Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Romeo e Giulietta Atto 2 scena 2

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    Romeo e Giulietta Atto 2 scena 2



    Romeo e Giulietta

    Atto secondo
    Seconda scena - L'orto dei Capuleti
    Entra Romeo

    Romeo:

    Irride alle cicatrici chi mai non conobbe ferita. Piano! che luce rompe da quelle finestre lassù? Lì è l'Oriente. E Giulietta il sole. Levati, o sole bello, a cancellare la gelosa luna sbiancata e livida di rancore perché tu, vestale sua, sei bella, molto più bella di lei. Non farle più da ancella, se è così invidiosa di te: ché tanto il suo manto di vestale s'è fatto ormai livido e consunto, e non lo portano più che le pazze . Buttalo via. E' la mia donna, oh! Il mio amore.
    Ah, potesse saperlo, lei, che è così! Ecco, parla ...ma senza parole. E com'è? Parlano i suoi occhi. Risponderò. Eh, come corro! Non parla con me.
    Due delle stelle più vive di tutto il firmamento
    essendo occupate altrove, hanno pregato i suoi occhi di brillare nelle loro orbite fino al loro ritorno
    E se fossero i suoi occhi, lassù, e loro, le stelle, in fronte a lei? Allora la luce del suo viso farebbe impallidire di mortificazione le due stelle, come lampade in pieno sole; e di lassù i suoi occhi versano per i campi dell'etere un tal fiume di luce che gli uccelli, credendo finita la notte, tutti insieme si mettono a cantare...
    ...................................

    Romeo:

    Mia signora,
    per quella sacra luna che inargenta le cime degli alberi di questo giardino,ti giuro...

    Giulietta:

    Oh, Romeo, non giurare per la luna incostante che muta
    ogni mese nel suo rotondo andare: - non sia mai altrettanto mutevole il tuo amore...
    ------------------------------------------------------------------------------
    Ho trovato anche questo....


    SCENA II - Verona, il giardino dei Capuleti

    ROMEO vaga per il giardino, come un’anima in pena.



    ROMEO -


    Ride delle cicatrici altrui

    chi non ha mai sofferto per una ferita come questa…


    GIULIETTA appare a una finestra. Romeo la fissa e dice


    Oh, che luce vedo sprigionarsi

    lassù, da quella finestra?

    È l’oriente, lassù, e Giulietta è il sole!

    Sorgi, bel sole, e uccidi l’invidiosa luna

    già pallida di rabbia ed ammalata,

    perché tu, che sei sua ancella,()

    sei di gran lunga più splendente di lei.

    Non restare sua ancella, se è invidiosa

    di te; la sua veste s’è fatta ormai

    d’un colore verde scialbo

    e non l’indossano altro che le sciocche.

    Gettala via!… Oh, sì, è la mia donna,

    l’amore mio. Ah, s’ella lo sapesse!

    Lei mi parla, anche senza dire una parola.

    Come mai?… Perché è il suo occhio

    che mi parla, e io risponderò.

    Oh, ma che sto dicendo… Presuntuoso

    che sono! Non è a me, che lei parla.

    Due luminose stelle,

    tra le più fulgide del firmamento

    avendo da sbrigare qualcosa altrove,

    se ne sono andate dalle loro sfere

    e hanno pregato i suoi occhi di brillarvi

    fino al loro ritorno… E se quegli occhi

    fossero invece al posto delle stelle,

    e quelle stelle sulla sua fronte?

    Allora sì, la luce del suo viso

    farebbe impallidire le stelle,

    come il sole la luce d’una lampada;

    e tanto brillerebbero i suoi occhi

    per i campi del cielo, che gli uccelli

    si metterebbero tutti a cantare

    credendo fosse finita la notte.

    Guarda come poggia la sua guancia

    su quella mano… Un guanto vorrei essere,

    su quella mano, e toccare quella guancia!

    GIULIETTA -


    (Come se avesse sentito un rumore, o forse assorta in tristi pensieri, sospirando)

    Ahimè!…

    ROMEO -


    (Tra sé)

    Dice qualcosa… Parla ancora,

    angelo luminoso, sei così bella,

    e da lassù tu spandi sul mio capo

    tanta luce stanotte

    quanta più non potrebbe riversare

    sulle pupille volte verso il cielo

    degli sguardi stupiti di mortali

    un alato celeste messaggero

    che, cavalcando sopra le nuvole,

    veleggiasse per l’azzurro infinito!

    GIULIETTA -


    Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo?

    Ah, rinnega tuo padre!…

    Lascia il tuo casato!…

    O, se proprio non vuoi, giurami amore,

    ed io non sarò più una Capuleti!

    ROMEO -


    (Sempre tra sé)

    Che faccio, resto zitto ad ascoltarla,

    oppure le rispondo?…

    GIULIETTA -


    Soltanto il tuo nome mi è nemico;

    ma tu saresti tu, sempre Romeo

    per me, quando anche non fosti un Montecchi.

    Che cosa è infatti Montecchi?…

    Non è una mano, né un piede, né un braccio,

    né una faccia, né nessun’altra parte

    che possa dirsi appartenere a un uomo.

    Ah, perché tu non porti un altro nome!

    Ma poi, che cos’è un nome?…

    Forse che quella che chiamiamo rosa

    cesserebbe d’avere il suo profumo

    se la chiamassimo con altro nome?

    Così se anche Romeo

    non si dovesse più chiamare Romeo,

    chi può dire che non conserverebbe

    la cara perfezione ch’è la sua?

    Rinuncia, Romeo, al tuo nome,

    che non è parte della tua persona,

    e in cambio prenditi tutta la mia.

    ROMEO -


    (Forte, gridandole)

    Io ti prendo in parola!

    D’ora in avanti tu chiamami "Amore",

    ed io sarò per te non più Romeo,

    perché mi hai ribattezzato così.

    GIULIETTA -


    Oh, che uomo sei tu,

    che protetto dal buio della notte,

    vieni a inciampare così sui miei pensieri?

    ROMEO -


    Dirtelo con un nome,

    non saprei; il mio nome, cara santa,

    mi è odioso, perché è nemico a te.

    Lo straccerei, se lo portassi scritto.

    GIULIETTA -


    L’orecchio mio non ha bevuto ancora

    cento parole dalla tua voce,

    che ne conosco il suono:

    non sei Romeo tu, ed un Montecchi?

    ROMEO -


    No, nessuno dei due, bella fanciulla,

    se nessuno dei due ti piace.

    GIULIETTA -


    Ma come hai fatto ad arrivare qui?

    Dimmi come, e perché. Sono difficili

    i muri dell’orto da scalare,

    e se qualcuno dei miei ti sorprendesse,

    sapendo chi sei, ti ucciderebbe.

    ROMEO -


    Ho scavalcato il muro

    sopra le ali leggere dell’amore;

    l’ amore non teme ostacoli di pietra,

    e tutto quello che l’amore può fare

    trova sempre il coraggio di tentarlo.

    Perciò i parenti tuoi

    non rappresentano per me un ostacolo.

    GIULIETTA -


    Ma se ti trovano qui, ti uccideranno!

    ROMEO -


    Ahimè, c’è più pericolo per me

    negli occhi tuoi che in cento loro spade:

    basta che tu mi guardi con dolcezza,

    perché io mi senta come corazzato

    contro l’odio di tutti i tuoi parenti.

    GIULIETTA -


    Però io non vorrei per nulla al mondo

    che uno di loro ti trovasse qui.

    ROMEO -


    La notte mi nasconde col suo manto

    alla loro vista; ma se tu non mi ami,

    che mi trovino pure e che mi prendano:

    è meglio per me morire

    desiderando invano il tuo amore.

    GIULIETTA -


    Come hai fatto a venire fino qui?

    Chi ti ha guidato?

    ROMEO -


    L’amore per primo

    ha guidato i miei passi. È stato lui

    a prestarmi consiglio nel trovarlo;

    io gli ho prestato in cambio solo gli occhi.

    Io non sono un marinaio,

    ma se tu fossi lontana da qui

    quanto la più deserta delle spiagge

    bagnata dall’oceano più lontano,

    io correrei qualsiasi avventura

    per cercare una così preziosa mercanzia.

    GIULIETTA -


    Sai che la notte nasconde il mio viso,

    l’avresti vista arrossire, se no,

    per ciò che mi hai sentito dire poco fa.

    Ah, vorrei tanto mantenere la forma,

    ma rinnegare quel che ho detto!…

    Ma addio ormai inutili riguardi!

    Tu mi ami?… So che mi rispondi "Sì",

    ed io ti prenderò sulla parola;

    ma non giurare, no, perché se giuri,

    potresti poi dimostrarti spergiuro.

    O gentile Romeo,

    se mi ami, dimmelo con sincerità;

    se credi ch’io mi sia lasciata vincere

    troppo presto, ti respingerò,

    perché tu sia costretto a supplicarmi…

    Ma no, invece …non lo farei, per nulla al mondo!…

    In verità, bellissimo Montecchi,

    io di te sono tanto innamorata,

    da farti giudicare leggerezza

    il mio comportamento; però credimi,

    mio gentile cavaliere, che

    io saprò dimostrarmi più fedele

    di quelle che di me sono più esperte

    nell’arte di apparire più ritrose.

    E più ritrosa - devo confessarlo -

    sarei stata, se tu, subito,

    prima ch’io stessa me ne fossi accorta,

    non m’avessi sorpresa

    a confessare la mia ardente passione

    a me stessa. Perdonami perciò,

    e non voler chiamare leggerezza

    la mia docilità,

    come t’avrà potuto suggerire

    il buio della notte.

    ROMEO -


    Mia signora,

    per questa sacra luna che inargenta

    le cime di questi alberi, io ti giuro…

    GIULIETTA -


    Ah, Romeo, non giurare sulla luna,

    poiché è incostante, e cambia faccia

    ogni mese nel suo girare, e

    perché l’amore tuo potrebbe come lei

    dimostrarsi volubile e mutevole.

    ROMEO -


    Su che vuoi che giuri?

    GIULIETTA -


    Non giurare;

    o, se vuoi, giura su te stesso,

    su questa graziosa tua persona,

    l’idolo della mia venerazione,

    e tanto basterà perché io ti creda.

    ROMEO -


    Se l’amore del mio cuore…

    GIULIETTA -


    Non giurare,

    ho detto: benché tu sia la mia gioia,

    non mi riesce di trovare gioia

    nell’impegno scambiatoci stanotte:

    troppo improvviso, troppo irriflessivo,

    rapido, come il fulmine, che passa

    prima che uno possa dire "Lampeggia!".

    Buona notte, dolce amore.

    Questo bocciolo d’amore, schiudendosi

    nel vento dell’estate,

    potrà, al nostro prossimo incontro,

    dimostrarsi un bel fiore profumato.

    Buona notte. La pace ed il riposo

    discendano soavi sul tuo cuore,

    come soave è tutto, nel mio petto.

    ROMEO -


    Oh, vuoi lasciarmi così insoddisfatto?

    GIULIETTA -


    Insoddisfatto? E quale soddisfazione

    pensavi di avere da me stasera?

    ROMEO -


    Sentirmi ricambiare dalla tua bocca

    il mio voto d’amore.

    GIULIETTA -


    Te l’ho dato,

    ancor prima che tu me lo chiedessi;

    anche se vorrei che fosse ancora da dare.

    ROMEO -


    Vorresti ritirarlo? E perché, amore?

    GIULIETTA -


    Per potermi mostrare generosa,

    e dartelo di nuovo, a piene mani.

    Io non desidero che quel che ho.

    La mia voglia di dare è come il mare,

    sconfinata, e profondo come il mare

    è il mio amore: più ne concedo a te,

    più ne possiedo io,

    perché l’una e l’altro sono infiniti.


    (La voce della Nutrice dall’interno, che chiama: "Giulietta!")


    Sento voci da dentro casa… Addio,

    addio, mio caro amore!… Vengo, balia!…

    Dolce Montecchi, restami fedele.

    Aspetta ancora un po’, ritorno subito.


    (Si ritira)

    ROMEO -


    O notte, notte di benedizioni!

    Un sogno, temo, nient’altro che un sogno

    è questo: troppo dolce e lusinghiero

    per essere realtà!


    GIULIETTA riappare improvvisamente in alto

    GIULIETTA -


    Ancora tre parole, Romeo caro,

    e poi la buonanotte, per davvero.

    Se è onesto il tuo proposito amoroso

    e la tua intenzione è di sposarmi,

    mandami a dire domani, da qualcuno

    ch’io manderò da te, il luogo e l’ora

    in cui vuoi celebrare il sacro rito

    ed io sono pronta a mettere ai tuoi piedi

    tutti i miei beni, e a seguirti

    sempre e dovunque, come mio signore…

    NUTRICE -


    (Da dentro)

    Madamigella!

    GIULIETTA -


    Vengo, vengo subito!

    (A Romeo)

    … ma se diversa è la tua intenzione,

    ti scongiuro…

    NUTRICE -


    (Da dentro)

    Giulietta!

    GIULIETTA -


    Sto venendo!

    … smetti di corteggiarmi ed abbandonami

    al mio dolore. Manderò domani…

    ROMEO -


    Oh, anima mia…

    GIULIETTA -


    Ancora buona notte, mille volte!


    (Si ritira)

    ROMEO -


    Una mala notte, vuoi dire,

    se mi viene a mancare la tua luce!

    L’amore corre ad incontrare l’amore

    con la gioia con cui gli scolaretti

    fuggono dai loro libri; ma l’amore

    che deve separarsi dall’amore

    ha il volto triste degli scolaretti

    quando tornano a scuola…


    (Si trae indietro lentamente)


    GIULIETTA appare di nuovo alla finestra

    GIULIETTA -


    Pssst! Romeo!…

    Oh, se sapessi fischiare come un falconiere

    per poterlo richiamare!

    Ma la mia voce è fioca e non può urlare;

    altrimenti vorrei gridare così forte

    da squarciare l’antro ove riposa Eco()

    e superare la sua voce,

    a forza di chiamare: "Romeo! Romeo!"

    ROMEO -


    (Tornando indietro)

    È la stessa mia anima che invoca

    così il mio nome.

    Come suonano soavi nella notte

    le voci degli amanti:

    sommessa musicalità d’argento

    dolcissima all’orecchio che l’ascolta…

    GIULIETTA -


    Romeo!

    ROMEO -


    Cara…

    GIULIETTA -


    A che ora domattina

    posso mandare qualcuno da te?

    ROMEO -


    Verso le nove.

    GIULIETTA -


    Non mancherò. Mi sembreranno vent’anni

    fino allora… Perché t’ho richiamato?…

    Che stupida! Non me lo ricordo più!

    ROMEO -


    Lascia allora ch’io resti qui con te

    fino a che ti ritorni in mente.

    GIULIETTA -


    Allora io, per farti rimanere

    ancora un poco, tornerò a scordarmelo,

    ricordandomi solo di una cosa:

    quanto mi è dolce la tua compagnia.

    ROMEO -


    E io ci resterò, perché tu dimentichi

    e resti ancora, e io dimentico

    d’aver altra casa fuor che questa.

    GIULIETTA -


    Ormai è quasi l’alba;

    vorrei che tu già fossi via da qui,

    non più lontano però dell’uccellino

    che una bambina lascia saltellare

    lontano dalla sua mano,

    ma lo tiene legato alla catena

    come suo prigioniero, e, tirando

    un filo di seta, lo riporta a sé,

    simile ad una amante

    gelosa di quel po’ di libertà.

    ROMEO -


    Vorrei essere io quel prigioniero.

    GIULIETTA -


    E così vorrei io, amore,

    anche se finirei col soffocarti

    per le troppe carezze… Buona notte!

    Separarci è un dolore così dolce

    che non mi stancherei, amore mio,

    di dirti "buona notte" fino a giorno.


    (Si ritira)

    ROMEO -


    Siano dimora al sonno i tuoi occhi,

    alla pace il tuo cuore. Sonno e pace

    vorrei essere io, per il tuo riposo.

    Ora da qui raggiungerò

    il convento del mio fidato padre confessore

    a domandargli la sua assistenza

    e confidargli questa mia fortuna.
     
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    Riassundo di Romeo e Giulietta atto 2 scena 1 (la dichiarazione d'amore)

    Al chiaro di luna, Romeo nascosto sotto il balcone della ragazza, la sente parlare da sola e scopre così che lei ricambia il suo amore. La scena si anima con il monologo appassionato di Romeo e la confessione d’amore inattesa di Giulietta, esitante tra la passione giovanile e il dubbio di affrontare con un giovane dei Montecchi una storia impossibile. Essendo le famiglie Capuleti e Montecchi fiere nemiche, Giulietta riflette sull’inconsistente valore dei nomi: un nome è solo una vuota etichetta che non cambia la sostanza delle cose e delle persone; la rosa sarebbe sempre così profumata anche se avesse un altro nome, e così Romeo sarebbe sempre perfetto, anche senza quel nome che li separa. La ragazza perciò è pronta a rinunciare al suo nome e spera che anche Romeo rinneghi suo padre. li giovane esce allora allo scoperto e le rivela i suoi sentimenti con l’espressione: «Chiamami so/tanto amore». I due giovani si scambiano il loro voto d’amore, definito da Giulietta come un lampo che illumina per un istante il buio della notte e come uno splendido fiore: le due immagini riassumono il senso di fugacità di questo breve incontro, su cui incombe la morte dei due sfortunati amanti.

     
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