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Magnifica presenza -Un film di Ferzan Ozpetek.

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    Magnifica presenza

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    Un film di Ferzan Ozpetek. Con Elio Germano, Paola Minaccioni, Beppe Fiorello, Margherita Buy, Vittoria Puccini.


    Tra picchi emotivi, distensioni comiche e una partecipazione compassata, Ozpetek realizza il suo miglior film
    Marzia Gandolfi


    4848484-magnifica-presenza-Ferzan-Ozpetek-300x199Pietro Ponte è un giovane uomo che inforna cornetti di notte e sogna di fare l'attore di giorno. Lasciata Catania per la capitale, cerca e trova casa a Monteverde. Entusiasta dell'appartamento e di una vita ancora tutta da realizzare, si accorge molto presto di non essere solo e di condividere il suo spazio con misteriosi inquilini, che ‘appaiono' e ‘scompaiono' turbandone il sonno e le notti. Le presenze, distinte e magnifiche, sono ombre di attori di un'altra epoca e di un'altra storia. Prigionieri di un passato nemmeno troppo remoto, la compagnia chiede a Pietro di aiutarli a recuperare la libertà perduta. Tra provini brillanti e cornetti fragranti, il ragazzo imparerà a convivere coi ‘propri' fantasmi, indicando loro la porta di casa e un nuovo tempo da abitare.
    C'è spesso un incontro al centro del cinema di Ferzan Özpetek, uno sguardo altro che diventa strumento di ricomposizione dell'io. Accadeva alla dirimpettaia di Giovanna Mezzogiorno, pasticcera mancata che spiava oltre i vetri l'intimità di uno sconosciuto, accade al pasticcere perfezionista di Elio Germano, oggetto scopico di una compagnia di fantasmi, che dilagano in un continuo ‘far scena' sullo sfondo della scena principale. Eleganti nei loro abiti démodé, le ombre di Magnifica presenza pretendono attenzione, si donano allo sguardo di Pietro e si specchiano nei suoi occhi, per ‘inscenarsi' finalmente davanti ai propri. Perché è solo guardandosi da ‘una finestra di fronte' che si annulla l'alienazione e ci si ricostituisce come soggetti. Costretti in cattività e a insidiare il presente di inquilini sgomenti, gli attori di una compagnia che fu cortocircuitano il passato e il presente, la Roma di ieri e quella di oggi, traghettando il protagonista e lo spettatore in un altro spazio e in un tempo altro, in cui si è svolto il dramma che li travolge. Indagando su quelle presenze gentili e sui loro anni sconosciuti, il protagonista si riappropria gradualmente della propria ‘stagione', impegnandosi a vivere in un mondo migliore e non limitandosi soltanto a sognarlo. Il Pietro ‘magnifico' di Elio Germano eredita la saggezza pasticcera di Massimo Girotti, corpo-cinema che incontrava e convertiva la Mezzogiorno, e diventa autore di sei personaggi più due (un bambino e uno scrittore). È lui il poeta senza il quale l'arte degli attori naufragherebbe nel caos, è lui che ricostruisce il problema e lo ‘recita' esplicitamente permettendo ai fantasmi di dominarlo invece di esserne dominati. In cambio Pietro riceve una famiglia, di nuovo oltre i limiti biologici e con uno spiccato carattere di collettività, di nuovo da raccogliere intorno a una tavola imbandita, ‘accompagnata' da note empatiche e ‘addolcita' da torte glassate. Muovendosi con disinvoltura tra picchi emotivi, distensioni comiche e una partecipazione compassata alla maniera dei suoi personaggi, il regista realizza il suo film migliore, eludendo i rischi ideologici e morali dei precedenti, trattenendo il concetto che al centro dell'universo ci sia (soltanto) il privato e la realizzazione personale, misurando il bello stile e i manierismi, e infondendo alla sua storia il fuoco divorante di una passione che viene da lontano e culmina in un teatro (il Teatro Valle) occupato, questa volta da ‘presenze' autogestite.

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