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Prafrasi de “All’ amica risanata” U. Foscolo

aiutini

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    All'amica risanata - Foscolo [Parafrasi, commento e analisi], analisi del testo, figure retoriche


    PARAFRASI

    Come dalle profondità del mare la stella più cara a Venere (Lucifero) con i suoi capelli raggiandosi appare e decora il suo percorso nel cielo con la luce del sole, così il tuo corpo divino sorge dal letto malato (dove tu sei stata malata) e in te la bellezza rivive, la bellezza d’oro che diede sollievo alle menti degli uomini. Io vedo la rosa fiorire nel tuo viso, i tuoi occhi grandi tornano a sorridere insinuosi e lo sono talmente tanto che le altre donne e le altre madri si preoccupano ricominciando a piangere. Le ore della giornata che fino a poco fa erano le tristi amministratrici di medicine, oggi invece portano la veste indiana (di seta) e i gioielli che raffigurano Dei scolpiti (cammei), che sono il risultato della perizia di scultori greci, le scarpe bianche e i portafortuna che grazie a queste cose, i giovanotti guardando te, dimenticano le danze, guardando te che sei causa di affanno e di speranza. O quando adorni l’ arpa e con i nuovi ritmi e con le morbide curve del tuo corpo che il bisso asseconda con facilità e intanto il tuo canto più pericoloso vola oppure quando disegni figure di ballo e affidando all’ aria il tuo corpo agile, bellezze sconosciute sfuggono dai vestiti e dal velo trascurato scoprendo il petto ondeggiante. Mentre ti muovi cadono le trecce morbidamente, trecce lucide per l’ ambrosia appena messa, trecce che sono malamente trattenute dal pettine d’oro e dalla ghirlanda di rose che ad esso aprile gli dona, insieme alla salute. Così il tempo, servo dell’ amore vola intorno a te che sei invidiata, ma le grazie guardino male colui che ti ricorda che la bellezza fugge e ti ricorda il giorno della morte. La casta Artemide governa le pendici del monte Parrasio come condottiera mortale di amazzoni e faceva fischiare da lontano, per terrore dei cervi, i nervi dell’ arco di Cidone (Creta). La poesia l’ ha proclamata figlia degli Dei, il mondo spaventato la chiamava Dea e le ha consacrato il trono dei campi elisi, della freccia che non sbaglia e il carro della luna e del cielo.Allo stesso modo la poesia ha consacrato altri altari, a Bellona che un tempo era una guerriera amazzone mai sconfitta, adesso ella prepara l’ elmo, le cavalle e l’ ira guerresca contro l’ Inghilterra.E quella dea la cui statua di marmo ti vedo cingere devotamente in una corona di mirto affinché protegga le tue stanze segrete dove appari solo a me come sacerdotessa fu regina che regnò felice su Cipro e Citera, che godono di un perenne clima mite e che con le loro montagne ricoperte di boschi frangono il corso dei venti del mar Ionio. Io sono nato in quel mare; qui vagabonda nudo lo spirito della fanciulla di Faona e se il venticello notturno spira dolcemente sulle onde, le spiagge suonano lamenti di lira. Perciò io, pieno della nativa sacra ispirazione traduco in poesia italiana seria così che anche tu o dea avrai le promesse delle tue discendenze lombarde cantando i miei versi.


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    Schema Argomentazione:

    1.

    Nella prima parte Foscolo esalta la bellezza esteriore della donna descrivendo atti della sua vita mondana ;
    2.

    Nella strofa centrale c’e’ il collegamento tra poesia e bellezza: la sua presenza suscita invidia nelle altre donne e le divinità dell’ amore guardino male chi le ricorda che la sua bellezza fugge via;
    3.

    L’ ultima pate e’ caratterizzata dalla descrizione di 3 divinità, sottolineando il loro aspetto mortale;
    4.

    Conclude dicendo che, grazie alla sua poesia, anche lei diventerà una divinità perche’ la sua bellezza non morirà mai.

    Neoclassicismi:

    Figure mitologiche: Venere, Artemide (Diana), Bellona, Saffo, Faone

    Citazioni di poeti: Orazio

    Personificazioni: le ore, grazie, amore, aprile

    Figure Retoriche:

    1.

    V 2: perifrasi = “astro più caro al cielo”
    2.

    V 8: sineddoche = “membra”
    3.

    V 15: sinestesia = “i grandi occhi al sorriso”
    4.

    V 18: personificazione = “le ore”
    5.

    V 30: endiadi = “affanni e speranze”
    6.

    V 33: anafora = “e cò e cò”
    7.

    V 42: sineddoche = “petto”
    8.

    V 48: personificazione = “aprile”
    9.

    V 52: personificazione = “grazie”
    10.

    V 66: climax = “freccia monti luna”
    11.

    V 73: perifrasi = “venere”
    12.

    V 82: personificazione = ” suonano i liti”
    13.

    V 92: sineddoche = “Italia cetra”


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    ANALISI:

    L’ode è suddivisa in 16 strofe formate da cinque settenari, alternativamente piani e sdruccioli, a cui segue un endecasillabo che rima col settenario precedente (ABACDD).

    L’intero componimento può essere suddiviso in due parti: la prima, dal v. 1 al v. 54, presenta la donna alla quale è dedicata l’opera; la seconda, dal v. 55 al v. 96, tratta dell’immortalità della bellezza, attraverso riferimenti al mito.

    Nelle prime due strofe si trova una similitudine, in cui il poeta paragona il pianeta Venere che sorge, alla donna amata che si rialza inseguito alla malattia.

    Troviamo la prima personificazione, di carattere classico, in cui il poeta fa coincidere l’astro con la figura femminile emergente dalle acque.

    Oltre alla similitudine, in questi versi, troviamo un’altra figura retorica: l’ipallage, l’aggettivo egro, ovvero malato, al posto di essere accostato alla donna, viene associato al letto.

    Dal verso 9 al verso 12, la bellezza viene delineata come qualcosa che addolcisce l’animo, come unico ristoro ai mali; questo è un concetto neoclassico.

    Al verso 19 troviamo la personificazione delle ore del giorno. Si susseguono numerosi termini grecizzanti, come “scalpelli achei”, “coturni”; questo viene creato appositamente dal poeta per elevare il lessico.

    Nelle ultime strofe della prima parte vengono rappresentate due tipiche situazioni in cui la donna esercita il suo fascino: quando canta accompagnata dalla lira e quando danza.

    Le prime due strofe della seconda parte cantano di Artemide, e di come la fama creata dai poeti, l’abbia resa figlia di Giove, quindi immortale.

    La terza strofa canta invece di Bellona e di come ella sia divenuta dea della guerra. Ritroviamo qui una precisa allusione alla spedizione militare contro l’Inghilterra che Napoleone stava progettando in quegli anni.

    Le successive due strofe cantano di Venere.

    L’ode si conclude con l’esplicitazione della missione dell’opera e del poeta. L’opera deve rendere immortale la bellezza della donna a cui è dedicata; Foscolo è colui che può far rivivere nella presente cultura italiana lo spirito dell’antica poesia greca.



    COMMENTO:

    L'ode si colloca nel solco della lirica arcadica: ad un clima settecentesco rimandano sia il carattere di poesia d’occasione, sia la forma metrica.

    Tuttavia Foscolo, sul piano formale sceglie la via di un neoclassicismo sostenuto e aulico.

    Neoclassico è anche lo sforzo costante di nobilitare ogni aspetto della realtà quotidiana attraverso un lessico estremamente elevato e a un largo impiego di figure retoriche . Come pure neoclassico è il gusto per i rituali paganeggianti o per le personificazioni.

    In realtà l’ode aspira ad essere ben più che un componimento galante d’occasione: Foscolo vuole condurre un ambizioso discorso filosofico sul significato e sul valore della bellezza.

    La riflessione si sviluppa pienamente nella seconda parte, dove si insiste sulla funzione eternatrice della bellezza. Foscolo fonda il suo discorso su una lettura razionalistica del mito greco.

    L’eternità della bellezza è un’illusione; ma Foscolo pone l’accento proprio sull’illusione contro la conoscenza razionale: ciò che conta è che la bellezza abbia consacrato alla memoria quelle donne famose, vincendo i limiti mortali.

    Ciò che consente alla bellezza l’eternità nella fama è il canto dei poeti; così, nelle ultime due strofe, il discorso sulla funzione della bellezza si prolunga nel discorso della funzione del poeta.


     
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