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PARAFRASI DEL XXXIII° CANTO (vv. 10-fine)

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    parafrasi del 23°canto

    PARAFRASI DEL XXXIII° CANTO (vv. 10-fine)

    Ed ecco si udiva piangere e cantare
    “Labia mea” in modo
    tale che gioia e dolore venivano partoriti (suscitati).
    “O dolce padre (Virgilio), che cos’è ciò che io odo?”
    cominciai io; ed egli: “Sono ombre che vanno
    forse sciogliendo il nodo della loro colpa”. (stanno pagando la pena dovuta)
    Così come fanno i pellegrini pensierosi,
    quando durante il cammino raggiungendo gente sconosciuta,
    si volgono verso questa gente e non si fermano,
    così dietro di noi, mossasi più velocemente,
    venendo e superandoci ci guardava
    una folla di anime silenziosa e devota.
    Ciascuna anima era negli occhi scura e incavata,
    pallida nella faccia, e tanto priva (di carne)
    che la pelle prendeva forma dalle ossa.
    Non credo che Erisitone fosse così dimagrito xla fame
    fino all’ultimo strato di pelle a causa del digiuno
    quando +ne ebbe paura (di morire).
    Io dicevo fra me stesso: “Ecco
    gli ebrei che persero la città di Gerusalemme,
    quando Maria divorò suo figlio!”
    Sembravano le occhiaie anelli senza gemme;
    chi legge nel viso degli uomini la parola ‘omo’
    avrebbe ben qui riconosciuto la lettera M.
    Chi crederebbe che il solo odore di un frutto
    potesse ridurre così,facendo nascere il desiderio,
    e quello dell’acqua, non sapendo come?
    Già io mi stavo chiedendo che cosa li rende così affamati,
    xla causa ancora non chiara
    della loro magrezza e della loro triste pelle disquamata,
    ed ecco dal fondo buio delle occhiaie incavate
    volse gli occhi verso me un ombra e mi guardò fisso;
    poi mi gridò forte: “Quale grazie è per me questa?”
    Non l’avrei mai riconosciuto dall’aspetto;
    ma nella sua voce mi fu evidente
    ciò che l’aspetto in sé mi aveva nascosto.
    Questa scintilla riaccese tutta
    la mia conoscenza di fronte al viso cambiato,
    e riconobbi la faccia di Forese.
    “Deh, non badare alla pelle secca
    che mi scolora la pelle,
    né alla mia mancanza di carne;
    ma dimmi la verità su te, dimmi chi sono
    quelle due anime che ti guidano;
    e non astenerti al rispondere!”
    “Il tuo viso, che piansi quando moristi,
    mi causa un dolore non meno intenso”
    risposi io “di quello che provai allora.
    Perciò dimmi, in nome di Dio, che cosa vi consuma;
    non invitarmi a rispondere mentre mi stupisco,
    xkè con difficoltà può rispondere chi è pieno di desiderio di saxe altra cosa.”
    E lui a me: “Dalla volontà divina
    scende un potere sull’acqua e sugli alberi
    ke abbiamo lasciato dietro di noi, xcui io dimagrisco.
    Tutta questa folla di anime che canta e piange,
    x aver assecondato la gola oltre misura
    attraverso la fame e la sete qui riconquista la santità.
    Suscita il desiderio di bere e mangiare
    l’odore ke viene dai frutti e dall’acqua
    che si distende sulle foglie.
    E non solo una volta, mentre percorriamo questa cornice,
    si rinnova la nostra pena:
    ho detto pena, dovrei invece dire letizia,
    xkè c conduce verso gli alberi quella stessa volontà
    che condusse Cristo con letizia a dire “Dio mio”,
    quando ci redense con il suo sangue.
    E io mi volsi a lui: “Forese, dal giorno
    in cui morendo passasti a vita migliore,
    non sono trascorsi ancora 5 anni.
    Se venne meno in te la capacità di
    peccare, prima che giungesse l’ora
    del pentimento ke ricongiunge noi con Dio,
    come mai sei già quassù?
    Io credevo di trovarti nell’antipurgatorio,
    dove il tempo si ricompensa con altrettanto tempo.”
    Sicchè egli mi rispose: “così rapidamente mi ha condotto
    a bere il dolce assenzio della pena
    mia moglie Nella col suo pianto continuo.
    Con le sue preghiere e con i suoi sospiri
    mi ha sottratto alla costa dell’antipurgatorio
    e mi ha liberato dai gironi.
    Tanto è +cara e diletta da Dio
    la mia misera vedova, che ho molto amato,
    quanto +è sola a comportarsi bene;
    poiché la Barbagia di Sardegna assai
    è delle sue donne + pudica
    della Barbagia dove io la lasciai morendo.
    O caro fratello, cosa vuoi che ti dica?
    Un tempo futuro m’è davanti agli occhi,
    al quale quest’ora non è molto lontana,
    nel quale sarà proibito dai pulpiti delle chiese
    alle sfacciate donne di Firenze
    di andare con vestiti che mostrano il petto e le mammelle”.
    Quali donne mai di selvaggi, o di saraceni, (furono mai così sfacciate)
    a cui fu necessario, x farle andare coperte,
    pene spirituali o civili?
    Ma se le svergognate sapessero
    ciò che il cielo a breve scadenza prepara contro d loro,
    avrebbero già aperto la bocca x urlare;
    poiché, se qui la facoltà di previsione non m inganna,
    esse saranno dolenti prima ke metta barba
    il bambino che ora si consola al canto della ninna nanna. (il neonato)
    Deh, fratello, ora cerca di non celarmi oltre ciò che ti ho kiesto di te!
    Vedi ke non soltanto io, ma tutta questa gente
    guarda con stupore la tua ombra.”
    Perciò gli risposi: “se tu richiami alla memoria
    quale 6 stato con me, e quale io con te,
    ancora sarà spiacevole il ricordo.
    Da quella vita mi distolse costui
    ke mi precede, 5 giorni fa, quando
    la luna si mostrava a voi piena”,
    ed indicai il sole; “costui attraverso la notte
    profonda mi ha condotto dai dannati
    con questo corpo reale ke gli va dietro.”
    Di là i suoi consigli mi hanno aiutato a salire ,
    a percorrere in tondo la montagna
    ke raddrizza voi ke la vita terrena fece peccatori.
    Dice ke m accompagnerà
    finchè non sarò la dove troverò Beatrice;
    lì è necessario che io m separi da lui.
    Virgilio è colui ke così m dice”
    e glielo additai; “quest’altro è l’anima
    xla quale poco fa scosse tutte le sue pendici
    il vostro regno (purgatorio), che lo allontana da sé.”

     
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