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Sette opere di misericordia Un film di Gianluca De Serio,

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    Sette opere di misericordia

    locandina

    Un film di Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio. Con Roberto Herlitzka, Olimpia Melinte, Ignazio Oliva, Stefano Cassetti, Cosmin Corniciuc


    Cinema di gesti, di sguardi, di silenzi, che arriva nel profondo
    Giancarlo Zappoli


    Torino. Luminita è una giovane clandestina romena che sopravvive grazie al borseggio di cui deve poi dare i frutti ai suoi 'padroni'. Luminita ha però un piano per sfuggire al loro controllo e ottenere dei documenti falsi. Inizia a metterlo in atto scegliendosi una vittima a caso. La vittima è Antonio, un uomo anziano e malato che vive in una situazione di semidegrado ed è costretto periodicamente a farsi ricoverare in ospedale. È lì che la ragazza lo incontra e inizia a seguirne le mosse.
    Se vivessimo nell'area francofona in cui la passione cinefila è ancora intensamente vissuta si potrebbe paragonare l’esordio nel lungometraggio di finzione dei fratelli De Serio a quello dei Dardenne con La Promesse. Temiamo invece (sperando ovviamente di essere smentiti) che questo film non riceva l'attenzione che invece merita. Perché la rilettura delle cristiane opere di misericordia non ha nulla di confessionale e invece ha moltissimo di quel cinema che sa scavare a fondo nell’animo umano tout court.
    Nel deserto delle vite dei due protagonisti sembra non esserci spazio per un sentimento che vada al di là del sopravvivere a se stessi. Antonio trascorre le sue giornate in spazi in cui il buco che ha in gola sembra aver assorbito come un'idrovora qualsiasi possibilità di bellezza. Luminita ha invece la ferinità di un animale la cui gabbia è una città che le è estranea e i cui feroci guardiani parlano la sua stessa lingua. Per lei la misericordia e le sue opere si sono capovolte in azioni il cui fine non è un cuore che condivide la miseria umana (come vuole la matrice latina della parola) ma l'usare l'altro ai propri fini. I De Serio ci mostrano questo scontro/incontro tra due aride solitudini andando alla ricerca non di un lieto fine quanto piuttosto di un ‘fine’, di un senso dell'esistere. Lo fanno con un lucido percorso scandito dalle sette stazioni del titolo nell'ambito del quale lo spettatore è chiamato a interrogarsi e quasi a porsi lui come regista chiedendosi quale sarà l'evolvere della vicenda e quale direzione prenderanno gli eventi. È un cinema fatto di gesti, di sguardi, di silenzi più che di parole questo Sette opere di misericordia, ma proprio grazie al suo rigore stilistico riesce ad arrivare nel profondo e a farsi film difficile da dimenticare.

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