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breve riassunto-omero l'iliade e la contesa fra agamennone e achille

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    omero l'iliade e la contesa fra agamennone e achille

    Omero è il nome del poeta designato fin dall'Antichità come autore dell'Iliade e dell'Odissea, antenato o più semplicemente fondatore della gilda rapsodica degli Omeridi, a cui si riferisce Platone ne La Repubblica, (X, 599 e - 600 b) come ad esperti con i quali si potrebbe discutere del valore morale della paideia omerica. Il nome di Omeridi può essere inteso sia come un gentilizio, anche se l'intera scuola non può identificarsi con un solo genos, sia come un appellativo professionale. Nel primo caso si tende a sostenere anche la realtà storica del poeta Omero, nel secondo, viceversa, ad escluderla. Ignote restano le vicende della sua vita. Ma tra i biografemi più significativi che lo riguardano, ne ricordiamo uno, tramandato da Eraclito e da Aristotele - che rimanda al carattere sapienziale e agonistico di ogni poesia - secondo cui Omero sarebbe morto di dolore per non aver saputo sciogliere un enigma; e un altro, che dobbiamo ad Isocrate, sull'ispirazione dei poemi: «Secondo gli Omeridi, Elena apparve in sogno a Omero e gli ordinò di cantare gli eroi della guerra troiana»: infatti l'epos omerico trae la sua origine dai più antichi canti eroici, che consistono nella descrizione di tenzoni singolari o aristiai. Su questa base è più facile intendere il taglio dell'Iliade, che non finisce con la morte di Achille ma con la sua vittoria su Ettore.
    Per quanto riguarda l'Iliade e l'Odissea, la maggioranza degli studiosi ammette oggi che si tratta di opere unitarie sia dal punto di vista stilistico che narratologico. Sull'epoca in cui sono state scritte la discussione è aperta: secondo alcuni la loro composizione e redazione scritta sono prossime, se non coincidenti, e vanno collocate tra il IX e l'VIII secolo; secondo altri sono state tramandate oralmente fino al VI sec. cioè fino alla loro pubblicazione per volontà di Pisistrato, tiranno di Atene. L'Odissea comunque è con ogni probabilità successiva all'Iliade: segni di un'età più recente sono la decadenza della monarchia di fronte all'aristocrazia e l'importanza politica dell'assemblea. Per quanto riguarda l'elemento linguistico, si può parlare di una lingua comune ai due poemi, consistente in una mescolanza dei dialetti eolico e ionico, senza riscontro nell'uso corrente, che dev'essere considerata, quindi come frutto di una specifica tradizione poetica.


    L'Iliade è - insieme all'Odissea - un poema epico attribuito ad Omero. Si compone di ventiquattro libri o canti, ognuno dei quali è indicato con una lettera dell'alfabeto greco maiuscolo. In totale sono 15.693 versi, (esametri dattilici). Opera ciclopica e complessa, è un caposaldo della (letteratura greca). Narra le vicende di un breve episodio della storia della guerra di *****, quello dell'ira dell'eroe Achille, accaduto nell'ultimo dei dieci anni di guerra. L'ira di Achille è l'argomento portante del poema.



    parafrasi della contesa tra Agamennone & Achille..:

    Detto questo Calcante, si sedette; quindi fra loro si alzò il potente Agamennone, figlio di Atreo, infuriato; i precordi erano pieni d’ira, e gli occhi sembravano lampeggiare di fuoco; gridò, guardando male Calcante:
    - Indovino del male, non dici mai buoni auguri per me, il cuore ti suggerisce sempre dei mali, non dici mai buona parola, non la porti mai a compimento! E adesso che sei fra i Greci profetizzi che per questo motivo Apollo dà loro delle disgrazie, perché io non ho voluto accettare il riscatto della giovane Criseide: desidero tanto averla in casa, la preferisco a Climnestra, anche se sposa legittima, perché non la supera in niente, non di corpo, non di aspetto, non di mente, non di opere.
    Ma acconsento di renderla anche così, se è meglio; voglio un esercito sano, e che non soccomba. Però preparatemi subito un dono; in modo che non resti solo io privo di doni fra i Greci, non è equo.
    Quindi guardate quale altro dono mi deve toccare.
    Allora intervenne Achille, dal piede veloce:
    -Gloriosissimo figlio di Atreo, avidissimo più di tutti, in che modo ti daranno un dono i magnanimi Greci? Da nessuna parte vediamo un ricco tesoro comune; quelli delle città bruciate sono stati divisi. I guerrieri non possono rimetterli in comune. Quindi, ora, dai al dio la giovane Criseide; poi noi ti daremo un compenso tre o quattro volte maggiore, se Zeus vorrà darci di abbattere ***** dalle mura fortificate.
    Ma Agamennone rispose, ricambiandolo:
    -Per quanto tu valga, Achille pari agli dei, non nascondere ciò che pensi veramente, perché non mi sfuggi né puoi persuadermi. Così pretendi – e intanto la tua parte ce l’hai – che me ne lasci privare in questo modo, facendomela rendere? Ma se i Greci dal grande animo mi daranno un dono, adattandolo al mio desiderio, che compensi la perdita, sta bene; se non sarà così, io verrò a prendere il tuo, o dono di Aiace, o quello di Odisseo.
    Ma via, queste cose potremo trattare anche dopo:
    ora spingiamo nel mare divino una nave nera di catrame,
    raccogliamo rematori in numero giusto, imbarchiamo qui il sacrificio di cento buoi, facciamo salire la figlia di Crise, guancia graziosa; la guìdi uno dei capi consiglieri,
    o Aiace, o Idomeneo, oppure Odisseo luminoso, o anche tu, Achille, il più tremendo di tutti gli eroi, che tu ci renda amichevole Apollo, compiendo il rito.
    Ma guardandolo minaccioso Achille dal piede rapido disse:
    - Ah vestito di spavalderia, avido di guadagno, come può volentieri obbedirte un greco, o marciando o battendosi contro guerrieri con forza? Davvero io sono venuto
    a combattere qui non per i Troiani bellicosi, non sono colpevoli contro di me: mai le mie vacche o i cavalli hanno rapito, mai hanno distrutto il raccolto a Ftia dai bei campi, in cui nascono e crescono eroi, poiché molti e molti nel mezzo ci sono monti ombrosi e il mare potente.
    Ma seguimmo te, o del tutto sfacciato, perché tu gioissi, cercando soddisfazione per Menelao, per te, brutto cane, da parte dei Troiani, e tu non pensi a questo, non ti preoccupi, anzi, minacci che verrai a togliermi il dono per il quale ho sudato molto, che i figli dei Greci me l’hanno dato. Però non ricevo un dono pari a te, quando i Greci gettano a terra un villaggio ben popolato dei Troiani; ma le mani mie governano il più della guerra tumultuosa; se poi si venga alle parti,
    a te spetta il dono più grosso. Io, dopo che peno a combattere, mi porto indietro alle navi un dono piccolo e caro. Ma ora andrò a Ftia, perché è molto meglio
    andarsene in patria sopra le concave navi. Io non intendo raccogliere beni e ricchezze per te, restando qui umiliato.
    Allora lo ricambiò Agamennone il signore degli eroi:
    - Vattene, se il cuore ti spinge; io non ti pregherò davvero di restare con me, con me ci sono altri che mi faranno onore, soprattutto c’è il saggio Zeus. Ma tu sei il più odioso per me tra i re discepoli di Zeus: ti è sempre cara la contesa, e guerre e battaglie: un dio ti ha dato di essere tanto forte!
    Vattene a casa, con le tue navi, con i tuoi compagni, regna sopra i Mirmìdoni: di te non mi preoccupo, non ti temo adirato; anzi, questo dichiaro: poi che Criseide mi porta via Febo Apollo, io rimanderò lei con la mia nave e con i miei compagni; ma mi prendo Briseide, il tuo dono, dalla guancia graziosa, andando io stesso alla tenda, così che tu sappia quanto sono più forte di te, e tremi anche un altro di parlarmi alla pari, o di mettersi di fronte a me.
    Disse così; ad Achile venne dolore, il suo cuore nel petto peloso fu incerto tra due decisioni da prendere: se, sfilando la spada acuta via dalla coscia, facesse alzare gli altri, ammazzasse l'Atride, o se calmasse l'ira e trattenesse i suoi sentimenti. E mentre questo agitava nell'anima e in cuore e sfilava dal fodero la grande spada, venne Atena dal cielo; l'inviò la dea Era braccio bianco, amando ugualmente di cuore ambedue e avendone cura; gli stette dietro, per la chioma bionda prese il Pelide, a lui solo visibile; degli altri nessuno la vide. Restò senza fiato Achille, si volse, conobbe subito Pallade Atena: terribilmente gli luccicarono gli occhi e volgendosi a lei parlò parole fugaci e veloci:
    - Perché sei venuta, figlia di Zeus che è armato di ègida ,
    forse a veder la violenza d'Agamennone Atride?
    ma io ti dichiaro, e so che questo avrà compimento: per i suoi atti arroganti perderà presto la vita! E gli parlò la dea Atena occhio azzurro:
    - Io sono venuta dal cielo per calmare la tua ira, se tu mi obbedirai: m'inviò la dea Era braccio bianco,
    ch'entrambi ugualmente ama di cuore e si prende cura.
    Su, smetti il litigio, non tirar con la mano la spada:
    ma ingiuria solo con parole, dicendo come sarà:
    così ti dico infatti, e questo avrà compimento: tre volte tanto splendidi doni a te s'offriranno un giorno per questa violenza; trattieniti, dunque, e obbedisci. E disse ricambiandola Achille piede rapido:
    - Bisogna rispettare la vostra parola, o dea,
    anche chi si sente irato; così è meglio,
    chi obbedisce agli dèi, sarà ascoltato anche da loro.
    Così sull'elsa (impugnatura spada rifinita) d'argento trattenne la mano pesante, spinse indietro nel fodero la grande spada, non disobbedì alla parola d'Atena; ella se n'era andata verso l'Olimpo, verso la casa di Zeus egioco, con gli altri dei.
    Di nuovo allora il Pelide con parole ingiuriose investì l'Atride e non trattenne il risentimento.
    - Ubriacone, minaccioso come un cane, ma vile come un cervo, mai vestir corazza con l'esercito in guerra né andare all'agguato coi più forti nemici degli Achei osi andare: questo ti sembra morte.
    E certo è molto più facile nel largo campo degli Achei
    strappare i doni a chi a faccia a faccia ti parla,
    re mangiatore del popolo, perché comandi ai buoni a niente;
    se no davvero, Atride, ora per l'ultima volta

     
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