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Ghost Rider: Spirito di vendetta

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    Ghost Rider: Spirito di vendetta
    locandina

    Un film di Mark Neveldine, Brian Taylor. Con Nicolas Cage, Johnny Whitworth, Ciarán Hinds, Violante Placido, Idris Elba

    Rumoroso, tecnico e dissacrante Ghost Rider trova una dimensione cinematografica, ma non il ritmo
    Gabriele Niola


    Johnny Blaze, funambolo del motociclista trasformato in spirito della vendetta dal demonio in virtù di un patto firmato con il sangue per la salvezza del padre, vive ritirato, rifiuta il proprio status e la propria missione. A richiamarlo in attività è la Chiesa, in Romania infatti il diavolo si è palesato di nuovo per sguinzagliare nuovi sgherri alla ricerca di un bambino a cui tiene in maniera preoccupante.
    Questo secondo film tratto dal personaggio dei fumetti Marvel creato da Gary Friedrich, Michael Ploog e Roy Thomas, non è un sequel, come testimonia l'assenza del numero 2 nel titolo, ma una rifondazione. Cinque anni dopo la deludente versione di Mark Steven Johnson, la Sony/Columbia riprova a portare sullo schermo uno dei più noti eroi anticonvenzionali dell'universo Marvel (assieme al Punitore, anch'esso più volte portato sullo schermo senza grande successo) e per questa ripartenza cambia tutta la squadra tenendo fermo solo il suo protagonista Nicholas Cage, appassionato di fumetti in prima persona, dedito alla causa e corpo calzante per un film che non può che distanziarsi (vista la materia trattata) dai canoni del cinema di serie A e rimestare nella seconda divisione. Per sguazzare con gusto nella B dunque la Columbia prende l'unica decisione sensata, ovvero coinvolgere nel progetto Mark Neveldine e Brian Taylor (autori di instant classic del cinema svelto e gustoso come Crank, Crank 2 e Gamer), gli unici due nuovi registi a poter vantare un'idea personale e autentica di cinema popolare e di consumo, tecnico e di puro divertimento cinetico.
    2011-ghost-rider-spirit-of--342171_0x410
    Il risultato allora è una vera rifondazione della mitologia intorno al personaggio di Ghost Rider. Contrariamente a quanto era avvenuto nel primo lungometraggio il duo di registi trova la chiave di lettura audiovisiva corretta, e gira un film che punta a ricalcare il fumetto più nel mood che nella storia. È andando a pescare nella sottocultura metal, in quel mondo fatto di manicheismo, contrasti aperti tra bene e male, epica, disprezzo per qualsiasi culto della personalità e dissacrazione all'insegna del rumore e del caos, che i due riescono a creare una dimensione audiovisiva coerente (e divertente) per il rider. Capendo che il personaggio già di suo rimesta intorno ai temi cari ai metallari (moto, giubbotti di pelle, viaggi, satanismo, dannazione, opposizione alla cultura dominante...), creano una messa in scena coerente nella quale la colonna sonora metal è solo l'ultimo elemento e forse anche il meno influente (il più significativo e dissacrante invece è la scena immaginaria dell'urinazione infuocata).
    A fronte di una simile rifondazione è allora un peccato che un film che parte così bene e finisce anche meglio, abbia una parte centrale inspiegabilmente lunga, noiosa, poco chiara e priva di idee. Come se le scorte di adrenalina fossero finite di colpo, per poi tornare improvvisamente nel finale, Ghost rider: spirito di vendetta ha momenti di vuoto assoluto dalla lunghezza ingiustificabile, in cui la trama è mandata avanti a furia di silenzi espressivi (in teoria) e svelamenti sentimentali (in questo è totalmente ininfluente la prestazione di Violante Placido), con toni e tempi che nulla hanno a che vedere con il resto del film, che invece inventa, crea, stupisce e corre con quella coerenza e quell'onestà intellettuale che solo la serie B migliore ha.

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