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LE MALATTIE ESANTEMATICHE..come distinguerle.e curarle.-vaccini

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    Come distinguere morbillo, rosolia e varicella

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    Il bambino appare abbattuto e febricitante e il suo corpicino è cosparso di macchie rossastre. E’ probabile che una malattia esantematica abbia fatto la propria comparsa. Ma di quale potrebbe trattarsi tra morbillo, rosolia e varicella? La dottoressa Susanna esposito, direttore della Clinica pediatrica 1 della fondazione IRCCS Policlinico di Milano e presidente della Società di Infettivologia Pediatrica spiega, sul Corriere della Sera, come distinguerne i sintomi.
    Come riconoscere il morbillo
    Il morbillo comincia con febbre alta, tosse, gola infiammata, naso che cola e congiuntivite. Il bambino mostra un certo fastidio alla luce. L’eruzione cutanea compare dopo qualche giorno. dapprima è rosa pallido, poi roso vivo. Iniza da dietro le orecchie per poi estendersi a tutto il corpo. I linfonodi di collo, ascelle e inguine risultano gonfi.
    Come riconoscere la varicella
    Riguardo la varicella invece l’unico sintomo è la febbre accompagnata da stanchezza e mancanza di appetito, oltre, ovviamente agli esantemi che si distinguono per essere molto prurigginosi e compaiono prima sul tronco e poi su volto e testa. Dapprima si tratta di piccole macchie rosse che successivamente si trasformano in papula rilevate e solide, quindi in vescicole e poi in croste. Gli esantemi compaiono a ondate successive.
    Come riconoscere la rosolia
    La rosolia iniza con sintomi simili a quelli del morbillo ma l’esantema è rosa chiaro e la febbre più bassa. Risultano ingrossati i linfonodi dietro collo e orecchie.
    Attualmente però l’incidenza di queste tre malattie, che in rarissimi casi possono avere complicanze molto gravi, è drasticamente diminuita grazie alle campagne vaccinali. Il vaccino però non è obbligatorio e sono molti i genitori che vi si oppongono.

     
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    Il calendario delle vaccinazioni infantili

    calendario-vaccinazioni-infantili

    Secondo quanto afferma l’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità), la vaccinazione infantile rappresenta uno degli interventi di salute pubblica più importanti poichè permette di salvare ogni anno due milioni di vite. Come abbiamo già visto a proposito di vaccini polivalenti, in linea con le direttive dell’OMS in Italia i bambini vengono vaccinati, a partire dal terzo mese di vita con la somministrazione di un preparato che li protegge da sei agenti patogeni contemporaneamente.
    Ma quali sono gli appuntamenti con la vaccinazione che scandiscono la vita del bambino nei primi quindici mesi di vita e fino al quindicesimo anno di età? Vediamo il calendario per le vaccinazioni valido per tutte le regioni italiane:
    I vaccini al terzo mese di vita

    E’ la prima volta che il piccolo viene sottoposto a vaccinazione. Viene somministrato il vaccino esavalente contro pertosse, tetano, difterite, poliomielite, haemophilus di tipo b, epatite b.
    I vaccini al quinto mese di vita

    Al quinto mese viene somministrata al bambino la seconda dose del vaccino precedente.

    I vaccini al dodicesimo mese di vita

    Viene somministrata al piccolo la terza dose del vaccino esavalente. E’ questo il richiamo, o booster, che permette di ottenere una protezione a lungo termine contro le patologie già indicate attraverso il consolidamento della memoria immunologica del piccolo. In ogni caso, andranno somministrati degli ulteriori richiami in epoca successiva.
    I vaccini tra il dodicesimo e il quindicesimo mese di vita

    In questo periodo viene somministrato il vaccino trivalente contro morbillo, rosolia, parotite che deve essere richiamato al dodicesimo anno di vita.
    Alla somministrazione dei vaccini contro morbillo, rosolia e parotite, segue una lunga pausa. Trascorreranno circa cinque anni prima che il piccolo venga sottoposto a ulteriori vaccinazioni.
    I vaccini al quinto anno di vita

    A cinque anni viene effettuato il richiamo, cui abbiamo già fatto cenno, contro tetano, difterite e pertosse.
    I vaccini tra l’undicesimo e il quindicesimo anno di vita

    Il calendario delle vaccinazioni si chiude con il richiamo contro tetano e difterite. In alcune regioni vengono somministrati anche i vaccini contro pneumococco e meningococco e contro la varicella insieme a parotite, morbillo e rosolia.

     
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    Malattie esantematiche, quinta e sesta malattia

    sesta-malattia

    Il piccolo ha la febbre ed è ricoperto da macchioline rosse sul corpo? Potreste essere alle prese con la “vostra” prima malattia esantematica. Per stabilirlo con certezza ovviamente dovrete chiamare il pediatra; intanto però, tanto per non farvi trovare impreparate, vi sarà utile avere qualche informazione in più su due delle malattie esantematiche che più comunemente colpiscono i bambini: la Quinta e la Sesta Malattia.
    Sesta malattia

    La sesta malattia (Roseola infantum o Esantema critico) è una malattia infettiva che colpisce i bambini fra sei mesi e due anni. A causarla è l’Herpes virus umano di tipo 6 che si trasmette per via aerea attraverso sternuti e tosse. La sesta malattia ha un tempo di incubazione di 9-12 giorni; quindi si manifesta con febbre alta (39-41°), malessere generale, gola arrossata e, a volte, vomito e/o diarrea per 3-4 giorni (Periodo pre-esantematico). E’ al termine del periodo febbrile che fanno la propria comparsa, sul corpo e sul collo, la caratteristiche macchie/papule di colore rosa che raramente si manifestano sul viso e mai su mani e piedi (Periodo esantematico). E’ infettiva nei giorni di febbre alta che precedono l’esantema.
    Quinta malattia
    La quinta malattia (Megaloeritema infettivo) è anch’essa una malattia infettiva (causata dal Parvovirus B19) che colpisce generalmente bambini e ragazzi fra 5 e 15 anni. Ha un tempo di incubazione che può variare da 1 a 20 giorni; esordisce con febbre leggera, naso che cola, mal di testa e con un esantema rosso intenso sulle guance. Da due a quattro giorni dopo l’esantema fa la propria comparsa anche sul resto del corpo (tronco e arti) per dissolversi del tutto dopo 3-4 settimane; durante questo periodo è importante che il bambino non sia esposto al sole e non faccia bagni caldi prolungati. E’ infettiva solo nei giorni che precedono l’esantema per via aerea attraverso tosse e sternuti.
    In entrambi i casi il pediatra prescriverà una terapia esclusivamente diretta ad alleviare sintomi influenzali e malessere generale, sia la Quinta che la Sesta malattia infatti regrediscono senza particolari cure.

     
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    Arriva il nuovo Piano Vaccinale


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    La Gazzetta Ufficiale dello scorso 12 marzo ha finalmente pubblicato il nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2012-2014, dopo anni di attesa. Vediamo quali sono le novità.

    Armonizzare la copertura nelle Regioni

    È importante sottolineare che questo documento non è una "legge", ma soltanto un insieme di indicazioni a cui le varie sanità regionali dovrebbero attenersi. Di fatto, l'autonomia amministrativa ha fatto sì che le Regioni abbiano adottato finora calendari vaccinali diversi e in alcuni casi insufficienti, generando parecchia confusione nelle famiglie. Una disuguaglianza a cui il nuovo PNPV tenta di mettere riparo, invitando le Regioni inadempienti a presentare entro 90 giorni un progetto di "avvicinamento" agli obiettivi minimi.

    Secondo alcuni esperti, un limite del Piano è la mancanza di un programma di vaccinazioni esteso all'età adulta. Come osserva Michele Conversano, presidente della Società Italiana d'Igiene, "mentre la copertura nell'infanzia è eccellente, a mano a mano che si procede verso l'adolescenza e la maturità la prevenzione si riduce a livelli da terzo mondo. Con il risultato che sempre più adulti si ammalano di morbillo o rosolia".

    Il calendario

    Il Piano rimanda al 2015 l'introduzione universale dell'antivaricella, attualmente proposta da Provincia di Bolzano, Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana e Veneto.

    Pur accelerando nella politica di superamento dell'obbligatorietà di vaccinare i bambini (una tendenza in cui Piemonte e Veneto sono all'avanguardia), il PNPV punta a un aumento complessivo della copertura: almeno il 95% dei bimbi per difterite, tetano, pertosse, poliomielite, Haemophilus influenzae, morbillo, parotite, rosolia; e almeno il 90% degli adolescenti per difterite, tetano e pertosse.

    Il nuovo calendario vaccinale è basato strutturalmente sul precedente (2005-2007) per evitare confusioni, ma si è cercato di concentrare il più possibile gli appuntamenti utilizzando sia i vaccini combinati disponibili, sia la somministrazione contemporanea di due vaccini per seduta. Le nuove vaccinazioni sono due: contro lo pneumococco (vaccino antipneumococcico coniugato) e il meningococco (antimeningococcico C coniugato).



    Articolo di Roberto C. Sonaglia Marzo 2012

     
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    La pertosse nei bambini: sintomi, terapia e vaccinazione

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    La pertosse dei bambini è una malattia infettiva, contagiosa, spesso annoverata tra le malattie esantematiche. Vaccinazione, sintomi, cura, antibiotico e durata, ce le spiega il pediatra.

    La pertosse è la malattia infettiva dell'infanzia che ha più definizioni popolari: tosse asinina, tosse canina, tosse convulsiva.
    E' causata da un batterio e quindi non è di origine virale.
    Incubazione: 10 14 giorni.
    Il contagio avviene come per tutte le malattie infettive attraverso le goccioline che vengono emesse con le crisi di tosse.
    Sintomatologia
    L'inizio è subdolo, caratterizzato da un modesto raffreddore, da qualche colpo di tosse che, a detta dei genitori, è prevalentemente notturno. In genere non c'è febbre o raramente una lieve febbricola.
    Il bambino non mostra particolari malesseri se non un modesto calo dell'appetito. Nel giro di una decina di giorni, la tosse si intensifica e comincia ad assumere caratteristiche specifiche.
    Diventa una tosse ad accessi (attacco di tosse accessuale). Gli accessi sono caratterizzati da numerosi colpi di tosse (8 - 10) ripetuti senza che il bambino respiri tra un colpo e l'altro. Questi colpi di tosse diventano sempre più ravvicinati in crescendo fino a far rimanere il bambino senza fiato.
    Nel corso di questi accessi il bambino diventa rosso in viso fino alla cianosi, gli occhi sembrano spinti fuori dalle orbite, la lingua viene protesa in fuori (protrusione della lingua).
    Alla fine della crisi (l’attacco accessuale) vi è quasi sempre l'emissione di mucosità biancastre e filanti (la mamme dicono "vomita catarro"). Dopo questi colpi di tosse e dopo il vomito, il bambino ha una tale fame di aria, che compie un'inspirazione sonora e profonda (il cosiddetto urlo).
    Questa è la descrizione del tipico accesso di pertosse. Esso compare in genere dopo circa 10 giorni dall'inizio della tosse. Con il procedere della malattia, gli accessi si moltiplicano fino a giungere a un numero di 10, 20, 30 nelle 24 ore. Sono diurni e notturni.
    Tra un accesso e l'altro il bambino sta bene. Talvolta può presentare il volto un po' gonfio, specie intorno agli occhi. Quando gli accessi sono molto violenti, possono comparire, sul volto o negli occhi, piccoli punti arrossati che sono espressione di piccole emorragie dovute allo sforzo della tosse.
    Uno degli inconvenienti più fastidiosi, più evidente nei bambini più grandicelli, è il vomito alimentare che segue gli accessi.
    Dopo 2 - 3 settimane il numero degli accessi diminuisce, e anche l'accesso stesso diviene meno intenso, non è più seguito da vomito, le inspirazioni finali non sono più rumorose e stridenti.
    Con il passare dei giorni la sintomatologia si va a mano a mano attenuando. La durata della pertosse non è esattamente determinabile. Infatti, in alcuni casi dopo 5 - 6 settimane il bambino non tossisce più, in altri casi, e sono i più frequenti, il bambino ciclicamente presenta ancora episodi di tosse accessuale.
    Terapia
    Essendo di origine batterica la pertosse può essere curata con gli antibiotici. L'uso degli antibiotici deve essere deciso dal medico. Una terapia adeguata deve essere senza indugio praticata ai bambini al di sotto dell'anno o a bambini che hanno precedenti di malattie polmonari. Nei bambini più grandicelli si può anche evitare la terapia antibiotica.
    Utili, come in tutte le malattie infettive, al solito le vitamine, in particolare la vitamina C. Le mamme chiedono insistentemente medicine che facciano diminuire il numero degli accessi e che consentano al bambino di dormire.
    Non esistono farmaci efficaci che sedano la tosse causata da questa malattia. Quasi sempre gocce, sciroppi, supposte sono inutili. Importante è l'ambiente in cui vive il bambino. Gli ambienti chiusi, fumosi o con aria viziata sono nemici del bambino con pertosse. Appena fatta la diagnosi, il bambino non deve rimanere chiuso in casa.
    Vanno incoraggiate le uscite ed eventualmente il soggiorno in campagna, al mare o in montagna.
    La pertosse non è una malattia pericolosa per i bambini. Richiede solo più attenzione nei neonati e lattanti.
    A differenza delle altre comuni malattie infettive, la pertosse può essere contratta anche dal neonato.
    Per quanto tempo è contagiosa?
    La pertosse è contagiosa per 4 settimane dall'inizio della tosse o, se vogliamo, per 3 settimane dalla comparsa degli accessi veri e propri. Oggi la pertosse per merito della vaccinazione è meno diffusa di un tempo.
    Pertosse bambini vaccinati
    Erroneamente (spesso anche dagli addetti ai lavori) i bambini vaccinati vengono considerati totalmente immuni. Non è così! Il vaccino non protegge totalmente. Infatti alcuni bambini, pur regolarmente vaccinati, contraggono la pertosse in una forma più leggera e quindi, anche più difficile da diagnosticare (ma pur sempre contagiosa).
    La diagnosi in questi casi viene spesso fatta da una madre ben informata, che nonostante il suo bambino sia vaccinato accenna al medico che purtroppo spesso non le dà retta:
    Una tosse persistente senza febbre in un bambino che gode complessivamente di buona salute (mangia, gioca, va a scuola) e che nonostante le cure non migliora, anzi peggiora progressivamente. E' pertosse!
    La vaccinazione, ad ogni modo, assolutamente raccomandata.



    Parotite e orecchioni nei bambini: sintomi, cura, febbre e decorso della malattia

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    Gli orecchioni (o parotite) sono una malattia contagiosa causata da un virus. Ecco i sintomi, la cura e la vaccinazione nei bambini piccoli, in età pediatrica.

    Parotite: sintomi e caratteristiche generali
    Malattia esantematica causata da un virus.
    Incubazione varia da 2 a 4 settimane. Il virus si trasmette attraverso le goccioline di saliva o per mezzo di oggetti contaminati da saliva infetta.
    La malattia può iniziare con generici segni premonitori quali:
    1malessere
    2febbre, qualche volta modesta, altre volte più elevata
    3mal di testa
    4dolori muscolari specie al collo
    5può esserci dolorabilità a masticare e anche a bere, specialmente cibi acidi quali spremute di arance o limoni ecc.
    6dopo 12 - 13 ore (alle volte può accadere anche contemporaneamente) dalla comparsa di questi segni inizia la tipica tumefazione. Questa si manifesta come un rigonfiamento che inizia nella parte sottostante il lobo dell'orecchio per poi diffondersi sia verso la parte del viso al davanti del lobo stesso, cioè verso la mandibola, sia verso la parte posteriore del lobo. La tumefazione può essere presente solo da un lato o da entrambi i lati. Quando è bilaterale, un lato può essere più gonfio dell'altro. Altre volte inizia da un lato e poi passa dall'altra parte (dopo 2 - 3 giorni). Il bambino sembra improvvisamente ingrassato. Le tumefazioni sono dolenti spontaneamente. La pressione aumenta ulteriormente il dolore. Il termine orecchioni deriva dal fatto che il lobo dell'orecchio viene spostato verso l'alto e quindi sembra ingrandirsi.
    Aspetto degli orecchioni e diagnosi
    In realtà, le ghiandole colpite dal virus sono le parotidi. Le parotidi, con altre quattro ghiandole poste al di sotto della lingua e della mandibola, costituiscono le ghiandole salivari (cioè le ghiandole che producono la saliva).
    In alcune forme di orecchioni, anche queste ghiandole possono ingrossarsi dando un aspetto da "gattone" al volto del bambino (in alcune regioni gli orecchioni sono chiamati "gattoni").
    In altri casi possono essere colpite solo le ghiandole sotto la lingua. In questo caso la tumefazione è sottomandibolare e la diagnosi diventa più difficile.
    Orecchioni e febbre
    Le tumefazioni delle ghiandole raggiungono il massimo volume dopo 2 - 3 giorni e regrediscono nel giro di una settimana. Fino a quando è presente la tumefazione ghiandolare può esserci la febbre. Il decorso della parotite in genere è buono senza un grosso malessere per il bambino. Qualche volta può essere presente vomito e mal di testa. In questi casi e opportuno far controllare il bambino dal medico.
    Parotite del bambino vaccinato
    Il vaccino, praticato da molti bambini, non difende totalmente dalla malattia che si presenta in forma attenuata e per questo motivo spesso non viene diagnosticata e viene confusa con una normale linfadenite delle ghiandole del collo, perché "Il bambino è vaccinato". Questo è un errore in cui possono incorrere per superficialità anche alcuni medici. Diffidate da diagnosi di linfadenite se a scuola c'è n'è una epidemia. E’ probabile che siano orecchioni attenuati!
    La vaccinazione è, comunque, assolutamente raccomandata!
    Complicanze
    1Non sono frequenti ma non sono da trascurare. E' sempre preoccupante una ricomparsa della febbre verso la fine della malattia, specie se è accompagnata da altri sintomi come mal di testa e vomito.
    2Una complicazione nel maschio e rappresentata dall'orchite (infiammazione dei testicoli). Essa è praticamente assente nel bambino prima della pubertà mentre può invece colpire l’adolescente pubere (15% - 20% dei casi). Essa compare a malattia praticamente finita, qualche giorno dopo la scomparsa della tumefazione delle ghiandole salivari, manifestandosi con ingrossamento del testicolo (in genere mono-laterale), con dolore e febbre. Il pericolo è dato dal fatto che nel 30% dei casi il testicolo colpito si atrofizza.
    Terapia e cura degli orecchioni
    Non esistono cure specifiche. Vitamine e riposo a letto. L'alimentazione deve essere leggera con pochi grassi e con l'eliminazione e dei succhi di arance e limoni che accentuano il dolore. Dopo 7 giorni dalla scomparsa della tumefazione, il bambino può riprendere la vita normale.
    Per quanto tempo è contagiosa la parotite
    La contagiosità massima della malattia si ha nel periodo che va da 1 giorno prima della comparsa delle tumefazioni a 3 giorni dopo la loro scomparsa.
    Articolo scritto da Prof- Giuseppe Ferrari

     
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    Malattie Quarta, Quinta e Sesta nei bambini: il pediatra ci insegna a riconoscerle

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    A volte, non bastano le foto nè le conoscenze mediche: di fronte alle malattie esantematiche, quarta, quinta e sesta, si può sbagliare diagnosi, scambiandole con allergie ai farmaci o addirittura con intolleranze alimentari. Conoscere bene i sintomi, la febbre, l'esantema e gli esami di sangue e urine ci aiuta a non confondere queste malattie infettive dei bambini.
    Le foto delle malattie infettive dei bambini ci aiutano a individuare, sempre più alfabetizzandoci in campo pediatrico, finanche le malattie esantematiche più "rognosette". Ecco cosa dobbiamo sapere sulla Quarta, la Quinta e la Sesta malattia dei bambini.
    La Quarta Malattia
    Dopo anni di incertezze, oggi viene considerata una forma di scarlattina attenuata. Si presenta con tutte le caratteristiche di una scarlattina leggera ma, potendo causare le stesse complicazioni della scarlattina, deve essere curata nello stesso modo.
    Errori di diagnosi:
    L'errore che si può commettere in caso di Quarta malattia (commesso talvolta anche per la scarlattina) è quello di non diagnosticare la malattia!
    Molto frequente è anche questo tipo di errore: il bambino presenta febbre, la madre somministra un farmaco antifebbrile, il giorno dopo compare l'eruzione ed ecco che erroneamente talvolta viene posta diagnosi di allergia al farmaco.
    Le allergie ai farmaci non sono molto frequenti. Talvolta è una diagnosi comoda e, purtroppo, ben accettata dai genitori.
    A complicare ancor più le diagnosi di malattie infettive ci sono la Quinta e la Sesta malattia (rare ma che vanno tenute presenti).
    Terapia
    Nel dubbio è meglio instaurare una terapia antibiotica e controllare esami di sangue e delle urine.
    La Quinta Malatta o Megaloeritema
    Incubazione: circa 10 giorni
    Sintomi: inizia senza febbre o con lieve rialzo termico.
    L'esantema è caratteristico ed ha un aspetto diverso al volto rispetto agli arti. Al volto è presente un arrossamento diffuso costituito da tante macchie rosse che confluiscono in una macchia unica che interessa le guance e la radice del naso (come una farfalla con le ali posizionate sulle guance).
    Sugli arti invece si manifestano delle macchie distinte, estese (1 - 2 cm di diametro). Qualche volta, anche le natiche possono essere interessate dall'esantema. L'eruzione può durare anche una settimana.
    La malattia è benigna e non richiede cure particolari.
    Errori di diagnosi
    Attenzione a non confonderla con uno "strano morbillo!".
    La Sesta Malattia (malattia virale)
    Colpisce prevalentemente i bambini tra il 6° e il 24° mese di vita.
    Incubazione: 8 giorni
    Sintomi
    L'inizio è caratterizzato da brusco rialzo della temperatura con febbre elevata (39 - 40 gradi) che dura per 3 giorni ed è molto resistente ai farmaci antifebbrili.
    Il bambino si presenta molto irritato, agitato, alterna sonnolenza a insonnia. La mamma in genere dice: "vorrebbe dormire, ma non ci riesce".
    Può essere presente una modesta tosse
    qualche episodio di vomito
    qualche scarica diarroica.
    Dopo tre giorni (e questo temine è tassativo) la febbre scompare e compare un'eruzione di macchie rosse piuttosto piccole di diametro (come quelle della rosolia) prevalentemente localizzate sull'addome.
    Terapia: antipiretici e basta! La malattia è benigna e i problemi sono solo posti dalla incertezza diagnostica, che dura in genere fino alla caduta della febbre ed alla comparsa dell'eruzione.

     
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    Malattie infettive esantematiche nei bambini. Il Morbillo, riconoscerlo e curarlo.


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    Le malattie esantematiche nei bambini presentano varie tipologie si sintomi, macchie, puntini rossi o pustole tipiche. In questo articolo parliamo del Morbillo, del suo esantema, di come riconoscerlo attraverso le foto e di come curarlo.

    Le malattie esantematiche sono un gruppo di malattie tipiche dell'età pediatrica caratterizzate, oltre che da vari altri sintomi, soprattutto da una caratteristica comune: l' esantema. Il termine esantema deriva dal greco e significa fioritura, efflorescenza.
    Morbillo: vaccino e incubazione
    Quasi scomparso in Italia, grazie alla diffusione della vaccinazione. In alcune regioni, per la cattiva abitudine di non vaccinare i bambini, è ancora presente. Mentre nelle regioni in cui la vaccinazione è stata correttamente e tempestivamente eseguita, sta ricomparendo.
    In queste regioni si sta procedendo ad una vaccinazione di richiamo (inizialmente non previsto) da eseguirsi circa dopo 10 anni dalla prima dose. Solo pochi anni fa era la più comune malattia infettiva contagiosa dei bambini.
    Periodo di incubazione fisso di 14 giorni (dal momento del contagio fino alla comparsa dell'eruzione).

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    Sintomatologia Morbillo
    Inizia con la comparsa di febbre piuttosto elevata (38, 39, 40° febbre esterna), che non regredisce e si abbassa, solo temporaneamente, con la somministrazione dei comuni farmaci antifebbrili.
    Quasi contemporaneamente compaiono altri sintomi come scolo siero-mucoso del naso.
    occhi arrossati.
    tosse secca, stizzosa ed insistente.
    Il bambino, in questa fase, è particolarmente sofferente, più di quanto sia rilevabile durante altri episodi febbrili, lamenta mal di gola, male alla bocca e, in particolare, alle gengive, bruciore agli occhi, accusa fastidio alla luce.
    Esplorando la cavità orale, si vede il fondo del palato e l'interno della guance picchiettato da macchie rosse. Le gengive sono arrossate. La lingua è biancastra.
    Dopo 3/5 giorni di questi sintomi, qualche volta in concomitanza con una lieve diminuzione della febbre, inizia l'eruzione.
    L'esantema è caratterizzato dalla presenza sulla cute di
    macchie di colorito rosso vinoso che iniziano dal capo
    dietro alle orecchie
    alle radici dei capelli
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    In 24 ore esse si diffondono al tronco ed, al 3° giorno, raggiungono gli arti inferiori.
    Macchie del Morbillo: caratteristiche
    Le macchie sono lievemente rilevate, di grandezza variabile (1-5 mm), rotondeggianti, ovalari, spesso confluenti (la cute che le separa è di colorito normale), vellutate alla palpazione e danno, al bambino, l'aspetto di "pelle di leopardo".
    Quando le macchie hanno raggiunto i piedi, la febbre tende a scomparire e anche l'eruzione comincia a impallidire, iniziando la regressione la dove era incominciata, cioè dal volto.
    Nel giro di 2 - 3 giorni l'esantema si attenua molto, lasciando qualche volta una lieve desquamazione.
    Qualche volta è possibile intravedere sotto pelle, anche per più di una settimana, le macchie, questo accade quando l'eruzione è stata particolarmente violenta e ha assunto l'aspetto di vere e proprie ecchimosi diffuse (morbillo ecchimotico).
    Morbillo bambini: convalescenza
    Con la scomparsa della febbre e la remissione dell'eruzione, il morbillo entra nella fase della convalescenza.
    Tutti i fenomeni: muco al naso, tosse, bruciore agli occhi ecc. si attenuano rapidamente. Con la scomparsa dell'esantema anche la tosse da stizzosa diventa catarrale e quindi meno fastidiosa.
    Ricompare l'appetito (che diventa rapidamente un buon appetito) e il bambino, praticamente, può essere ritenuto guarito.
    Morbillo e complicanze
    Un tempo il morbillo non veniva considerato una malattia grave, dal momento che si diceva: "tutti prima o poi lo fanno". In realtà sono pericolose le complicanze.
    Non tanto l'otite, la laringite, la bronchite ed anche la polmonite (malattie che si possono curare con una adeguata terapia e che guariscono bene) ma la ben più temibile encefalite post morbillosa che non sempre risponde in modo soddisfacente alla terapia.
    La persistenza o la ricomparsa della febbre ad eruzione scomparsa sono un segno di complicazioni in atto. Rivolgersi subito al medico.
    Morbillo bambini: cura, terapia, cibi
    Terapia antifebbrili
    eventuali sedativi della tosse (se molto fastidiosa)
    Vitamine
    Gli antibiotici non hanno nessuna efficacia quindi non sono da usare. Essi sono utili in caso di alcune complicazioni (polmoniti, otiti, laringiti). Prescrivere gli antibiotici a scopo preventivo è una cattiva abitudine. Gli antibiotici devono essere prescritti a scopo preventivo solo a quei bambini "a rischio" (bambini che soffrono di frequenti bronchiti, tonsilliti gravi, otiti)
    L'alimentazione deve essere leggera e ricca di liquidi.
    Morbillo bambini: asilo e scuola
    Dopo quanto tempo il bambino può essere considerato guarito e può ritornare in comunità?
    Il bambino può tornare alla vita normale dopo 7 giorni dalla scomparsa della eruzione.
    Schematizzando, il Morbillo presenta:
    3 - 5 giorni di febbre
    3 - 4 giorni di eruzione
    7 giorni di convalescenza
    In tutto, da 13 a 16 giorni di malattia
    Per quanto tempo il morbillo è contagioso?
    Il bambino è contagioso da 3 giorni prima della comparsa della febbre fino a circa 5 giorni dopo la comparsa dell'eruzione.
    Il contagio avviene attraverso le goccioline di saliva che vengono emesse con i colpi di tosse.
    Il contagio in genere avviene in modo diretto: Bambino con morbillo che viene a contatto con bambino sano.
    Molto più raramente la trasmissione della malattia può verificarsi anche per diffusione del virus in un ambiente chiuso in cui ha soggiornato, e tossito, un bambino ammalato di morbillo.
    Se nello stesso ambiente capita, dopo poco tempo, un bambino sano il contagio può avvenire. E questa una molto probabile modalità di trasmissione della malattia in quei casi in cui la madre non riesce assolutamente a identificare la fonte del contagio e in cui capita che affermi: "Il bambino sta sempre con me. Non è mai a contatto con nessun altro bambino!".
    Può essere che il luogo incriminato sia l'ascensore o qualche negozio o, addirittura, l'ambulatorio del medico!
    Da che età i bambini possono ammalarsi di morbillo?
    Se la mamma ha fatto il morbillo, trasmette i suoi anticorpi al bambino attraverso la placenta (non attraverso il latte). Ne deriva una protezione che dura circa 5 - 7 mesi, raramente un anno.
    Quindi nei primi 6 mesi circa di vita i bambini sono immuni dal morbillo.
    Vaccinazione Raccomandata!

     
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    Scarlattina bambini: sintomi, incubazione e antibiotico

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    La scarlattina è una delle malattie esantematiche, contagiose dei bambini più frequenti dopo morbillo e varicella. Vediamo come si cura, quali antibiotici, che periodo d'incubazione e quali sintomi tenere sotto controllo con le foto della sua eruzione.

    La Scarlattina

    E' causata da un germe che si chiama streptococco. E' l'unica malattia esantematica causata da un germe e non da un virus.
    Incubazione
    Il periodo di incubazione è breve: 3 - 6 giorni.
    Sintomi
    L'inizio della malattia è caratterizzato da un brusco rialzo della febbre (39 – 40°) accompagnato da:
    malessere generale,
    mal di testa,
    intenso dolore alla gola e spesso vomito.
    Nello spazio massimo di 36 ore compare l'eruzione (esantema scarlattinoso) che inizia alle ascelle e all’inguine e si diffonde verso il tronco e verso gli arti, con un caratteristico comportamento al volto dove viene risparmiata, e rimane quindi la cute normale, una zona triangolare corrispondente al naso e alla bocca.
    L'esantema è rappresentato da piccolissimi rilievi, quasi tutti uguali, fittissimi, con la cute interposta fra un elemento e l’altro anch’essa arrossata.
    Le piccole macchie sono quasi puntiformi e, passando una mano, si ha una sensazione simile a quella che si ha quando si sfiora la cute con orripilazione (pelle d'oca).
    L'eruzione scompare dopo 2 4 giorni e la pelle tende a desquamare con lamelle che sono più piccole al tronco e più grandi ai piedi e alle mani.
    Caratteristica della scarlattina è aspetto della lingua che nella fase iniziale, è biancastra per poi diventare, una volta scomparsa la patina, arrossata con un aspetto caratteristico delle papille (lingua a lampone).
    La gola è molto arrossata. Anche le tonsille sono arrossate, qualche volta ricoperte da una piccola patina biancastra.
    Terapia
    Antibiotici specifici, la cui somministrazione deve iniziare subito e deve essere protratta per molti giorni (10 giorni).
    Utile anche le vitamine, specialmente vitamina C.
    Il bambino deve essere tenuto a riposo, possibilmente a letto, per almeno una settimana.
    Complicanze e contagio della scarlattina
    La scarlattina è una malattia temibile per le complicanze, ma solo se non viene curata bene.
    Le complicazioni più comuni e gravi sono la nefrite e la malattia reumatica con interessamento del cuore.
    L'uso tempestivo degli antibiotici ha reso meno preoccupante l’evoluzione della malattia.
    Per quanto tempo è contagiosa?
    Se curata, il periodo di contagiosità va dalla comparsa della febbre fino a 3 giorni dopo l'inizio della cura antibiotica.
    Quali controlli da fare?
    Esami di sangue specifici per lo streptococco,
    Un tampone faringeo. Non sono indispensabili, ma utili per confermare la diagnosi.
    Consiglio inoltre di eseguire un esame delle urine subito ed altri ogni settimana per almeno 4/6 settimane.

     
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    SIDS, i consigli per prevenire la “morte in culla”
    È un evento raro, ma è importante conoscerlo per ridurre il rischio che si verifichi.

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    È qualcosa che fa paura, ma di cui è bene parlare perché, con alcuni semplici accorgimenti, si può ridurre il rischio che questo evento terribile si verifichi. Stiamo parlando della Sindrome della morte improvvisa del lattante (Sudden Infant Death Syndrome), più nota come SIDS o “morte in culla”. Con un’incidenza che oscilla tra lo 0,7 e l’1 per mille, nei paesi industrializzati rappresenta la prima causa di decesso nel primo anno di vita e, nel 90% dei casi, interessa bimbi con meno di sei mesi. Benché le caratteristiche biologiche e genetiche legate alla sindrome non siano ancora del tutto chiare, lunghi anni di ricerca hanno permesso di evidenziare alcuni fattori di rischio e i comportamenti da adottare per diminuire il pericolo che la SIDS si presenti.

    A nanna, sempre supino
    La prima regola d’oro, che ha già portato a una drastica riduzione dei casi di SIDS, riguarda la posizione in cui il neonato fa la nanna.

    Il bambino deve essere sempre messo a dormire in posizione supina, ovvero sdraiato sulla schiena. No, quindi, alla nanna a pancia in giù oppure sul fianco.
    Altre indicazioni riguardano le caratteristiche della culla e/o del lettino: il materasso deve essere della misura esatta della culla/lettino e non eccessivamente soffice. No al cuscino.
    Il bambino deve essere sistemato con i piedi che toccano il fondo della culla o del lettino (in modo che non possa scivolare sotto le coperte), lenzuola e copertine devono essere ben rimboccate sotto il materasso. Sono sconsigliate lenzuola di tessuti gommosi o plastificati, che impediscono una corretta aerazione e provocano surriscaldamento.
    Nella culla e/o nel lettino non dovrebbero esserci oggetti soffici quali cuscini, trapunte, piumini d’oca, paracolpi o giocattoli di peluche. Meglio evitare, infine, di sistemare il piccolo a dormire su divani, trapunte, cuscini imbottiti.
    In cameretta, attente al calore eccessivo
    Spesso si teme che il piccino prenda freddo… In realtà, l’altra regola d’oro per ridurre il rischio di SIDS è proprio quella di non coprire troppo il bebè.

    Mentre dorme, è importante non eccedere con abiti pesanti e coperte.
    L’ambiente dove il bambino fa la nanna non deve mai essere eccessivamente caldo: la temperatura dovrebbe essere mantenuta intorno ai 18-20 gradi. Se il piccolo ha la febbre può aver bisogno di essere coperto di meno, mai di più.
    No al fumo, prima e dopo la nascita
    L’associazione tra fumo di sigaretta e SIDS è ampiamente provata da numerosi studi, tanto da far ritenere che questa pratica aumenti di 3-4 volte il rischio della Sindrome. L’esposizione in utero, ovvero il fatto che la donna fumi nell’attesa, risulta particolarmente pericolosa per il bambino. Gli studi hanno evidenziato anche una correlazione tra il numero di sigarette consumate dalla futura mamma e l’aumento del rischio. Da abolire anche l’esposizione al fumo passivo dopo la nascita: gli adulti non devono fumare in casa e/o nell’auto dove viaggia il piccolo.

    Il latte materno lo tutela
    Degli studi hanno dimostrato l’azione protettiva dell’allattamento materno: per i piccoli allattati al seno il rischio di SIDS è inferiore del 50%. Per questo, si raccomanda di includere l’allattamento tra le indicazioni destinate alla popolazione per ridurre il pericolo della Sindrome.
    Tra le ipotesi che cercano di spiegare le cause di questa diminuzione del rischio c’è quella secondo cui il sonno del bambino nutrito al seno è più leggero, per cui il piccolo si risveglia più spesso e più facilmente, senza cadere in un sonno profondo, che è lo stato in cui si verifica la SIDS.

    Un aiuto dal ciuccio, ma a certe condizioni
    L’uso del succhiotto può avere un effetto protettivo, ma va proposto dopo il primo mese di vita per evitare possibili interferenze con il buon avvio dell’allattamento al seno. Se si decide di utilizzarlo, si dovranno inoltre osservare alcune precauzioni, come quella di tenerlo sempre ben pulito ed evitare di immergerlo in sostanze edulcoranti. Infine, per evitare problemi a livello ortodontico, sarà bene cercare di sospenderne l’uso intorno al primo anno di vita.
    E se il bimbo non gradisce il ciuccio? O, ancora, se l’allattamento lascia poco “spazio” all’uso del ciuccio poiché, ad esempio, il bebè si addormenta poppando? Non è il caso di insistere o di forzare il piccolo, così come non è necessario reintrodurlo in bocca ai bambini che lo “perdono” durante il sonno.

    Nella culla accanto al letto dei genitori
    Un’altra raccomandazione che riguarda le consuetudini della famiglia è quello del luogo in cui far dormire il neonato: ovvero la sua culla, collocata nella camera dei genitori. Il suggerimento di evitare il sonno condiviso, è bene precisare, riguarda i primi tre mesi di vita del bambino, non tutto il primo anno. Precisazione non indifferente, se si considera che attualmente il “bed-sharing” in Italia, come del resto anche negli USA, è un fenomeno in continuo aumento e che studi sempre più numerosi evidenziano i benefici, a livello psico-fisico, del continuo contatto con il corpo materno (termoregolazione, regolazione glicemica, successo dell’allattamento al seno, formazione del legame di attaccamento madre-bambino).
    In realtà, le evidenze scientifiche finora disponibili ci dicono che il rischio di SIDS aumenta se il bebè che dorme nel letto dei genitori ha meno di 13 settimane di vita. Dopo il terzo mese, nel lattante più grandicello il sonno condiviso è da evitare solo in presenza di specifici fattori di rischio, ovvero fumo materno (anche in gravidanza), estrema stanchezza, consumo di alcol o sostanza stupefacenti da parte dei genitori (che ne riducono la capacità di vigilanza), consuetudine di dormire insieme su superfici non sicure come divani, sofà, letti ad acqua.
    In caso di sonno condiviso bisognerebbe adeguare il letto dei genitori alle norme di sicurezza già note per i bambini (materasso rigido, assenza del cuscino e così via). Inoltre, nel lettone non dovranno dormire altre persone a parte, appunto, i genitori e il bimbo.

    fonte:dolceattesa.rcs.it/

     
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    Varicella: sintomi e cura nei bambini


    La varicella è una delle malattie esantematiche dei bambini. I sintomi della varicella sono vescicole, prurito e febbre. E' causata dal virus Varicella-Zoster.


    a cura di: Dott. Guido Vertua (pediatra)


    La varicella è una delle principali malattie esantematiche dei bambini.

    Qual è la causa della varicella?

    Un virus della famiglia degli Herpes Virus chiamato Varicella Zoster.

    Come si contagia la varicella?

    Attraverso un contatto diretto con la saliva del paziente infetto, oppure con le goccioline respiratorie emesse con la tosse, gli starnuti o anche semplicemente parlando oppure con il contatto con il liquido contenuto nelle caratteristiche vescicole. Può anche essere trasmessa, ma con minore facilità, da un individuo affetto da Herpes Zoster. Il picco di incidenza si verifica nel tardo inverno ed all'inizio della primavera. In genere colpisce bambini tra i 5 e i 10 anni di vita. È una malattia molto contagiosa per cui la maggior parte della popolazione in età adulta è immune.

    Dopo quanto tempo dal contagio si manifestano i sintomi della varicella?

    In genere dopo 14-16 giorni compaiono i primi sintomi ma si possono anche avere casi da 10 a 21 giorni dal contagio.

    Come si riconosce la varicella?

    Inizia con malessere generale e febbre, in genere lieve, ma che può arrivare anche a 39°-40°C.

    varicella


    Dopo alcuni giorni compare la tipica eruzione cutanea (in termine medico esantema), molto pruriginosa, che interessa all'inizio il cuoio capelluto, il viso e il tronco e poi si estende all'addome, ai genitali, alle braccia ed agli arti inferiori. Le manifestazioni cutanee hanno dapprima l’aspetto di macule-papule, in altre parole appaiono come macchioline di colore rosso, lievemente rilevate al tatto, del diametro di 2-3 mm, che nel giro di poche ore si trasformano in vescicole (contenenti liquido chiaro). Queste in alcuni giorni diventano torbide tramutandosi in pustole e, quando si seccano, diventano croste che si staccano spontaneamente senza lasciare cicatrici (tranne nelle forme con sovrainfezione batterica). Le lesioni cutanee si risolvono completamente in circa 10-14 giorni.

    Quali sono le complicazioni della varicella?

    Sovrainfezione batterica (da stafilococco o da streptococco) delle lesioni cutanee, secondaria a grattamento delle vescicole Raramente epatite, encefalite (infezione del sistema nervoso centrale), polmonite, artrite, glomerulonefrite. La varicella è raramente grave nel bambino sano, ad eccezione dei bambini molto piccoli e in quelli che presentano una grave immunodepressione.

    Per quanto tempo il bambino affetto da varicella è contagioso?

    Da 1-2 giorni prima dell’inizio delle manifestazioni cutanee fino a quando le lesioni sono tutte ricoperte da croste (6-9 giorni).

    Come si cura la varicella?

    Nel bambino sano è solitamente una malattia autolimitantesi e la terapia è solo di supporto. Si somministrano antifebbrili (escludendo quelli a base di acido acetilsalicilico come l'aspirina, che possono provocare gravi reazioni nel paziente) e antistaminici per il prurito. È consigliabile tenere corte e pulite le unghie del piccolo per evitare che infetti le vescicole grattandosi. Esiste un farmaco specifico per la varicella, chiamato Aciclovir, che, somministrato per bocca entro 24 ore dalla comparsa delle prime manifestazioni cutanee, provoca una diminuzione della durata e dell'entità della febbre, e del numero e della durata degli elementi cutanei. Il suo uso non è raccomandato nel bambino sano, ma può essere preso in considerazione nei bambini maggiormente a rischio di complicazioni come quelli di oltre 12 anni di età, o con malattie respiratorie e cutanee croniche gravi o nei casi secondari che avvengono in famiglia (e che di solito hanno un decorso più grave).

    Come si previene la varicella?

    Con il vaccino anti-varicella, che in genere viene somministrato in un'unica dose sotto i 13 anni di vita e in due somministrazioni sopra tale età. La vaccinazione è indicata nella prima infanzia, nei bambini più grandi e negli adolescenti ancora suscettibili, che non hanno cioè contratto la malattia.

    Quanto tempo si deve stare assenti da scuola in caso di varicella?

    La legge italiana prevede la riammissione a scuola dopo 7 giorni dalla comparsa delle prime manifestazioni cutanee.

    Lo sapevate che ...?

    Una volta contratta la varicella, il virus rimane per tutta la vita nel nostro organismo, annidato nei gangli delle radici dei nervi spinali, pur senza dare sintomi (si dice, in questo caso, che rimane latente). Può accadere che, soprattutto negli adulti e negli anziani, in corrispondenza di situazioni stressanti o di immunodepressione transitoria, il virus si riattivi, causando lesioni cutanee che prendono il nome di Herpes Zoster o "fuoco di Sant'Antonio" e che sono costituite da grappoli di vescicole spesso dolorosi, localizzati lungo il decorso di un nervo sensitivo

    www.mammaepapa.it/

     
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    Vitamina K: perché si somministra ai neonati

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    La vitamina K viene somministrata di routine ai bambini appena nati al fine di prevenire la malattia emorragica del neonato, patologia innescata da bassi livelli plasmatici dei fattori della coagulazione vitamina K dipendenti (principalmente Fattore II, VII, IX e X).


    Al momento della nascita, la concentrazione plasmatica di tali fattori si attesta infatti attorno al 30-60% di quella degli adulti, mentre livelli ottimali vengono raggiunti verso la sesta/settimana di vita. Scongiurando il pericolo di un ulteriore abbassamento, la dose di vitamina K che viene somministrata appena dopo la nascita risulta dunque efficace nel prevenirne il manifestarsi di HDN (malattia emorragica del neonato), anche conosciuta come “emorragia da deficienza di vitamina K”.

    Si tratta di una patologia relativamente rara, ma molto pericolosa, che provoca imprevedibili emorragie associate ad un tempo di protrombina allungato, in presenza di normale livello di fibrinogeno e una normale conta piastrinica. Si parla generalmente di HDN precoce se questa insorge entro 24 ore dalla nascita (condizione che tuttavia non può essere prevenuta dalla profilassi postnatale di vitamina K); HDN classica se insorge dal primo al settimo giorno di vita, con emorragie solitamente localizzate a livello gastrointestinale, cutaneo e nasale; oppure di HDN tardiva, se insorge fra la seconda e la dodicesima settimana di vita, manifestandosi prevalentemente in neonati allattati al seno con diarrea protratta o affetti da patologie che determinano malassorbimento.

    La profilassi, oggi praticata in varie parte del mondo, può avvenire per via orale o iniezione intramuscolare. Per quanto riguarda invece la possibilità di proseguire l’integrazione di vitamina K anche una volta dimessi dall’ospedale, esistono differenti scuole di pensiero: negli U.S.A., ad esempio, non vengono consigliate ulteriori somministrazioni, mentre in Olanda, Giappone e Germania è raccomandata la continuazione della profilassi, in quanto il latte materno (a differenza di quello artificiale o vaccino) è molto povero di Vitamina K. Per quanto riguarda infine l’Italia, sono numerosi gli ospedali che, a seguito della somministrazione perinatale, consigliano di continuare la profilassi somministrando 2 gocce di Koniakon, una volta alla settimana, per circa un mese e mezzo dopo la nascita.

    http://salute.leonardo.it/

     
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    Come trattare il prurito delle bolle della varicella


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    Le bolle della varicella sono estremamente pruriginose. E’ difficile per un bambino trattenersi dal farlo, ma è necessario, altrimenti potrebbero romperle, diffondere l’infezione e lasciare delle cicatrici sulla pelle. Che fare? Come aiutarli ad evitare di grattarsi?

    L’eruzione cutanea che si sviluppa con la varicella può essere molto fastidiosa, specie se si sviluppa in aree sensibili. Per contribuire ad alleviare il prurito e lenire le macchie, è possibile utilizzare un antistaminico come la clorfenamina (per i bambini di almeno un anno di età) o creme e lozioni a base di calamina (un preparato galenico lenitivo ed antipruriginoso). Applicazioni di acqua fresca contribuiscono anche allo scopo. Nel bagno paricolarmente efficace e rinfrescante è la farina d’avena, in polvere o olio, acquistabile in farmacia o in erboristeria, ed oggi anche nei supermercati. Dopo il bagno la pelle va asciugata tamponando e non strofinando. L’applicazione di crema alla calamina può essere fatta dopo il bagno.

    fonte;http://www.comefaretutto.com/

     
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    Malattie esantematiche: come riconoscerle e curarle


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    Quali sono i sintomi che possono segnalare una malattia esatematica? E cosa fare?

    di Serena Allevi


    La polemica attorno alla necessità dei vaccini obbligatori prende sempre più piede e, purtroppo, distoglie l'attenzione dal progresso scientifico e dagli sforzi maturati in decenni di ricerca per debellare malattie dalle complicazioni anche gravi e per migliorare la qualità e lo stato della salute pubblica.

    Le malattie esantematiche (malattie infettive caratteristiche dell'infanzia) tornano, purtroppo, a fare capolino nelle scuole e nelle case italiane. Dall'aumento dei casi di morbillo fino alla ricomparsa di malattie che credevamo debellate. Vediamo insieme come si riconosce una malattia di tipo esantematico e cosa fare. Anche se la prima cosa da fare è affidarsi alla medicina e alla scienza, sfruttando l'opportunità del vaccino.


    L'esantema
    Tra le malattie infettive che tornano a colpire i bambini, e anche gli adulti, troviamo soprattutto morbillo, varicella e rosolia. La caratteristica comune di queste malattie è, appunto, la comparsa di un esantema.

    L'esantema è un'eruzione cutanea che si presenta in forme diverse e in zone del corpo differenti, a seconda del tipo di malattia. Per esempio, la varicella è caratterizzata da vescicole, il morbillo da macchie rosse e piatte e la rosolia da macchie inizialmente simili a quelle del morbillo ma che poi "confluiscono" in un unico esantema.

    Ma non esistono soltanto queste tre patologie infettive: nella prima infanzia, infatti, sono diffuse anche la sesta malattia, la mani-piedi-bocca e la scarlattina. Per queste ultime tre, non esiste un vaccino.

    Altri sintomi
    Oltre alla comparsa dell'esantema, i sintomi delle malattie esantematiche prevedono anche febbre e segnali diversi a seconda del tipo di virus o di batterio (nel caso della scarlattina). La febbre è una delle caratteristiche più comuni e frequenti, spesso accompagnata da spossatezza, dolori articolari, mal di gole, fotofobia.

    Nello specifico, il morbillo inizia proprio con febbre molto alta, infiammazione e dolore alla gola, raffreddore e congiuntivite con fotofobia. Solo dopo un paio di giorni, di norma, compare l'esantema. La rosolia, invece, ha un esantema simile a quello del morbillo ma con evoluzione diversa (le macchie sbiadiscono), febbre non alta e linfonodi ingrossati. La varicella è caratterizzata dalle specifiche vescicole che si riconoscono sia per l'aspetto (sono piene di pus), sia per il prurito anche molto forte che provocano.

    Al primo dubbio, quindi, è d'obbligo un controllo tempestivo dal pediatra per individuare con certezza il tipo di agente infettivo e stabilire un'eventuale terapia.

    Cure
    Le malattie esantematiche sono quasi tutte provocate da un virus, dunque di norma non prevedono terapie antibiotiche. Con eccezione della scarlattina che, invece, è causata da un'infezione batterica e richiede trattamento antibiotico specifico. Non è raro, però, che alla malattia esantematca si sovrapponga poi un'infezione batterica. Dunque, spesso viene prescritta anche una terapia antibiotica (che agisce sulla sovrainfezione batterica e non sul virus).

    Le altre terapie riguardano il trattamento della sintomatologia e prevedono antipiretici, antinfiammatori e, nel caso della varicella, antistaminici se il prurito diventa insopportabile.

    Complicazioni

    Il "problema" delle malattie esantematiche non è tanto il decorso normale della patologia, quanto l'eventuale comparsa di complicazioni. Quest'ultime, infatti, possono essere anche molto gravi. Quasi il 6% dei bambini affetti da morbillo, per fare un esempio, sviluppa poi una polmonite e in un caso su mille, può verificarsi anche encefalite (gravissima infiammazione del cervello).

    Anche la rosolia, se contratta in gravidanza (dunque se non si è avuta la malattia durante l'infanzia o l'adolescenza oppure non ci si è vaccinate) può causare gravissimi danni al feto.

    L'unico strumento disponibile per evitare di correre questi rischi resta il vaccino. E l'unica difesa possibile per chi non può vaccinarsi, per esempio i bambini immunodepressi, resta una comunità vaccinata.

    fonte:http://www.donnamoderna.com

     
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    Dermatite atopica dei bambini, come affrontarla


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    Particolarmente frequente nei bambini, la dermatite atopica è una malattia della pelle infiammatoria non contagiosa, ma purtroppo molto fastidiosa. Sembra che nel corso degli ultimi anni si sia continuata a diffondere ulteriormente sopratutto fai bambini di età compresa fra 2 e i 5 anni andando poi ad alternare momenti acuti e di remissione.

    Se è vero che con il sole la situazione sembra migliorare, è anche vero che è necessario prestare una certa attenzione durante tutto l’anno: in ogni caso è bene agire contro la dermatite atopica andando a prevenire disturbi della pelle con la dermatite, vale a dire il prurito, l’eczema, la secchezza diffusa che possono comparire su mani e viso, ma anche gambe e ginocchia in base all’età.

    Mai abbandonare gli emollienti e le creme visto che nei bambini con la dermatite sono necessari per contestare la secchezza cutanea e ripristinare la barriera cutanea.

    Particolare attenzione deve essere poi posta anche all’igiene: la cute deve sempre essere detersa con detergenti specifici con o senza antisettici e un ph che sia compreso intorno a 6 senza dimenticare che i bagni devono essere brevi.

    Particolare attenzione deve anche essere posta all’alimentazione: in inverno si tende a privilegiare una dieta ricca di carboidrati e di grassi e magari anche di bibite zuccherate, ma è anche vero si tratta di alimenti che incidono negativamente sulla malattia. Meglio scegliere invece frutta e verdura e fare il pieno di vitamine, minerali, pesce, grassi di origine vegetale, ma anche fibre e cereali senza dimenticare l’acqua il suo apporto deve essere sempre considerevole.

    /www.tuttomamma.com

     
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