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Ti stimo fratello -Un film di Paolo Uzzi, Giovanni Vernia

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    Ti stimo fratello

    locandina
    Un film di Paolo Uzzi, Giovanni Vernia. Con Giovanni Vernia, Maurizio Micheli, Susy Laude, Stella Egitto, Bebo Storti.

    Una vicenda esile che produce il pretesto per i nonsense deliranti dell'alias televisivo
    Marzia Gandolfi


    Giovanni è un ingegnere elettronico fresco di laurea in cerca di un lavoro e di un amore. ti-stimo-fratello-giovanni-vernia-foto-dal-film-13_midLasciata Genova per la più produttiva Milano, è raggiunto presto e con risultati rovinosi da Jonny, gemello diverso col vizio della house music e l'inettitudine al pensiero. Occupato presso un'agenzia pubblicitaria e legatosi sentimentalmente alla tirannica figlia del suo capo, Giovanni deve fare fronte alle continue incursioni del fratello, sistemato a casa sua e in attesa dell'esame per entrare nel corpo della Guardia di Finanza. Ossessionato dalla discoteca e da una ragazza intravista tra una gazzosa e una performance ipnotica, Jonny scompaginerà la vita convenzionale di Giovanni, rivelandone la spontaneità e chiarendone una volta per tutte le ambizioni professionali e sentimentali.
    Dei tanti, troppi e inflazionati personaggi di Zelig, Jonny Groove era il più difficile da pensare sul grande schermo perché 'agito' da sole pulsioni ritmiche e privo di qualsiasi radicalità comica. Portatore di un giovanilismo ebete dentro jeans muccati, Jonny Groove è un fenomeno di costume senza un atteggiamento nei confronti della vita, senza un 'discorso' da articolare, senza una prospettiva morale (condivisibile o meno). Da questa assenza e insufficienza deriva la necessità di raddoppiare il personaggio e sdoppiare l'attore.
    Giovanni Vernia, che in Ti stimo fratello mantiene il suo nome reale, è allora colui che abita il film e agisce la storia, accordando al più celebre gemello le (in)terminabili figurazioni ritmiche sui tappeti armonici della house e del Gilez. Sfruttato fino all'esaurimento sulle tavole dell'Arcimboldi, Jonny parte quindi svantaggiato se confrontato a quelle formidabili macchine comiche che sono Aldo, Giovanni e Giacomo, Salvo Ficarra e Valentino Picone e ancora Alessandro Besentini e Francesco Villa. Capaci di stemperare il comico delle loro tradizionali gag in un impianto narrativo ambizioso ma compiuto, le ‘tre formazioni' hanno realizzato commedie scanzonate e amare, esilaranti e problematiche, malinconiche e divertenti, che percepiscono le incongruenze nelle regole del mondo, in quello che è serio, sacro, nobile.
    Giovanni Vernia e Paolo Uzzi investono più prudentemente nel ‘già visto', allestendo una vicenda esile che produca il pretesto per i nonsense deliranti dell'alias televisivo, eletto a 0-Giovanni_Vernia_con_Diego_Abatantuono_nel_film_Ti_stimo_fratelloprotagonista di un percorso di (de)formazione, che contrappone all'arido (e corrotto) mondo delle convenzioni sociali la demenziale sfrontatezza di un paladino del nulla. Come per Zalone prima di lui, l'epopea sgangherata e irrisoria di Jonny Groove non proviene da una poetica cinematografica, da filoni tradizionali della commedia all'italiana o da riviste da avanspettacolo ma dalla traduzione moderna del genere che è il cabaret televisivo. Si aggiunga poi che se ieri il cinema per un comico rappresentava il momento culminante e la certificazione di una carriera nello spettacolo, oggi è più banalmente l'anello di uno dei tanti territori su cui applicare la propria identità multimediale. Niente impedisce la compresenza su media e piattaforme differenti, sia inteso, ma alla lunga certi volti e certe situazioni finiscono per venire a noia. Eppure ci risiamo. Zelig presta al cinema un altro cabarettista e ipoteca il sogno di un altro successo, ‘mungendo' l'ennesima identità televisiva, popolare e sedimentata.
    Se Luca Medici fonda il suo umorismo sul gioco di parole proprio delle canzonette ‘demolite' in tv, Vernia svolge e rende comprensibile la fisicità ottusa del ‘suo', tenendo sottotraccia una sorta di mormorio anti-istituzionale (il padre ufficiale della Finanza corruttore, il quasi suocero evasore) e procedendo per addizioni di battute comiche piuttosto che per evoluzione del testo. In conclusione la messa in scena di Ti stimo fratello uguaglia il nulla visivo e intende l'inspiegabile necessità di mostrare Vernia su uno schermo più grande e dentro una sala più buia.

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