Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Parafrasi "La pioggia nel pineto", di Gabriele D'Annunzio

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    Parafrasi "La pioggia nel pineto", di Gabriele D'Annunzio



    Taci. All'inizio del bosco non sento parole che puoi definire umane,
    ma sento parole più nuove che vengono espresse dalle foglie e dalle gocce lontane.
    Ascolta. Piove dalle nuvole sparse.
    Piove sulle tamerici (la tamerice è una tipica pianta di pineta) salmastre e aride,
    piove sui pini dai tronchi a scaglie e dagli aghi pungenti,
    piove sui mirti divini (era un arbusto sacro a Venere),
    sulle ginestre brillanti di fiori a grappoli, sui ginepri pieni di bacche odorose,
    piove sui nostri volti silvestri (quest'oggettivo introduce la metamorfosi),
    piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri,
    e sui pensieri freschi che l'anima rinnovata fa nascere sulla bella favola (da favola dell'amore)
    che ieri chi illuse (Illudere in questo caso è inteso come significato latino cioè di ludus, gioco). e che oggi illude me, o Ermione. (La ripetizione della parola piove è una metafora, allo scopo di dare cadenza la poesia, come in un rito; D’Annunzio conclude tutte le strofe col nome “Ermione”).
    Senti? La pioggia cade sulla vegetazione solitaria con uno scrosciare (termine onomatopeico) costante e varia che varia a seconda che cada su rami più o meno radi.
    Ascolta. Risponde a questo pianto (il pianto della pioggia) il canto delle cicale che nè la pioggia portata dall'austro (un vento del sud),
    nè il cielo grigio impauriscono.
    E il pino ha un suono, il mirto ha un altro suono, il ginepro un altro ancora,
    come strumenti diversi suonati da innumerevoli mani,
    e noi siamo immersi nell'anima del bosco partecipi della vita del bosco e il tuo volto inebriato è bagnato dalla pioggia come una foglia,
    i tuoi capelli profumano come le ginestre chiare, o creatura della terra, che hai nome
    Ermione. (Questa strofa descrive l'inizio dello metamorfosi).
    Ascolta. Ascolta.
    Il canto armonioso delle cicale nell'aria a poco a poco si attutisce sotto la pioggia che cresce; ma vi si mescola un'altro canto, più roco, che sale da laggiù,dalle profondità del bosco.
    Più attutito e più sottile (il canto delle cicale) si affievolisce, si spegne.
    Resta solo una nota (una cicala) a tremare, si spegne, poi riemerge, trema, si spegne.
    Non si sente la voce del mare.
    Ora si sente su tutti gli alberi lo scrosciare della pioggia argentea (l'aggettivo argentea è in grado di richiamare sia sensazioni visive che uditive), che purifica e questo scrosciare varia a seconda delle fronde degli alberi più o meno folte.
    La figlia dell'aria (la cicala) è in silenzio, ma figlia del fango, la rana, canta nell'ombra più profonda chissà dove, chissà dove.
    Piove sulle tue ciglia, o Ermione.
    Piove sulle tue ciglia nere così che sembra che tu pianga, ma di piacere, non bianca di carnagione,ma quasi divenuta verde sembra che tu esca dalla corteccia di un albero (la metamorfosiè nella sua fase più importante) e tutta la vita in noi è rinascita profumata,
    il cuore nel petto è come una pesca non toccata (perfetta), tra le palpebre gli occhi sono come delle sorgenti tra le erbe, i denti negli alveoli sono come mandorle acerbe (bianchissimi).
    E noi andiamo da una macchia di arbusti all'altra, ora uniti, ora separati, [e la forza resistente degli arbusti intricati ci avvinghia le caviglie, ci impiglia le ginocchia] chissà dove, chissà dove (si fanno trascinare dalla notura).
    Piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri, sui pensieri freschi che anima rinnovata fa nascere, sulla bella favola che ieri mi illuse e che oggi illude te, o Ermione.
     
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    La pioggia nel pineto", di Gabriele D'Annunzio


    Quest'opera, scritta nell'estate del 1902, spiega molto bene il panismo, presentando il concetto di metamorfosi, un processo che i due protagonisti della poesia subiranno. D’annunzio descrive la passeggiata fatta con la donna amata in una pineta presso il mare durante un temporale estivo. Il nome della ragazza, Ermione, è un nome tipico delle opere greche. D'Annunzio descrive con particolare maestria i suoni prodotti dalla pioggia, dagli alberi e dagli animali. La poesia è divisa in quattro strofe, che descrivono i vari momenti della metamorfosi: il processo che porterà lui ed
    Ermione a trasformarsi da uomini a vegetali. La prima tappa è quella del silenzio, fondamentale per estraniarsi dal mondo umano e percepire i suoni “non umani” della natura.

    Gabriele D'Annunzio - La pioggia nel pineto

    Taci. Su le soglie
    del bosco non odo
    parole che dici
    umane; ma odo
    parole più nuove
    che parlano gocciole e foglie
    lontane.
    Ascolta. Piove
    dalle nuvole sparse.
    Piove su le tamerici
    salmastre ed arse,
    piove sui pini
    scagliosi ed irti,
    piove su i mirti
    divini,
    su le ginestre fulgenti
    di fiori accolti,
    su i ginepri folti
    di coccole aulenti,
    piove su i nostri volti
    silvani,
    piove su le nostre mani
    ignude,
    su i nostri vestimenti
    leggeri,
    su i freschi pensieri
    che l'anima schiude
    novella,
    su la favola bella
    che ieri
    t'illuse, che oggi m'illude,
    o Ermione.

    Odi? La pioggia cade
    su la solitaria
    verdura
    con un crepitio che dura
    e varia nell'aria secondo le fronde
    più rade, men rade.
    Ascolta. Risponde
    al pianto il canto
    delle cicale
    che il pianto australe
    non impaura,
    né il ciel cinerino.
    E il pino
    ha un suono, e il mirto
    altro suono, e il ginepro
    altro ancora, stromenti
    diversi
    sotto innumerevoli dita.
    E immensi
    noi siam nello spirito
    silvestre,
    d'arborea vita viventi;
    e il tuo volto ebro
    è molle di pioggia
    come una foglia,
    e le tue chiome
    auliscono come
    le chiare ginestre,
    o creatura terrestre
    che hai nome
    Ermione.

    Ascolta, Ascolta. L'accordo
    delle aeree cicale
    a poco a poco
    più sordo
    si fa sotto il pianto
    che cresce;
    ma un canto vi si mesce
    più roco
    che di laggiù sale,
    dall'umida ombra remota.
    Più sordo e più fioco
    s'allenta, si spegne.
    Sola una nota
    ancor trema, si spegne,
    risorge, trema, si spegne.
    Non s'ode su tutta la fronda
    crosciare
    l'argentea pioggia
    che monda,
    il croscio che varia
    secondo la fronda
    più folta, men folta.
    Ascolta.
    La figlia dell'aria
    è muta: ma la figlia
    del limo lontana,
    la rana,
    canta nell'ombra più fonda,
    chi sa dove, chi sa dove!
    E piove su le tue ciglia,
    Ermione.

    Piove su le tue ciglia nere
    sì che par tu pianga
    ma di piacere; non bianca
    ma quasi fatta virente,
    par da scorza tu esca.
    E tutta la vita è in noi fresca
    aulente,
    il cuor nel petto è come pesca
    intatta,
    tra le palpebre gli occhi
    son come polle tra l'erbe,
    i denti negli alveoli
    son come mandorle acerbe.
    E andiam di fratta in fratta,
    or congiunti or disciolti
    ( e il verde vigor rude
    ci allaccia i melleoli
    c'intrica i ginocchi)
    chi sa dove, chi sa dove!
    E piove su i nostri volti
    silvani,
    piove su le nostre mani

    ignude,
    su i nostri vestimenti
    leggeri,
    su i freschi pensieri
    che l'anima schiude
    novella,
    su la favola bella
    che ieri
    m'illuse, che oggi t'illude,
    o Ermione.


    Spiegazione

    “La pioggia nel pineto” è una tra le più belle poesie di D’Annunzio. E’ rivolta alla donna amata, Ermione. La scena si svolge in un bosco, nei pressi del litorale toscano, sotto la pioggia estiva. Il poeta passeggia con la sua donna, Ermione e la invita a stare in silenzio per sentire la musica delle gocce che cadono sul fogliame degli alberi. Inebriati dalla pioggia e dalla melodia della natura, il poeta e la sua donna si abbandonano al piacere delle sensazioni con un’adesione così totale che a poco a poco subiscono una metamorfosi fiabesca e si trasformano in creature vegetali.
    La poesia è ricca di enjambement e similitudini. Le rime sono libere e sono presenti molte onomatopee.


    Parafrasi

    Taci (il poeta si rivolge a Ermione). Sulle soglie del bosco non sento parole umane; ma sento parole più nuove, suoni prodotti dalle prime gocce di pioggia sulle foglie. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove sugli arbusti in riva al mare, piove sui pini con la corteccia ruvida, piove sui mirti divini (nell’antichità era sacro a Venere), sulle ginestre spendenti grazie ai fiori ora rinchiusi per la pioggia, sui ginepri folti di bacche profumate, piove sui nostri volti che sembrano diventare elementi della selva, piove sulle nostre mani, sui nostri abiti leggeri, sui freschi pensieri che l’anima nuova schiude, sulle illusioni della vita e dell’amore che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione.

    Senti? La pioggia cade sul fogliame con un crepitio che dura e varia nell’aria a seconda delle chiome degli alberi. Ascolta. Risponde alla pioggia il canto delle cicale che il pianto dell’austro (vento del sud) non impaurisce neanche il cielo grigio. E il pino ha un suono, e il mirto un altro suono, e il ginepro un altro ancora, gli alberi sembrano degli strumenti musicali suonati dalla pioggia. E noi siamo immersi nello spirito della selva (il poeta e la sua compagna si sentono penetrati dalla vita vegetali: è incominciata la loro metamorfosi), come gli alberi; e il tuo volto inebriato di felicità è tutto bagnato come una foglia, e i tuoi capelli profumano come le chiare ginestra, o creatura terrestre che hai nome Ermione.

    Ascolta, ascolta. Il canto delle cicale a poco a poco viene sovrastato dalla pioggia che cade più fitta; ma un canto vi si mescola più roco che sale, nell’umida ombra lontana. Più sordo più fioco diventa più debole e poi sparisce. Non si sente il suono del mare. Si sente il crosciare della pioggia sugli alberi che purifica il croscio che varia secondo la grandezza della chioma dell’albero. Ascolta. La cicala è muta; ma la figlia del fango, la rana canta nell’ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove sulle tue ciglia Ermione.

    Piove sulle tue ciglia nere, tanto che sembra che stai piangendo ma di piacere; sembra che tu esca dalla corteccia. E tutta la vita è in fresca aulente, il cuore è come una pesca non ancora colta, tra le palpebre gli occhi sono come delle sorgenti, i denti nelle gengive sono come mandorle acerbe. E andiamo da una macchia all’altra tra gli arbusti o abbracciati o disciolti (e gli sterpi aggrovigliati ci impediscono il movimento alle caviglie) chi sa dove, chi sa dove! E piove sui nostri volti che sembrano diventare elementi della selva, piove sulle nostre mani, sui nostri abiti leggeri, sui freschi pensieri che l’anima nuova schiude, sulla illusioni della vita e dell’amore che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione.


    Fonte: skuola.tiscali.it

     
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