una persona autonoma e separata dalle cose circostanti.
    Non si nasce con questa consapevolezza ma ogni bambino è programmato per acquisirla.
    Nei primi tre mesi di vita il bebè non è ancora in grado di sentire dove finisce il proprio corpo e inizia quello della mamma: vive in una simbiosi con lei.

    A partire dai sei-sette mesi l’affinamento della vista gli permette di apprendere che cose e persone sono realtà distinte da lui.
    Nella fase che gli psicologi chiamano “angoscia dell’ottavo mese” si profila la consapevolezza che la mamma non è sempre accanto a lui e che il mondo è pieno di estranei, con le ansie che ne derivano. Ma la conquista del senso di sé, con il tempo, si accompagna al desiderio coraggioso di segnalare agli altri la propria esistenza.

    Alcune considerazioni:

    È importante che il bambino abbia uno spazio tutto suo, fin da piccolissimo: può bastare un angolino riservato della casa. Lo scopo è che qui lui possa allenarsi a “esprimere se stesso” in quanto individuo, giocando liberamente e stando anche per conto proprio.

    Sapere che la mamma è sempre pronta a intervenire fa bene al bimbo e al suo senso di sicurezza. Tuttavia, molti psicologi infantili consigliano di introdurre un piccolo intervallo tra il malumore del piccolo e la risoluzione del suo problema: così non saranno soddisfatte “solo” le sue esigenze materiali, ma anche quelle di dialogo e comunicazione affettiva.

    Il gesto di mettere e togliere il ciuccio dalla bocca ripropone la gratificazione legata al periodo dell’allattamento e, insieme, il rimpianto per la sua perdita, e proprio questo senso di nostalgia rappresenta una conquista importante per il piccolo, perché segnala l’attenuazione del rapporto fusionale con la mamma e, quindi, il rafforzamento della sua identità. Per questa ragione glielo si può lasciare fino ai due o tre anni, ma con moderazione.

    Fino all’anno d’età, il bambino non ha ancora ben chiari i propri “confini” fisici. Perciò qualsiasi forma di contenimento (come le braccia della mamma o la copertina) gli permette di localizzare una linea di demarcazione. Lo stesso vale per gli indumenti, lo aiutano a sentirsi “tenuto insieme”.

    Spesso i bimbi parlano di sé in terza persona: l’uso corretto del pronome personale coincide col momento in cui, oltre ad avere una sensazione corporea di sé, cominciano a formarsi anche una rappresentazione mentale di sé. Per questo, davanti a uno specchio, prima dei 18 mesi difficilmente si renderanno conto che l’immagine riflessa è la loro.

    www.ioeilmiobambino.it/

     
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    Le 5 frasi che UMILIANO i bambini e peggiorano l'autostima (vi diciamo anche l'antidoto)

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    Ci sono frasi che pronunciamo con i nostri figli ogni giorno e che involontariamente possono reprimere la loro natura e condizionare il loro futuro? A volte lo facciamo senza accorgercene, altre volte soltanto perché siamo stanchi o magari arrabbiati o forse perché i nostri genitori ci hanno ripetuto queste frasi o hanno avuto lo stesso atteggiamento con noi migliaia di volte e adesso tendiamo a ripeterli come se avessimo il pilota automatico. Ecco quali sono la frasi pericolose e come fare attenzione ad evitarle.

    Forse non ci hai mai fatto caso, ma ci sono frasi che hanno il potere di condizionare tuo figlio emotivamente e di “segnarlo”, di appiccicargli etichette che non corrispondono alla realtà. E magari queste etichette se le porterà dietro come un fardello per il resto della sua vita (forse è successo anche a te con i tuoi genitori?).

    Ci riferiamo a frasi che possono suonare come queste:

    Ma sei scemo!
    Se fai così non ti voglio più bene!
    Se non fai il bravo arriva l’uomo nero!
    Smettila di piangere! I bambini forti non piangono!
    Nella vita non si può avere tutto!


    Non esageriamo, tutti siamo sopravvissuti a queste frasi, che sarà mai?

    Magari starai pensando: “che sarà mai pronunciare ogni tanto delle frasi a mio figlio che magari non sono proprio positive come “Ma sei scemo?”, “Sei proprio un disastro!!”. Io ne ho ricevuti di insulti, toni duri e urla, eppure sono qui, sono sopravvissuto e sto bene”.

    È vero. Tutti continuiamo ad avere una vita, mangiamo, dormiamo, lavoriamo, mettiamo al mondo dei figli, forse incontriamo l'amore, a volte ridiamo altre volte piangiamo. Soltanto che la nostra domanda è:

    Come sarebbe stata la nostra vita se i nostri genitori avessero usato frasi più efficaci e amorevoli anziché delle frasi "velenose", umilianti e giudicanti?

    Forse c’è una bella differenza tra vivere e sopravvivere e una bella differenza tra "avere una vita" e fare invece della tua vita il tuo sogno, il tuo giardino di gioia, il teatro della tua piena realizzazione e soddisfazione.

    Per scegliere la seconda opzione, hai bisogno di credere in te, di stimarti e di riconoscere il tuo valore. La relazione che hai instaurato con i tuoi genitori e le abitudini che hai imitato nel tempo, le loro parole e il loro modo di fare, hanno avuto un’influenza determinante in questo processo.

    Cosa fa la differenza per tuo figlio?



    Da oggi hai la possibilità di smettere di credere che la tua influenza non conti nulla per il suo futuro: un tono diverso, una comunicazione più amorevole possono fare la differenza.

    Per esempio c’è differenza se mamma/papà mi dice “ti voglio bene” ma i suoi occhi non mi guardano, sono vuoti e assenti, la sua mano non stringe forte la mia quando la incrocia e il suo cuore non si infiamma quando giochiamo insieme…

    Oppure se mamma/papà mi dice “ti voglio bene” e nello stesso tempo i suoi occhi lucidi e vispi cercano il mio sguardo, le sue mani stringono le mie con complicità e mi accarezzano la schiena e i capelli mentre lei/lui mi chiede sorridendo come sto, oppure quando monta i Lego o si interessa agli enigmi dell’ultimo puzzle con la mia stessa passione?

    Ti proponiamo in questo articolo alcune frasi che puoi utilizzare affinché tu possa essere sempre più sicuro e consapevole del tuo ruolo genitoriale e per farti vivere un rapporto con i tuoi figli non solo appagante e gioioso, ma anche enormemente efficace per il loro futuro, quando, da soli, saranno chiamati a scalare le vette della vita e potranno dire:

    “Grazie mamma e papà, siamo davvero fieri di aver avuto due genitori come voi!”

    5 frasi che possono reprimere tuo figlio


    Per fare la differenza con tuo figlio puoi cominciare a non pronunciare frasi che lo fanno sentire giudicato e sminuito. Quindi prima bisogna conoscere le frasi “al veleno” e, una volta conosciute, bisognerebbe sostituirle con frasi “antidoto” più efficaci.

    Se adesso ti stai chiedendo perché abbiamo scelto di approfondire l’effetto che hanno le frasi pronunciate verso l’autostima di tuo figlio devi sapere che le parole hanno un grande potere. Da un lato riflettono i sentimenti, lo stato d’animo, le abitudini e il modo di pensare di chi le pronuncia… dall’altro hanno l’enorme potere di programmare i neuroni di chi le riceve fissandosi giorno dopo giorno fino a essere assorbiti e a essere utilizzate in modo automatico.

    NOTA: mentre leggi le frasi è utile chiedersi: io come mi sentirei al posto del bambino? Io come mi sentivo quando me lo dicevano con tono rabbioso e duro? Ora come mi sentirei?

    1° FRASE AL VELENO “Non vedi tua sorella com’è ordinata?” “Non vedi tuo fratello com’è coraggioso?!” “Perché non mangi quanto lui?” “Se solo studiassi un po’ di più… guarda come fa lei!”

    POSSIBILE EFFETTO SU TUO FIGLIO Lei/Lui è meglio di me. Mamma e papà apprezzano e amano di più lei/lui. Proprio non riesco a essere alla sua altezza. Mi sento inferiore e umiliato. È meglio che mi faccia da parte.

    Forse se inizio a fare ancora peggio prima o poi dovranno per forza smettere di guardare lei/lui e si occuperanno di me e vedranno le mie qualità. Io sono inferiore, non vado bene.

    ANTIDOTO Evita il più possibile qualsiasi tipo di paragone. Limitati a osservare i loro talenti, a sostenerli nelle difficoltà, a coltivare l’esempio e soprattutto la loro unicità ricordandoti che il paragone non sprona e non fortifica, bensì umilia, frena e scoraggia.

    Ridimensiona i tuoi giudizi: se tuo figlio non è portato per una determinata materia non significa che non è portato per essere felice e realizzato nella vita!!!

    Tu eccellevi in tutto ciò che facevi? Neanche Superman eccelle in tutto… ogni supereroe che si rispetti ha i suoi punti di debolezza e il suo essere eroe sta proprio nell’accettarli e nell’amalgamarli alle proprie virtù.

    2° FRASE AL VELENO “Non ti meriti niente”

    POSSIBILE EFFETTO SU TUO FIGLIO Sono una persona che non si merita nulla (denaro, raggiungimento di obiettivi, salute, vita di coppia appagante, relazioni efficaci, ecc.).

    Sono io che non mi merito niente. Sono io che non valgo nulla. Ok, eseguo… Questo atteggiamento genera sconforto, pessimismo e quella sensazione nefasta di aver perso in partenza.

    ANTIDOTO Rifletti come prima cosa sulla motivazione che ti porta a pronunciare questa frase nei confronti di te stesso o verso i tuoi figli. Tra gli antidoti, quelli che ci piacciono di più sono le seguenti frasi: “Sei meraviglioso!” “Ecco la mia principessa! Cosa posso fare per te oggi?“

    "Mamma voglio andare al parco!”, “Sì amore, ti piacerebbe? E cosa ti piace fare al parco?… Se ci vuoi andare, bene, appena sarà possibile ti porto molto volentieri. Cosa ti piace del parco? Magari possiamo anche farlo a casa in qualche modo mentre aspettiamo un giorno senza pioggia”.

    Questo genera un senso di comprensione e di abbondanza, mentre spesso sentiamo invece dire dagli adulti di fronte a richieste di questo tipo: “Ma te lo meriti? / Ma sei sicuro di essertelo meritato?!”

    3° FRASE AL VELENO “Sei proprio una peste!”

    POSSIBILE EFFETTO SU TUO FIGLIO Ma… mi ha fatto arrabbiare mia sorella! E a me chi ci pensa? Non faccio mai bene nulla! Non mi vuoi bene! Ma non ti accorgi che sono arrabbiato e che ho bisogno di te? Di chi mi posso fidare allora? Almeno quando faccio la peste mi guardi e mi consideri…

    ANTIDOTO “Certo tesoro ti capisco! Cosa ti ha fatto arrabbiare così tanto da farle un dispetto?”

    “Lo so che vorresti correre ancora e usare la tua spada contro tutti i soprammobili della nonna… sono così a portata di mano! Sembrano proprio tutti birilli! Adesso andiamo di là e prendiamo tutte cose che possano davvero essere nemici da colpire… Andiamo!”

    (è anche nostro compito trovare e creare le giuste situazioni affinché i bambini possano liberare la loro creatività e fantasia tutelando l’ambiente. In questo modo imparano da te a rispettarsi rispettando anche l’esterno)

    4° FRASE AL VELENO “Ma cosa credi di fare!?” “Ma dove credi di andare?!”


    POSSIBILE EFFETTO SU TUO FIGLIO Ops! Che umiliazione… Mi sento tarpare le ali, mi sento bloccato. Chi dovrebbe farlo non crede in me e nelle mie potenzialità. Non mi danno fiducia… Forse non la merito. Ok, non posso fare ciò che sento giusto. Io sono sbagliato.

    ANTIDOTO “Fallo! Riprova!” “Abbi fiducia!” “Ritenta! Se davvero vuoi riuscirci riprovaci finché non raggiungi il tuo obiettivo” “Io ho fiducia in te e so che se davvero lo vuoi ce la farai di certo!”
    “È normale sbagliare all’inizio, puoi sempre recuperare, si impara anche per tentativi ed errori”
    “Gli errori sono fondamentali per accorgerti di cosa non ha funzionato e poter rimediare o trovare altre strategie” (queste frasi, se già non lo fai, puoi iniziare a dirle anche a te stesso)

    5° FRASE AL VELENO “È timido, non socializza…finirà per isolarsi”


    POSSIBILE EFFETTO SU TUO FIGLIO Ah ok sono così. Quindi io sono una persona timida. Non sono normale, ho dei problemi. Io avrò sempre difficoltà a socializzare, a stare con gli altri. Ok (…eseguo).

    ANTIDOTO Puoi domandarti: è davvero timido oppure è tipico della sua età non aver bisogno di socializzare? Amare la riflessione e l’introspezione è davvero timidezza?

    Oppure: perché è timido? C’è qualcuno dei suoi genitori che è timido? L’abbiamo spesso corretto o giudicato tanto che adesso è restio a mostrarsi?

    Un futuro fiorente, fatto di stima e fiducia Ti scriviamo queste riflessioni perché per i bambini di oggi e uomini maturi di domani ci auguriamo qualcosa di diverso, qualcosa di più. Se guardiamo il mondo fuori ci accorgiamo che oggi siamo in molti a essere stati involontariamente condizionati. Siamo in molti ad aver permesso che questi condizionamenti limitanti la facessero da padrone.

    Ma, come sempre, nulla è perduto. Il tuo “destino” e quello di tuo figlio non sono affatto scontati. Da oggi puoi fare qualche riflessione in più e scegliere gli “antidoti” che giorno dopo giorno plasmeranno anche la pietra più dura fino a sciogliere dentro di te le limitazioni più rovinose. Se tu sei più libero, anche per tuo figlio si apriranno le porte dalle quali, affacciandosi, potrà guardare a un futuro fiorente, fatto di stima, fiducia e finalmente libero da tutti i condizionamenti negativi del passato. Libero di realizzare davvero se stesso grazie al nuovo terreno che tu avrai predisposto per lui.

    fonte:http://www.nostrofiglio.it/

     
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