Claudio Baglioni Forum - Un mondo in musica

Parafrasi "la fuga dalla città" Eneide.

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    parafrasi "la fuga dalla città" Eneide.

    Disse; e già per le mura il fuoco più chiaro
    si ode, e in volute si approssima l'ardore degli incendi.
    Su dunque, diletto padre, salimi sul collo;
    ti sosterrò con le spalle, e il peso non mi sarà grave;
    dovunque cadranno le sorti, uno e comune sarà
    il pericolo, una per ambedue la salvezza. Il piccolo Iulo
    mi accompagni, e la sposa segua discreta i miei passi.
    Voi, o servi, ascoltate quanto vi dico.
    All'uscita della città v'è un colle e un vetusto
    tempio di Cerere abbandonato, e accanto un antico cipresso
    conservato per molti anni dalla devozione dei padri.
    Da diverse direzioni verremo a quest'unico luogo.
    Tu, o padre, prendi i sacri arredi e i patrii
    Penati; io non posso toccarli appena uscito da tale
    lotta e strage, finché non mi mondi a una viva
    sorgente. "
    Detto così, distendo sulle larghe spalle
    e sul collo reclino una coperta, la pelle d'un fulvo leone,
    e mi sottopongo al peso; alla destra mi si stringe il piccolo
    Iulo, e segue il padre con passi ineguali;
    dietro viene la sposa. Muoviamo per oscure contrade;
    e mentre poc'anzi non mi turbavano i dardi scagliati
    né i Greci raccolti in avversa schiera, adesso
    un alito m'atterrisce, un suono mi allarma, inquieto
    e timoroso allo stesso modo per il compagno e per il peso.
    E già mi avvicinavo alle porte, e mi sembrava di essere
    scampato
    a tutto il percorso, quando d'un tratto mi parve
    di udire un appressarsi di passi; il padre, scrutando
    nell'ombra, "Figlio" esclama, "fuggi, o figlio, s'avvicinano.
    Vedo splendenti scudi e bronzi scintillanti".
    Ignoro qual nume nemico mi confuse la mente
    e me la tolse nello sgomento. Mentre seguo di corsa
    sentieri remoti ed esco dalla zona delle vie
    note, ahi me misero, strappata dal destino Creusa
    si fermò, o uscì di via, o sedette stanca?
    Lo ignoro; non riapparve più ai nostri occhi.
    Non mi avvidi di averla perduta e non le prestai attenzione,
    prima che fossimo giunti al colle e al tempio
    dell'antica Cerere; qui infine, tutti raccolti,
    ella sola mancò, e sfuggì ai compagni e al figlio e al marito.
    Chi non accusai, dissennato, degli uomini e degli dei?
    O cosa vidi di più crudele nella città distrutta?
    Affido ai compagni Ascanio e il padrc Anchise e i teucri
    Penati, e li celo nella cavità della valle.
    Ritorno in città e mi cingo delle fulgide armi. Decido
    di riaffrontare tutti gli eventi, di ripercorrere l'intera
    Troia e di esporre di nuovo la vita ai pericoli.
    Da principio raggiungo le mura e le oscure soglie
    della porta da cui ero uscito, e seguo a ritroso
    nella notte ed esploro con lo sguardo i segni delle orme.
    Dovunque orrore e silenzio atterriscono l'animo.
    Poi ritorno a casa, se mai vi si fosse recata.
    I Danai avevano invaso e occupavano tutto l'edificio.
    Presto il fuoco vorace s'avvolge per il vento alla cima
    dei tetti, le fiamme sovrastano infuria all'aria la vampa.
    Procedo e torno a visitare il paiazzo e la rocca di Priamo.
    E già nei vuoti portici, asilo di Giunone,
    scelti come custodi Fenice e il crudele Ulisse
    facevano la guardia alla preda. Qui da tutte le parti
    si ammucchia il tesoro troiano strappato agli arsi sacrari,
    e le mense degli dei, e i crateri d'oro massiccio, e le vesti
    predate. Fanciulli e donne atterrite in lunga fila
    stanno d'intorno.
    Osando persino lanciare grida nell'ombra
    riempii di clamore le vie e mesto chiamai
    invano ripetendo ancora ed ancora Creusa.
    Mentre deliravo così e smaniavo senza tregua tra le case
    della città, mi apparve davanti agli occhi l'infelice simulacro
    e l'ombra di Creusa, immagine maggiore di lei.
    Raggelai, e si drizzarono i capelli e la voce s'arrestò nella
    gola.
    Allora parlò così confortando i miei affanni:
    Perché abbandonarsi tanto ad un folle dolore
    o dolce sposo? Ciò accade per volere divino;
    non puoi portare via con te Creusa,
    no, non lo permette il sovrano del superno Olimpo.
    Lunghi esilii per te, e da solcare la vasta
    distesa marina; in terra d'Esperia verrai,
    dove tra campi ricchi d'uomini fluisce con placida
    corrente l'etrusco Tevere; là ti attendono lieti
    eventi, e un regno e una sposa regale. Raffrena
    le lagrime per la diletta Creusa: non vedrò le superbe
    case dei Mirmidoni o dei Dolopi, non andrò a servire donne
    greche, io, dardana, e nuora della dea Venere
    la grande Madre degli dei mi trattiene in queste terre.
    E ora addio, serba l'amore di nostro figlio".
    Com'ebbe parlato così, mi lasciò in lagrime,
    desideroso di dirle molto, e svanì nell'aria lieve.
    Tre volte tentai di cingerle il collo con le braccia:
    tre volte inutilmente avvinta l'immagine dileguò
    tra le mani, pari ai venti leggeri, simile a un alato sogno.
    Così, consunta la notte, ritorno a vedere i compagni.
    E qui trovo con meraviglia che era affluita
    una moltitudine di nuovi compagni, donne e uomini,
    popolo radunato all'esilio, miserevole turba.
    Si raccolsero da tutte le parti, pronti d'animo e di forze,
    in qualunque terra volessi condurli per mare.
    E già Lucifero sorgeva dagli alti gioghi
    dell'Ida, e portava il giorno; i Danai presidiavano
    le porte, e non v'era speranza di aiuto; mi mossi,
    e levato il padre sulle spalle mi diressi verso i monti.

    PARAFRASI

    Disse; e già per le mura il fuoco più chiaro
    parlo e gia si vedeva più chiaro il fuoco nelle mura
    si ode, e in volute si approssima l'ardore degli incendi.
    si sente il rumore e si avvicina sempre di più il fuoco dell'incendio
    Su dunque, diletto padre, salimi sul collo;
    su, sbrigati padre diletti sali sulle mie spalle
    ti sosterrò con le spalle, e il peso non mi sarà grave;
    ti sosterrò con le spalle e il tuo peso non sarà per me troppo grande
    dovunque cadranno le sorti, uno e comune sarà
    comunque andrà la situazione sarà uguale per noi
    il pericolo, una per ambedue la salvezza. Il piccolo Iulo
    il pericolo, e sarà una per noi la salvezza
    mi accompagni, e la sposa segua discreta i miei passi.
    il piccolo iulio mi accompagni, mia moglie segua con discrezione i miei passi
    Voi, o servi, ascoltate quanto vi dico.
    e voi servi ascoltate le mie parole
    All'uscita della città v'è un colle e un vetusto
    all'uscita della città c'è un colle e un vecchio
    tempio di Cerere abbandonato, e accanto un antico cipresso
    tempo di cerere abbandonato e accanto un vecchio cipresso
    conservato per molti anni dalla devozione dei padri.
    conservati li da molti anni dalla devozione dei padri
    Da diverse direzioni verremo a quest'unico luogo.
    dai diversi luoghi ci ritroveremo in quell'unico luogo
    Tu, o padre, prendi i sacri arredi e i patrii
    tu o padre prendi gli arredi sacri e dei padri penati
    Penati; io non posso toccarli appena uscito da tale
    io che sono appena uscito da una simile lotta e strage non posso toccarli
    lotta e strage, finché non mi mondi a una viva
    finchè non mi riesco a depurare ad una sorgente viva
    sorgente. "
    Detto così, distendo sulle larghe spalle
    detto così distese le larghe spalle
    e sul collo reclino una coperta, la pelle d'un fulvo leone,
    e piegò sul collo una coperta, la pelle del leone,
    e mi sottopongo al peso; alla destra mi si stringe il piccolo
    e mi sottopongo al pesa; alla mano destra si stringe il piccolo
    Iulo, e segue il padre con passi ineguali;
    Iulio che segue il padre con gli stessi passi
    dietro viene la sposa. Muoviamo per oscure contrade;
    dietro di lui viene la moglie. Ci muoviamo per luoghi oscuri
    e mentre poc'anzi non mi turbavano i dardi scagliati
    e mentre poco prima non mi turbavano le frecce lanciate
    né i Greci raccolti in avversa schiera, adesso
    ne i raccolti greci della schiera avversa, adesso


    un alito mi atterrisce, un suono mi mette in allarme, ero insieme inquieto e timoroso
    per il mio compagno e per il suo peso
    e già mi avvicinavo alle porte, e mi sembrava di essere fuori pericolo
    e aver fatto tutto il percorso, quando ad un certo momento mi sembrò
    a tutto il percorso, quando d'un tratto mi parve
    di udire l'avvicinarsi dei passi e nell'ombra
    il padre esclama "Figlio...fuggi, o figlio, che si avvicinano.
    Vedo scudi splendenti e i bronzi che scintillano".
    Non so quale nume nemico confuse le mie idee
    e mi tolse quel senso di sgomento. Mentre corro
    verso strade lontane ed esco dalla zona con le strade
    che conosco, ahi me misero Creusa si fermò o uscì dalla strada
    per sedersi in preda alla stanchezza.
    Ignoro il motivo e nessuno di noi la rivide più
    Non mi accorsi di averla persa e non prestai attenzione alla cosa,
    prima di arrivare in cima al colle dove era il tempio
    dell'antica Cerere; qui alla fine eravamo tutti riuniti
    solo lei manco e sfuggì ai compagni, al figlio e al marito
    Accusai in presa al panico tutti gli uomini e gli dei
    cosa vidi di peggiore della città distrutta?
    Affido ai compagni Ascanio e il padre Anchise e i teucri
    Penati per nasconderli nella parte più cava della valle
    ritorno in città e mi afferro le armi. Decido di tornare indietro
    e riaffrontare tutti gli eventi, di ripercorrere l'intero Troia
    e di vivere di nuovo quei pericoli.
    All'inizio raggiungo le mura della città e le soglie oscure
    della porta da cui prima ero uscito e seguo al contrario
    il percorso nella notte e guardo i segni lasciati dalle orme.
    Dovunque ci sono orrorre e silenzio e mi atterriscono l'animo
    Poi torno a casa, nel caso in cui ad essa fosse tornata
    I danai avevano invaso casa e occupavano tutto l'edificio.
    Presto il fuoco per il vento arriva fino alla cima dei tetti
    Le fiamma alimentate dall'aria sovrastano tutto
    Vado avanti e vado a visitare il Palazzo e la rocca di Priamo
    e i portici vuoti del tempio di Giunone
    i custodi scelti, Fenice e il crudele Ulisse,
    facevano la guardia alla presa. In questo luogo da tutte le parti
    riunivano il tesoro troiano strappato dagli altari sacri,
    dalle mense degli dei, e i crateri di oro massiccio, e le vesti rubate.
    Giovani e donne atterriti in una lunga fila stavano intorno.
    E alcuni lanciavano urla nell'ombra
    riempii di clamore le strade e con voce triste
    chiamai invano ancora e ancora il nome di Creusa.
    Mentre deliravo in questo modo giravo senza pace tra le case
    della città, e mi apparve davanti agli occhi l'infelice simulacro
    e l'ombra di Creusa, immagine maggiore di lei.
    SI gelò il sangue, si drizzarono i capelli e la voce mi si strozzò in gola
    Allora per confortare i mie affanni parlo così:
    Perché lasciarsi andare ad un dolore così forte
    o dolce sposo? Tutto questo è successo per volere divino;
    non puoi portare Creusa via con te,
    non lo permette Zeus
    Ti attendono lunghi esili,e dovrai solcare il mare
    vino ad arrivare in terra d'Esperia
    Dove tra i campi pieni di uomini, scorre con acque tranquille
    l'etrusco Tevere; la troverai eventi felici, un regno e una moglie di stirpe reale
    Non piangere per la tua diletta Creusa: non vedrò
    le alte case dei Mirmidoni o dei Dolopi, non andrò a servire donne
    greche, io, dardana, e nuora della dea Venere
    la grande Madre degli dei mi trattiene in queste terre.
    E ora addio, abbi cura dell'amore di nostro figlio".
    Come finì di parlare mi lasciò in lacrime,
    e con il desiderio di dirle molte cose, e lei svanì leggera nell'aria.
    Per tre volte provai a stringerle il collo con le braccia:
    Per tre volte, l'immagine si dileguava tra le mani
    come fosse un vento leggero, simile ad un sogno alato.
    Così finita la notte, ritorno a vedere i miei compagni.
    E con meraviglia vedo che da loro era giunta una moltitudine di nuovi compagni
    donne e uomini, un intero popolo radunato dall'esilio
    una turba miserevole.
    Si raccolsero da tutte le parti, con l'animo pieno di forze,
    in qualunque terra volessi condurli attraverso il mare.
    E gia lucifero sorgeva dai gioghi più alti
    dell'Idia e portava il giorno; i Danai stavano presidiando le porte
    e non c'erano speranze di aiuto; mi mossi e alzato il padre sulle spalle
    mi diressi verso i monti.

     
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    Fuga dalla città - Parafrasi
    Testo originale e parafrasi della Fuga dalla città tratta dall'Eneide l'appunto deve essere integrato con le note del vostro libro.

    Disse; e già per le mura il fuoco più chiaro
    si ode, e in volute si approssima l'ardore degli incendi.
    Su dunque, diletto padre, salimi sul collo;
    ti sosterrò con le spalle, e il peso non mi sarà grave;
    dovunque cadranno le sorti, uno e comune sarà
    il pericolo, una per ambedue la salvezza. Il piccolo Iulo
    mi accompagni, e la sposa segua discreta i miei passi.
    Voi, o servi, ascoltate quanto vi dico.
    All'uscita della città v'è un colle e un vetusto
    tempio di Cerere abbandonato, e accanto un antico cipresso
    conservato per molti anni dalla devozione dei padri.
    Da diverse direzioni verremo a quest'unico luogo.
    Tu, o padre, prendi i sacri arredi e i patrii
    Penati; io non posso toccarli appena uscito da tale

    lotta e strage, finché non mi mondi a una viva
    sorgente. "
    Detto così, distendo sulle larghe spalle
    e sul collo reclino una coperta, la pelle d'un fulvo leone,
    e mi sottopongo al peso; alla destra mi si stringe il piccolo
    Iulo, e segue il padre con passi ineguali;
    dietro viene la sposa. Muoviamo per oscure contrade;
    e mentre poc'anzi non mi turbavano i dardi scagliati
    né i Greci raccolti in avversa schiera, adesso
    un alito m'atterrisce, un suono mi allarma, inquieto
    e timoroso allo stesso modo per il compagno e per il peso.
    E già mi avvicinavo alle porte, e mi sembrava di essere
    scampato
    a tutto il percorso, quando d'un tratto mi parve
    di udire un appressarsi di passi; il padre, scrutando

    nell'ombra, "Figlio" esclama, "fuggi, o figlio, s'avvicinano.
    Vedo splendenti scudi e bronzi scintillanti".
    Ignoro qual nume nemico mi confuse la mente
    e me la tolse nello sgomento. Mentre seguo di corsa
    sentieri remoti ed esco dalla zona delle vie
    note, ahi me misero, strappata dal destino Creusa
    si fermò, o uscì di via, o sedette stanca?
    Lo ignoro; non riapparve più ai nostri occhi.
    Non mi avvidi di averla perduta e non le prestai attenzione,
    prima che fossimo giunti al colle e al tempio
    dell'antica Cerere; qui infine, tutti raccolti,
    ella sola mancò, e sfuggì ai compagni e al figlio e al marito.
    Chi non accusai, dissennato, degli uomini e degli dei?
    O cosa vidi di più crudele nella città distrutta?

    Affido ai compagni Ascanio e il padrc Anchise e i teucri
    Penati, e li celo nella cavità della valle.
    Ritorno in città e mi cingo delle fulgide armi. Decido
    di riaffrontare tutti gli eventi, di ripercorrere l'intera
    Troia e di esporre di nuovo la vita ai pericoli.
    Da principio raggiungo le mura e le oscure soglie
    della porta da cui ero uscito, e seguo a ritroso
    nella notte ed esploro con lo sguardo i segni delle orme.
    Dovunque orrore e silenzio atterriscono l'animo.
    Poi ritorno a casa, se mai vi si fosse recata.
    I Danai avevano invaso e occupavano tutto l'edificio.
    Presto il fuoco vorace s'avvolge per il vento alla cima
    dei tetti, le fiamme sovrastano infuria all'aria la vampa.
    Procedo e torno a visitare il palazzo e la rocca di Priamo.
    E già nei vuoti portici, asilo di Giunone,
    scelti come custodi Fenice e il crudele Ulisse
    facevano la guardia alla preda. Qui da tutte le parti
    si ammucchia il tesoro troiano strappato agli arsi sacrari,
    e le mense degli dei, e i crateri d'oro massiccio, e le vesti
    predate. Fanciulli e donne atterrite in lunga fila
    stanno d'intorno.
    Osando persino lanciare grida nell'ombra
    riempii di clamore le vie e mesto chiamai
    invano ripetendo ancora ed ancora Creusa.
    Mentre deliravo così e smaniavo senza tregua tra le case
    della città, mi apparve davanti agli occhi l'infelice simulacro
    e l'ombra di Creusa, immagine maggiore di lei.
    Raggelai, e si drizzarono i capelli e la voce s'arrestò nella
    gola.
    Allora parlò così confortando i miei affanni:
    Perché abbandonarsi tanto ad un folle dolore
    o dolce sposo? Ciò accade per volere divino;
    non puoi portare via con te Creusa,
    no, non lo permette il sovrano del superno Olimpo.
    Lunghi esilii per te, e da solcare la vasta
    distesa marina; in terra d'Esperia verrai,
    dove tra campi ricchi d'uomini fluisce con placida
    corrente l'etrusco Tevere; là ti attendono lieti
    eventi, e un regno e una sposa regale. Raffrena
    le lagrime per la diletta Creusa: non vedrò le superbe
    case dei Mirmidoni o dei Dolopi, non andrò a servire donne
    greche, io, dardana, e nuora della dea Venere
    la grande Madre degli dei mi trattiene in queste terre.
    E ora addio, serba l'amore di nostro figlio".
    Com'ebbe parlato così, mi lasciò in lagrime,
    desideroso di dirle molto, e svanì nell'aria lieve.


    Tre volte tentai di cingerle il collo con le braccia:
    tre volte inutilmente avvinta l'immagine dileguò
    tra le mani, pari ai venti leggeri, simile a un alato sogno.
    Così, consunta la notte, ritorno a vedere i compagni.
    E qui trovo con meraviglia che era affluita
    una moltitudine di nuovi compagni, donne e uomini,
    popolo radunato all'esilio, miserevole turba.
    Si raccolsero da tutte le parti, pronti d'animo e di forze,
    in qualunque terra volessi condurli per mare.
    E già Lucifero sorgeva dagli alti gioghi
    dell'Ida, e portava il giorno; i Danai presidiavano
    le porte, e non v'era speranza di aiuto; mi mossi,
    e levato il padre sulle spalle mi diressi verso i monti.


    Parafrasi:
    Parlo e già si vedeva più chiaro il fuoco nelle murai ode, e in volute si approssima l'ardore degli incendi.
    si sente il rumore e si avvicina sempre di più il fuoco dell'incendio
    su, sbrigati padre diletto sali sulle mie spalle
    ti sosterrò con le spalle e il tuo peso non sarà per me troppo grande
    comunque andrà la situazione sarà uguale per noi
    il pericolo, e sarà una per noi la salvezza
    il piccolo iulio mi accompagni, mia moglie segua con discrezione i miei passi
    e voi servi ascoltate le mie parole
    all'uscita della città c'è un colle e un vecchio
    tempo di Cerere abbandonato e accanto un vecchio cipresso
    conservati lì da molti anni dalla devozione dei padri
    dai diversi luoghi ci ritroveremo in quell'unico luogo.

    Tu o padre prendi gli arredi sacri e dei padri penati
    io che sono appena uscito da una simile lotta e strage non posso toccarli
    finché non mi riesco a depurare ad una sorgente viva
    sorgente. "
    detto così distese le larghe spalle
    e piegò sul collo una coperta, la pelle del leone.
    Mi sottopongo al pesa; alla mano destra si stringe il piccolo
    Iulio che segue il padre con gli stessi passi
    dietro di lui viene la moglie. Ci muoviamo per luoghi oscuri
    e mentre poco prima non mi turbavano le frecce lanciate
    ne i raccolti greci della schiera avversa, adesso
    un alito mi atterrisce, un suono mi allarma, inquieto
    e timoroso allo stesso modo per il compagno e per il peso.
    E già mi avvicinavo alle porte, e mi sembrava di essere
    scampato
    a tutto il percorso, quando d'un tratto mi parve
    di udire un appressarsi di passi; il padre, scrutando
    nell'ombra, "Figlio" esclama, "fuggi, o figlio, s'avvicinano.
    Vedo splendenti scudi e bronzi scintillanti".
    Ignoro qual nume nemico mi confuse la mente
    e me la tolse nello sgomento. Mentre seguo di corsa
    sentieri remoti ed esco dalla zona delle vie
    note, ahi me misero, strappata dal destino Creusa
    si fermò, o uscì di via, o sedette stanca?
    Lo ignoro; non riapparve più ai nostri occhi.
    Non mi avvidi di averla perduta e non le prestai attenzione,
    prima che fossimo giunti al colle e al tempio
    dell'antica Cerere; qui infine, tutti raccolti,
    ella sola mancò, e sfuggì ai compagni e al figlio e al marito.
    Chi non accusai, dissennato, degli uomini e degli dei?
    O cosa vidi di più crudele nella città distrutta?
    Affido ai compagni Ascanio e il padre Anchise e i teucri
    Penati, e li celo nella cavità della valle.
    Ritorno in città e mi cingo delle fulgide armi. Decido
    di riaffrontare tutti gli eventi, di ripercorrere l'intera
    Troia e di esporre di nuovo la vita ai pericoli.
    Da principio raggiungo le mura e le oscure soglie
    della porta da cui ero uscito, e seguo a ritroso
    nella notte ed esploro con lo sguardo i segni delle orme.
    Dovunque orrore e silenzio atterriscono l'animo.
    Poi ritorno a casa, se mai vi si fosse recata.
    I Danai avevano invaso e occupavano tutto l'edificio.
    Presto il fuoco vorace s'avvolge per il vento alla cima
    dei tetti, le fiamme sovrastano infuria all'aria la vampa.
    Procedo e torno a visitare il paiazzo e la rocca di Priamo.
    E già nei vuoti portici, asilo di Giunone,
    scelti come custodi Fenice e il crudele Ulisse
    facevano la guardia alla preda. Qui da tutte le parti
    si ammucchia il tesoro troiano strappato agli arsi sacrari,
    e le mense degli dei, e i crateri d'oro massiccio, e le vesti
    predate. Fanciulli e donne atterrite in lunga fila
    stanno d'intorno.
    Osando persino lanciare grida nell'ombra
    riempii di clamore le vie e mesto chiamai
    invano ripetendo ancora ed ancora Creusa.
    Mentre deliravo così e smaniavo senza tregua tra le case
    della città, mi apparve davanti agli occhi l'infelice simulacro
    e l'ombra di Creusa, immagine maggiore di lei.
    Raggelai, e si drizzarono i capelli e la voce s'arrestò nella
    gola.
    Allora parlò così confortando i miei affanni:
    Perché abbandonarsi tanto ad un folle dolore
    o dolce sposo? Ciò accade per volere divino;
    non puoi portare via con te Creusa,
    no, non lo permette il sovrano del superno Olimpo.
    Lunghi esili per te, e da solcare la vasta
    distesa marina; in terra d'Esperia verrai,
    dove tra campi ricchi d'uomini fluisce con placida
    corrente l'etrusco Tevere; là ti attendono lieti
    eventi, e un regno e una sposa regale. Raffrena
    le lagrime per la diletta Creusa: non vedrò le superbe
    case dei Mirmidoni o dei Dolopi, non andrò a servire donne
    greche, io, dardana, e nuora della dea Venere
    la grande Madre degli dei mi trattiene in queste terre.
    E ora addio, serba l'amore di nostro figlio".
    Com'ebbe parlato così, mi lasciò in lagrime,
    desideroso di dirle molto, e svanì nell'aria lieve.
    Tre volte tentai di cingerle il collo con le braccia:
    tre volte inutilmente avvinta l'immagine dileguò
    tra le mani, pari ai venti leggeri, simile a un alato sogno.
    Così, consunta la notte, ritorno a vedere i compagni.
    E qui trovo con meraviglia che era affluita
    una moltitudine di nuovi compagni, donne e uomini,
    popolo radunato all'esilio, miserevole turba.
    Si raccolsero da tutte le parti, pronti d'animo e di forze,
    in qualunque terra volessi condurli per mare.
    E già Lucifero sorgeva dagli alti gioghi
    dell'Ida, e portava il giorno; i Danai presidiavano
    le porte, e non v'era speranza di aiuto; mi mossi,
    e alzato il padre sulle spalle mi diressi verso i monti.

     
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