Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Principali poesie di Giovanni Pascoli, con parafrasi e commento

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  1. Lussy60
     
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    Nido e Fanciullo

    Il fanciullino e il nido per Pascoli

    Fanciullino: Pascoli pubblicò questo saggio nel 1896 e cita <in ogni uomo c'è nascosto un fanciullo capace di commuoversi e sperimentare ogni giorno nuove emozioni. Spesso è condizionato dal mondo degli adulti ma se si risveglia in noi,è capace di far sognare ad occhi aperti facendo scoprire il lato attraente di ogni cosa,volando con la fantasia in mondi incantati>.
    Il fanciullo si emoziona per le piccole-grandi cose,cioè coi che è piccolo e per le altre persone quasi insignificante,per lui è esattamente il contrario,come osservando il filo d'erba.
    La poetica del fanciullino è genuinamente simbolista cioè la parola poetica è carica di soggettività e non esprime il significato che ha quell'oggetto ma in base a cosa si prova o legato a dei ricordi riguardanti questo simbolo.

    E' dentro di noi un fanciullo( dal saggio il Fanciullo) : in questo brano l'autore spiega che a qualsiasi età si è capace di provare ancora quello spirito ingenuo e pieno di entusiasmo di un bambino. Pascoli pero' tende a distinguere due periodi della vita umana :il fanciullo e la maturita' , distinguendo tra quello che non sa ma è capace di emozionarsi e quello che conosce.

    Nido: immagine reale perchè spesso vengono raffigurati gli uccelli,ma è sopratutto una metafora che vuole indicare:
    -casa,luogo dove rifugiarsi dal male
    -famiglia
    -patria, inteso come madre che custodisce i suoi figli(popolo)

    Raccolta Mirycae: pianta di origine spontaena come le sue poesie.
    racconta in particolare della campagna e la famiglia



    - Lavandare
    Testo, commento breve e parafrasi della poesia Lavandare, tratta dalla raccolta pascoliana Myricae.

    Lavandare
    Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
    resta un aratro senza buoi che pare
    dimenticato, tra il vapor leggero.

    E cadenzato dalla gora viene
    lo sciabordare delle lavandare
    con tonfi spessi e lunghe cantilene:

    Il vento soffia e nevica la frasca,
    e tu non torni ancora al tuo paese!
    quando partisti, come son rimasta!
    come l’aratro in mezzo alla maggese.

    Parafrasi
    Nel campo che è per metà arato per metà no
    c’è un aratro senza buoi che sembra
    dimenticato, in mezzo alla nebbia.

    E scandito dalla riva del fiume si sente
    il rumore delle lavandaie che lavano i panni,
    sbattendoli, e lunghe cantilene:

    Il vento soffia e ai rami cadono le foglie,
    e tu non sei ancora tornato!
    da quando sei partito sono rimasta
    come un aratro abbandonato in mezzo al campo

    Commento
    La poesia, composta fra il 1885 e il 1886, fa parte di Myricae, la prima raccolta del poeta che avrà una lunga serie di edizioni. Myricae è il nome delle tamerici, piccoli e modesti arbusti selvatici; Pascoli lo sceglie come titolo per sottolineare i contenuti umili, quotidiani, legati al mondo contadino che caratterizzano le liriche della raccolta. In questa poesia la descrizione del paesaggio autunnale, resa con rapide immagini che suscitano impressioni visive e sonore, sfuma nel malinconico canto delle lavandaie.
    La natura, la giornata autunnale, i colori e i suoni della campagna si trasformano nell'immagine di uno stato d`animo dominato dalla malinconia e dalla pena per gli affetti perduti.
    Il linguaggio e` musicale e ricco di simboli.L struttura metrica e` quella del madrigale: due terzine e una quartina finale di undici sillabe(endecasillabi).



    Divisione metrica della poesia pascoliana e testo della lirica

    Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
    resta un aratro senza buoi che pare
    dimenticato, tra il vapor leggero.
    E cadenzato dalla gora viene
    lo sciabordare delle lavandare
    con tonfi spessi e lunghe cantilene:
    Il vento soffia e nevica la frasca,
    e tu non torni ancora al tuo paese!
    quando partisti, come son rimasta!
    come l’aratro in mezzo alla maggese

    METRICA DELLA POESIA

    Nel/ cam/po mez/zo gri/gio e/ mez/zo ne/ro
    re/sta un/ ara/tro sen/za bu/oi che/ pa/re
    di/men/ti/ca/to, tra/ il/ va/por leg/ge/ro.
    E/ ca/den/za/to dal/la go/ra vie/ne
    lo/ scia/bor/da/re del/le la/van/da/re
    con/ ton/fi spes/si e/ lun/ghe can/ti/le/ne:
    Il/ ven/to sof/fia e/ ne/vi/ca la/ fra/sca,
    e/ tu/ non/ tor/ni an/co/ra al/ tuo/ pae/se!
    quan/do par/ti/sti, co/me son/ ri/ma/sta!
    co/me l’/ara/tro in/ mez/zo al/la mag/ge/se.



    parafrasi della poesia "La Pioggia"

    La Pioggia

    Cantava al buio d’aia in aia il gallo.

    E gracidò nel bosco la cornacchia:
    il sole si mostrava a finestrelle.
    Il sol dorò la nebbia della macchia,
    poi si nascose; e piovve a catinelle.
    Poi tra il cantare delle raganelle
    guizzò sui campi un raggio lungo e giallo.

    Stupìano i rondinotti dell’estate
    di quel sottile scendere di spille:
    era un brusìo con languide sorsate
    e chiazze larghe e picchi a mille a mille;
    poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:
    di stille d’oro in coppe di cristallo

    Parafrasi
    Cantava nel buio di aia in aia il gallo
    e si sentì nel bosco il gracidio della cornacchia:
    il sole si mostrava a finestrelle.
    il sole illuminò la nebbia della vegetazione
    e poi si nascose e cominciò a piovere a catinelle.
    poi tra il cantare delle piccole rane
    arrivò sui campi un raggio lungo e giallo.

    Le rondini d'estate erano stupiti
    da quella pioggia che scendeva sottile come tanti spilli
    era un brusio a deboli scrosci d'acqua
    e pozzanghere molto grandi e poi tante gocce a mille a mille,
    poi si smorza l'acqua in singhiozzi e inizia a cadere più rada:
    come gocce d'oro in coppe di cristallo.

     
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