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l'Infinito: introduzione, parafrasi e spiegazione

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    Commento L'infinito di Leopardi


    L’infinito è una poesia di G. Leopardi, un famoso poeta nato a Recanati, una piccola cittadina delle Marche posseduta dallo stato pontificio, nel 1798 ed è morto nel 1837. A 15 anni Giacomo Leopardi conosceva già diverse lingue e aveva letto quasi tutto: lingue classiche, ebraico, lingue moderne, storia, filosofia e filologia, scienze naturali e astronomia. Nei sette anni che seguirono, Leopardi si buttò in uno studio «matto e disperatissimo», in cui tradusse i classici, praticò sette lingue, scrisse un dotto testo di astronomia e scrisse un falso poema in greco antico, sufficientemente convincente da ingannare un esperto.
    Subisce dei forti disagi come un problema agli occhi che lo ha costretto a tenere una benda agli occhi per sei mesi e un forte problema alla colonna vertebrale. Inoltre lui maturò due tipi di pessimismo, il pessimismo personale, lui diceva che era l’unico uomo infelice sulla terra, e il pessimismo cosmico, affermava che la natura era maligna. Leopardi aveva una finestra sul mondo, Pietro Giordani, il quale gli narrava i principali avvenimenti che coinvolgevano l’Italia.
    Leopardi è il massimo rappresentante del Romanticismo, una corrente letteraria che si basava sul sentimento. Nasce in Germania nella prima metà dell’ottocento.
    Leopardi scrive quando l’Italia vive i problemi dell’indipendenza nazionale.
    Il tema predominante della poesia è l’immensità dell’infinito, la poesia fa parte del gruppo dei Piccoli Idilli.
    Si possono individuare nel testo quattro unità tematiche: la prima dal titolo “il limite, il reale” espresso dalle parole-chiave “questo ermo colle”, “questa siepe”, “ultimo orizzonte” (v. 1, 2, 3) narra cosa prova il poeta per il colle Tabor e per la siepe che gli limita la vista dell’orizzonte.
    La seconda ha come titolo “l’infinito e l’immaginazione”, le parole-chiave “interinati spazi”, “sovrumani silenzi”, “profondissima quiete” e “io nel pensier mi fingo”, ci fanno capire cosa il Leopardi sta pensando quando si trova davanti alla siepe.
    Le parole-chiave “il vento odo stormir”, “quello infinito silenzio”, “questa voce” ci introducono la terza unità tematica, “il ritorno di un dato reale”, che ci narra un confronto che il poeta fa nei confronti del vento.
    nell’ultima, dal titolo “Il piacere dell’immaginazione”, espresso dalle parole-chiave “questa immensità” (v. 13), “s’annega il pensier mio” (v. 14), “naufragar m’è dolce in questo mar” (v. 15), il poeta conclude che è dolce naufragar nel mare dell’infinito.

    L’Infinito è un testo poetico composto da 15 versi, endecasillabi sciolti; nel testo compaiono diversi termini aulici, che evidenziano la formazione classica dell’autore.
    Verso 1: ermo (solitario); verso 2: guardo esclude (limita lo sguardo); verso 4: mirando (osservando attentamente); verso 5: sovrumani (incommensurabili) verso 7: fingo (plasmo con le mani) verso 8: cor (cuore) verso 11: comparando (confrontando) sovvien (mi ricordo).
    Nel testo sono presenti diversi enjambement, come al verso 2-3, al verso 4-5-6. Questa tecnica poetica viene usata dall’autore per non interrompere l’immagine, che continua, nonostante termini il verso.
    Nella poesia compare una metafora al verso 14-15: il poeta afferma di naufragare nel mare dell’immaginazione.
    Nel testo compaiono diversi aggettivi dimostrativi; l’aggettivo questo viene usato all’inizio per indicare un’ elemento, cioè “quest’ ermo colle.
    Ciò che invece è immenso e infinito viene definito con l’aggettivo quello, perché è lontano da lui.
    Al termine del testo l’immensità è definita con l’aggettivo questo perché l’infinito e l’immensità sono diventati sentimenti dell’ autore.
    Nel testo vengono usati diversi termini di formazione classica ma nell’insieme non presenta difficoltà di comprensione.
    Questa poesia è una delle poche che mi ha veramente emozionato: questa poesia secondo me è nata tutta dal cuore dell’autore ed è molto spontanea. Ma secondo me il grande pregio di questa poesia è il fatto che quando ho letto questa poesia mi è subito venuto in mente il concetto di infinito descritto da leopardi, cioè come una cosa lontana, sconosciuta; quando ho letto questo testo ho capito veramente cosa provava l’autore mentre lo scriveva. Dovendo dargli un voto io darei 9 perché questo genere di poesie (nate dall’interiore) è il mio preferito.
    Facendo un confronto con altre poesie che ho letto, come ad esempio “S. Martino”, “Febbraio” oppure “Pianto Antico” posso affermare che questa è la più profonda, quella che è nata più dal cuore.
     
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    l'Infinito: introduzione, parafrasi e spiegazione

    Giacomo Leopardi “L’infinito”

    L’infinito è uno dei più noti idilli leopardiani. Gli Idilli di Leopardi procedono sì dalla descrizione poetica di un paesaggio, ma tale momento diventa subito pretesto per una contemplazione interiorizzata della natura.

    PARAFRASI

    Sempre gli fu amato al poeta il mote Tabor e la siepe, la quale impedisce a Leopardi di vedere un tratto del paesaggio. Ma stando seduto a osservare, immagina spazi interminabili oltre la siepe, silenzi che superano ogni possibilità di comprensione da parte dell’uomo e una quiete assoluta dove il cuore prova quasi smarrimento. Non appena sente il vento che produce un rumore leggere delle piante, egli lo paragona a quel silenzio infinito della voce del vento. Si forma in lui l’idea dell’eternità, insieme a quella della giovinezza e dell’età presente, che noi percepiamo come se fosse viva. Le sue riflessioni perdono ogni definizione logica in questo infinito che si estende senza confini nello spazio e nel tempo. Per egli la fonte di meravigliosa dolcezza è l’annullare la sua coscienza nella vastità dell’infinito.

    STILE

    L’uso alternato dei dimostrativi (questo, quello) nelle varie forme grammaticali è il segno di un preciso contrasto che caratterizza la poesia come ad esempio:
    • questo cole, quella siepe è l’io del poeta immerso nella realtà;
    • di là da quella siepe è l’immaginazione del poeta di spazi interminabili oltre la siepe;
    • queste piante, questa voce è l’io del poeta che ritorna alla dimensione reale;
    • quell’infinito silenzio sono le riflessioni del poeta che perdono ogni connotazione razionale e che si estendono senza confini nello spazio e nel tempo.
    I numerosi enjambement producono un effetto di “rallentamento”, che ci obbliga a leggere il testo con lentezza, per poter cogliere il senso dell’infinito che lo domina e ora indicherò i più significativi enjambement:
    • interminati-spazi è l’idea di uno spazio che si dilata all’infinito;
    • sovrumani-silenzi sono silenzi che superano ogni possibilità di comprensione da parte dell’uomo e una quiete assoluta;
    • il vento-odo stormir è l’idea del rumore leggero delle piante che il poeta lo paragona alla voce del vento.
    Tutti i verbi della poesia sono al presente: solo uno fa eccezione perché forse suggerisce l’idea di qualcosa di vago ed è il verbo “fu” nel primo verso. Nella lirica è presente un’opposizione fra i limiti spazio-temporale che emerge dall’insolita esperienza del poeta. I limiti nello spazio e nel tempo sono dal I verso a metà dell’VIII invece l’annullamento di tali limiti sono dalla metà dell’VIII verso al XIV.

    FIGURE RETORICHE

    Al verso otto, il poeta ha usato la parola COR come sinonimo di “sentimento, animo” e la figura retorica che ha utilizzato è la metonimia. L’espressione IN QUESTO MARE contiene una figura retorica ed è una metafora. Il poeta ha utilizzato questa immagine perché per lui è fonte di meravigliosa dolcezza annullare la sua coscienza nella vastità dell’infinito. Il metro di questa poesia e di avere endecasillabi sciolti.

     
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