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Salute Ma invecchiare è davvero inevitabile?

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    Salute Ma invecchiare è davvero inevitabile?

    Forse no: la medicina potrebbe in futuro curare il nostro corpo danneggiato dal tempo, impedendoci di invecchiare e regalandoci una vita più lunga e sana.

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    «L'invecchiamento è la crescita esponenziale del rischio di morte e sofferenza, e rappresenta il maggiore problema umanitario del nostro tempo», afferma il biologo Andrew Steele in un'intervista al Guardian. Ma è davvero obbligatorio invecchiare? Secondo Steele, no: per impedire al corpo di invecchiare e sviluppare le patologie tipiche dell'età, bisogna agire alla fonte, intervenendo su quelli che i biogerontologi chiamano hallmark, ovvero le caratteristiche dell'invecchiamento, come la senescenza cellulare o il danneggiamento del DNA (chiamato disfunzione mitocondriale), che ci predispongono a una serie di malattie legate all'età, come la demenza, l'ipertensione o diverse patologie cardiovascolari.

    I PROGRESSI DELLA SCIENZA. Negli ultimi trent'anni la ricerca in ambito di biogerontologia ha fatto passi da gigante. Qualche esempio? In una ricerca del 2016, un farmaco (la spermidina) si è rivelato un elisir di lunga vita per dei topi, la cui esistenza è stata allungata del 10%; nel 2017 uno studio ha descritto il ringiovanimento di alcune cavie, trattate con una molecola che "spinge al suicidio" le cellule senescenti; nel 2020, un trapianto di cellule staminali da topi più giovani a topi più anziani ha permesso a questi ultimi di vivere tre mesi in più, l'equivalente umano di oltre dieci anni.


    IMMORTALITÀ E SOVRAPPOPOLAZIONE. Quello che Steele ricerca non è certo un'umanità immortale: le persone continueranno a morire, perché i progressi della scienza non potranno impedire incidenti stradali, omicidi, o morti a causa di virus per i quali non esiste un vaccino. Ciò che auspica è una vita più lunga e sana, nella quale nonni e bisnonni possano giocare al parco con i nipotini godendo dei benefici di un corpo giovane.

    Quando qualcuno gli fa notare il problema della sovrappopolazione, risponde sottolineando l'assurdità della domanda: «Esistono molti modi per affrontare la questione», afferma. «Se fossimo immortali, inventare l'invecchiamento sarebbe forse una soluzione?». Una domanda insistente e ridicola, sostiene: se, ad esempio, annunciasse al mondo di aver trovato una cura alla leucemia infantile (che avrebbe dunque lo stesso risultato: impedire la morte di qualcuno), nessuno si porrebbe il problema del rischio sovrappopolazione.

    Secondo Steele, tutto questo fa ben sperare: «Credo che entro i prossimi dieci anni avremo un farmaco contro l'invecchiamento», afferma.

    I MALI CHE UCCIDONO LENTAMENTE
    . Per Steele, l'invecchiamento è paragonabile ai cambiamenti climatici: entrambi sono mali che si muovono in sordina, in una lenta ma inesorabile progressione che ci porta alla morte. Tuttavia, proprio per questa loro apparente immutabilità, non sono visti come minacce a cui far fronte con urgenza, a differenza di eventi improvvisi e (in)aspettati, come ad esempio la pandemia da CoViD-19.

    Ciò che ancora non ci è chiaro è che la medicina funziona meglio se previene, invece che curare: «I farmaci anti invecchiamento avrebbero potuto ridurre l'impatto della covid nelle fasce di popolazione più anziane», sostiene il biologo. Per questo è necessario finanziare la ricerca scientifica non solo in situazioni di emergenza come la covid, ma anche e soprattutto in momenti di relativa "calma", nei quali si possono studiare vaccini e nuove cure senza la fretta data da un mostro invisibile che si porta via ogni giorno centinaia di vite umane.


    Scienze Contro l'invecchiamento: il segreto dell'eterna giovinezza

    Invecchiamento: la chiave dell'eterna giovinezza sta nei telomeri, che ora forse sappiamo come preservare.

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    Contro l'invecchiamento: forse esiste una nuova via. Shutterstock
    Dimenticate i quadri che invecchiano per noi (come quello di Dorian Gray) e le pietre filosofali: il segreto per snobbare l'invecchiamento è nascosto nei telomeri, piccole porzioni di DNA che si trovano alla fine di ogni cromosoma e hanno il compito di proteggerlo.

    NESSUN RITOCCO. I telomeri cambiano con il passare del tempo, accorciandosi a ogni divisione cellulare fino a perdere il loro ruolo di "cuscinetto" per impedire alla doppia elica di sfibrarsi. Cercare di potenziarli è da tempo l'obiettivo di molti studi, che però in passato sono sempre intervenuti sul DNA, alterando l'espressione genica.

    UN LAVORO DECENNALE. «Il risultato della nostra ricerca rafforza l'idea che per perseguire la longevità non bisogna considerare solo i geni: si può estendere la durata della vita senza alterare il DNA», afferma Maria Blasco, coordinatrice dello studio. La scoperta alla base di questo lavoro è avvenuta per caso dieci anni fa e riguarda le iPS, le cellule staminali pluripotenti indotte (cellule di un organismo adulto alle quali è stata restituita la pluripotenza, ovvero la capacità di differenziarsi in diversi tipi di cellule).

    I ricercatori del CNIO stavano lavorando con alcune colture di iPS quando hanno notato che, dopo un certo numero di divisioni, queste acquisivano dei telomeri lunghi il doppio del normale. Incuriositi, sono andati a fondo, scoprendo infine che anche le cellule embrionali pluripotenti in coltura si comportavano allo stesso modo: i risultati sembrano attribuibili all'azione di un particolare enzima, la telomerasi.


    PIÙ SANI E PIÙ LONGEVI. Ci sono voluti anni di studi prima che il gruppo riuscisse a ottenere, a partire da queste cellule embrionali, topi aventi il 100% delle cellule con telomeri iperestesi. I risultati, stando a quanto affermano i ricercatori, sono "senza precedenti". I roditori vivono il 13% in più della media e sono più sani. «Hanno meno tumori e sono più magri, perché accumulano meno grasso», spiegano i ricercatori: «il loro invecchiamento metabolico è minore, hanno livelli più bassi di colesterolo e tollerano meglio insulina e glucosio. Il loro DNA si danneggia meno con l'età e i mitocondri, il tallone d'Achille della vecchiaia, funzionano molto meglio.»

    Il prossimo passo della ricerca, afferma Blasco, sarà generare una stirpe di roditori che trasmettano i telomeri allungati alle generazioni seguenti, per vedere se questa longevità acquisita possa essere trasmessa e, di più, possa continuare ad aumentare.


    Salute Perché non siamo fatti per vivere per sempre

    I geni che guidano uno dei meccanismi necessari alla salute cellulare e al successo riproduttivo - l'autofagia - contribuiscono allo stesso tempo al processo di invecchiamento.

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    I geni che favoriscono il processo di invecchiamento, in un'illustrazione concettuale. Wikimedia Commons
    Se siamo destinati a invecchiare anziché vivere ad oltranza, è per una svista dell'evoluzione, che ha preferito favorire un meccanismo che promuove il successo evolutivo - anche se questo ha un "costo" in termini di sopravvivenza.

    I geni che presiedono a uno dei processi chiave per la salute delle cellule, l'autofagia, nei vermi giovani e prestanti, sono gli stessi che, in età avanzata, presiedono al processo di invecchiamento. Lo sostiene un articolo pubblicato sulla rivista Genes & Development, che potrebbe avere implicazioni importanti nella ricerca contro le malattie neurodegenerative.

    DOMANDA APERTA. Charles Darwin ci ha insegnato che, per la selezione naturale (il meccanismo con il quale avviene l'evoluzione), in una popolazione molto diversa dal punto di vista genetico, si ha un progressivo aumento della frequenza degli individui con caratteristiche ottimali per quell'ambiente, in grado di riprodursi con più facilità e di trasmettere i geni alle generazioni successive.

    Più un tratto risulta importante nel determinare il successo riproduttivo, più forte dovrebbe essere la selezione di quella caratteristica. In teoria, questo dovrebbe dare origine a individui che non invecchino mai e che - rimanendo sempre giovani - possano continuare a trasmettere i propri geni a ciclo continuo. Ma sappiamo che non funziona così: gli individui di ogni specie invecchiano e muoiono, anche se con modalità e tempi differenti.


    www.focus.it/scienza/s
     
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