Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Fratelli Abbagnale

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Administrator
    Posts
    1,571

    Status
    Offline



    Fratelli Abbagnale


    Abbagnale



    I fratelli Abbagnale nati a Pompei (Giuseppe il 25 agosto 1959, Carmine il 5 luglio 1962) hanno costituito, insieme al timoniere Giuseppe di Capua (detto Peppiniello) uno degli armi più celebri sia nella specialità del "Due con" che nella storia del canottaggio, capaci di vincere assieme due titoli olimpici e sette mondiali, gareggiando assieme in tutto per tredici stagioni, dal 1981 al 1993.


    Carriera

    Giuseppe era il capovoga dell'armo e Carmine il prodiere. Il loro palmarès comprende due allori olimpici e sette titoli mondiali conquistati tra il 1981 ed il 1991. Tuttavia, nel 1994, infortunato Giuseppe ai campionati mondiali di Indianapolis, Carmine ottenne quella che resta la sua unica medaglia conquistata senza il fratello: sempre con l'equipaggio del 2 con, in coppia con Gioacchino Cascone (timoniere Antonio Cirillo) si aggiudicò la medaglia d'argento.
    Sicuramente, tra le tante, occorre ricordare la finale olimpica di Seoul 1988, quando l'equipaggio italiano vinse l'oro sconfiggendo il temuto armo inglese composto da Sir Stephen Redgrave, considerato il più forte canottiere della storia, e Andy Holmes, che finirono addirittura in terza posizione, preceduti dall'equipaggio della Germania Est.



    I fratelli hanno gareggiato assieme per 13 stagioni (dal 1981 al 1993, anno del ritiro di Giuseppe). In precedenza Giuseppe, più grande di tre anni, aveva gareggiato con altri prodieri e dopo il 1993, Carmine continuò a gareggiare per un altro paio di stagioni, conquistando ancora un argento mondiale.




    Palmarès

    Anno Manifestazione Sede Evento Risultato


    1984 Giochi olimpici Stati Uniti Los Angeles Due con Oro
    1988 Giochi olimpici Corea del Sud Seul Due con Oro
    1992 Giochi olimpici Spagna Barcellona Due con Argento

    1981 Campionati mondiali Germania Ovest Monaco di Baviera Due con Oro
    1982 Campionati mondiali Svizzera Lucerna Due con Oro
    1983 Campionati mondiali Germania Ovest Duisburg Due con Bronzo
    1985 Campionati mondiali Belgio Hazewinkel Due con Oro
    1986 Campionati mondiali Regno Unito Nottingham Due con Argento
    1987 Campionati mondiali Danimarca Copenaghen Due con Oro
    1989 Campionati mondiali Slovenia Bled Due con Oro
    1990 Campionati mondiali Australia Lake Barrington Due con Oro
    1991 Campionati mondiali Austria Vienna Due con Oro
    1993 Campionati mondiali Cecoslovacchia Račice Due con Argento




    La “leggenda” degli Abbagnale



    Da sinistra: Carmine, mamma Virginia, papà Vincenzo, Agostino e Giuseppe Abbagnale (1988).




    I TRE FRATELLI ABBAGNALE
    (di Claudio Loreto)



    Giuseppe e Carmine Abbagnale (guidati dal timoniere Giuseppe Di Capua) e il loro
    fratello minore Agostino sono unanimemente annoverati fra i più grandi canottieri di tutti i tempi.
    La “leggenda” degli Abbagnale è però legata non solo agli straordinari successi sportivi da essi conseguiti, ma anche al loro “stile” di vita: semplicità, umiltà e riservatezza li hanno sempre contraddistinti, rendendoli campioni nel senso più autentico del termine. Gli anni giovanili di Giuseppe e Carmine – divisi tra scuola, sport e lavoro nel podere di famiglia – hanno anche ispirato un film televisivo, intitolato significativamente “Una Storia Italiana”. La saga di questa inconsueta famiglia di contadini di Pompei ebbe inizio nel 1981 ai Campionati del Mondo di Monaco di Baviera, dove Giuseppe (22 anni), Carmine (19) ed il timoniere “Peppiniello” (23) posero termine – invero un po’ a sorpresa – al lungo predominio della Repubblica Democratica Tedesca nella specialità del 2 con e, nel contempo, all’oblio in cui era scivolato il canottaggio italiano dopo i Giochi Olimpici del 1968: la loro vittoria ne preannunciò infatti la generale rinascita, che - favorita dalla modernità delle iniziative dell’allora Presidente della F.I.C., Paolo D’Aloja - avrebbe ricollocato l’Italia tra le principali “potenze” remiere del mondo.




    1981. Monaco (Germania), bacino di Feldmoching: Giuseppe Di Capua, inimitabile “barreur” degli Abbagnale, alza le mani in segno di vittoria.




    L’anno seguente, a Lucerna, il bis. I mass-media cominciarono ad interessarsi ai “fratelloni”, come vennero affettuosamente battezzati i due: loro allenatore era il medico generico Giuseppe La Mura, uno zio materno votato ad arruolare nelle fila del Circolo Nautico di Castellammare di Stabia ogni parente potenzialmente adatto al canottaggio; Giuseppe e Carmine, però, non lo chiamavano zio, bensì “dottore” e gli davano arcaicamente del “Voi”. Si seppe che essi si allenavano con mezzi quasi di fortuna ed in orari improponibili, perché oltrechè studiare dovevano spesso anche curvare la schiena sul campo di fiori fonte di sostentamento della famiglia: papà Vincenzo sembrava alquanto perplesso riguardo a quella “distrazione” dei figli, per mamma Virginia doveva restare un mero hobby subordinato agli studi.
    Non era dunque facile mantenersi al massimo livello: ai Mondiali del 1983 (Duisburg) la barca si dimostrò contratta e la Germania Orientale si riappropriò del titolo. Il terzo posto (secondi si erano classificati i sovietici) punse i ”fratelloni” nell’orgoglio: preparatisi a dovere, l’anno seguente affrontarono e batterono due volte i campioni in carica; pertanto la successiva assenza di questi ultimi ai Giochi Olimpici di Los Angeles a causa del boicottaggio politico attuato dalle nazioni sotto l’influenza dell’U.R.S.S. (con l’eccezione della Romania) non potè sminuire il valore della medaglia d’oro conquistata il 5 agosto dagli azzurri: perfetti nello stile e nella tattica di gara, impressionanti in quanto a potenza, sul lago Casitas precedettero di oltre 5 secondi proprio l’equipaggio rumeno (in futuro una costante spina nel fianco degli italiani). Pompei e Castellammare salutarono la vittoria olimpica con caroselli di automobili imbandierate e strombazzanti come avveniva per i successi nel calcio.
    Giuseppe tornò dall’America felice, certo, ma anche preoccupato: aveva già 25 anni e, nonostante il diploma conseguito all’I.S.E.F., nessun lavoro era all’orizzonte. L’anno dopo, ad ogni modo, gli Abbagnale presenti ai Mondiali di Hazewinkel divennero addirittura tre: Giuseppe e Carmine, con “Peppiniello”, ancora sul gradino più alto del podio del 2 con; Agostino (atleta ancora “junior” e dunque per tutti – anche in futuro – il “fratellino”) a bordo di un sorprendente 8 con superato in un finale palpitante soltanto dai sovietici per 87 centesimi di secondo.
    La mancanza di un lavoro riprese però ad assillare il capovoga del 2 con Giuseppe,
    privandolo della serenità necessaria per la prosecuzione di un’attività che imponeva
    sacrifici davvero enormi. Lo zio-allenatore riuscì infine a persuaderlo a tornare sulla barca, ma era ormai tardi per potere affrontare in modo adeguato la sfida lanciata da Andrew Holmes e Steve Redgrave: i due colossi britannici, medaglie d’oro a Los Angeles nel 4 con, si erano infatti prefissi di demolire il crescente mito dei fratelli campani. E, seppure di misura, ai Mondiali di Nottingham (1986) essi riuscirono nell’intento.
    Ma Giuseppe aveva il cuore di un leone e il taciturno Carmine una forza di volontà
    ferrea; dal canto loro, il “dottore” a terra e il simpatico “diavoletto” Peppiniello in barca sapevano esaltare al massimo tali doti. Come nel 1983 la perdita del titolo, anzichè ingenerare dubbi, rafforzò la determinazione dell’affiatatissimo quartetto: nel successivo campionato di Copenaghen il 2 con azzurro quasi umiliò gli inglesi che, sicuri di sé, avevano voluto competere anche nella specialità del 2 senza (questa, sì, vincendola il giorno precedente). A Pompei riesplose la gioia.
    Dopo Giuseppe (già da qualche tempo impiegato di banca), anche Carmine (nel
    frattempo diplomatosi all’I.S.E.F.) trovò di lì a poco lavoro presso un ente pubblico; il
    timoniere, come centralinista, era anch’egli già sistemato. La preparazione per le Olimpiadi di Seul potè pertanto svolgersi in un contesto psicologico più favorevole.
    Domenica 25 settembre 1988, bacino di Misari. In Italia era notte fonda, ma in tanti
    misero la sveglia: nell’attesissima finale del 2 con gli italiani fulminarono gli avversari in partenza, ed accompagnati dalle grida d’entusiasmo del telecronista-tifoso Giampiero Galezzi (il quale, raccontando a proprio modo le gare dei “fratelloni”, era riuscito a rendere più popolare il canottaggio in Italia) tagliarono il traguardo davanti alla Germania Orientale e al duo Holmes-Redgrave, di nuovo non paghi del titolo nel 2 senza conquistato il dì antecedente (Redgrave, peraltro, si sarebbe in seguito affermato – con 5 ori e 1 bronzo olimpici – il più grande canottiere maschile di tutti i tempi). La fotografia di Giuseppe mentre sollevava al cielo i pugni chiusi lanciando un urlo liberatorio finì sulle prime pagine dei giornali insieme a quella del superlativo 4 di coppia capitanato da un ritrovato Agostino,
    il quale mezz’ora dopo aveva regalato alla storia dello sport una pagina davvero
    straordinaria: tre fratelli avevano conquistato l’alloro olimpico nel medesimo giorno! Inoltre, per la prima volta, il canottaggio italiano vinceva due medaglie d’oro in una stessa edizione dei Giochi.3





    Seul 1988. Giuseppe, Carmine e “Peppiniello” hanno appena conquistato il secondo alloro olimpico sull’Empacher giallo “protagonista” delle loro imprese sportive da Los Angeles in avanti.





    Nella stagione successiva Giuseppe e Carmine sembrarono avere perduto stimoli: fu infatti un susseguirsi di sconfitte. Nella finale dei Mondiali di Bled ritrovarono però sé stessi e vinsero scavalcando negli annali altri due incredibili fratelli, i gemelli tedesco-orientali Bernd e Joerg Landvoigt, i quali con il 2 senza negli anni ’70 avevano fissato un record (2 ori olimpici e 4 titoli mondiali) da tutti reputato insuperabile; sul podio, stretto tra avversari fisicamente ben più imponenti di lui e del fratello, Giuseppe cedette alla commozione.
    Il 1990 fu per il nostro 2 con un anno di prestazioni deludenti, determinate da malanni fisici ma soprattutto da una demotivazione di fondo tale da indurre La Mura a minacciare l’abbandono. In novembre ai Mondiali di Barrington l’equipaggio azzurro giunse addirittura ultimo nella propria batteria eliminatoria; nel recupero esso tirò però finalmente fuori la grinta necessaria e nella finale, superata la boa dei 1.500 metri, diede spettacolo attuando una progressione incontrastabile: fu l’ennesima impresa.
    Nel 1991 venne conquistato a Vienna il settimo titolo mondiale; e l’anno dopo, a
    Barcellona, il terzo alloro olimpico sembrava anch’esso a portata di mano: nella finale del 2 agosto Giuseppe e Carmine oltrepassarono i 1.500 metri saldamente al comando, apprestandosi ad avviare un poderoso “serrate” finale; il successo era, agli occhi di tutti, oramai scontato. Eppure sul bacino di Banyoles quella domenica accadde qualcosa di incredibile: i campioni in carica, tra lo stupore generale, lentamente si spensero mentre altri due fratelli – i britannici Jonny e Greg Searle - viceversa accelerarono in modo inatteso ed impressionante, a poche decine di metri dal traguardo affiancarono gli azzurri e quindi li superarono per 115 centesimi di secondo. I tre italiani presero posto sul podio silenziosi, con la mente lontana, intenti a cercare una spiegazione a quel clamoroso finale; probabilmente, e semplicemente, l’età aveva alla fine imposto la sua legge: i vogatori inglesi erano in media di ben dieci anni più giovani! Una sconfitta simile, tuttavia, sublimò ulteriormente la leggenda del 2 con stabiese: “Un dramma ancora più bello dell’oro”, titolò
    in prima pagina la “Gazzetta dello Sport”.





    Olimpiadi di Barcellona 1992, “fotofinish” della finale del 2con: dopo essere stati saldamente al comando per l’intero corso della regata, Giuseppe e Carmine Abbagnale cedono inaspettatamente negli ultimi metri ai fratelli britannici Greg e
    Jonny Searle. E’ anche l’ultima edizione olimpica in cui è presente la specialità del 2con.





    L’anno dopo, ai Mondiali di Roudnice, i “fratelloni” tentarono contro i nuovi campioni
    olimpionici una improba rivincita; conclusero nuovamente secondi, ma si trattò, comunque, del tredicesimo podio intercontinentale consecutivo.
    Il trio, a questo punto, si sciolse; insieme a due nuovi compagni – Gioacchino Cascone ed il timoniere Antonio Cirillo – Carmine conquistò ancora una medaglia d’argento ai Mondiali di Indianapolis (1994), svilita però dall’intervenuto declassamento del 2 con (così come del 4 con) a specialità non più olimpica.
    Lo sport remiero, tuttavia, sembrava proprio non potere fare a meno della famiglia
    Abbagnale. Vinta sorprendentemente la tromboflebite ad una gamba che lo aveva
    costretto all’inattività dal 1989 al 1995 e con le Olimpiadi di Atlanta dunque ormai alle porte, Agostino - graduato della Guardia di Finanza - provò un 2 di coppia con Davide Tizzano, il quale – dopo l’oro conquistato insieme a Seul – aveva pure lui a lungo abbandonato i remi per dedicarsi alla vela. Non pochi sorrisero divertiti: talmente arrugginiti, dove si illudevano di arrivare quei due?
    Agostino e Davide sfoderarono però una determinazione tale da produrre, in pochi mesi, un autentico miracolo sportivo: il 27 luglio 1996, sul lago Lanier, vinsero perentoriamente la medaglia d’oro olimpica, sbalordendo i tecnici.4



    Atlanta 1996 Agostino Abbagnale (a sinistra) e Davide Tizzano




    Nei due anni seguenti, ad Aiguebelette e a Colonia, Agostino fece suo il titolo mondiale nel 4 di coppia. Agli inizi del 2000, in procinto di diventare padre, comunicò di volere smettere nonostante l’imminenza delle Olimpiadi di Sydney; La Mura – divenuto nel frattempo direttore tecnico della squadra nazionale italiana – dovette rispolverare tutte le sue capacità di persuasione già usate tante volte in passato con gli altri due nipoti: così il 24 settembre, al terzo carrello di un 4 di coppia da tutti riconosciuto come uno degli armi tecnicamente più spettacolari nella storia del canottaggio, Agostino diventò sul bacino di Penrith, a 34 anni, l’unico canottiere italiano ad avere collezionato tre allori olimpici.




    Sydney 2000, gli Azzurri sulla prima pagina de “La Gazzetta dello Sport”.




    Il “fratellino” tornò poi al 2 di coppia e nel 2002 insieme a Franco Berra fu argento ai Mondiali di Siviglia; i Giochi di Atene erano vicini allorché si ripropose, inatteso e
    vendicativo, l’antico male all’arto: Agostino, questa volta, dovette purtroppo arrendersi. Si concludeva dunque un capitolo davvero epico, e forse irripetibile, della storia della disciplina remiera. La grandezza sportiva di Giuseppe, Carmine e Agostino Abbagnale venne in seguito definitivamente consacrata dal riconoscimento ai medesimi del prestigioso premio “Thomas Keller” da parte della F.I.S.A., la Federazione remiera internazionale.


    stellina-oro




    Di seguito vengono riportati i risultati collezionati dai tre fratelli Abbagnale nelle edizioni dei Giochi Olimpici e dei Campionati del Mondo Assoluti alle quali essi hanno preso parte.

    Anno Evento Specialità Posizione Atleta

    1980 Olimpiadi 2con 7° Giuseppe
    1981 Mondiali 2con 1° Giuseppe e Carmine
    1982 Mondiali 2con 1° Giuseppe e Carmine
    1983 Mondiali 2con 3° Giuseppe e Carmine
    1984 Olimpiadi 2con 1° Giuseppe e Carmine
    1985 Mondiali 2con 1° Giuseppe e Carmine
    8con 2° Agostino
    1986 Mondiali 2con 2° Giuseppe e Carmine
    1987 Mondiali 2con 1° Giuseppe e Carmine
    4 di coppia 11° Agostino
    1988 Olimpiadi 2con 1° Giuseppe e Carmine
    4 di coppia 1° Agostino
    1989 Mondiali 2con 1° Giuseppe e Carmine
    1990 Mondiali 2con 1° Giuseppe e Carmine
    1991 Mondiali 2con 1° Giuseppe e Carmine
    1992 Olimpiadi 2con 2° Giuseppe e Carmine
    1993 Mondiali 2con 2° Giuseppe e Carmine
    1994 Mondiali 2con 2° Carmine
    1995 Mondiali 8con 7° Giuseppe e Carmine
    2 di coppia 13° Agostino
    1996 Olimpiadi 2 di coppia 1° Agostino
    8con 9° Carmine
    1997 Mondiali 4 di coppia 1° Agostino
    1998 Mondiali 4 di coppia 1° Agostino
    1999 Mondiali 4 di coppia 7° Agostino
    2000 Olimpiadi 4 di coppia 1° Agostino
    2002 Mondiali 2 di coppia 2° Agostino

    Nota: presso l’Organizzazione del Raid remiero Genova-Roma 2008 è disponibile un’ampia raccolta di articoli di stampa relativi ai risultati in elenco. Copia degli stessi può essere richiesta dagli interessati utilizzando la voce contatti del sito web http://raid.informare.it.
    Qui si ripropone invece l’intervista a Giuseppe e Carmine Abbagnale realizzata dal promotore del Raid, Claudio Loreto, dopo la loro riconquista del titolo mondiale nel 1987.


    Corriere Mercantile, 31 ottobre 1987

    I successi e le ambizioni dei due fratelli napoletani campioni di canottaggio
    Abbagnale: remando verso la leggenda
    Leader olimpici a Los Angeles, «mondiali» a Monaco e Hazewinkel,
    puntano al «bis» a cinque stelle a Seul. Una carriera costellata di sacrifici.



    La fragile imbarcazione approda dolcemente al pontile e al comando secco del timoniere «Peppiniello» Di Capua, un simpatico «monello» di 29 anni per 50 chili di peso, l'equipaggio più celebre dell'ultimo decennio abbandona i carrelli.
    Giuseppe e Carmine Abbagnale, rispettivamente 28 e 25 anni, un diploma di educazione fisica, ringraziano quanti, sfidando il violento acquazzone, accorrono per complimentarsi con loro; quindi, «disarmata» la barca, la strappano alle grigie acque dell’Idroscalo di Milano, sulle quali hanno appena conquistato il loro ennesimo titolo nazionale, e con essa sulle spalle si dirigono stancamente verso il carrello del Circolo Nautico di Castellammare di Stabia, la società alla quale da sempre appartengono.
    Le medaglie ballano allegramente sulle canottiere a strisce gialle e azzurre impregnate di sudore e pioggia. I «campionissimi» le guardano con tenerezza, su quei pezzi di metallo tinti di scadente vernice gialla vi è incisa, invisibile, una storia di pesanti sacrifici, di anni ed anni di fatica forse senza eguali in altri sport; quella medaglietta è la sola ricompensa concessa dai regolamenti della F.I.S.A., la Federazione Internazionale di Canottaggio, la quale, cocciutamente arroccata nella
    salvaguardia di un dilettantismo «puro» ma anacronistico, vieta addirittura alle Società remiere di accettare «sponsorizzazioni», ormai ampiamente diffuse in qualsiasi altra disciplina sportiva. «Seppure lentamente, qualcosa comincia però a cambiare», dice Giuseppe. «La Federazione Italiana, ad esempio, dopo l'oro di Copenaghen ci ha promesso un premio di 18 milioni di lire: un’autentica ”fortuna”, per un canottiere!».
    Giacchè siamo in tema danese parliamo di Redgrave e Holmes, i due giganti britannici che lo scorso mondiale strapparono di prepotenza il titolo ai «fratelloni», facendo temere nell’ambiente remiero azzurro l'inizio di un loro irreversibile declino.
    «L'anno scorso siamo giunti all'appuntamento iridato di Nottingham con alle spalle una preparazione invernale portata avanti con poca convinzione», spiega Giuseppe. «Non ultima, la sempre maggiore preoccupazione di trovarci avanti negli anni senza avere ancora un’occupazione ci aveva privati della necessaria serenità e concentrazione. Quest’anno il contesto psicologico è stato differente: il problema del posto di lavoro, ad esempio, seppure limitatamente a me (Carmine resta infatti tuttora disoccupato), è stato risolto con la mia assunzione presso la Banca Nazionale
    del Lavoro».
    - Giuseppe La Mura, vostro zio ed allenatore, dichiara che gli inglesi sono stati gli avversari più forti mai incontrati dagli Abbagnale.
    «Redgrave e Holmes - precisa Carmine, il meno loquace dei due - restano tuttora avversari temibilissimi».
    Un curriculum strepitoso, quello dei due atleti di Pompei. Dopo alcuni anni trascorsi «in sordina», 8 in categorie ed imbarcazioni differenti, nel 1981 - su «intuizione» dell'appassionato La Mura - i due fratelli uniscono le forze e quello stesso anno, ai mondiali di Monaco, irrompono a sorpresa sulla scena di una specialità dominata da oltre un decennio da sovietici e tedeschi orientali.
    Giuseppe e Carmine si ripetono l'anno successivo a Lucerna; nel 1983 una «distrazione» a Duisburg, dove si devono accontentare del bronzo, prontamente riscattato con l'alloro olimpico di Los Angeles. Nel 1985, ai mondiali di Hazewinkel, è ancora oro. Nel 1986 la nota, cocente umiliazione inglese e nell’agosto di quest'anno la pronta rivincita a Copenaghen: nella storia del «due con», la più dura fra le otto specialità del canottaggio, quella che «brucia» un canottiere nell'arco di poche stagioni, nessuno mai prima è rimasto tanto a lungo ai vertici; per dirla con le
    parole di Giampiero Galeazzi, ex-nazionale del remo azzurro ed appassionato telecronista delle loro imprese, gli Abbagnale sono un'autentica «leggenda» dello sport.
    «Leggenda è una parola roboante - obietta Carmine - Certo, è vero che una serie simile di risultati non è cosa da tutti i giorni. L'abbiamo comunque pagata con rinunce non indifferenti, tutti e tre, compreso l'elemento generalmente meno noto degli equipaggi di canottaggio, il timoniere: “Peppiniello” lavora part-time alla Sip dalle 10 di sera all'una di notte; alle 5 e mezzo del mattino è già in acqua con noi, gelato di freddo dentro l'angusta prua del “due con”».
    - Insomma, dove vuole arrivare questo fantastico trio di «matti»?
    «Fino a Seul senz’altro - risponde Giuseppe - In banca mi hanno infatti garantito i permessi orari necessari per la prosecuzione degli allenamenti almeno fino al prossimo appuntamento olimpico.
    Dopo si vedrà, ora è prematuro parlarne».
    Chiediamo infine di Agostino, terzo (meno noto) dei fratelli Abbagnale (due anni fa, ad Hazewinkel, conquistò l'argento a bordo di uno strepitoso «otto» che per soli 87 centesimi di secondo non detronizzò i «mostri sacri» dell’Urss (qui a Milano ha vinto il titolo italiano nel singolo).
    Tempo addietro si era parlato di riunire i tre fratelli sul «quattro con» per dare l'assalto ad un alloro che manca all'Italia dalle lontane Olimpiadi di Melbourne.
    «Il progetto - spiega Giuseppe - per ora è accantonato». Forse perchè al momento non esiste sulla piazza una quarta voga in grado di «star dietro» a questi autentici fenomeni della natura: mamma Virginia e papà Vincenzo, tutti presi dal loro bel campo di gladioli, non potevano certo immaginare che un giorno lo sport italiano avrebbe avuto bisogno di un loro erede in più.
    Claudio Loreto




    Cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici 1992: portando il Tricolore, Giuseppe Abbagnale guida la squadra olimpica italiana. E’ la prima volta che tale onore spetta ad un canottiere.




    stellina-oro


    Di-Capua-Abbagnale-620x330


    stellina-oro






    Canottaggio, Emozione Galeazzi: “Posso sempre gridare “andiamo a vincere!”


    «Dopo papà Giuseppe, sono stato il più felice per la vittoria dell’oro mondiale di Vincenzo. Che emozione vedere, 25 anni dopo, di nuovo in Corea, un Abbagnale ancora trionfante nel due con». Per Giampiero Galeazzi, il telecronista dei grandi successi dei fratelloni di Messigno, è stato come tornare indietro nel tempo.
    Dica la verità, avrebbe voluto urlare di nuovo ”andiamo a vincere”?
    «Beh, lo feci nel 1988 a Seoul per la vittoria alle Olimpiadi di Carmine, Giuseppe e Peppiniello Di Capua e, guarda caso, un Abbagnale è di nuovo d’oro in Corea. Quell’urlo, riascoltato tante volte in tv, è diventato un mio marchio di fabbrica, ma è anche legato tantissimo agli Abbagnale. Tanto che sto per dare alle stampe un libro intitolato ”Andiamo a vincere” sull’epopea degli Abbagnale e di… Galeazzi».
    Un Abbagnale d’oro ma anche un Di Capua d’argento a 55 anni nel para-rowing: il canottaggio italiano vince con la forza del passato?
    «Un risultato eccezionale quello di Peppiniello, anche lui ha la vittoria nel Dna. Sì, il canottaggio italiano non può fare a meno dei grandi nomi del suo passato. Giuseppe Abbagnale è diventato presidente federale, alla guida tecnica è tornato La Mura e i risultati si stanno vedendo subito».
    Una rivoluzione vincente dopo gli ultimi deludenti risultati.
    «Qualcuno aveva avuto da ridire sull’eccessiva presenza di napoletani, ma tutti ora devono ammettere che il canottaggio italiano non può fare a meno della competenza e dell’entusiasmo di chi in passato lo ha fatto grande».
    E che può farlo tornare grande?
    «Si sta già lavorando in questo senso. Lo zio dottore creò dal nulla, in un capannone, il mito Abbagnale. Adesso La Mura sta costruendo una Nazionale che già oggi fa sognare».
    Con un Abbagnale ancora d’oro. Una famiglia straordinaria?
    «Una famiglia di vincenti. Parliamo sempre di Carmine e Giuseppe, ma non dimentichiamo Agostino. Ha conquistato tre ori olimpici, un vero fenomeno».
    Può diventarlo anche Vincenzo?
    «Ha le stimmate del campione. Peccato che il due con non sia più armo olimpico, ma per lui può esserci un futuro nell’otto, l’ammiraglia del canottaggio. A Rio ci sarà ancora un Abbagnale per il quale gridare ”andiamo a vincere”».

    0520_duecon



    http://raid.informare.it/docs/pdf/ItrefratelliAbbagnale.pdf


    stellina-oro









    Fratelli Abbagnale - Finale Olimpiadi Seoul 1988

     
    Top
    .
0 replies since 18/5/2014, 10:27   428 views
  Share  
.