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I ruoli delle divinità nell'iliade

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    I ruoli delle divinità nell'iliade


    il poema si apre con gli achei atteriti e sull'orlo della sconfitta a causa di una epidemia di peste poiché agamennone prese come prigioniera di guerra la figlia di un sacerdote di apollo Criseide scatenando la furia del dio che mandò una peste al campo acheo.Poi anche se non è una divinità ma un semideo,anche il rifiuti di achille a combattere giacché infuriato con agamennone dato che questi in cambio di criseide prese briseide schiava e concubina di achille e dopo la decisione da parte di achille di non combattere le sorti della guerra cambiarono difatti i troiani stavano per vincere.Un altro ruolo è quello di giove,dopo che achille uccise ettore e priamo re di troglia ne chiese il corpo implorando l'eroe acheo giove ordinò ad achille di cedere il corpole divinità dell'Olimpo determinano con la loro volontà lo svolgimento delle vicende e sono fisicamente presenti nelle azioni di guerra, schierate dall'una o dall'altra parte. gli dei hanno un aspetto antropomorfo e si comportano esattamente come gli uomini, di cui condividono virtù e difetti. l loro decisioni non sono determinate da ragioni superiori, come mortalità e giustizia, ma spesso dal capriccio personale. la stessa guerra di ***** è scaturita dal desiderio di vendetta di ERa, moglie di Zeus, contro Paride in seguito alla famosa gara con Afrodte e Atena.
    se, per l'aspetto e il comportamento, gli dei sono immaginati come una semplice proiezione del mondo mano, essi, d'altro canto, assumono anche un ruolo più importante e problematico. alle divinità i protagonisti assegnano le responsabilità dei propri sentimenti e azioni e di conseguenza dei guai che questi vrenno procurato. per esempio, Elena e Paride incolpano Afrodite della passione ce i ha travolti; Agamennone, quando si concila con Achille, non riconosce la sua responsabilità nella lite, che è stata causa di tanti lutti, ma ne incolpa ZEus. ciò dimostra che, nella mentalità graca antica, gli dei erano il simbolo delle forse irrazionali e inesplicabili che agiscono sull'animo dell'indivudiìuo e annllano la sua volontà autonoma, richiamando dunque la comlessità msteriosa della psiche umana.Sono chiamati “eroi” nell’Iliade a volte tutti i guerrieri, a volte soltanto i più coraggiosi, i capi. In realtà appaiono come “eroi epici” quelli a cui il poeta ha dato la gloria attraverso i suoi canti. Ma questi eroi cantati dagli uomini a causa delle loro imprese sono gli stessi che sono oggetto di una benevolenza divina. La guerra epica non può concepirsi per i greci senza gli dei, ed occorre dunque, per comprendere il senso dell’impresa eroica, misurare il ruolo degli dei nell’azione e la loro solidarietà con il destino.


    Chi sono gli dei di Omero? Non si tratta di dei trascendenti, esterni al mondo: creati da potenze primordiali, non sono né eterni, né onniscienti, né onnipotenti. Gli dei dell’Olimpo formano una società che riproduce o prolunga la società umana con la sua gerarchia. Si distinguono tra loro per la differenza di grado di potere di cui ciascuno dispone, ma anche per gli ambiti diversi dove questa potenza può esercitarsi (il mare, il sottosuolo, le montagne, i boschi etc). Sono inoltre abbastanza diversi per conoscere rivalità.

    Il conflitto tra Achei e Troiani li divide in funzione delle loro affinità con l’uno o l’altro campo, ed anche in funzione dei loro rancori: Atena ed Hera, ad esempio, si schierano logicamente contro il troiano Paride che ha preferito loro Afrodite (nel famoso certame sulla bellezza delle tre dee). Così il combattimento degli uomini segue, nella sua incertezza, l’evoluzione dei dissidi che oppongono gli dei. Poiché “gli dei sono là, a stringere sui due eserciti il nodo della lotta brutale e del combattimento che non salva nessuno, nodo che non si scioglie ma si rompe, e che rompe le ginocchia a centinaia di combattenti”. (Libro XIII). Mai come nel Libro XX, queste “fazioni” appaiono incerte: Apollo ha contribuito alla morte di Patroclo, e Zeus, diviso tra i due eserciti, è questa volta irritato alla vista di Ettore con le armi di Achille. L’assemblea degli dei sembra a questo punto come un sommario delle forze offerte agli uomini prima che il ritorno di Achille dia una svolta decisiva alla battaglia.
    PRO- ACHEI – Poseidone, Atena, Hera, Hermes Efesto
    PRO- TROIANI– Apollo, Ares Afrodite, Artemide, Scamandro
    Gli interventi degli dei nel combattimento degli uomini rivelano questa presenza immanente. L’uomo omerico avverte la presenza degli dei sotto forma di impulsi improvvisi, di impulsi irrazionali, d’ardore guerriero o sotto forma di innamoramento, come anche di terrore o di vergogna. I modi d’intervento sono molteplici: indiretti, sotto forma di presagi, di sogni, il cui scopo è di illuminare gli uomini su ciò che loro accadrà o di comunicare loro la volontà divina; diretti, che costringono gli dei a nascondersi e a svelarsi tramite i loro caratteri particolari (così la mobilità di Atena contrasta con il carattere relativamente sedentario di Apollo). L’intervento degli dei si manifesta anche con i dibattiti innumerevoli che li oppongono sull' Olimpo: così i combattimenti dell’Iliade non si decidono tra uomini che calcolano, combinano, prendono una risoluzione e la effettuano, ma tra gli dei che si occupano senza tregua degli uomini e riescono sempre ad imporre la loro volontà. Gli dei si occupano d’altra parte più delle loro relazioni interne che del destino degli uomini: se li aiutano o li combattono, è spesso per regolare questioni strettamente interne all’ Olimpo (così Zeus scatena spesso la sua furia contro gli Achei perché furioso contro Hera).

    Ci si può chiedere se questi interventi vanno nel senso della giustizia. Zeus non agisce mai da giustiziere né da riparatore di torti. Per gli umani, l’azione degli dei può sembrare assurda o terribile. Ma dire che è immorale va nel senso di una valutazione antropomorfa dell’opera poiché oltre a questa dimensione etica, non si può trascurare la dimensione sacra del mito: il mondo degli dei è posto fuori dal controllo dell’uomo. In quest’ottica, gli dei non sono né morali, né immorali: sono gli dei. Benefici o malefici, ostili o tutelari, incarnano il volto incontrollabile del destino.
    La relazione degli dei col destino merita del resto di essere precisata. Il termine utilizzato nell’ Iliade è quello di “Moira”, che significa la dote assegnata ad ogni uomo, in termini di vita, di felicità e di disgrazia. Si tratta anche del destino attribuito a tutti gli umani: la morte. Ma Moira non è né destino, né predestinazione: limita la libertà umana, non la impedisce. Di più: se la libertà degli dei consiste precisamente nel fatto che accettano decreti del destino che hanno, contrariamente ai mortali, solo il privilegio di conoscere (ma non di contrastare), la libertà degli uomini consiste soltanto nel grado di accettazione di questo destino - anche controvoglia- cercando di farne il miglior impiego, tenuto conto che, quando la loro “ora” sarà scoccata, è soltanto nella memoria delle generazioni future che potranno sperare di sopravvivere. L’eroe è così il simbolo dell’uomo libero,

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