Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

parafrasi-Non recidere, forbice, quel volto (Montale)

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    MONTALE: Non recidere, forbice, quel volto





    Non recidere, forbice, quel volto

    Non recidere, forbice, quel volto,
    solo nella memoria che si sfolla,
    non far del grande suo viso in ascolto
    la mia nebbia di sempre.

    Un freddo cala... Duro il colpo svetta.

    E l'acacia ferita da sé scrolla
    il guscio di cicala
    nella prima belletta di Novembre.
    Due quartine di endecasillabi e settenari.


    PARAFRASI:Non tagliare, forbice, quel viso,ormai solo sopravvissuto che svanisce nella memoria Non far diventare lo sforzo che trattiene l’immagine del viso che mi ascolta, l’incapacità di distinguere i ricordi. Cala il gelo della lama del potatore... il colpo è secco e deciso alla cima della pianta E l’acacia abbattuta fa cadere dal legno il corpo secco della cicala Nel primo fango di novembre.

    Si intrecciano due sensazioni: il dialogo del poeta con la propria memoria, in cui un volto di donna sopravvive a fatica ai duri colpi di forbice dell'oblio; la potatura novembrina dell'acacia, che fa cadere il guscio secco di una cicala.A queste due situazioni corrispondono le due strofe della poesia.Le due strofe sono unificate da immagini metaforiche delle forbici-tempo e della potatura -oblio. Mentre la nebbia crea una sensazione d' oblio, facendo perdere al poeta tanti ricordi,la recesione vuol far capire che Montale, nonostante la supplica, viene privato persino della donna che ama. Nel testo si fa riferimento al freddo, che assieme alla nebbia, danno un’idea di forte solitudine e debolezza. Anche l’acacia potata e il guscio di cicala che cade a terra rafforzano questo stato d’animo.

    Nella seconda quartina vi è il correlativo oggettivo dell’accetta del giardiniere che recide l’acacia, determinando la caduta dello scheletro della cicala ormai privata del canto nella fanghiglia di novembre. In Montale il simbolismo assume spesso il carattere del correlativo oggettivo, cioè di immagini capaci di rendere al lettore con la descrizione di un oggetto o di una situazione, come qui la potatura autunnale di un albero, l’intuizione e lo stato d'animo del poeta.

    Le due quartine presentano anche una ricca tessitura di assonanze e rime: si segnalano le rime volto- ascolto (v1 e v 3) in assonanza con colpo (v 5) e le rime sfolla- scrolla(v2 e v 6); infine le rime al mezzo cala-cigola (v5 e v 7) e svetta belletta (v5 ev 8). Da notare le assonanze e le consonanze nell'endecasillabo iniziale, dove compare anche l’enjambement tra i vv.1 e 2 nonostante uno stacco con la virgola.
     
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    Montale, Eugenio - Non recidere forbice quel volto
    Breve commento sui contenuti essenziali presenti nella lirica di Montale "Non recidere forbice quel volto"

    Non recidere forbice quel volto
    Quando Montale scrisse questa lirica, in lui era ancora molto forte il ricordo di Drusilla, la sua amata che ora però era morta. Poiché il tempo di solito rimedia ad ogni dolore, Montale prega alle forbici del tempo di risparmiare quest’ultima immagine piacevole che ancora ha nella sua mente.
    Implora di non far diventare quel dolce viso una nebbia, che lo avvolgerà per sempre. I termini che usa Montale sono davvero efficaci poiché sia le forbici che la nebbia provocano nell’animo del lettore la stessa angoscia che provava il poeta in quel momento.
    Poi, all’improvviso, c’è tutto un freddo, forse inteso come quello delle gelide lame delle forbici, che con un solo colpo, deciso, stacca la cima di un albero, di un acacia che ora è ferita proprio come lo stesso Montale.

    E, quest’acacia ferita, lascia cadere dal ramo un guscio di cicala che rotola nella fanghiglia autunnale. Anche in questa metafora Montale esprime tutti i suoi sentimenti poiché allo stesso modo in cui la cima, cadendo, porta con sé il guscio nel fango, anche l’immagine di Drusilla (il guscio di cicala), venendo dimenticata, porta via al poeta l’unico barlume di felicità, svanendo nella desolazione di una vita priva di ricordi dolci.

     
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